Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Gli accordi amministrativi nella produzione scientifica di Nicola Bassi (di Fabrizio Fracchia)


   

SOMMARIO:

1. Premessa: gli accordi nel quadro degli studi di Nicola Bassi - 2. Una sintesi del volume di Nicola Bassi sugli accordi nel diritto europeo: la possibilità di stipulare figure pattizie - 3. Segue: la natura degli accordi e il regime giuridico - 4. Una riflessione finale sulla monografia di Nicola Bassi - 5. Lo studio degli accordi tradizionali, ambientati nel contesto na­zionale e disciplinati dalla legge n. 241-1990 - NOTE


1. Premessa: gli accordi nel quadro degli studi di Nicola Bassi

In seno alla Sua copiosa produzione, Nicola Bassi si è occupato diffusamente di accordi nell’ambito del diritto amministrativo, trattando sia di quelli stipulati tra amministrazioni, sia delle figure pattizie che coinvolgono enti e privati [1]. L’istituto dell’accordo è stato da Lui analizzato sotto profili assai diversi tra di loro, non solo nella prospettiva classica, che pure ha percorso con profondità e rigore (studiando la disciplina di cui agli artt. 11 e 15, legge n. 241/1990), ma anche adottando un punto di vista del tutto peculiare, quello europeo, consegnandoci un importantissimo contributo con il volume Gli accordi fra soggetti pubblici nel diritto europeo, Milano, 2004. Giova ripercorrere le scansioni essenziali dell’argomentazione sviluppata nel lavoro monografico appena ricordato. L’A. sottolinea come la figura dell’accordo tra soggetti pubblici, impiegata in chiave interna soprattutto come strumento necessario a fronte della proliferazione dei centri di potere per salvaguardare l’unità dell’ordinamento, in prospettiva europea abbia giocato un ruolo di raccordo nell’ambito di una rete policentrica, dunque per creare “unità”, accompagnando il processo di integrazione. È di immediato interesse osservare che la cornice di riferimento, testé delineata siccome tratteggiata all’inizio del lavoro, è destinata a essere sviluppata nel corso della monografia fino a diventare la chiave esplicativa della possibilità stessa di stipulare accordi, i quali, annoverati tra gli strumenti utili ad assicurare quella unità, esigono uno statuto giuridico che consenta loro di potere assolvere questo ufficio e di esplicare questa funzione. Tre sono comunque i problemi che Bassi si propone di risolvere. Il primo è quello della possibilità stessa per gli enti di stipulare siffatta tipologia di accordi, caratterizzati dal fatto che la relazione giuridica che essi fondano supera i confini nazionali. Al riguardo, Bassi fornisce numerosi esempi concreti che confermano l’importanza e l’estensione del fenomeno pattizio oggetto della sua indagine e inizia a mettere a fuoco uno dei problemi principali della stessa, e, cioè il tema del rilievo della capacità giuridica dei soggetti pub­blici. Il secondo e il terzo snodo problematico attengono alla qualificazione degli [continua ..]


