Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il potere di rideterminazione del prezzo da parte della Consob in caso di collusione e il problema della certezza del diritto in caso di provvedimenti delle autorità indipendenti (di Sveva Del Gatto)


CONS. STATO, SEZ. VI, 9 NOVEMBRE 2018, N. 06330/2018

«La rettificazione del prezzo non ha una funzione afflittiva, trattandosi invece di una misura “compensativa” dell’autonomia privata […]. Dalle considerazioni sopra svolte discende l’inapplicabilità alla presente fattispecie dei principi regolatori del diritto sanzionatorio e delle garanzie partecipative rafforzate (la comunicazione di avvio del procedimento e la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie), laddove ai procedimenti non sanzionatori non possono che trovare applicazione le sole garanzie partecipative previste dalla legge generale sul procedimento amministrativo».

«Il principio della certezza del diritto operando come una bussola ermeneutica orientata al soddisfacimento di esigenze di chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici, impone che i contenuti della funzione amministrativa assegnata alla Consob, per quanto non particolareggiati dalla fonte primaria, siano ricavabili attraverso l’ausilio di “indici normativi di sistema” idonei a riempire di contenuto le manifestazioni di indirizzo legislativo non circostanziate».

«La “collusione accertata” tra l’offerente e uno o più venditori, da cui “emerga il riconoscimento di un corrispettivo più elevato di quello dichiarato dall’offerente”, che consente alla Consob, ai sensi dell’articolo 106, comma 3, lettera d), numero 2), del TUF, di rettificare in aumento il prezzo dell’offerta, implica l’accertamento di un accordo, o comunque di un’intesa in senso lato, volta a perseguire l’obiettivo di eludere le norme che presidiano la formazione del prezzo dell’OPA. La fattispecie normativa richiede, quale presupposto del potere di rettifica, che l’altera­zione delle condizioni di uguaglianza sia maturata in un contesto patologico di collusione, altrimenti sarebbe privata di qualsiasi capacità determinativa, concedendo all’Autorità di vigilanza un spazio di discrezionalità illimitato nella valutazione ex post dei comportamenti dell’offerente e del venditore, tale da precludere agli operatori di mercato, anche quelli più avveduti, di valutare preventivamente la correttezza delle condotte assunte nelle proprie attività commerciali».

   

SOMMARIO:

1. La sentenza del Consiglio di Stato. Il tema e le principali questioni problematiche - 2. OPA obbligatoria e limiti pubblicistici all'autonomia dell’ope­ra­tore di mercato - 3. La natura del potere di rideterminazione del prezzo di cui all'art. 106 TUF - 4. Il potere della Consob di rideterminare in aumento il prezzo del­l'OPA e il problema dell’ampiezza delle garanzie procedimentali nei procedimenti davanti alle autorità indipendenti - 5. Il potere di rideterminazione del prezzo dell'OPA e la critica ad una lettura 'oggettiva' della collusione nella decisione del Consiglio di Stato - 6. Poteri delle autorità indipendenti e certezza del diritto. Alla ri­cerca di un corretto bilanciamento - NOTE


