Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

La governance dei trasporti in Italia: soggetti, livelli di governo, competenze (di Alessandro Candido)


In the last 25 years, the law of public transport has been subject to important changes, necessary to open this market to competition. However, the lack of resources and structural measures has left Italy well behind other comparable European countries. This study investigates the complex system of transportation governance, because of the presence of a plurality of public subjects and competences among the different levels of government. Particularly, the work investigates the competences of Transportation Authority.

    

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. I soggetti - 2.1. Autorità dei trasporti e Antitrust - 2.2. Autorità dei trasporti e Autorità nazionale anticorruzione - 2.3. Autorità dei trasporti e concessioni autostradali - 2.4. Autorità dei trasporti e altre Autorità di vigilanza - 2.5. Autorità dei trasporti e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - 2.6. Autorità dei trasporti e Autorità locali di settore - 3. Livelli di governo e competenze: il quadro costituzionale - 4. Focus: il mercato del servizio di trasporto ferroviario passeggeri - 5. Conclusione - NOTE


1. Introduzione

Da sempre materia controversa, negli ultimi venticinque anni la disciplina del trasporto pubblico (nazionale e locale [1] ha subito radicali modifiche volte ad aprire il mercato alla concorrenza. Così, soprattutto grazie alle spinte liberalizzatrici provenienti dall’ordinamento comunitario, si è passati da forme gestionali di tipo prettamente pubblicistico al lento ma progressivo sviluppo della c.d. concorrenza per il mercato, mirante a creare un sistema contendibile tra i diversi operatori attraverso il meccanismo della gara (quantomeno come regola generale). Tuttavia, la mancanza di interventi strutturali adeguati, l’assenza di risorse (questioni ancor più pregnanti in un periodo di crisi economico-finanziaria globale) e, soprattutto, le continue resistenze alla liberalizzazione poste in essere dai poteri pubblici e dagli operatori che si trovano in posizione dominante, hanno portato l’Italia a una situazione di evidente arretratezza rispetto ad altri Paesi (specialmente nord-europei): basti ad esempio pensare alle condizioni in cui versa il settore del trasporto pubblico locale [2]. Volendo in premessa ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento [3], va osservato che il Trattato di Lisbona ha dedicato al settore dei trasporti (che rientra nella competenza concorrente, ex art. 4, § 2, lett. g), TFUE) l’intero Titolo VI, prevedendone una politica comune (art. 90 TFUE). Sin dagli anni ’60 questa materia è stata disciplinata da diversi regolamenti comunitari [4], che inizialmente prevedevano la possibilità per gli Stati membri di limitare la concorrenza qualora ciò fosse servito per garantire i servizi di trasporto [5]. Lo stato dell’arte è radicalmente mutato con il regolamento 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 [6] che, abrogando i regolamenti previgenti e recependo l’orientamento della Corte di giustizia sul caso Altmark [7], ha ammesso la possibilità per gli Stati membri di avvalersi delle procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi, ferma restando: a) la facoltà di erogazione diretta attraverso affidamento in house; b) l’opportunità, al ricorrere di determinate soglie minime, di affidamento a terzi senza gara. Pur in mancanza di una specifica normativa comunitaria di riferimento, da un lato in diversi Paesi europei è stato via [continua ..]


2. I soggetti

Provando anzitutto a rispondere al primo interrogativo, si deve constatare che i soggetti operanti nel settore dei trasporti sono numerosi, sì che: da un lato, il rischio di sovrapposizioni è non poco elevato, essendovi un vero e proprio «groviglio» [11] di organismi e competenze; dall’altro, si pone il problema di salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza dell’Autorità dei trasporti. È noto che il mercato e la concorrenza sono costantemente influenzati e indirizzati da una pluralità di fattori: in primis, dalla normativa comunitaria [12]; in secondo luogo, dalle regole di diritto interno e, nell’ambito di queste ultime, tanto dalla disciplina antitrust, quanto da una serie di norme speciali che limitano i comportamenti delle imprese [13]; infine, dall’applicazione che tali regole ricevono sul piano amministrativo [14] (attraverso l’operato della Commissione europea e delle Authorities nazionali) e giurisdizionale [15]. Se si considera il mercato dei trasporti, ciò che in primo luogo viene in rilievo è il rapporto tra Autorità dei trasporti e Antitrust. Al riguardo, l’art. 37, co. 4 d.l. n. 201/2011 (norma che disciplina le funzioni dell’Autorità di regolazione dei trasporti) dispone espressamente che «restano altresì ferme e possono essere contestualmente esercitate le competenze dell’Autorità garante della concorrenza disciplinate dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 e dai decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e 2 agosto 2007, n. 146, e le competenze dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e le competenze dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali di cui all’articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98». Tralasciando per un momento questi ultimi due soggetti (il primo non esiste più, essendogli subentrata l’Autorità anticorruzione [16]; il secondo invece non è mai stato costituito [17], deve ricordarsi che compito dell’Antitrust è tutelare la concorrenza, nonché correggere le distorsioni che eventualmente si manifestino nel mercato. Essa agisce prevalentemente ex post e si basa su una disciplina di carattere generale e di tipo negativo [18]. Quando [continua ..]


