Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Nicola Bassi e il diritto globale (di Diana-Urania Galetta)


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SOMMARIO:

1. Note introduttive - 2. I servizi pubblici planetari - 3. Il demanio pubblico planetario - 4. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Note introduttive

Nicola Bassi era un giurista raffinato e brillante. Ma era anche molto più di questo. Era, infatti, uno studioso che credeva nella potenza delle idee come strumento concreto per potere cambiare il mondo, in generale, e il mondo del diritto, in particolare. Il diritto era infatti, per lui, Diritto con la D maiuscola: strumento non solo per “regolare”, ma anche per innovare; per accompagnare il cambiamento della società a fronte di nuove sfide. In questo senso, mi sento fortunata oggi: perché mi è stato chiesto di illustrare la sua produzione scientifica sul tema della globalizzazione. E anche se si tratta, nella sostanza, di soli due scritti, questi due scritti mi paiono, in verità, sintetizzare al meglio l’approccio al diritto ed alla ricerca giuridica che ha caratterizzato lo studioso Nicola Bassi. Come egli ci dice infatti, espressamente, nel contesto del suo brillante saggio sul Demanio Planetario [1], si tratta di «privilegiare un approccio di analisi giuridica orientato a cercare di intuire possibili sviluppi futuri di carattere istituzionale piuttosto che ad accontentarsi della semplice esegesi del materiale normativo già disponibile» [2]. Questo è, infatti, l’approccio più generale che ha caratterizzato lo studioso Nicola Bassi. Che, pur essendo uno studioso sempre attento e rigoroso nella ricerca ed «esegesi del materiale normativo già disponibile» – e quindi non propenso a librarsi in voli pindarici del tutto avulsi dai contesti normativi concreti – al contempo si è sempre mostrato interessato a guardare oltre, per cercare di intuire gli sviluppi futuri e rendersi utile, così, anche in una prospettiva de iure condendo. Con le brevi riflessioni che seguono tenterò dunque, per quanto molto rapidamente, di illustrare questo suo approccio sulla base dell’analisi, appunto, dei suoi due scritti specificamente dedicati al tema del diritto globale.


2. I servizi pubblici planetari

In un brillante saggio del 2009 [3] che ha ad oggetto l’analisi dell’organizza­zione e fornitura di quello che lui definisce come «autentici servizi pubblici di scala planetaria» [4], Nicola Bassi mette, anzitutto, in discussione l’assunto di partenza di coloro che descrivono la globalizzazione come un «processo scarsamente istituzionalizzato, sostanzialmente dominato dagli appetiti famelici delle forze capitaliste» e che quindi, di fatto, travolgerebbe «gli argini eretti dai pubblici poteri a tutela degli interessi collettivi» [5]. E lo fa tentando di illustrare, attraverso l’esempio delle reti satellitari, come si sia in realtà in presenza, in quello specifico contesto, di fenomeni caratterizzati da grande attivismo della sfera pubblica, che è intervenuta massicciamente allo scopo di supportare la nascita e il consolidamento di sistemi di telecomunicazione finali e strumentali. Dall’esame di questi fenomeni concreti scaturisce una domanda per il giurista Nicola Bassi: l’esempio degli esistenti servizi pubblici imperniati sull’uso di reti satellitari e resi su scala planetaria è tale da fare emergere un modello di servizio pubblico planetario? E, se è così, quali sono le sue «caratteristiche giuridicamente rilevanti» [6]? Rinvio, ovviamente, direttamente al suo scritto per l’analisi di questi servizi: dalla rete satellitare INTELSAT (in tutte le sue successive evoluzioni) ai servizi di geo-localizzazione del GPS e del GNSS (Global Navigation Satellite System). Analisi che egli compie sin nel dettaglio, nelle 35 dense pagine del suo saggio. Quel che mi interessa invece, qui, mettere in luce sono le caratteristiche del «servizio pubblico di scala planetaria» che Nicola Bassi mette in evidenza nel suo scritto e che sono essenzialmente due: in primo luogo, l’obbligo di assicurare la fornitura di servizi predeterminati con continuità, nel rispetto di certi livelli quantitativi e qualitativi; e, in secondo luogo, l’obbligo di garantire l’acces­so alla rete a chiunque ne faccia richiesta, indipendentemente dall’ubicazione geografica dell’utente, a condizioni eque e ragionevoli e senza operare discriminazioni [7]. L’analisi si concentra poi, specificamente, sul concetto del [continua ..]