1. La sentenza del Consiglio di Stato. Il tema e le principali questioni problematiche

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla legittimità del provvedimento con cui la Consob, ritenendo sussistente un’ipotesi di collusione tra Malacalza Investimenti s.r.l. (MCI) e Lauro Sessantuno s.p.a. ha rideterminato in aumento il prezzo dell’Opa obbligatoria [1] lanciata da Lauro Sessantuno nei confronti delle azioni Camfin [2], accogliendo alcuni dei motivi di appello proposti e riformando le sentenze con le quali il TAR aveva deciso a favore della legittimità della delibera adottata dall’autorità di vigilanza [3]. Il Consiglio di Stato, in particolare, dopo che la Corte di giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale sollevata [4], ha ritenuto fondata la censura avanzata dagli appellanti secondo la quale la fattispecie della collusione – prevista nel TUF e nella regolazione secondaria di attuazione quale presupposto per esercitare il potere di riformulare in rialzo il prezzo dell’OPA obbligatoria – ove intesa «a forma libera», è in contrasto con il principio della certezza del diritto e con la direttiva 2004/25/CE che attribuisce alle autorità di vigilanza nazionali il potere di modificare il prezzo solo in presenza di circostanze e secondo criteri che siano chiari e determinati. Al contrario, i giudici hanno respinto l’altro gruppo di eccezioni relative al mancato rispetto dei vincoli procedurali ad opera della Consob, in particolare, alla mancata comunicazione di avvio del procedimento a Unicredit e MTP e alla violazione dei principi di separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie. La decisione in commento è di particolare interesse in quanto tocca alcuni temi nodali del diritto amministrativo e del diritto pubblico dell’economia, dalla rilevanza delle garanzie procedimentali nei procedimenti davanti alle autorità indipendenti, al problema della crisi della certezza del diritto, al corretto bilanciamento tra esigenze di tutela del mercato e libertà di iniziativa degli operatori economici. Nei paragrafi che seguono, quindi, dopo aver preliminarmente esaminato le previsioni normative e regolamentari che attribuiscono alla Consob la possibilità di rideterminare in aumento il prezzo dell’OPA obbligatoria e, alla luce di ciò, ricostruito la natura del potere esercitato e le sue finalità, si [continua ..]


2. OPA obbligatoria e limiti pubblicistici all'autonomia dell’ope­ra­tore di mercato

L’art. 106 TUF nel disciplinare la c.d. offerta pubblica di acquisto totalitaria [5] stabilisce che chiunque, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi è tenuto a promuovere un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso. L’offerta, per ciascuna categoria di titoli, deve essere promossa entro venti giorni a un prezzo non inferiore a quello più elevato pagato dall’offerente e da persone che agiscono di concerto con il medesimo, nei dodici mesi anteriori alla sua comunicazione, per acquisti di titoli della medesima categoria. Qualora non siano stati effettuati acquisti a titolo oneroso di titoli della stessa categoria nel periodo indicato, l’offerta è promossa per tale categoria di titoli, ad un prezzo non inferiore a quello medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi o del minor periodo disponibile [6]. In materia di OPA obbligatoria dunque, l’autonomia privata dell’operatore economico nel formulare l’offerta è limitata e conformata dalla disciplina pubblicistica sotto due profili: per quanto riguarda la scelta del se acquistare e per quanto riguarda il prezzo al quale acquistare. Questi limiti, particolarmente invasivi della libertà di iniziativa economica, sono giustificati da due finalità, una diretta e una mediata [7]. La prima mira a garantire a tutti gli azionisti estranei al nucleo di controllo la possibilità di uscire dalla compagine sociale in caso di mutamento dell’azio­nista di maggioranza [8]. La seconda mira a tutelare il mercato e ad accrescere la fiducia degli investitori sull’equità dei meccanismi di quest’ultimo al fine di promuoverne lo sviluppo. Nel primo caso, si tutelano interessi – quelli degli azionisti di minoranza – direttamente riferibili a soggetti privati, ma che assumono, grazie alla disciplina che ne garantisce la protezione e che determina al contempo la loro strutturazione e stabilizzazione, rilevanza di interessi di carattere generale [9]. Nella seconda ipotesi, invece, la regola si pone a presidio di interessi [continua ..]


