TRIB. DI I GRADO UE, SEZ. III, 19 MARZO 2019, T-98/16, T-196/16 E T-198/16
«Va annullata la decisione della Commissione UE del 23 dicembre 2015 che ha ritenuto aiuto di Stato illegittimo l’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi a favore Banca Tercas sottoposta ad amministrazione straordinaria, atteso che la Commissione ha erroneamente sostenuto che tale intervento fosse imputabile, attraverso l’esercizio di una influenza dominante da parte delle autorità pubbliche sul Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, allo Stato italiano. La Commissione non ha difatti dimostrato, in modo giuridicamente sufficiente, il coinvolgimento delle autorità pubbliche italiane nell’adozione della misura d’intervento in questione né, di conseguenza, l’imputabilità di tale misura allo Stato».
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1. Il caso concreto - 2. L'impostazione della Commissione in tema di aiuti di Stato alle banche - 3. Gli interventi del fondo interbancario dei depositi e la loro qualificabilità come aiuti di Stato - 4. La pronuncia del Tribunale - 5. Alcune considerazioni critiche - NOTE
La recente pronuncia del Tribunale di primo grado dell’Unione Europea sul caso Tercas [1] pone un importante punto fermo nell’interpretazione della nozione di aiuto di Stato nel settore bancario, in grado di orientare significativamente le future decisioni della Commissione in materia. Per una piena comprensione del caso concreto occorre partire dal dato normativo. La disciplina del Testo Unico Bancario (TUB) in tema di sistemi di garanzia dei depositanti attribuisce un importante ruolo al Fondo Interbancario dei depositi (FITD). Si tratta, come meglio si approfondirà in seguito e come prevede l’art. 96 del TUB, di un consorzio di diritto privato, supervisionato dalla Banca d’Italia, cui devono obbligatoriamente aderire tutte le banche italiane e le banche extracomunitarie che non partecipino a sistemi di garanzia equivalenti [2]. Il TUB, in particolare, riconosce al FITD la possibilità di intervenire in fase di liquidazione coatta amministrativa di una banca consorziata, rimborsando i depositanti fino ad un massimo di 100.000 euro, oppure, e solo se ciò risulti meno oneroso per il Fondo, attraverso un intervento finanziario preventivo, autorizzato dalla Banca d’Italia, che consenta il risanamento della banca in crisi, evitandone la messa in liquidazione [3]. La Cassa di risparmio di Teramo, sottoposta ad amministrazione straordinaria dal 2012, fu destinataria di un intervento di risanamento in via preventiva operato dal Fondo Interbancario e approvato dalla Banca d’Italia, posto come condizione dalla Banca Popolare di Bari per poter procedere alla sottoscrizione di un aumento di capitale. Tale intervento prevedeva un contributo di 265 milioni di euro a copertura del deficit patrimoniale di Tercas, una garanzia di 35 milioni di euro per il rischio di credito associato a determinate esposizioni della Banca e una garanzia di 30 milioni di euro per i costi derivanti dal trattamento fiscale della prima misura. L’aiuto fornito dal Fondo consentì l’acquisizione, nel luglio 2014, di Tercas ad opera della Banca Popolare di Bari, grazie ad un aumento di capitale di 500 milioni di euro. Qualche mese dopo, precisamente nel febbraio 2015, la Commissione Europea comunicava l’apertura di un procedimento istruttorio volto a verificare se l’intervento di sostegno economico effettuato dal Fondo Interbancario dovesse essere ricondotto alla [continua ..]
