Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il finanziamento delle autorità di regolazione tra contribuzione 'di scopo' degli operatori e tagli alla spesa pubblica. Il caso AGCOM Commento a Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza del 28 luglio 2016 nella causa C-240-15 (di Gloria Maria Barsi)


MASSIME

1. L’articolo 3 della direttiva 2002/21/CE e s.m.i. (c.d. direttiva quadro) e l’articolo 12 della direttiva 2002/20/CE (c.d. direttiva autorizzazioni) devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che assoggetta un’Autorità nazionale di regolazione, ai sensi della direttiva quadro, a disposizioni nazionali applicabili in materia di finanza pubblica e, in particolare, a disposizioni sul contenimento e la razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche quali quelle di cui al procedimento principale.

2. Previa verifica da parte del giudice del rinvio, l’articolo 3 della direttiva quadro non può ostare a che siano applicate a un’Autorità nazionale di regolazione, ai sensi di tale direttiva, disposizioni nazionali in materia di finanza pubblica nonché, segnatamente, disposizioni sul contenimento e la razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche, quali quelle di cui agli artt. 1, c.5, l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) e 22, comma 1, d.l. 4 luglio 2006, n. 223.

3. I diritti amministrativi che gli Stati membri possono imporre, in forza dell’art. 12 della direttiva autorizzazioni, alle imprese che prestano servizi o reti ai sensi dell’autoriz­zazione generale o che hanno ricevuto una concessione dei diritti d’uso, al fine di finanziare le attività dell’Autorità, devono essere destinati a coprire complessivamente i soli costi amministrativi relativi alle attività menzionate all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva. Essi non possono quindi essere destinati a coprire spese relative a compiti diversi da quelli elencati da tale disposizione, e segnatamente, non possono coprire i costi amministrativi di qualsivoglia natura sopportati dall’Autorità nazionale di regolazione. Deve, inoltre, esservi equilibrio tra tali costi e il gettito complessivo dei diritti percepito in modo che il totale dei costi (relativi a tali attività) non ecceda i diritti riscossi.

4. Sebbene l’articolo 12 della direttiva autorizzazioni consenta alle Autorità nazionali di regolazione di finanziare una parte delle loro attività attraverso la riscossione di diritti amministrativi, non si può ritenere che tale disposizione conferisca all’Autorità un diritto assoluto di fissare l’importo di tali diritti senza tenere conto delle disposizioni nazionali applicabili in materia di finanza pubblica e dirette a contenere e limitare la spesa pubblica. Detti diritti presentano, infatti, carattere tributario e rientrano nella generale potestà impositiva dello Stato italiano. La fissazione del loro importo da parte del­l’Autorità non può dunque sottrarsi all’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, comma 5, l. 30 dicembre 2004, n. 311 e 22, comma 1, d.l. 4 luglio 2006, n. 223, in quanto, inoltre, tali disposizioni non violano l’articolo 3 della direttiva quadro.

    

SOMMARIO:

Premessa - 1. Il finanziamento delle Autorità amministrative indipendenti: questioni principali - 2. Il contributo 'di scopo' degli operatori per il finanziamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - 3. L'assoggettamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai tagli alla spesa previsti dalle leggi di bilancio - 4. La sentenza della Corte di giustizia (prefigurata dall’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato) - 5. Conclusioni - NOTE


Premessa

Con la sentenza del 28 luglio 2016 resa nella causa C-240/15, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata in merito alla richiesta di interpretazione pregiudiziale ex art. 267 TFUE formulata dalla sesta sezione del Consiglio di Stato con ordinanza del 15.05.2015, n. 2475 circa la compatibilità delle disposizioni di cui agli artt. 1, comma 5, l. 30 dicembre 2004, n. 311 e 22, comma 1, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 con la disciplina contenuta agli artt. 3 della direttiva quadro (2002/21/CE) e 12 della direttiva autorizzazioni (2002/20/CE). La Corte di Lussemburgo si è espressa nel senso della compatibilità della normativa nazionale che assoggetta l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alle disposizioni sul contenimento e la razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche con la normativa europea che, invece, impone agli Stati di dotare le Autorità nazionali di regolazione di tutte le risorse economiche necessarie ad assicurare la loro indipendenza e il loro corretto funzionamento. Le considerazioni che seguono intendono ricostruire il contesto normativo e giurisprudenziale che ha portato alla pronuncia della Corte e le implicazioni che da essa possono discendere.


