Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Soft law e normatività: un´analisi comparata (di Barbara Boschetti)


The article focuses on the regulative force of soft law and the ever changing connections and overlaps between soft law and the sources of law in different legal systems.

The analysis reveals the variety of phenomena that fall into the soft law category and the many roles played by soft law at different levels (including the inter-institutional one).

This variety and the overall complexity of soft law can only be observed and studied by going beyond the limits of the rulemaking process and embracing the entire (global) regulatory process, one which extends not only to rulemaking and regulatory supervision but also to regulatory enforcement and judicial review.

It is precisely in this wider context that the regulative and regulatory functions of soft law come to light. In all of the legal systems examined soft law shows itself to be an extraordinary instrument, playing a key role in ensuring and guaranteeing the effectiveness, balance and dynamicity of the legal system itself.

Furthermore, these multiple roles are strengthened and underpinned by legislators, who implement mechanisms that not only permit soft law to accede to the field of normativity, but also encourage compliance with it by increasing the costs of non-compliance by the imposition of duties, such as the duty to report non-compliance, to give reasons for non-compliance, to disclose the names of those who are not in compliance with soft law, thereby ensuring the effectiveness of soft law and, ultimately, the regulatory process itself.

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SOMMARIO:

1. Soft law e normatività: spunti per un nuovo approccio metodologico - 2. Soft law e normatività nell'ordinamento statunitense - 3. Soft law e normatività nell'ordinamento giapponese - 4. Soft law e normatività nell'ordinamento sovranazionale europeo - 5. Soft law e normatività dell'ordinamento francese - 6. Conclusioni - NOTE


1. Soft law e normatività: spunti per un nuovo approccio metodologico

L’espressione soft law – ormai fuoriuscita dal confine delle relazioni internazionali in cui è nata [1] – riassume in sé un’ampia varietà di atti e fenomeni: non solo circolari, linee guida, direttive, orientamenti, raccomandazioni, codici di con­dotta, modelli di metodi e processi, schemi di atti e contratti, raccolte di buone pratiche; ma anche FAQs, dichiarazioni d’intenti, lettere, annunci e dichiarazioni alla stampa, regole non scritte e meri comportamenti dotati di autorevolezza [2]. Il tratto che più d’altri sembra accomunare fenomeni tanto diversi quanto a origine, contesto e contenuto è l’essere tutti espressione di normatività. Si tratta di una normatività che oltrepassa i confini del diritto tradizionale (le droit est plus grand que la règle de droit [3]) e che si manifesta in modi, forme e con forza nuovi rispetto a quelli cristallizzati in una certa rappresentazione (forse ormai solo ideale) del sistema delle fonti. L’attrazione della soft law nell’universo della normatività – e la parallela estensione della normatività al di fuori del tradizionale sistema delle fonti – non basta, tuttavia, a fare della soft law una categoria giuridica univoca né sul piano della normatività, né su quello, immensamente più ampio, della giuridicità. Tradizionalmente, la soft law è contrapposta alla c.d. hard law [4] o, se si vuole, alle fonti dell’ordinamento. Questa visione risente senz’altro del marchio di origine impresso dall’ordi­namento internazionale, ove la soft law è nata quale strumento di regolazione dei rapporti interstatali sussidiario, e in una certa misura alternativo, agli strumenti vincolanti (o obbligatori, nel senso che generano obbligazioni) del diritto internazionale. Secondo questo schema ricostruttivo, la soft law identificherebbe tutte le norme di comportamento non vincolanti rilevanti sul piano giuridico [5]. Questa definizione, in apparenza chiara, apre tuttavia ad alcuni interrogativi. A parte l’interrogativo, di carattere teorico, se sia o meno possibile ritenere giuridiche norme non vincolanti [6] – [continua ..]


2. Soft law e normatività nell'ordinamento statunitense

Nella dottrina statunitense il termine soft law è rimasto legato all’ordina­mento internazionale, dunque alla sede storica di origine: la soft law è dunque quella internazionale [20]. Recentemente, tuttavia, il termine soft law è stato utilizzato per descrivere la c.d. soft law utilizzata nella prassi del Congresso [21]. La soft law – o, meglio, i fenomeni che ad essa vengono oggi ricondotti e qui brevemente richiamati nell’introduzione – è però largamente diffusa e utilizzata anche dalle autorità amministrative. Tali fenomeni, salve le eccezioni di cui si dirà a breve, vengono ricondotti alla categoria delle c.d. non legislative rules (di seguito, NLR). Le NLR assolvono a un ampio spettro di usi: (a) per agevolare la produzione di norme “a richiesta” (ciò perché, al di fuori della garanzia procedimentale del Notice and Comment si aprono maggiori spazi di negoziazione); (b) perché hanno minori costi di transazione (anche se comportano dei costi connessi proprio alla assenza di garanzie procedurali), (c) per negare benefici economici, (d) per guidare gli Stati (membri) nell’applicazione delle policies federali, (e) per la maggiore flessibilità lasciata all’amministrazione, (f) come veicolo di sperimentazioni normative e/o di regolazione, (g) come strumento di enforcement (sotto la minaccia – threat – dell’utilizzo di altri strumenti normativi e di regolazione) [22]. In apparenza, proprio in quanto attratta alla categoria delle NLR sembrerebbe che la soft law sia mantenuta al di fuori dell’area della normatività. In realtà, tale conclusione, come si dirà a breve, è errata o, almeno, solo parzialmente vera. Il criterio distintivo, in base al quale una regola di condotta è collocata tra le NLR, è quello della procedura seguita. Dunque, un criterio formale: se l’atto in cui la regola di condotta è contenuta è stato approvato sulla base della procedura di notice and comment (di seguito NaC) di cui al § 553 dell’Administrative Procedure Act (di seguito, APA), la regola in esso contenuta sarà [continua ..]


