Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Le garanzie procedurali e processuali delle imprese nella rete europea della concorrenza (di Barbara Marchetti)


The article aims at analyzing the European Competition Network in the perspective of the procedural and judicial guarantees for the undertakings. It focuses on the implications of the ECN mechanisms of case allocation and decision for the companies affected by their operation. This problem is relevant because the different national Authorities (and the EU Commission) have to enforce a uniform antitrust law, that is established in articles 101 and 102 TFUE while any national authority operates under different procedural rules and sanctionatory regimes. In this respect, the article tries to answer to the following questions: can undertakings control the functioning of case allocation mechanisms in the Network? Is it possible to assure that different procedural rules do not have discriminatory effetcs? What are the consequences of the co-operation mechanisms existing among the different authorities? At the end, how (and before which Court) can acts resulting from the interconnected operation of different administrations be judicially reviewed?

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La Rete europea della concorrenza: finalità e tratti distintivi - 3. Il potere sanzionatorio delle autorità della rete e la normativa applicabile - 4. Il sistema delle competenze e i criteri per l'allocazione del caso - 5. Allocazione della competenza e posizione delle imprese - 6. Flusso di informazioni e cooperazione investigativa nella rete tra esigenze di efficienza e diritti delle imprese - 7. La tenuta dell'esercizio a rete della funzione di enforcement dinanzi al giudice - 8. Alcune riflessioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Esiste una letteratura davvero imponente sulle reti europee e sul loro ruolo nel quadro della governance europea. Di esse sono stati analizzati profili funzionali e strutturali, sono state messe in luce finalità e funzionamento, sia in un’ottica di misurazione della loro efficienza nel processo regolatorio europeo, sia nella prospettiva della loro accountability complessiva [1]. Anche il tema della capacità della struttura a rete di assicurare l’applicazione del diritto antitrust dell’Unione europea è stato oggetto di molti studi, che hanno vagliato portata ed efficacia della struttura reticolare disegnata dal regolamento n. 1/2003 rispetto agli obiettivi fondamentali che ne hanno guidato l’istituzione: capacità di garantire un’implementazione effettiva delle regole europee ed una politica unitaria della concorrenza, congiunta alla necessità di una riduzione consistente dei compiti diretti della Commissione nell’attività di esecuzione [2]. L’oggetto di questo scritto interseca in qualche modo i due campi di ricerca – quello che indaga le reti europee come modello di amministrazione e quello che verifica l’impatto della rete europea della concorrenza sull’applicazione delle regole antitrust – ma si interroga principalmente sulle ricadute che l’esercizio a rete della funzione antitrust ha sui soggetti interessati: in particolare, i caratteri principali della rete europea della concorrenza, il sistema delle competenze parallele in essa previsto, i meccanismi di allocazione e riallocazione dei casi e gli strumenti di cooperazione e collaborazione previsti sono qui esaminati nella prospettiva peculiare delle imprese destinatarie dell’azione della rete e delle relative pretese. Due i profili che si esamineranno nello specifico: quello delle garanzie procedurali, destinate a mutare al variare dell’autorità nazionale antitrust – o in caso di avocazione, della stessa Commissione – competente a trattare il caso. E quello delle ricadute che si producono sul piano della tutela giurisdizionale e della sindacabilità degli atti. In termini generali, infatti, il sistema di competenze parallele disegnato dal regolamento n. 1/2003 rende possibile che, su uno stesso caso, siano competenti più autorità nazionali, anche contemporaneamente, o l’autorità europea, determinando la possibile [continua ..]