Come noto, la sana concorrenza è uno degli obiettivi primari dell’Unione e al tempo stesso uno degli strumenti più efficaci per mantenere e consolidare l’assetto unitario del mercato. I valori liberali cui si ispira la politica europea della concorrenza impongono, in particolare, che gli imprenditori possano competere tra loro ad armi pari nel mercato europeo, sulla base delle rispettive capacità e possibilità [6]. In quest’ottica, la disciplina antitrust rappresenta da sempre uno dei capisaldi fondamentali dell’Unione Europea. Essa, tuttavia, non è sempre stata ritenuta applicabile al settore bancario e finanziario, ove, per lungo tempo, ha prevalso il timore che l’apertura alla libera concorrenza potesse causare l’instabilità del sistema. La grande depressione economica degli anni trenta, causata dal collasso del sistema bancario e finanziario statunitense, ebbe, infatti, significative ripercussioni in tutta Europa, quando i capitali e investimenti provenienti dal continente americano iniziarono a diminuire. Così, dopo la lenta e difficile ripresa degli Stati europei, l’Unione scelse, per il timore di creare nuove crisi finanziarie, di lasciare il settore bancario al di fuori dalla logica del libero mercato [7]. Timore che appare giustificato se si pensa alle peculiarità di tale settore, ove il peso delle relazioni interbancarie incide in modo rilevante sul rischio sistemico che può derivare dall’uscita dal mercato di un’impresa bancaria non sufficientemente concorrenziale. Da un lato, invero, la crisi di un intermediario finanziario può facilmente trasmettersi ad altri intermediari, trasformando rapidamente una crisi individuale in una crisi di sistema, dall’altro lato, i tempi di rimozione delle conseguenze dell’uscita dal mercato di una banca sono lunghi e comportanti oneri molto gravi non solo per gli altri operatori del settore, ma anche per i risparmiatori, e, laddove siano intervenute, anche per le autorità pubbliche [8]. Solo a partire dagli anni ottanta anche questo ambito veniva sottoposto alla disciplina di tutela della concorrenza, grazie alla espressa presa di posizione dell’ordinamento comunitario con la direttiva 77/780/CEE, che, all’art. 1, espressamente definiva l’ente creditizio quale “impresa la cui attività consiste nel ricevere [continua ..]
Come è emerso dall’esposizione della vicenda, la decisione della Commissione di negare l’autorizzazione al “salvataggio” di Tercas è stata determinata dalla qualificazione dell’intervento del Fondo interbancario quale aiuto di Stato. Come si è visto, in base alla Comunicazione del 2013, le misure di sostegno dei fondi nazionali di garanzia dei depositi, finalizzate al risanamento delle banche in dissesto, potevano costituire aiuti di Stato, anche laddove le risorse utilizzate per il salvataggio provenissero da soggetti privati e il fondo avesse natura privatistica. La scelta della Commissione è dunque in linea con l’orientamento espresso nel 2013 e rispecchia il cambio di rotta dell’Unione nella “gestione” degli aiuti di Stato rispetto all’orientamento seguito nel quinquennio 2008-2013. La decisione della Commissione solleva, tuttavia, numerose perplessità da un punto di vista strettamente giuridico, per comprendere le quali occorre conoscere le caratteristiche dei sistemi di garanzia dei depositi nel nostro ordinamento. Tali sistemi sono riconducibili essenzialmente al Fondo interbancario dei depositi e al Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo (per le sole Banche del credito cooperativo). Si tratta, come anticipato, di enti consortili nati per l’effetto di un atto di autonomia privata e che, per espressa previsione normativa [32], hanno natura privatistica e perseguono i loro scopi con le risorse finanziarie conferite dalle banche aderenti. La disciplina di tali fondi presenta, tuttavia, delle caratteristiche particolari: da un lato, l’adesione a tali enti è obbligatoria per le imprese che intendano ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria; dall’altro lato, la loro attività è sottoposta al controllo della Banca d’Italia che ne verifica la rispondenza agli obiettivi di tutela dei risparmiatori e alla stabilità del mercato [33]. Per quanto riguarda, in particolare, il fondo interbancario dei depositi, si tratta di un consorzio di diritto privato tra banche, fondato nel 1987 allo scopo di garantire i depositanti delle banche consorziate, rimborsando i depositi in caso di liquidazione coatta amministrativa della banca depositaria con le risorse finanziarie fornite dalle stesse banche consorziate [34]. La sua funzione di [continua ..]