2. Una sintesi del volume di Nicola Bassi sugli accordi nel diritto europeo: la possibilità di stipulare figure pattizie

Nicola Bassi procede a un accurato censimento dei casi in cui il “metodo sostanziale dell’accordo pubblico di coordinamento” viene utilizzato nel diritto UE; si impegna quindi in un’analisi minuziosa delle fonti e della giurisprudenza, trovando svariate conferme all’ipotesi di base secondo cui nel contesto europeo certamente si ammette che mediante accordo (stipulato tra amministrazioni nazionali, tra queste e le istituzioni europee o tra queste ultime) si disciplini l’esercizio di competenze pubblicistiche. Rilevato che il diritto europeo considera propri soggetti (e, dunque, ne riconosce la soggettività) non solo gli Stati, ma anche altre entità giuridiche ed enti pubblici nazionali (come accade, ad esempio, nel settore delle agevolazioni creditizie o nel campo degli appalti), l’A. riprende il quesito circa l’ammissibilità che l’ordinamento europeo estenda la capacità delle amministrazioni nazionali, consentendo alle stesse di stipulare accordi. Sul punto, conclude con sicurezza nel senso che siffatto ordinamento riconosce a soggetti pubblici nazionali legittimati dal diritto interno la capacità di vincolarsi mediante la conclusione di strumenti convenzionali rilevanti sul piano dell’ordinamento europeo medesimo. A questo punto, apparentemente e superficialmente appagato, potrebbe arrestarsi il giurista che si limita a descrivere i fenomeni che indaga. Questo risultato non soddisfa invece uno studioso della tempra di Nicola Bassi, inquieto, curioso e preoccupato di “costruire” e di plasmare gli istituti giuridici più adatti a inquadrare quei fenomeni. Come giustificare giuridicamente questa estensione di capacità? Come ricondurla ai principi e ai paradigmi giuridici? In primo luogo, Egli coglie immediatamente un corollario dell’analisi già condotta: l’amministrazione che attua il diritto europeo viene collocata in un quadro ordinamentale che ne diminuisce la dipendenza rispetto al diritto interno e ne aumenta la soggezione a quello sovranazionale. Per altro verso, e soprattutto, con uno scarto efficace e brillantissimo, unitamente al principio dell’effetto utile, risolve il problema applicando – dunque in chiave non già funzionale, ma organizzativa – quella teoria dei poteri impliciti che tanto aveva studiato in altri lavori scientifici [2]. E tale impiego trova per Bassi [continua ..]


3. Segue: la natura degli accordi e il regime giuridico

Bassi si volge poi all’analisi della natura degli accordi. Intanto, Egli scarta la tesi dell’accordo di diritto internazionale pubblico, condivisibilmente sottolineando come sussista un ordinamento europeo che li riconosce e che ha la capacità di esprimere proprie qualificazioni. Non è dunque necessario o opportuno guardare al diritto internazionale: si è in presenza, infatti, di un accordo di diritto comunitario di ambientazione pubblicistica (questa parte della sua argomentazione complessiva è di estremo interesse perché si nutre dell’intenso dialogo con la dottrina francese, italiana e spagnola). Anche negando la tesi secondo cui si tratterebbe di contratti di diritto internazionale privato (cui seguirebbe l’applicazione del diritto internazionale privato), guardando alla giurisprudenza della Corte di giustizia e in ragione della sussistenza di un modello comune (assai interessante è anche il passaggio in cui Bassi afferma che una regola comune può identificarsi a partire dalla sua presenza in un certo numero di Stati), l’A. costruisce una categoria concettuale propria del diritto europeo che recepisce i tratti caratterizzanti delle figure nazionali. Siamo al cospetto di una vera e propria operazione di “attrazione logico sistematica” verso una nozione europea, che, chiudendo un cerchio immaginario, inquadra la fattispecie (che “serve” alla integrazione europea) nelle categorie di qualificazione offerte dal diritto europeo. Di sicuro interesse è lo sforzo di trasporre su questo piano ordinamentale istituti propri di alcuni Stati dell’area europea, senza smentirne la collocazione comunitaria e senza dover evocare il diritto internazionale pubblico o quello privato: pur se il diritto europeo non rinviene al suo interno una categoria espressa per inquadrare le fattispecie, quell’ordinamento è in grado di colmare eventuali lacune in modo autonomo (autopoietico, direbbe Luhmann), con l’ausilio dello strumento integrativo dei principi generali comuni agli stati membri. In altri termini, l’ordinamento europeo qui opera non già per integrare la capacità delle soggettività (profilo che l’A. aveva analizzato in precedenza per fondare il potere di stipulare accordi e per giustificare un allargamento della capacità degli enti), ma per forgiare una categoria cui ricondurre gli [continua ..]