2. La Rete europea della concorrenza: finalità e tratti distintivi

Nel panorama delle reti amministrative istituite nell’Unione europea, non è dato rinvenire un modello unico di struttura reticolare, ma piuttosto una varietà di reti, distinte per finalità, tipologia di poteri esercitati, composizione interna, rapporti tra componente sovranazionale e nazionale e ambito di intervento [5]. In questo panorama frastagliato, la rete europea della concorrenza ha almeno tre tratti distintivi: il primo è che essa serve ad esercitare una funzione che resta assegnata, anche nell’ultimo regolamento finanziario (art. 53, lett. a), in proprio alla Commissione [6]. La rete, cioè, è istituita per gestire in modo congiunto o decentrato un’attività “centralizzata” di cui è responsabile la Commissione. Questo dato spiega il secondo tratto peculiare della rete: in essa non vi è parità tra tutti i nodi. Se, infatti, le diverse autorità nazionali vi partecipano paritariamente, la Commissione mantiene una posizione di preminenza, sia nei meccanismi di allocazione dei casi, sia nella previsione di poteri di verifica e di controllo sull’azione dei nodi nazionali [7]. Tale condizione di preminenza costituisce la via necessaria per garantire l’unitarietà della politica antitrust e la sua riconducibilità alle scelte dell’organismo sovranazionale europeo, che ne ha appunto la responsabilità: detto altrimenti, con l’istituzione della rete non è avvenuto alcun trasferimento delle scelte regolative alle autorità nazionali, le quali sono tenute ad applicare le norme antitrust come se ad operare fosse la Commissione stessa [8]. Un terzo elemento distintivo della rete europea della concorrenza (REC) risiede nel fatto che essa esercita poteri finali e non solo strumentali o di semplice raccolta dati [9]: ciò implica che i diversi nodi della struttura reticolare possono adottare decisioni idonee a incidere sulla sfera giuridica di soggetti terzi. La sua azione, dunque, non è strumentale rispetto all’attività decisoria di altre autorità pubbliche, nazionali o sovranazionali, come è per molte reti amministrative europee, ma è volta alla produzione di decisioni vincolanti nei confronti delle imprese, destinatarie ultime della regolazione antitrust. In estrema sintesi, i caratteri della rete europea della concorrenza sono [continua ..]


3. Il potere sanzionatorio delle autorità della rete e la normativa applicabile

Non è possibile esaminare nel dettaglio la disciplina introdotta dal regolamento n. 1/2003. Di esso, dunque, si curerà un’illustrazione funzionale all’indagine qui intrapresa. Dando per conosciuti i primi due articoli ricompresi nel capo sui principi [11], qualche cenno va dedicato all’art. 3, riguardante il rapporto tra norme nazionali e diritto europeo. Nella logica dell’applicazione diretta dell’art 101 III comma da parte delle autorità e delle giurisdizioni nazionali, il regolamento affronta qui il tema dei rapporti tra norme (comunitarie e nazionali), stabilendo, in estrema sintesi, la prevalenza delle prime sulle seconde ogni qualvolta la condotta anticoncorrenziale esaminata dall’autorità antitrust o dalla giurisdizione nazionale sia suscettibile di determinare effetti pregiudizievoli per il commercio tra gli Stati. In tali casi, le autorità nazionali competenti sono chiamate ad applicare direttamente gli articoli del Trattato, disapplicando eventualmente le norme nazionali contrastanti; le stesse autorità, inoltre, non sono autorizzate a vietare, per effetto del diritto nazionale, pratiche o condotte che possono essere ritenute compatibili alla luce dell’art. 101 par. 3 TFUE. La norma positivizza il principio generale di supremazia del diritto Ue sul diritto interno e la compressione dell’autonomia degli Stati membri nel caso di impatto anticoncorrenziale sovranazionale; essa ha implicazioni rilevanti sul piano dell’esercizio del potere sanzionatorio nei confronti delle imprese all’interno della rete. Deve essere sanzionato il soggetto che, in ossequio ad una norma interna che lo prescriva, adotti un comportamento in contrasto con gli artt. 101 e 102 del TFUE? Oppure l’aver agito secondo la legge nazionale lo rende non sanzionabile? Il problema, suscettibile di porsi anche nell’ambito del previgente regolamento 17/62, si è posto ed è stato risolto dalla Corte di giustizia nella sentenza 9 settembre 2003 (in causa C-198/01, Consorzio Industrie Fiammiferi (CIF) c. Autorità garante della concorrenza e del mercato [12]), in cui la condotta anticoncorrenziale di un’impresa (in violazione dell’art. 81 del Trattato) risultava autorizzata – anzi imposta – da una norma nazionale [13]. Di fronte al contrasto tra disciplina interna e norme UE il giudice – ma il principio vale [continua ..]