1. Il finanziamento delle Autorità amministrative indipendenti: questioni principali

Secondo un’espressione ricorrente, non esiste indipendenza che non sia anche indipendenza finanziaria[1]. Il tema del finanziamento delle Autorità indipendenti riveste un ruolo di primo piano nel dibattito sulla reale portata dell’indipendenza di questa particolare tipologia di pubblica amministrazione. Ciò, essenzialmente, perché il finanziamento delle authorities è stato fortemente condizionato dal dispiegarsi della crisi economica e finanziaria globale degli ultimi anni che, in Italia, ha condotto ad una progressiva, ma inesorabile, revisione (i.e., riduzione) della spesa pubblica. Di qui, la preoccupazione che la riduzione delle risorse economiche a disposizione delle Autorità per la gestione delle proprie attività si traduca in una menomazione del connotato di indipendenza. A destare attenzione sono stati alcuni interventi normativi messi in campo negli ultimi anni – motivati dal rispetto dei vincoli di bilancio che l’Italia è tenuta a rispettare in virtù dei trattati sottoscritti nell’ambito dell’appartenenza all’U­nione europea – con cui si è inteso ridurre la spesa destinata alle amministrazioni pubbliche, ivi comprese le Autorità indipendenti [2]. Non è un caso, infatti, che all’indomani di tali interventi normativi si sia levata qualche voce critica [3] secondo cui – proprio in relazione al tema dell’indi­pendenza – è auspicabile l’assunzione da parte del Parlamento di un ruolo maggiormente centrale e consapevole in ordine alla definizione periodica del fabbisogno finanziario destinato alle Autorità indipendenti. È stato, cioè, sostenuto che una maggiore valorizzazione del confronto con il Parlamento (e con l’opinione pubblica) rappresenti – data la necessità di garantire l’indipendenza di tali amministrazioni dall’esecutivo nonché la difficoltà di predeterminare in anticipo un vincolo di bilancio – l’unica via per assoggettare proficuamente le Autorità indipendenti ai tagli di spesa. In questo modo, l’organo legislativo si renderebbe sostanzialmente garante dell’adeguatezza delle risorse finanziarie a disposizione [4] arginando il potere dell’esecutivo. In ogni caso, è un dato ormai acquisito che la pressante necessità di [continua ..]