2.1. Autorità dei trasporti e Antitrust

Con specifico riguardo ai rapporti tra Autorità dei trasporti e Autorità garante della concorrenza e del mercato, si può in sintesi affermare che: la prima ha sia compiti di tutela della concorrenza (mirando a garantire eque condizioni di accesso e di uso delle infrastrutture, nonché a evitare discriminazioni tra gli operatori), sia compiti di regolazione, occupandosi dei criteri per la fissazione delle tariffe, degli schemi dei bandi di gare, dei criteri per la nomina delle commissioni, della promozione della qualità dei servizi a beneficio degli utenti, dell’efficienza produttiva delle gestioni e del contenimento dei costi, della fissazione del contenuto minimo degli specifici diritti – anche di natura risarcitoria – degli utenti [23]; l’Antitrust, invece, ha tra le sue competenze non solo la tutela della libertà di concorrenza (inclusi i poteri di advocacy di cui alla l. n. 287 del 1990), ma anche il controllo sulle pratiche commerciali scorrette. È evidente che l’Autorità settoriale e l’Autorità garante della concorrenza esercitano funzioni tra loro complementari, in ciò perseguendo interessi convergenti nello sviluppo e nel mantenimento di adeguati livelli di concorrenza nel mercato dei trasporti e nella tutela dei consumatori. Ciò comporta che i rischi di sovrapposizione siano numerosi: si pensi a tutta l’area della regolazione economica, alla competenza dell’Autorità dei trasporti a valutare reclami, istanze e segnalazioni in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte degli esercenti il servizio sottoposto a regolazione e a quella dell’Antitrust ad agire d’ufficio o su istanza in merito alle pratiche commerciali scorrette e alla pubblicità ingannevole e comparativa illecita. Senza dimenticare che le due Autorità dispongono di importanti poteri prescrittivi, cautelari e sanzionatori [24]. Per questa ragione, come è accaduto anche in altri casi [25], la convergenza di interessi ha determinato l’opportunità di instaurare rapporti di cooperazione tra le due Authorities. In particolare, lo scorso 27 agosto 2014 le due Autorità hanno sottoscritto un protocollo d’intesa, la cui ratio è sviluppare rapporti di leale collaborazione ispirati principalmente all’obiettivo di rimuovere le asimmetrie [continua ..]


2.2. Autorità dei trasporti e Autorità nazionale anticorruzione

Ulteriore soggetto operante nel mercato dei trasporti (le cui competenze intersecano quelle dell’Autorità dei trasporti) è l’Autorità nazionale Anticorruzione (ANAC). È risaputo che, tra le altre cose, i bandi di gara sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base dei modelli (c.d. bandi tipo) approvati dall’ANAC. Tuttavia, come anticipato, è allo stesso tempo noto che, tra le funzioni dell’Autorità dei trasporti disciplinate dall’art. 37 del d.l. n. 201/2011, figura anche la definizione degli schemi dei bandi di gara per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare, nonché la previsione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici. Per questa ragione, lo scorso 20 novembre 2014 è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra i due organismi, prevedendo delle modalità di cooperazione finalizzate allo scambio di pareri e avvisi, nonché forme di collaborazione nell’elaborazione di segnalazioni al Parlamento su questioni di interesse comune. Inoltre, limitatamente alle informazioni rilevanti nei settori dei trasporti, l’Autorità dei trasporti ha facoltà di accedere alla banca dati nazionale dei contratti. Infine, le due Authorities: possono scambiarsi informazioni sulle attività oggetto di vigilanza e sull’avvio di procedimenti aventi ad oggetto fattispecie di interesse comune; svolgono – secondo i rispettivi ordinamenti e nei limiti di legge – attività ispettive anche congiunte relativamente a fattispecie di interesse comune.