Un primo aspetto importante sul quale si sofferma la pronuncia in commento è la necessità che la Commissione provi l’effettiva influenza determinante dell’Autorità pubblica nella scelta relativa alla concessione dell’aiuto economico alla Banca. Sul punto, i giudici di Lussemburgo rilevano preventivamente la diversità del regime probatorio a seconda che si tratti di un’impresa pubblica o privata. In relazione ad un’impresa pubblica, assumono rilevanza, per provare l’imputabilità di un provvedimento di aiuto allo Stato, una serie di indizi, allegando i quali la Commissione potrebbe dimostrare che la mancanza di influenza e controllo effettivo delle autorità pubbliche sia improbabile. Si fa riferimento, in particolare, all’esistenza di elementi di natura organica che legano l’impresa allo Stato, la necessità di dover tener conto delle direttive impartite da un comitato interministeriale per la programmazione economica, l’integrazione di tale impresa nelle strutture dell’amministrazione pubblica, l’intensità della tutela esercitata dalle autorità pubbliche sulla gestione dell’impresa [46]. In relazione all’ente privato, invece, la Commissione è gravata da un onere probatorio più significativo, essendo necessaria la dimostrazione del coinvolgimento dello Stato nella concessione di detta misura, in considerazione delle specificità della situazione di tale ente privato. La stessa giurisprudenza europea, citata dalla decisione della Commissione si riferisce alla prova indiziaria in relazione alle imprese pubbliche [47]. Per gli enti privati è invece sempre stata ritenuta necessaria una prova effettiva del coinvolgimento decisionale dello Stato nella scelta di erogare il contributo finanziario [48]. Conseguentemente, il Tribunale si sofferma ad esaminare ciascuno degli indizi che, secondo la Commissione, presi congiuntamente, sono in grado dimostrare l’imputabilità allo Stato dell’aiuto fornito dal FITD al Tercas. - Sull’esistenza di un mandato pubblico affidato alFITD, il Tribunale rileva, in primo luogo, che gli interventi di sostegno adottabili dal Fondo in via preventiva e facoltativa, non sono imposti dal legislatore e non mirano a perseguire interessi pubblici, bensì interessi privati delle banche. Per giungere a tale [continua ..]
La decisione del Tribunale di primo grado sembra condivisibile e basata su un attento esame non solo del FITD e delle sue caratteristiche, ma anche del complessivo sistema di gestione della crisi bancaria nel nostro ordinamento. Come si è visto, infatti, essendo il FITD, per espressa previsione normativa, un ente privato, è necessaria una prova specifica della riconducibilità della decisione dallo stesso assunta allo Stato Italiano. Da questo punto di vista, le considerazioni della Commissione, relative alla presunta predeterminazione normativa dell’obbligatorietà dell’intervento, scontano una mancata adeguata analisi delle norme del TUB, una attenta lettura delle quali ha condotto, invece, il Tribunale a ritenere normativamente vincolanti solo gli interventi di rimborso dei depositi, essendo dunque rimessi alla scelta discrezionale del Fondo eventuali diversi interventi di sostegno preventivo. Quanto agli altri elementi che hanno condotto la Commissione a sostenere la riconducibilità dell’intervento di sostegno all’Autorità pubblica, essi sono tutt’altro che univoci. L’imputazione delle decisioni assunte dal Commissario straordinario alla Banca d’Italia, in ragione della sua nomina da parte di questa, è un argomento che prova troppo; è ben vero che la figura commissariale è normativamente qualificata come pubblico ufficiale e svolge una funzione pubblica [53]; è altrettanto vero che la sua gestione dell’impresa bancaria, per quanto possa considerarsi libera, è comunque condizionata dalle finalità di risanamento ed orientata dalle direttive della Banca d’Italia, che assume un ruolo di stretto controllo e direzione della procedura di amministrazione straordinaria [54]. Tuttavia, il Commissario straordinario subentra nel ruolo di amministratore dell’impresa, assumendone le funzioni [55] e, di tal guisa, svolge un intervento di fatto multifunzionale, influenzato dal carattere multicentrico degli interessi coinvolti [56], che non possono considerarsi unicamente pubblici. Inoltre, come è stato correttamente rilevato dal Tribunale, il riconoscimento di un ruolo determinante della Banca d’Italia nella decisione assunta dal Commissario Straordinario di richiedere l’intervento del FITD non prova nulla quanto alla natura pubblicistica o privatistica [continua ..]