4. Una riflessione finale sulla monografia di Nicola Bassi

L’operazione di sistemazione teorica affrontata da Nicola Bassi si presentava non agevole per la presenza di problemi specifici e ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente analizzati dalla dottrina che si è occupata di accordi nel diritto interno. Basti citare la diversa finalità degli accordi nel contesto europeo e, soprattutto, l’assenza di una norma esplicita in grado di fondare il potere dei poteri pubblici di stipulare accordi. Ciò osservato in generale, il percorso argomentativo sviluppato dall’A. si caratterizza per alcune peculiarità di sicuro interesse. Intanto, Egli lascia la questione della qualificazione della figura al termine del percorso medesimo; la sua preoccupazione, piuttosto, è quella di non arrestarsi alla descrizione del fenomeno, impegnandosi invece a “costruire” concetti e categorie, facendo ricorso a istituti giuridici, quali il modello dei poteri impliciti, già noti, ma innovativamente impiegato; infine, invoca l’ausilio dello strumento integrativo dei principi generali comuni agli Stati membri. Per altro verso, l’A. ricorre copiosamente all’analisi comparata, implicitamente aderendo all’idea che la comparazione, più che una materia, è un metodo; procede prestando minuziosa attenzione a tutti i formanti normativi disponibili, alle peculiarità del diritto europeo, accennando al diritto globale e svolgendo efficaci considerazioni di sintesi. Professa poi la perdurante validità della distinzione tra regime di diritto pubblico e regime di diritto privato anche a livello europeo. La statura dello studioso in ogni caso, si rivela fin dall’esordio della trattazione, là dove individua chiaramente metodo, oggetto e obiettivi dell’analisi: a tale ultimo riguardo, non è chi non veda come Bassi sia non tanto interessato al regime della figura dell’accordo (anche se poi individua correttamente le ricadute pratiche della ricostruzione, ad esempio trattando della revoca), quanto preoccupato di “abilitare” gli enti pubblici a versare l’esercizio di una competenza pubblicistica nell’oggetto contratto. Quanto allo stile, esso è molto elegante, sempre preciso e efficacemente asciutto. Il lavoro di Nicola Bassi è di grande interesse anche perché sollecita lo studioso a estendere il raggio della riflessione anche al di là [continua ..]


5. Lo studio degli accordi tradizionali, ambientati nel contesto na­zionale e disciplinati dalla legge n. 241-1990

Lo studio degli accordi disciplinati dalla legge n. 241/1990 (ci si riferisce, in particolare, alla voce Accordi amministrativi, scritta per il Dizionario di diritto pubblico) si segnala per le stesse caratteristiche e rispetta i medesimi standard qualitativi esibiti dal lavoro monografico, pur prestando ossequio allo stile tipico del diverso genere letterario. Intanto, l’A. pone l’accento sulla piena vincolatività degli accordi di cui alla legge n. 241/1990 e riconduce siffatto vincolo direttamente alla pattuizione e non già ad altri atti amministrativi prodromici. Procedendo all’analisi degli accordi con i privati, non manca poi il consueto, disincantato e profondo sguardo sulla realtà, posto che Nicola Bassi riconosce che, spesso, l’accordo non è il frutto di una genuina trattativa, risultando viceversa unilateralmente predisposto dall’amministrazione, con la conseguenza che il privato deve semplicemente ad esso aderire, quasi si trattasse di una specie di condizione per ottenere l’utilità finale avuta di mira. L’A. si volge quindi a considerare la natura degli accordi, tema che affronta valorizzando, in relazione al regime giuridico, il profilo della compatibilità dei principi di diritto comune (così recita l’art. 11: «ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili») e, soprattutto, l’istituto del recesso. A tale ultimo riguardo è di interesse notare che, secondo Bassi, il potere di recedere va riconosciuto in capo al soggetto pubblico anche nei casi di accordi tra amministrazioni, fattispecie disciplinata dall’art. 15, legge n. 242/1990, che pure sul punto tace e non richiama il pertinente frammento normativo di cui all’art. 11: rifacendosi alla giurisprudenza, egli conclude nel senso che il mancato rinvio da parte dell’art. 15 significa semplicemente che non sussiste il diritto all’indennizzo (aderendo alla tesi della c.d. “vincolatività doppiamente attenuata” degli accordi tra enti). L’accenno disvela e conferma un ulteriore carattere costante del metodo dell’A., che riserva un’attenzione meticolosa (ancorché sempre sorvegliata e critica) alla giurisprudenza. In ogni caso, dalla qualificazione pubblicistica degli accordi Nicola Bassi [continua ..]


NOTE