2.3. Autorità dei trasporti e concessioni autostradali

Si è anticipato che è stata prevista ma non è mai sorta l’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali (che avrebbe dovuto subentrare ad ANAS S.p.a.), la quale sarebbe stata una vera e propria longa manus del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (che, secondo l’art. 36, d.l. n. 98/2011, ne avrebbe detenuto il potere di indirizzo, di vigilanza e di controllo). La mancata istituzione di siffatta agenzia nel settore autostradale ha creato un vuoto di poteri che potrebbe – si ritiene, opportunamente – essere colmato in favore dell’Autorità dei trasporti (la cui competenza, com’è noto, al momento riguarda solo le nuove concessioni). L’Italia ha storicamente gestito la rete autostradale attraverso l’uso delle concessioni [26] – per la quasi totalità assentite nell’ultima metà del secolo scorso e senza l’esperimento di procedure concorsuali – le quali sono il risultato di scelte effettuate con un’ottica scarsamente attenta all’efficienza strutturale del settore e delle gestioni [27]. Ne risulta un quadro disomogeneo e non sufficientemente trasparente sotto il profilo dei criteri, dei modelli tariffari applicati e dei sistemi di ammortamento degli investimenti [28]. Negli anni le concessionarie hanno via via ottenuto una serie di proroghe sulle concessioni esistenti, senza fare ricorso ad alcuna gara pubblica (giustificando i rinnovi con la necessità di effettuare nuovi investimenti e, quindi, di permettere il recupero del capitale necessario). Il punto è che tutte le concessioni oggi esistenti hanno scadenze differenziate (tra il 2020 e il 2050). Premesso siffatto quadro, al fine di fornire risposta all’esigenza dei concessionari di poter gestire in modo più efficiente le tratte autostradali, è intervenuto il decreto “sblocca Italia” [29], il quale all’art. 5 ha previsto che «i concessionari di tratte autostradali nazionali, entro il 30 giugno 2015, sottopongono al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti le modifiche del rapporto concessorio in essere finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l’unificazione di tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria. Entro la medesima data il concessionario sottopone al [continua ..]


2.4. Autorità dei trasporti e altre Autorità di vigilanza

Tra le altre Authorities viene in rilievo l’Autorità di vigilanza aeroportuale che, fatte salve le funzioni di vigilanza riservate al Ministro, ha compiti di regolazione economica e di vigilanza, essendo chiamata ad approvare i sistemi di tariffazione, l’ammontare dei diritti, i metodi di tariffazione pluriennale, i modelli di tariffazione, i contratti di programma. L’impatto dell’Autorità dei trasporti sull’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile [33] (c.d. ENAC) non è del tutto insignificante, se si considera che quest’ultimo perde la generale competenza relativa all’istruttoria degli atti concernenti i diritti aeroportuali. Così come, del resto, non sono irrilevanti gli effetti derivanti dall’istituzione dell’Autorità dei trasporti rispetto alle varie Autorità portuali, soprattutto con riferimento ai criteri di accesso alle infrastrutture portuali e alla determinazione dei corrispettivi [34]. In quest’ultimo campo diventa tuttavia ancor più difficile comprendere le modalità attraverso le quali le competenze sono organizzate [35], essendo indispensabile un intervento chiarificatore e di coordinamento del legislatore [36].


