Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Le concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo tra meccanismi normativi di proroga e tutela dei principi europei di libera competizione economica: profili evolutivi alla luce della pronuncia della Corte di giustizia resa sul caso Promoimpresa-Melis (di Francesco Sanchini )


Corte di giustizia, sez. V, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15

«L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati».

 

«L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo».

  

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La proroga delle concessioni demaniali marittime nel complesso confronto con il contesto europeo - 3. Il sindacato del giudice costituzionale sulle proroghe introdotte dalle leggi regionali e i dubbi di compatibilità eurounitaria espressi dal giudice amministrativo sulla disciplina nazionale - 4. La presa di posizione dell'Avvocato generale sull'incompati­bilità con il diritto europeo del quadro normativo interno nelle conclusioni sul caso Promoimpresa-Melis - 5. La Corte di giustizia non riserva sorprese: la proroga automatica impedisce una selezione imparziale e trasparente. Riflessioni a margine della pronuncia sulle cause riunite C-458-14 e C-67-15 del 14 luglio 2016 - 6. Alcune osservazioni conclusive alla luce delle prospettive di riordino della materia - NOTE


1. Introduzione

Il tema della proroga delle concessioni demaniali marittime, con particolare riguardo a quelle aventi scopo turistico-ricreativo, costituisce da tempo oggetto di attenta indagine da parte degli interpreti e il suo studio assume oggi un peculiare interesse alla luce di alcuni fondamentali sviluppi che impongono una riflessione aggiornata in ordine a talune problematiche originatesi in sede teorica e applicativa. Una simile analisi pare doverosa anche alla luce del recente ed atteso intervento della Corte di giustizia sulla questione della compatibilità con la disciplina europea di meccanismi di dilazionamento temporale automatico delle concessioni a scopo turistico-ricreativo in essere. Questa decisione, per vero, consente di comprendere il diverso approccio che l’ordinamento nazionale e quello sovranazionale spesso adottano in relazione a principi che ricoprono un ruolo di primaria importanza nel quadro dei valori del mercato comune, primi tra tutti quelli di libera competizione economica. Infatti, è dal delicato confronto di controversi (e talvolta risalenti) istituti previsti nel contesto nazionale con siffatti principi, che sono emerse le preminenti questioni ermeneutiche affacciatesi nel dibattito giuridico, sulle quali più volte si è pronunciato il giudice nazionale, tanto amministrativo, quanto costituzionale. Tale condizione impone, una volta ripercorsi gli snodi fondamentali del percorso evolutivo sviluppatosi nel tempo, l’esigenza di soffermarsi sulla necessità di un ripensamento del settore coerente con l’interpretazione fornita dalla Corte di Lussemburgo, che si è espressa nel senso della doverosa sussistenza di procedure di selezione per l’affidamento in concessione di beni del demanio marittimo preposti a simili finalità. L’opportunità di una regolamentazione conforme con i parametri europei non risulta inoltre limitata alla dimensione nazionale, bensì, stante la molteplicità di competenze interessate, ancorata anche al livello regionale. Quest’ulteriore ambito non ha a sua volta mancato di dimostrare tutte le sue criticità, come testimoniato da un costante orientamento giurisprudenziale consolidatosi in seno al giudice costituzionale e da ultimo dal contenzioso istauratosi in seguito all’approvazione della l.r. Toscana n. 31 del 2016. Siffatta considerazione, pertanto, conferisce ancor più la misura di [continua ..]


2. La proroga delle concessioni demaniali marittime nel complesso confronto con il contesto europeo

Al fine di predisporre un adeguato inquadramento circa gli aspetti di maggiore criticità cui ha dato luogo il regime delle proroghe delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo, pare opportuno svolgere una preventiva, seppur succinta, ricognizione di quelli che sono stati i passaggi-chiave dell’excursus normativo e del suo travagliato raffronto con il diritto europeo. L’indagine appare essenziale, infatti, al fine di individuare, a mo’ di “griglia concettuale”, le coordinate di riferimento per un’adeguata comprensione di tutta la successiva evoluzione interpretativa affermatasi in materia. Il corretto inquadramento della disciplina consolidatasi a livello interno, per di più, permette di coglierne i profili di differenziazione rispetto ad altre esperienze europee, come quella spagnola, che spesso è stata accostata a quella nazionale per istituti e problematiche in realtà solo apparentemente ad essa sovrapponibili [1]. Ciò premesso, le disposizioni che, come noto, hanno sin dall’origine posto problemi di coerenza con il quadro sovranazionale sono il comma secondo dell’art. 37 del codice della navigazione e l’art 1, comma 2, del d.l. n. 400 del 1993, disciplinanti rispettivamente il c.d. “diritto di insistenza” e il regime di durata e rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime. Se infatti la regolamentazione del codice della navigazione – più volte reinterpretata dal giudice amministrativo [2] – prevedeva che in presenza di più domande per il rilascio del provvedimento concessorio fosse accordata preferenza al precedente concessionario [3], l’altra disposizione individuava, oltre che un termine di sei anni per la durata della concessione, un meccanismo di rinnovo automatico di ulteriori sei anni per il caso in cui il medesimo concessionario avanzasse la relativa richiesta [4]. Un simile impianto di disciplina finiva, così, inevitabilmente per entrare in collisione con il diritto dell’Unione sia a livello di Trattato, in specie sotto il profilo della violazione della libertà di stabilimento sancita dall’art. 49 T.F.U.E., sia sul versante del diritto derivato, con particolare riguardo alla direttiva sulla libera circolazione dei servizi n. 123 del 2006, meglio conosciuta come direttiva Bolkestein. In base [continua ..]