3. Il demanio pubblico planetario

Il secondo saggio, del 2011, tenta invece di fornire la risposta a due essenziali domande: 1) esiste un “patrimonio comune dell’umanità” inteso in senso tecnico: ossia un insieme di «beni o utilità talmente rilevanti per il futuro dell’u­manità da non poter lasciare la loro protezione e valorizzazione ai singoli Stati»? E per i quali, quindi, si è stimato indispensabile (e sussiste) «un regime quanto più possibile uniforme a livello mondiale» [13]?. 2) E, se questo esiste, quale è questo regime giuridico? Sarò breve. Il saggio merita, infatti, non una mia sommaria descrizione, bensì un’autonoma lettura da parte di ciascuno degli studiosi oggi qui presenti. Vi risparmierò, dunque, anche in questo caso, l’esame delle diverse Conven­zioni internazionali che Nicola Bassi prende in esame nel suo scritto; per cercare di chiarire, invece, che cosa lui intendesse per “patrimonio comune dell’uma­nità inteso in senso tecnico” e, in ultima analisi, per demanio planetario. Con l’espressione patrimonio comune dell’umanità (inteso in senso tecnico) egli intendeva riferirsi ad un insieme di beni ascrivibili «se non “al” perlomeno a “un” patrimonio mondiale» e «soggetti ad un regime di proprietà pubblica di estensione planetaria» [14]. Con il che si passa all’idea dell’esistenza di una nozione di «patrimonio pubblico sovranazionale» [15]. Ed il primo elemento che emerge come rilevante in questo contesto è, nell’opinione di Nicola Bassi, che vi sia la privazione degli Stati di una qualche «porzione di sovranità» [16] in favore di un’autorità sovranazionale: come è, ad esempio, il caso per l’Autorità internazionale dei fon­di marini creata sulla base della Convenzione sul diritto del mare sottoscritta a Montego Bay, nel 1982, sotto l’egida dell’ONU [17]. Ma questo elemento, a suo parere, ancora non è sufficiente. Il fatto che sussistano beni dichiarati «patrimonio comune dell’umanità, inalienabili e sui quali nessuno Stato può esercitare o rivendicare diritti sovrani» [18] è un primo essenziale elemento che [continua ..]


4. Riflessioni conclusive

Secondo la condivisibile riflessione di uno dei massimi filosofi politici contemporanei, lo spagnolo Daniel Innerarity, uno dei problemi principali delle società moderne è che né l’educazione, né la politica, né il diritto sembrano in grado di sostenere i ritmi di un mondo globalizzato. Nel suo bel saggio del 2009 dall’evocativo titolo «El futuro y sus enemigos» [25], Innerarity sottolinea come l’attuale «indebolimento del senso di responsabilità» [26] in un mondo interconnesso fa sì che si debba giungere ad ela­borare un concetto di “responsabilità globale”. Nella sua visione occorrerebbe, perciò, anche un’evoluzione politica: allo scopo di potere generare «infrastrutture» (infraestructuras) che siano in grado di occuparsi della gestione dei rischi collettivi, riducendo gli elementi di incertezza e generando quello che lui chiama «fiducia collettiva» (confianza colectiva) attraverso «procedure di vigilanza che consentano la costruzione cooperativa del bene comune» [27]. Nicola Bassi tutto questo lo aveva evidentemente già intuito quando si era approcciato allo studio del complesso fenomeno del diritto globale. E, infatti, in chiusura del suo bel saggio sul demanio planetario, egli traspone questa rifles­sione sul piano del diritto positivo riferendosi al problema oggetto del suo saggio relativo alla emersione, o meno, di un “patrimonio comune dell’uma­ni­tà” inteso in senso tecnico. Egli ci dice, a tale riguardo, che un “patrimonio comune dell’umanità” inteso in senso tecnico-giuridico (e che non abbia, quindi, una valenza meramente simbolica) deve possedere, fra i propri elementi essenziali, anche la presenza di un’Autorità che sia responsabile di garantire l’osservanza degli obblighi assunti dagli Stati e che sia dotata di «adeguate attribuzioni» [28]. Sicché, in ultima analisi, questo “patrimonio comune dell’umanità” inteso in senso tecnico-giuridico potrà forse contribuire all’emergere «se non proprio di una forma di organizzazione politica mondiale di tipo statuale, almeno di un embrione di struttura amministrativa di dimensione [continua ..]


NOTE