4. Il sistema delle competenze e i criteri per l'allocazione del caso

Il sistema delle competenze e la disciplina dei meccanismi per la cooperazione delle autorità della rete sono contenuti nel secondo, terzo e quarto capitolo del regolamento, che si occupano non solo di coordinare l’azione delle diverse autorità amministrative della rete, ma di prevedere altresì alcuni strumenti di cooperazione tra queste ultime e le giurisdizioni nazionali responsabili del private enforcement. Giudici e autorità antitrust, pur chiamati entrambi ad applicare le norme del Trattato secondo quanto previsto dagli artt. 4, 5 e 6, svolgono in tale ambito compiti e ruoli differenti [16]. I primi si trovano ad applicare la disciplina antitrust europea in due distinte ipotesi: quando una parte privata propone dinanzi ad esse un’azione di danni per violazione della normativa e quando l’autorità antitrust non ha il potere, a seguito dell’attività ispettiva e d’indagine, di comminare sanzioni e deve di conseguenza affidare l’adozione di eventuali decisioni ad una Corte [17]. In entrambe le ipotesi, il canale giurisdizionale non interferisce sul sistema di allocazione dei casi all’interno del network: infatti, nel primo caso, l’azione risarcitoria proposta dal terzo non impedisce la simultanea trattazione del caso da parte di un’Autorità della rete (ma semmai offre occasioni di cooperazione), e dunque non incide sull’allocazione del caso nel sistema di public enforcement[18]. Nel secondo caso, la Corte interviene in un momento successivo al completamento della fase istruttoria e investigativa svolta dalla “propria” autorità antitrust, sicché il sistema di allocazione della competenza tra i nodi della rete ha già operato. Le giurisdizioni, dunque, non entrano in competizione con le autorità della rete ma la loro azione talvolta si somma e talaltra la completa, quando il loro apporto è necessario a definire il procedimento sanzionatorio avviato dall’autorità amministrativa incaricata del caso [19]. Il regolamento disciplina, negli artt. 15 e 16, i meccanismi di cooperazione tra le autorità e le giurisdizioni nazionali prevedendo che, da un lato, le corti possano sempre chiedere alla Commissione informazioni o pareri necessari per la decisione della causa e, dall’altro, la Commissione e le autorità antitrust possano presentare le proprie osservazioni [continua ..]


5. Allocazione della competenza e posizione delle imprese

Occorre chiedersi in che misura le regole sull’allocazione dei casi fissate in parte nel regolamento n. 1/2003 e in parte nella Comunicazione della Commissione siano giustiziabili, in che misura cioè la violazione dei criteri di divisione del lavoro all’interno del network possa essere rilevata dalle imprese come possibile vizio di incompetenza delle decisioni adottate dal nodo “sbagliato” della rete [32]. Il punto non è di poco conto, poiché può essere alquanto differente per un’impresa vedere la propria condotta anticoncorrenziale esaminata e sanzionata da un’autorità antitrust piuttosto che da un’altra, essendo significativamente diverse le regole procedurali e il regime sanzionatorio vigenti presso le diverse authorities[33]. Si pensi al caso in cui, alla luce dei criteri sopra ricordati, l’autorità nella posizione più idonea sia quella francese mentre la decisione sia adottata da quella tedesca, che, in ipotesi, riserva a una determinata condotta un trattamento più severo di quanto avrebbe fatto l’autorità francese applicando la propria disciplina nazionale: l’impresa avrebbe certo interesse a un’applicazione corretta del criterio della posizione più idonea, poiché discenderebbe da ciò un trattamento più favorevole. Ma tale interesse è tutelato? Il Tribunale dell’Unione europea si è soffermato su tale questione in occasione della nota decisione del 2007 sul caso T-339/04 France Télécom SA c. Commissione, in cui era impugnata da France Télécom la decisione C(2004)1929 della Commissione che ordinava alla società ricorrente e alle sue controllate di sottoporsi ad un accertamento ai sensi dell’art. 20 n. 4 del reg. n. 1/2003. Tra le censure mosse all’atto, vi era la violazione della ripartizione delle competenze stabilita nella rete: sosteneva, infatti, la ricorrente che, con il proprio atto, la Commissione aveva invaso le attribuzioni del Conseil de la Concurrence, che risultava l’autorità nella posizione idonea a trattare il caso. Gli argomenti posti a fondamento della decisione di rigetto del ricorso sono tre: innanzitutto l’esercizio decentrato della funzione di enforcement stabilito dal regolamento 1/2003 non mette in causa «la competenza generale che la giurisprudenza riconosce alla [continua ..]