3. Il sindacato del giudice costituzionale sulle proroghe introdotte dalle leggi regionali e i dubbi di compatibilità eurounitaria espressi dal giudice amministrativo sulla disciplina nazionale

Prima di analizzare gli aspetti della disciplina interna sui quali il giudice amministrativo ha espresso forti dubbi di compatibilità con il contesto europeo, giova ricordare come un ampio sindacato sia stato altresì esercitato dalla Corte costituzionale sulle discipline regionali che hanno previsto, pur con procedure tra loro differenti, meccanismi di proroga delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo [23]. L’indagine sulla giurisprudenza costituzionale appare particolarmente interessante, avendo il giudice di Palazzo della Consulta nel tempo consolidato una posizione sostanzialmente unitaria nel censurare le previsioni delle legislazioni territoriali, ritenute in linea di massima orientate a porre barriere nel­l’accesso al mercato di altri potenziali concorrenti e quindi tese a favorire il consolidarsi di situazioni monopolistiche. L’argomentazione di fondo su cui ruotano le varie pronunce del giudice costituzionale, difatti, consiste nel ritenere che le previsioni regionali contrastino con gli obblighi di derivazione europea in materia di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, in tal modo violando il parametro interposto rappresentato dall’art. 117, comma 1, Cost. La Corte non ha così ritenuto plausibile qualsivoglia ragione giustificativa di simili previsioni che fosse fondata sulla tutela del legittimo affidamento dei concessionari uscenti, talvolta invocata dalle difese regionali. Una simile soluzione è stata prospettata, ad esempio, nel contenzioso poi conclusosi con la sentenza n. 180 del 2010 che ha censurato l’art. 1 della l. r. Emilia-Romagna n. 8 del 2009 nella parte in cui prevedeva la possibilità per i titolari di concessioni di richiedere una proroga operante in via automatica di durata nel massimo fino a venti anni [24]. Il giudice costituzionale non ha tuttavia avallato l’impostazione del legislatore emiliano, trattandosi di un sistema avente lo scopo di prorogare concessioni ormai esauritesi e in relazione alle quali conseguentemente non poteva ipotizzarsi la necessità di salvaguardare alcun affidamento, conoscendo il concessionario il termine entro il quale poter eventualmente rientrare dagli investimenti effettuati [25]. L’incostituzionalità delle discipline regionali [26], dichiarata anche in relazione alle legislazioni friulana [27], toscana [28], [continua ..]


4. La presa di posizione dell'Avvocato generale sull'incompati­bilità con il diritto europeo del quadro normativo interno nelle conclusioni sul caso Promoimpresa-Melis

Una riflessione sui contenuti salienti delle conclusioni dell’Avvocato generale rese sulle cause riunite C-458/14 e C-67/15 costituisce uno snodo fondamentale della problematica in analisi, in quanto rappresenta una sorta di “passaggio intermedio” tra le decise osservazioni dei giudici amministrativi e la successiva interpretazione fornita della Corte di giustizia. Vi si rinviene, infatti, un risoluto allineamento nel senso dell’incompatibilità della proroga automatica con il complesso delle regole e dei principi europei, anche se, come si vedrà di qui a breve, da una lettura approfondita può comunque percepirsi un intento non del tutto preclusivo rispetto alla possibilità di fornire una giustificazione al meccanismo dilatorio, seppur limitatamente ad ipotesi di certo marginali. Il punto di partenza dell’intero corpus motivazionale può individuarsi nel richiamo alla consolidata giurisprudenza per la quale un’armonizzazione esaustiva formatasi a livello europeo in un dato settore impedisce che qualsiasi atto nazionale possa essere scrutinato in base a disposizioni diverse da quella stessa misura di armonizzazione; se gli Stati potessero aggirare questa disciplina attraverso il diritto primario, essa potrebbe risultare invero privata dell’ef­fetto utile [47]. Identificato così il parametro interpretativo di riferimento nel solo art. 12 della direttiva Bolkestein, del percorso ermeneutico si apprezzano in particolare tre segmenti di rilievo, soffermandosi l’Avvocato generale dapprima sull’appli­cabilità della disposizione alla fattispecie concreta, per poi passare ad una sua dettagliata esegesi, onde conclusivamente indagarne gli effetti nell’ordina­mento giuridico nazionale. Con riguardo alla parte relativa all’operatività dell’art. 12, viene anzitutto affrontato il problema della distinzione tra le concessioni demaniali marittime e lacuali e la figura della locazione commerciale, ipotesi, quest’ultima, che diversamente da quanto accade nel primo caso riconosce il godimento di un bene pubblico senza un’autorizzazione condizionante l’accesso all’attività di servizio [48]. In disparte questo aspetto, l’attenzione si concentra sulla qualificabilità delle fattispecie in questione in termini di concessioni di servizi (rilevanti ai fini [continua ..]