2.5. Autorità dei trasporti e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Un’ulteriore questione che merita di essere approfondita concerne il rapporto tra Autorità dei trasporti e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (oltre al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, che comunque fa capo al Governo). In particolare, ci si chiede quanto il regolatore sia indipendente rispetto all’esecutivo. Sul punto, da un lato l’art. 37, comma 1, d.l. n. 201/2011 dispone che l’Autorità «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione»; dall’altro, l’art. 37, comma 6-ter prevede che «[r]estano ferme le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’economia e delle finanze nonché del CIPE in materia di approvazione di contratti di programma nonché di atti convenzionali, con particolare riferimento ai profili di finanza pubblica». Da siffatte norme si desume che il generale disegno di policy resta saldamente nelle mani dell’Amministrazione [37]. Tuttavia, non si può negare che l’art. 37: ha attribuito all’Autorità dei trasporti (e sottratto al Ministero) le competenze di regolazione economica generale in materia di trasporti; ha demandato al regolatore e sottratto al CIPE le attribuzioni propedeutiche di istruttoria, quelle relative alla regolazione di specifici settori (si pensi alle competenze dell’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari), quelle inerenti la predisposizione degli schemi dei bandi e quelle comuni di vigilanza. Il problema è che le rispettive attività dei summenzionati soggetti continuano ad avere importanti punti di intersezione: si pensi ai contratti di programma e agli atti convenzionali, che presentano contenuti generalmente ascrivibili alla regolazione dei rapporti (non solo economici) e dei corrispettivi (a questo proposito, basti richiamare l’esempio del settore autostradale) [38]. L’art. 37, comma 6-ter, mantiene quindi espressamente ferme le competenze del CIPE e del Ministero delle infrastrutture, unitamente a quelle del Ministero dell’economia, in materia di approvazione dei suddetti atti, «con particolare riferimento ai profili di finanza pubblica». Sì che «le relazioni tra amministrazioni possono rivelarsi intense e assai delicate» [39]. Con riferimento al tema [continua ..]


2.6. Autorità dei trasporti e Autorità locali di settore

Per completezza, si deve ricordare che l’art. 37 del più volte menzionato d.l. n. 201/2011 stabilisce al co. 4 che «[r]estano ferme tutte le altre competenze diverse da quelle disciplinate nel presente articolo delle amministrazioni pubbliche, statali e regionali, nei settori indicati; in particolare, restano ferme le competenze in materia di vigilanza, controllo e sanzione nell’ambito dei rapporti con le imprese di trasporto e con i gestori delle infrastrutture, in materia di sicurezza e standard tecnici, di definizione degli ambiti del servizio pubblico, di tutela sociale e di promozione degli investimenti. Tutte le amministrazioni pubbliche, statali e regionali, nonché gli enti strumentali che hanno competenze in materia di sicurezza e standard tecnici delle infrastrutture e dei trasporti trasmettono all’Autorità le delibere che possono avere un impatto sulla concorrenza tra operatori del settore, sulle tariffe, sull’accesso alle infrastrutture, con facoltà da parte dell’Autorità di fornire segnalazioni e pareri circa la congruenza con la regolazione economica». Occorre dunque altresì tenere conto del problema dei rapporti tra l’Autorità dei trasporti e le autorità regionali, provinciali e locali di settore [46].


3. Livelli di governo e competenze: il quadro costituzionale

Una volta individuati i soggetti che operano nel mercato dei trasporti su un livello orizzontale, occorre a questo punto dipanare la matassa ingarbugliata delle competenze che sussiste sul piano verticale: vale a dire, dal punto di vista del rapporto tra enti. Si è già osservato che molte decisioni di governance in materia di servizi di trasporti vengono assunte a livello comunitario: dal diritto dell’Unione Europea, dalla Corte di Giustizia, dalla Commissione in sede antitrust. Scendendo al livello nazionale, in base al menzionato art. 37 del d.l. n. 201/2011 si stabilisce che «[l]’Autorità è competente nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione». Quanto alla ripartizione interna delle competenze normative tra Stato e Regioni, giova osservare che: a) nel settore in esame incidono svariate attribuzioni esclusive statali di carattere trasversale (di cui all’art. 117, comma 2, Cost.) che riducono drasticamente l’autonomia regionale, quali: la «tutela della concorrenza» (lett. e)[47], per quanto attiene alle modalità di gestione e di affidamento del trasporto pubblico locale; l’«ordine pubblico e sicurezza» (lett. h); la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (lett. m); la «tutela dell’ambiente» (lett. s); b) rientra nella competenza concorrente di Stato e Regioni l’ambito delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e quello dei «porti ed aeroporti civili». A questo proposito, pare il caso di segnalare che ild.l.costituzionale Boschi-Renzi attualmente in discussione [48] semplificherebbe ulteriormente il quadro nel senso dell’accentramento, demandando alla competenza esclusiva dello Stato le «infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale» (che diventerebbe l’art. 117, comma 2, lett. z); c) resterebbe invece [continua ..]