6. Flusso di informazioni e cooperazione investigativa nella rete tra esigenze di efficienza e diritti delle imprese

L’assegnazione del caso a uno dei nodi della rete non significa che quest’ultimo procederà autonomamente all’attività istruttoria e investigativa preordinata all’adozione della decisione. Il regolamento prevede, infatti, che, attraverso la rete, si realizzi la raccolta e lo scambio delle informazioni funzionali alla trattazione del caso stabilendo, agli artt. 12 e 22, strumenti efficienti di cooperazione. L’art. 12, in particolare, regola la raccolta, lo scambio e l’utilizzazione delle informazioni (come mezzo di prova) nella rete e ne stabilisce la disciplina. In primo luogo, prevede che le autorità e la Commissione possono «scambiare e utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto o di diritto, comprese informazioni riservate»; in secondo luogo, stabilisce che il loro utilizzo sia ammesso «soltanto ai fini dell’applicazione degli artt. 81 e 82 del trattato e riguardo all’oggetto dell’indagine per il quale sono state raccolte dall’autorità che le trasmette». Infine, nel terzo paragrafo, ne limita l’impiego come mezzo di prova quando siano in gioco sanzioni a persone fisiche [40]. Meccanismi di cooperazione per le attività di indagine sono poi stabiliti all’art. 22, laddove si prevede che un’autorità garante nazionale può svolgere attività investigativa in nome e per conto dell’autorità garante della concorrenza di un altro Stato membro o della Commissione, fermo restando che, in ogni caso, l’autorità esercita tali poteri conformemente alla propria disciplina nazionale (art. 22 par. 2). Naturalmente lo scambio di informazioni all’interno della rete non avviene solo in funzione istruttoria e probatoria: scambi di informazioni sono, come detto, funzionali a garantire un’adeguata allocazione del caso (si ricordi, ad esempio, l’obbligo dell’autorità procedente di comunicare alla rete l’apertura del procedimento in concomitanza con il compimento del primo atto di indagine) o a consentire l’avocazione del caso alla Commissione, laddove si prevede, ad esempio, la comunicazione della proposta di decisione elaborata da un’autorità nazionale. Tuttavia, in questo frangente la nostra attenzione va ai meccanismi di scambio e utilizzazione delle informazioni in funzione probatoria, essendo questa la prospettiva in [continua ..]