5. La Corte di giustizia non riserva sorprese: la proroga automatica impedisce una selezione imparziale e trasparente. Riflessioni a margine della pronuncia sulle cause riunite C-458-14 e C-67-15 del 14 luglio 2016

La recente pronuncia della Corte di giustizia sul caso Promoimpresa-Melis costituisce una tappa assai importante e attesa in relazione ad una problematica che, come si è sin qui cercato di illustrare, non ha ancora trovato una definizione stabile. La decisione ha aderito al filone interpretativo consolidatosi in termini critici relativamente al sistema di proroga automatica concepito a livello nazionale, che aveva lasciato presagire la possibile adozione di una sentenza di senso avverso rispetto al “salvataggio” della travagliata disciplina interna. L’impianto motivazionale della sentenza appare ordinato su puntuali sno­di concettuali, attraverso i quali il giudice europeo con chiarezza argomentativa muove rigorose censure al meccanismo dilatorio, sulla falsariga di quanto accaduto in occasione delle conclusioni rese dall’Avvocato generale Szpunar, rispetto alle quali si apprezzano tuttavia, come poco sopra accennato, spunti di approfondimento, assieme ad una maggiore sinteticità espositiva. La Corte si sofferma anzitutto sul principale aspetto qualificatorio emergente dalle fattispecie da cui ha originato il rinvio pregiudiziale, costituendo le concessioni demaniali marittime e lacuali a scopo turistico-ricreativo – a prescindere dal nomen posseduto nel contesto interno – delle vere e proprie autorizzazioni rilevanti ai sensi della direttiva Bolkestein [62]. Con maggiore sforzo esplicativo, viene così richiamata l’attenzione sul fatto che, nei giudizi di rinvio, le concessioni non riguardavano prestazioni di servizi ma l’autorizzazione all’esercizio di un’attività di carattere economico su un bene demaniale [63]. Quest’affermazione transita attraverso il richiamo al considerando 57 della direttiva, in virtù del quale la disciplina in essa contenuta e concernente le autorizzazioni non è applicabile alle concessioni di servizi pubblici, al contrario rilevanti ai sensi della direttiva n. 23 del 2014 [64]. Una concessione di servizi, difatti, si connota per il trasferimento dall’au­torità al concessionario del diritto di gestione di un dato servizio e per la possibilità per il titolare di determinarne l’organizzazione, oltre che per la soggezione ai rischi ad essa collegati [65]. Tali puntualizzazioni non appaiono tuttavia di per sé sufficienti [continua ..]


6. Alcune osservazioni conclusive alla luce delle prospettive di riordino della materia

Volendo trarre qualche riflessione conclusiva a margine del complesso di questioni analizzate nel corpo del presente contributo, sembra ragionevole affermare che con la recente bocciatura della Corte di giustizia l’articolazione generale delle concessioni demaniali marittime e lacuali a scopo turistico-ricreativo debba ormai essere riconsiderata, al fine di predisporre un quadro coerente con i principi e le regole europee. Appare viva, così, la necessità di approntare un intervento il più tempestivo possibile e in grado di soddisfare le molteplici esigenze che si impongono a livello ordinamentale: se da un lato, infatti, un tale intervento potrebbe evitare l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione, dall’altro, contribuirebbe alla definizione di una situazione giuridica complessivamente più chiara per i privati, che da un contesto di disciplina dai contorni poco nitidi non possono che uscirne in ogni caso danneggiati. È d’uopo rammentare come poco dopo la pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia sia stato introdotto in sede di conversione del d.l. enti locali 2016, un emendamento che dispone la validità delle concessioni già istaurate e pendenti in base all’art. 1, comma 18, d.l. n. 134 del 2009, ossia della disposizione – cui si è più volte fatto riferimento – che ha prorogato la durata delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo in essere alla data di entrata in vigore di quel decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015, sino alla data del 31 dicembre 2020 [77].   La previsione sembrerebbe tuttavia criticabile in quanto contrastante con i principi del diritto europeo e ciò, maggiormente, alla luce della decisione del giudice di Lussemburgo. Tale disposizione, invero, attraverso una sorta di “sanatoria” delle concessioni demaniali rilasciate in attuazione del quadro regolatorio dichiarato non conforme con il contesto sovranazionale, parrebbe perpetuare il funzionamento di quegli stessi meccanismi che sono stati esplicitamente censurati dalla Corte di giustizia. Si auspica tuttavia che questa misura, varata al dichiarato fine di assicurare certezza del diritto e continuità nella gestione del demanio marittimo in attesa del riordino del settore, costituisca un provvedimento autenticamente temporaneo e comunque strumentale [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2016