3. La natura del potere di rideterminazione del prezzo di cui all'art. 106 TUF

L’aumento del prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria, secondo il Regolamento, può avvenire nel caso in cui l’offerente abbia pattuito l’acquisto di titoli ad un prezzo più elevato di quello pagato per l’acquisto di titoli della medesima categoria [17]; nel caso in cui sia fondato il sospetto di manipolazione che abbia comportato una temporanea riduzione dei prezzi di mercato, determinando il prezzo più elevato pagato dall’offerente [18]; e quando dalla collusione accertata tra l’offerente e uno o più venditori emerga il riconoscimento di un corrispettivo più elevato dichiarato dall’offerente. In questa ipotesi, il prezzo dell’offerta è pari a quello accertato [19]. Per quanto riguarda la natura e le caratteristiche del potere attribuito alla Consob, si tratta di un potere di accertamento a carattere autoritativo, tecnico-discrezionale e finalistico, avente funzione rimediale e ripristinatoria. La funzione che si viene a svolgere in particolare, è molto vicina a quella esercitata dai giudici che verificano l’osservanza della regola e ne ripristinano l’operatività. L’autorità di vigilanza, infatti, deve innanzitutto procedere ad accertare e qualificare i fatti, gli atti e i comportamenti rilevanti in termini di conformità o meno alla fattispecie normativa-regolatoria. Ove accerti che il prezzo offerto non è in grado di soddisfare le finalità poste alla base della previsione del prezzo più alto in ragione del ricorrere di una delle circostanze normativamente previste, la Consob interviene per ripristinare le previsioni di legge finalizzate a garantire gli azionisti di minoranza e il corretto funzionamento del mercato. Nell’i­potesi di collusione, in particolare, il carattere rimediale e ripristinatorio del provvedimento consiste nel ripristinare la situazione antecedente alla condotta collusiva che ha alterato l’equilibrio tutelato dalla norma. Da qui, la natura finalistica e non condizionale del potere, in quanto la Consob agisce a tutela della parte ritenuta debole dalla legge, conformando autoritativamente il rapporto tra questa e un’altra parte privata [20], che in seguito all’esercizio del potere è tenuta ad acquistare al prezzo determinato dall’autorità [21]. La sfera giuridica degli azionisti di minoranza, in [continua ..]


4. Il potere della Consob di rideterminare in aumento il prezzo del­l'OPA e il problema dell’ampiezza delle garanzie procedimentali nei procedimenti davanti alle autorità indipendenti

Dopo aver ricostruito la normativa di riferimento e inquadrato il potere della Consob in termini di presupposti, natura e finalità, si può ora passare all’a­na­lisi della pronuncia del Consiglio di Stato. In merito ai vizi di natura procedimentale della delibera, il giudice d’appello, confermando le sentenze del TAR, ha respinto le censure relative alla mancanza della comunicazione di avvio del procedimento che, ad avviso degli appellanti, avrebbe dovuto essere effettuata nei confronti di tutti i soggetti che in virtù della ricostruzione fatta dalla Consob avevano partecipato all’accordo collusivo e non solamente all’offerente. Gli argomenti del Consiglio di Stato alla base della sua decisione, tuttavia, nonostante una premessa comune, divergono in maniera significativa da quelli utilizzati dal TAR e appaiono meno condivisibili. Il Consiglio di Stato, in particolare, come il TAR, fa precedere la sua decisione da un inquadramento dell’esatta natura del potere della Consob di rideterminare il prezzo in rialzo in caso di accertamento della collusione, che correttamente viene indicata, da entrambi i giudici, come non sanzionatoria [25]. Da questa prima conclusione il giudice d’appello fa discendere la non applicabilità delle «garanzie partecipative rafforzate previste per i procedimenti sanzionatori», e l’operatività delle «sole garanzie partecipative previste dalla legge generale sul procedimento amministrativo». Vanno dunque esclusi dalle garanzie procedimentali applicabili, secondo il giudice d’appello, sia l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento a tutti i soggetti ritenuti coinvolti nel­l’accordo collusivo, sia l’obbligo di rispettare il principio di separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie. La conclusione del Consiglio di Stato non appare pienamente condivisibile. La natura sanzionatoria del potere, infatti, se è senza dubbio discriminante per valutare la sussistenza dell’obbligo di rispettare alcuni principi tipici del­l’eser­cizio del potere sanzionatorio, quale quello della separazione tra funzioni accertanti e funzioni giudicanti [26], non sembra poter assumere, al contrario, rilevanza per determinare la platea dei destinatari dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento che la legge individua, pur con diversa terminologia, sia [continua ..]