3. Soft law e normatività nell'ordinamento giapponese

Il Giappone ha una lunga e del tutto peculiare esperienza – ma potremmo dire tradizione – di soft law, plasmata dalle specificità storico-culturali di questo ordinamento [50]. Essa si è rivelata, lungo un arco temporale pluridecennale, uno straordinario strumento per la regolazione – ben oltre ed, anzi, a volte anche a dispetto, della la normatività formale [51] – di dinamiche e relazioni giuridiche estremamente variegate[52]. Basteranno pochi esempi per comprendere la varietà di funzioni e contesti in cui le administrative guidances hanno trovato applicazione: (a) utilizzate come strumento per il governo e/o la regolazione delle conseguenze interne prodotte da mutati assetti nelle relazioni internazionali: ad esempio, durante la crisi USA-Giappone del mercato dell’auto, a mezzo di soft law governativa si è richiesto ai produttori di vetture di auto-limitare volontariamente le esportazioni per un periodo triennale e di produrre rapporti periodici sul numero di autovetture esportate negli Stati Uniti [53]; (b) utilizzate come strumento di sviluppo equilibrato dei rapporti tra poteri dello Stato: la crescita dei poteri di alcuni ministeri (ad es., del Ministero dello sviluppo agricolo e del Ministero delle finanze) è avvenuta a mezzo di soft law, senza il necessario avallo legislativo; (c) utilizzate come strumento di equilibrio dei rapporti tra potere e libertà, utile a stimolare il raggiungimento di finalità pubbliche (quali accessibilità e standard di costruzione delle opere di urbanizzazione secondaria) con meccanismi di auto-regolazione privata: con guidelines, solo formalmente operanti sotto il cappello della legislazione primaria in materia urbanistica, si è efficacemente superato il problema di carenza di edifici scolastici vicinali e della scarsa ventilazione delle costruzioni, rimettendo ai costruttori e alla contrattazione privata (tra comparti finitimi) la definizione delle modalità attuative; (d) utilizzate, infine, come strumento di dinamicità dell’ordinamento giuridico in presenza di barriere costituzionali o politiche all’intervento a mezzo di leggi, ovvero di limiti normativi alla crescita dei poteri di regolazione [54]. I tratti che accomunano espressioni di soft law tanto diversificate sono senz’altro da [continua ..]


4. Soft law e normatività nell'ordinamento sovranazionale europeo

Nell’ordinamento sovranazionale europeo la soft law costituisce un essenziale strumento di regolazione, ma anche, in senso più ampio, di governance e di equilibrio del sistema [56]. La soft law opera a una pluralità di livelli – sia nei rapporti orizzontali tra stati membri, sia nei rapporti verticali tra Unione e stati membri, sia nei rapporti interni all’UE tra Parlamento, Consiglio, Commissione e Agenzie europee – e con una pluralità di funzioni: (1) mantenere l’equilibrio tra i diversi poteri istituzionali (a mezzo di procedure informali e accordi non vincolanti) [57]; (2) assicurare maggiore elasticità alle relazioni verticali e orizzontali (tale è la funzione del Metodo aperto di coordinamento); (3) assicurare la trasformazione (e la crescita) dell’apparato amministrativo del­l’UE – in particolare, ma non solo, attraverso Agenzie di regolazione e rispettivi poteri di quasi-rulemaking – nel rispetto formale dei Trattati e dei principi fondamentali espressi dalla Corte di giustizia (a partire dalla ancora valida Meroni doctrine [58]); (4) omogeneizzare i comportamenti dei destinatari (amministrazioni nazionali e privati) nella creazione, interpretazione e applicazione del diritto UE [59]; (5) rafforzare dei meccanismi di enforcement del diritto e dei poteri delle Agenzie, agendo dunque in chiave sussidiaria ai meccanismi tipici della hard law [60]; (6) auto-vincolare la Commissione senza annullare la discrezionalità dei poteri ad essa assegnati dai Trattati e dal diritto derivato (si veda il caso Kotnik [61]). In relazione alle funzioni sub (3) e (6), è senz’altro vero che la Commissione fa ampio uso di diversi strumenti di soft law, nell’ambito dei poteri discrezionali ad essa conferiti. La Corte di giustizia ha, in più occasioni, affermato che il potere di emanare atti di indirizzo non vincolanti rientra a pieno titolo nei poteri discrezionali delegati alla Commissione [62]. La decisione sul caso Kotnik si pone in linea con questa giurisprudenza. In tale decisione, tuttavia, la Corte si spinge oltre, indagando il rapporto tra linee guida o indirizzi di auto-vincolo e potere discrezionale attribuito dai Trattati (in particolare, gli artt. 107 e 108 TFUE): per essere conforme alla [continua ..]