2. Il contributo 'di scopo' degli operatori per il finanziamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

Un caso emblematico, nell’ambito del dibattito sul finanziamento delle Autorità indipendenti, è rappresentato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che è stata interessata, negli ultimi anni, da un contenzioso molto significativo sviluppatosi su due versanti. Su un primo crinale, si è discusso della latitudine della contribuzione a carico dei privati e i relativi criteri di determinazione; su un altro versante, invece, si è dibattuto sulla legittimità dell’assogget­tamento dell’AGCOM ai tagli di risorse previsti dalla legislazione nazionale. Rispetto al primo dei due aspetti, è di recente pubblicazione la decisione del Consiglio di Stato[14] secondo cui l’Autorità ha violato la normativa europea in materia di costi per diritti amministrativi imponendo alle imprese operanti nel settore delle reti e dei servizi esborsi indebiti. Si è già avuto modo di accennare in precedenza che, in virtù dell’art. 1, cc. 65 e 66 della legge finanziaria 2006, il fabbisogno finanziario dell’AGCOM grava attualmente sui soggetti operanti nei mercati regolati dalla stessa per la parte non coperta dal bilancio dello Stato secondo un sistema di finanziamento misto che prevede il concorso di operatori privati e spesa pubblica. A ben vedere, tuttavia, l’Autorità attualmente trae dai contributi versati dai soggetti regolati oltre il 90% del fabbisogno a copertura dei propri costi, dunque l’ap­porto statale è poco più che simbolico. Al riguardo, la disciplina contenuta nella direttiva autorizzazioni riveste un’importanza centrale riconoscendo alle Autorità nazionali di regolazione il potere di imporre ai prestatori di servizi di comunicazione elettronica il pagamento di diritti amministrativi a copertura delle spese sostenute per la gestione del regime di autorizzazione e per la concessione di diritti d’uso [15]. Segnatamente, l’art. 12 prevede che le Autorità di regolazione nel settore delle telecomunicazioni, in relazione a specifiche attività – tassativamente enunciate –, possono chiedere agli operatori il versamento di diritti amministrativi secondo una imposizione proporzionata, obiettiva e trasparente in modo da minimizzare i costi e gli oneri accessori [16]. Tale disposizione è stata peraltro oggetto di recepimento [continua ..]


3. L'assoggettamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai tagli alla spesa previsti dalle leggi di bilancio

Parallelamente alla controversia relativa alla ampiezza del finanziamento di natura “privatistica”, si è aperto un altro fronte di discussione concernente l’assoggettamento dell’AGCOM ai tagli disposti con le leggi statali che variamente si sono occupate di bilancio e spesa pubblica. In questo modo, la questione del finanziamento dell’AGCOM si è intrecciata con quella della sua riconducibilità al novero delle amministrazioni pubbliche e la conseguente applicazione del relativo statuto. Il casus belli è stato l’inclusione dell’Autorità nell’ambito del conto economico consolidato stilato ogni anno dall’Istituto nazionale di statistica (c.d. conto ISTAT). La vicenda dell’inclusione nel conto ISTAT, in particolare, ha conosciuto un iter piuttosto travagliato che si è infine concluso con l’inclusione expressis verbis delle Autorità indipendenti ad opera del d.l. 2 marzo 2012, n. 6. A ben vedere, però, l’elemento veramente rilevante non è tanto la questione astratta della riconducibilità o meno delle Autorità indipendenti nel genus delle amministrazioni pubbliche per gli effetti dell’elenco ISTAT bensì la circostanza che, a partire dal 2004, le amministrazioni ivi elencate sono state interessate dai già accennati tagli alla spesa. In particolare, con l’art. 1, comma 5 della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) è stato deciso che la spesa complessiva delle amministrazioni incluse nel conto economico consolidato ISTAT non possa superare il limite del 2% rispetto alle previsioni dell’anno precedente risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica. Sulla stessa scia, l’art. 22, comma 1 della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) ha disposto nei confronti delle amministrazioni elencate un taglio pari al 10% dei consumi intermedi. Di qui, la centralità strategica di tale elenco e la contestazione dell’appar­tenenza ad esso da parte di alcune amministrazioni[27], fra cui AGCOM . Que­st’ultima ha, infatti, richiamato l’attenzione del giudice amministrativo proprio sulla disciplina di cui alle direttive quadro ed autorizzazioni assumendo che la propria inclusione nell’elenco ISTAT ne implicasse la violazione. Ancora una volta, [continua ..]