5. Il potere di rideterminazione del prezzo dell'OPA e la critica ad una lettura 'oggettiva' della collusione nella decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha accolto, invece, le censure, respinte in primo grado, basate sul corretto significato da attribuire al concetto di collusione previsto nella normativa nazionale, alla luce delle disposizioni e dei principi dell’ordina­mento dell’Unione europea. Secondo il Collegio, in particolare, la Consob, interpretando l’ipotesi di collusione come una «fattispecie a forma libera», avrebbe violato il principio della certezza del diritto il quale «impone che i contenuti della funzione amministrativa [ad essa] assegnata […] – per quanto non particolareggiati dalla fonte primaria – siano ricavabili attraverso l’ausilio di ‘indici normativi di sistema’ ido­nei a riempire di contenuto le manifestazioni di indirizzo legislativo non circostanziate» [35]. La questione della compatibilità della formulazione dell’art. 106 TUF e dell’art. 47-octies del Regolamento Emittenti con il principio della certezza del diritto e con le previsioni della Direttiva 2004/25/CE era stata preliminarmente sottoposta alla Corte di Giustizia [36], la quale tuttavia aveva fornito una soluzione condivisibile, ma non dirimente rispetto alla problematica sollevata dal giudice nazionale. Secondo i giudici UE, il legislatore non può e non deve determinare in anticipo tutte le diverse ipotesi in cui si può concretizzare la nozione giuridica astratta [37], nella specie quella di collusione, purché essa possa «essere desunta dalla normativa [dell’ordinamento nazionale] in modo sufficientemente chiaro, preciso e prevedibile». Se ciò avvenga o meno è poi questione rimessa ai giudici degli Stati membri. Seguendo queste coordinate, dunque, la formulazione del TUF e quella del regolamento, laddove fanno riferimento ad un concetto astratto suscettibile di essere integrato da una pluralità di condotte diverse senza che queste debbano essere preventivamente elencate, non sono in contrasto né con il principio di certezza del diritto, né con la Direttiva emittenti. Del resto, la previsione di un elenco che non sia solo esemplificativo avrebbe l’effetto di limitare aprioristicamente l’ambito di azione dell’autorità di vigilanza nell’esercizio del potere di rideterminazione del prezzo, frustrando le finalità di tutela degli azionisti di minoranza e del [continua ..]


6. Poteri delle autorità indipendenti e certezza del diritto. Alla ri­cerca di un corretto bilanciamento

La sentenza in commento, sebbene non se ne condividano tutti i passaggi, ha il pregio di aver sollevato un problema nodale del diritto amministrativo, quello della crisi della legalità e della certezza del diritto [54], tema che trova in materia di autorità indipendenti una sua specifica declinazione con riferimento al rapporto tra principio di legalità e poteri delle authorities. In questo settore, più che in altri, appare in particolare chiaro come il principio della certezza del diritto, pur rappresentando ancora un tratto tipico di ogni sistema giuridico, l’essenza stessa dello Stato di diritto [55], abbia ormai assunto tratti molto diversi da quelli che, in chiave giuspositivistica, gli erano stati riconosciuti in passato. Il rispetto di questo principio, come interpretato oggi, richiede infatti che sia garantita la verifica della ragionevole prevedibilità degli effetti del comportamento dell’autorità dal cui arbitrio devono essere tutelati i diritti dei cittadini e, nella specie, degli operatori economici [56]. Affinché si possa parlare di diritto certo, non serve cioè che la determinazione della fattispecie avvenga attraverso formule matematiche [57], ma è necessario che il testo normativo sia formulato in modo chiaro e sufficientemente completo, di modo che l’interprete, sia esso il giudice o l’amministrazione, sia messo in condizione di adattare la regola al caso concreto, dandole il significato che ragionevolmente emerge dal testo [58], senza dover al contrario adoperarsi in un’operazione di «creazione del diritto» che non gli compete [59]. Nei mercati in cui operano le autorità di regolazione, il problema appare tuttavia più complesso in ragione dell’uso di ‘norme in bianco’ e del rinvio frequente a fattispecie normative astratte che l’autorità, in virtù della sua expertise tecnica, è chiamata a riempire di contenuto [60]. È, dunque, particolarmente sentita l’esigenza e, allo stesso tempo, la difficoltà, di conciliare i valori entrambi necessari, ma contrapposti, della certezza delle relazioni giuridiche e della flessibilità e adattabilità delle norme [61]. Una norma eccessivamente dettagliata può, infatti, irrigidire l’intervento delle authorities e [continua ..]


NOTE