4. Focus: il mercato del servizio di trasporto ferroviario passeggeri

Nell’ambito del quadro poc’anzi tracciato, pare opportuno domandarsi quale sia il livello di apertura alla concorrenza raggiunto nel mercato dei trasporti. Poiché non è ovviamente possibile considerare tutti i segmenti del trasporto, si intende prendere come esempio il settore ferroviario (con particolare riguardo al mercato del servizio di trasporto passeggeri), che indubbiamente presenta i maggiori aspetti di interesse [66]. È noto che il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario italiano ha avuto inizio alla fine degli anni ’90 con il recepimento di diversi provvedimenti comunitari [67]. In seguito al d.l. n. 188/2003 si è proceduto alla separazione funzionale e contabile (ma, si badi bene, non proprietaria) dell’attività di gestione dell’infrastruttura di rete (che fa capo a FS) da quella della fornitura del servizio di trasporto passeggeri e merci, che oggi coinvolge Rete Ferroviaria Italiana Spa (da ora, RFI), Trenitalia Spa e Trenitalia Cargo Spa. Inoltre, il legislatore ha mantenuto in mano pubblica la proprietà dell’intero gruppo FS. Infatti, il capitale sociale di quest’ultimo (che controlla al 100% RFI Spa, Trenitalia Spa e Trenitalia Cargo Spa) è detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Infine, per completezza, va ricordato che, prima dell’istituzione dell’Autorità dei trasporti, il Ministero era competente – attraverso l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URFS) – alla regolazione del settore. In ambito ferroviario, occorre osservare che il mercato del servizio di trasporto passeggeri si suddivide in due segmenti: a) servizio a media-lunga percorrenza, sulla base di contratti stipulati da Trenitalia con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; b) servizio di trasporto regionale, di esclusiva competenza delle Regioni, che sono responsabili dell’affidamento del servizio e della stipula dei c.d. contratti di servizio. Attualmente, invece, il principale ostacolo alla liberalizzazione del settore [68] è la mancata realizzazione dell’unbundling proprietario tra RFI e Trenitalia Spa, sì che la posizione dominante di FS costituisce un ostacolo rilevante allo sviluppo di un’effettiva concorrenza nel mercato. Ciò posto, va detto che, se per il servizio ferroviario regionale e [continua ..]


5. Conclusione

Uno studio condotto dal Parlamento Europeo su «I costi della non-Europa dei trasporti e del turismo» ha appurato che le barriere, le inefficienze del mercato e le differenze tra un Paese e l’altro pesano per 8,6 miliardi di euro all’anno; costi che il completamento del mercato unico dei trasporti permetterebbe certamente di abbattere [88]. In particolare, rispetto al trasporto ferroviario, l’analisi comunitaria segnala la necessità di completare l’apertura del mercato, armonizzare le autorizzazioni dei convogli e dei certificati di sicurezza, rendere trasparenti i costi di accesso alla rete ed eliminare le barriere tecniche. Queste azioni, da sole, abbatterebbero il taglio di 1,9 miliardi di costi annui attualmente gravanti sull’Ue. Quanto al trasporto su strada, lo studio rileva che occorre completare l’apertura del mercato, armonizzare le normative sociali e in materia di lavoro, fornire attuazione alle regole attualmente previste a livello di Unione Europea, fare chiarezza sugli standard per i veicoli e sulle regole dei pagamenti stradali, nonché migliorare la sicurezza di strade e autostrade. Siffatti adempimenti comporterebbero un risparmio di 3,5 miliardi di euro. Anche rispetto al trasporto aereo si registra un mercato tutt’altro che liberalizzato e si suggerisce di procedere al completamento dell’apertura del mercato. A ciò si aggiungono le necessità dell’integrazione dei sistemi europei di gestione del traffico aereo, nonché dell’apertura del cielo europeo ai paesi terzi. Inoltre, si richiede l’integrazione degli aeroporti alle altre reti di trasporto al fine di assicurare un modello intermodale e interoperativo dei trasporti, nonché una riduzione dell’impatto ambientale. Se portate a termine, tali azioni consentirebbero un risparmio di 1,3 miliardi di euro ogni anno. Da ultimo, anche rispetto al segmento del trasporto marittimo si pone il problema di completare l’apertura del mercato, ravvisandosi la necessità di liberalizzare la regolamentazione portuale, ridurre i costi, le procedure burocratiche e l’impatto ambientale delle reti di trasporto via acqua. Infine, si chiede un’integrazione alle altre reti di trasporto al fine di assicurare un’operabilità intermodale. Lo studio in questione quantifica dei risparmi annui pari a 1,9 miliardi di euro. Ciò posto, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2015