4. La sentenza della Corte di giustizia (prefigurata dall’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato)

Il principale dubbio di compatibilità della disciplina italiana con il diritto sovranazionale si concentra intorno al significato da attribuire al concetto di “indipendenza” in relazione a quello di “autonomia”. In particolare, poiché il connotato di indipendenza caratterizzante le Autorità di regolazione è posto a presidio di imparzialità e trasparenza, può non essere peregrino ritenere che indipendenza significhi non solo il riconoscimento di risorse finanziarie adeguate “ma anche la piena autonomia per le [autorità] stesse di decidere se e in quale misura operare eventuali riduzioni della spesa complessiva [37]”. Il giudice rimettente ipotizzava alcuni scenari possibili nell’eventualità in cui si fosse ritenuto che alle Autorità di regolazione spettasse di stabilire non solo il quantum di prelievo ma anche l’importo della propria spesa complessiva. Segnatamente, il Collegio ipotizzava  una “integrale sottrazione delle ANR alle disposizioni in materia di finanza pubblica che valgono per la generalità delle amministrazioni pubbliche” oppure la “sola possibilità per il Legislatore nazionale di imporre alle ANR vincoli e obiettivi ‘di risultato’, lasciando comunque le Autorità medesime libere di individuare, nell’ambito della loro autonomia, le modalità concrete con cui perseguire le finalità generali di finanza pubblica” [38] impedendo, quindi, l’applicazione  di tagli c.d. lineari. Altra ipotesi immaginata dai giudici, in virtù del principio di autofinanziamento, era l’esclusione dai tagli di bilancio delle quote di finanziamento di provenienza non statale (che, come visto, rappresentano la quasi totalità dei fondi a disposizione dell’AGCOM). Investita della questione, la Corte di giustizia [39] non ha ravvisato alcun profilo di incompatibilità fra la normativa interna e quella sovranazionale disattendendo tutte le soluzioni prospettate. Sottoposte al vaglio dei giudici sono state le norme di diritto interno di cui agli artt. 1, comma 5, legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) e 22, comma 1, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 in relazione alle norme (di diritto europeo) di cui agli artt. 12 della direttiva autorizzazioni – visto [continua ..]


5. Conclusioni

[1]Documento approvato dalla I Commissione permanente a conclusione dell’indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti (di seguito, Indagine conoscitiva), DOC. XVII, n. 17, Roma, Camera dei deputati, p. 17. [2] Le autorità indipendenti rientrano a pieno titolo nel novero delle pubbliche amministrazioni in senso stretto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 novembre 2012, n. 6014. [3] Assonime – associazione fra le società italiane per azioni, Autorità indipendenti, un migliore quadro giuridico per il buon funzionamento del mercato in Note e studi, 11/2012, pp. 17-22. [4] Assonime-associazione fra le società italiane per azioni, Autorità indipendenti, un migliore quadro giuridico per il buon funzionamento del mercato, cit., suggerisce l’adesione al modello statunitense che prevede la presentazione annuale al Congresso da parte delle autorità di «un documento (Congressional Budget Justification) per illustrare le loro richieste sul piano finanziario collegandole al proprio programma di azione e ai risultati conseguiti». Prosegue poi il documento «va sottolineata la particolare importanza per le autorità indipendenti dell’adozione di un orizzonte pluriennale, invece che annuale, di programmazione del fabbisogno e delle entrate. La prevedibilità e la stabilità delle entrate sono indispensabili per definire il programma di azione e le priorità di intervento. Le stime, naturalmente, possono essere oggetto di aggiustamenti, in caso di eventi imprevisti; ciò che è importante è evitare il negoziato annuale sulle risorse, che rischia di indebolire l’indipendenza nei confronti dell’esecutivo». [5] Indagine conoscitiva, cit., p. 18 [6] Assonime-associazione fra le società italiane per azioni, Autorità indipendenti, un migliore quadro giuridico per il buon funzionamento del mercato, cit. [7] Cfr. Indagine conoscitiva, cit., p. 18 [8] Assonime-associazione fra le società italiane per azioni, Autorità indipendenti, un migliore quadro giuridico per il buon funzionamento del mercato, cit. [9] Idem, che sempre ragionando sulle soluzioni preferibili in tema di finanziamento delle autorità indipendenti salutava con favore lo stralcio, dal d.l. n. 1/2012, della previsione per cui le sanzioni [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2016