7. La tenuta dell'esercizio a rete della funzione di enforcement dinanzi al giudice

L’esercizio a rete della funzione di enforcement non può che tradursi in una corrispondente allocazione variabile della funzione di controllo giurisdizionale. È evidente, infatti, che vi sarà una simmetrica corrispondenza tra autorità nazionale competente ad adottare la decisione e giudice competente a esercitare il controllo su di essa. Se – alla luce dei criteri sopra esaminati – la decisione è adottata dalla Commissione, il giudice competente a esercitare il sindacato sarà, dunque, il Tribunale e, in appello, la Corte di giustizia dell’Unione europea, che eserciteranno sulle decisioni un sindacato pieno. Se, invece, la decisione è emanata da un’autorità garante di uno Stato membro, saranno le Corti di quel medesimo Stato a essere competenti nel controllo di legalità dei suoi atti. Ciò significa che l’impresa che intenda contestare la decisione adottata nei suoi confronti dovrà esperire la relativa azione di annullamento dinanzi al giudice dell’autorità che ha deciso il caso, che non sarà necessariamente il proprio giudice «naturale». Così, riprendendo l’ipotesi immaginata in precedenza, l’impresa francese che sia colpita da una sanzione dell’autorità tedesca, non solo non potrà lamentare l’eventuale errata attribuzione del caso a tale autorità della rete, non solo non potrà dolersi del trattamento meno favorevole che da ciò ne discende, ma dovrà eventualmente attaccarne le decisioni dinanzi all’organismo interno che, secondo il diritto tedesco, sia competente a esercitare il controllo giurisdizionale. La struttura e le regole del giudizio, il grado di deferenza accordato alle decisioni amministrative e le norme procedurali saranno poi, com’è ovvio, quelle previste dalla disciplina nazionale [48]. La controversia potrà avere caratteri di sovranazionalità più o meno accentuati. Dinanzi al giudice competente potranno venire in rilievo solo censure di diritto interno, relative ad esempio a profili procedurali o sostanziali, oppure potranno porsi questioni interpretative o di validità del diritto comunitario, suscettibili di portare al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Il ricorso, ancora, potrebbe richiedere al giudice di conoscere anche una disciplina nazionale antitrust [continua ..]


8. Alcune riflessioni conclusive

In questo scritto si è tentato di mettere in luce problemi e implicazioni discendenti dall’esercizio a rete della funzione di enforcement delle norme antitrust, avendo riguardo ai diritti procedurali e processuali delle imprese. È alla luce di questi ultimi, infatti, che si dovrebbe e vorrebbe verificare, più in generale, la tenuta della struttura reticolare in termini di sua aderenza alla rule of law amministrativa [50]. L’indagine ha consentito la messa a fuoco di numerosi elementi significativi sia nell’ottica dello studio del modello di amministrazione decentrata, sia nella prospettiva delle implicazioni di tale modello per i destinatari dell’azione amministrativa a rete. Sotto il primo profilo, va registrata la combinazione problematica di elementi di unitarietà (dati dalla disciplina del regolamento n. 1/2003 e dalla comune normativa antitrust applicata da tutti i nodi del network) e di frammentazione (i diversi diritti procedurali e processuali in cui vivono le autorità e la Commissione). Da tale compresenza derivano numerose tensioni: le imprese destinatarie dell’azione delle autorità della rete sono soggette, pur nel quadro uniforme fissato dalle norme del Trattato, a trattamenti disomogenei e assai diversificati secondo logiche e regole non prevedibili a priori, né in linea di massima contestabili. Tale incertezza appare particolarmente problematica quando si traduce nell’imprevedibilità delle sanzioni (anche di carattere penale) comminabili a fronte di certe condotte anticoncorrenziali. Sul piano dei rapporti tra le discipline antitrust, l’art. 3 del regolamento afferma la preminenza delle norme del Trattato sulle discipline nazionali: ciò, considerata la circolazione del caso nella rete, comporta un effetto ulteriore e cioè che norme di uno Stato membro possano rilevare nella trattazione di un caso ed essere applicate quale causa giustificativa dinanzi ad una qualunque autorità della rete, pure di ordinamento diverso da quello in cui è stata emanata la disciplina. In numerosi dei suoi meccanismi di funzionamento, inoltre, la rete è opaca: gli accordi informali che precedono l’allocazione dei casi e lo scambio e la trasmissione delle informazioni sono funzionali alla gestione efficiente dei procedimenti antitrust, ma sono invisibili alle imprese. Queste ultime non sanno nulla di ciò che [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2014