5. Soft law e normatività dell'ordinamento francese

Come anticipato in apertura, il Conseil d’État francese ha dedicato un suo recente studio alla soft law, ribattezzandola in termini di droit souple, ossia di diritto flessibile [74]. Lo studio offre una chiara (e utile) immagine della varietà delle forme nelle quali il droit souple si manifesta, varietà che trova conferma anche nei diversi gradi di ingresso della soft law sul piano della normatività giuridica formale [75]. Una buona parte del droit souple troverebbe, infatti, già ingresso nel sistema delle fonti del diritto, condividendone la forza, a partire dall’effetto di vincolo. L’interrogativo di fondo è dunque quello di comprendere se – e fino a che punto – la fortuna della soft law non sia semplicemente il frutto di una moda che contagia, à la maniére de M. Jourdain [76], gli attori istituzionali (dal legislatore, all’amministrazione) e la società; ovvero, se, invece, essa non risponda al bisogno profondo di ricambio e ossigenazione del diritto e dell’ordinamento giuridico. Solo nella seconda ipotesi – quando cioè agisce in via sussidiaria rispetto al droit dur e agli strumenti che ne garantiscono l’attuazione e l’applicazione – la soft law può rivelarsi utile. L’utilità, però, non è da sola sufficiente a giustificare l’ingresso della soft law sul piano della giuridicità: in particolare, non basterebbe a legittimare l’uso del droit souple (da parte del legislatore come dell’amministrazione), né a dare a dare ingresso alla domanda di giustizia fon­data su o contro il droit souple (c.d. doctrine de recours et d’emploi du droit souple). In questa chiave si spiega la messa a punto di un test per la verifica di tre condizioni essenziali affinché il droit souple possa essere assunto come facente parte di quel droit plus grand que la règle de droit (retro par. 1): oltre all’utilità, quella di effettività (probabilità di adesione) e di legittimità. Volendo ripetere l’esercizio di [continua ..]


6. Conclusioni

Dall’indagine, pure nella sua brevità e essenzialità, emerge in modo evidente la molteplicità di ruoli, forme, contenuti e forza giuridico– normativa di ciò che descriviamo in termini di soft law. La prospettiva che meglio consente di apprezzare la varietà e ricchezza di questo universo non è quella, limitata, del farsi del diritto, quanto, piuttosto, quella immensamente più ampia del c.d. regulatory process [85]: ossia, della dinamica che abbraccia la produzione del diritto – nei diversi livelli, centri e modi a ciò deputati –, la sua attuazione (anche attraverso la regolazione) e applicazione in chiave di effettività (meccanismi di enforcement). In questo più ampio orizzonte, infatti, la soft law si rivela essere essenziale strumento (sussidiario) di regolamentazione e regolazione, utile a garantire l’effettività, l’equilibrio, l’elasticità e dinamicità dei sistemi giuridici contemporanei. Questo suo multiforme ruolo si gioca su più fronti e a una molteplicità di livelli, non secondario quello “interno” ovvero inter-istituzionale. Senza voler qui ripercorrere le considerazioni introduttive sulla natura della normatività e sul suo rapporto con la categoria di ciò che chiamiamo diritto, è certo che con riguardo alla soft law la dimensione dell’effettività – ossia della sua capacità di porsi nella realtà come fatto regolante e canone di comportamento – è coessenziale al suo essere e condizione stessa della sua rilevanza sul piano della giuridicità e, quindi, della sua “giustiziabilità”. Non è un caso che il legislatore non si limiti ad aprire la strada alla soft law (favorendone così anche l’ingresso nel sistema delle fonti), ma intervenga per rafforzarne appunto l’effettività, rendendo più costoso, per i soggetti regolati, il comportamento da essa difforme. In questo gioco, in cui sussidiato (fonti) e sussidiario (soft law) invertono i reciproci ruoli, l’autorevolezza “normativa” della soft law rimane premessa essenziale, utile altresì a svelare alcune delle aporie insite nel modo in cui si continua a costruire e raccontare l’universo del [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2016