L'articolo tratta della sovvenzione amministrativa quale provvedimento amministrativo, ove il trasferimento di denaro configura un diritto di credito del beneficiario e la causa dell’atto, l’incentivazione, consentono una qualificazione quale strumento di effettività di situazioni giuridiche soggettive tutelate costituzionalmente.
The article deals with the administrative subsidy as an administrative measure, where the transfer of money configures a credit right of the beneficiary and the cause of the act, the incentive, allows it to be qualified as an instrument of effectiveness of constitutionally protected subjective legal situations.
1. La sovvenzione tra gli atti giuridici - 2. La sovvenzione come provvedimento amministrativo - 3. Le sovvenzioni amministrative e gli atti di liberalità di diritto privato - 4. Differenze tra sovvenzioni, concessioni, ammissioni, accertamenti - 5. Il controlimite delle norme sui diritti costituzionali aventi ad oggetto le sovvenzioni - NOTE
Nell’attività finanziaria disciplinata da norme nazionali, sovranazionali e internazionali si possono ritrovare una quantità rilevante di atti giuridici la cui efficacia ed effetti definiscono vicende giuridiche finanziarie [1]. Molti atti sono disciplinati dal diritto, dal mutuo, al conto corrente, agli altri contratti bancari o assicurativi, all’ormai non più recente leasing, sino agli swap e ai c.d. prodotti derivati, per non trattare dell’utilizzazione atipica di altri contratti che in particolari circostanze possono realizzare effetti di finanziamento di una o più attività. Di non minore rilievo sono gli atti disciplinati dal diritto pubblico a cominciare dai titoli annuali o pluriennali rappresentativi del debito pubblico dell’Unione europea, degli Stati membri, o di parti di esso, tra cui in Italia hanno avuto una certa notorietà quelli dei comuni, sino alle varie forme di bancoposta che finanziano la nostra Cassa Depositi e Prestiti [2], al credito agevolato, o alle riduzioni o esenzioni tributarie o tariffarie, ai “prestiti” dell’Ue agli Stati membri, in genere ogni tipo di finanziamento con restituzione o a fondo perduto. In questa molteplicità di atti un giovane Giuseppe Pericu (mio professore del collegio di dottorato 2° ciclo) indica con estrema precisione le sovvenzioni, distinguendole dagli atti di diritto privato, da quelli a prestazioni corrispettive, da quelli che sono riduzioni o esenzioni tributarie e indicandole come una categoria a sé di provvedimento amministrativo, che perciò si distingue dagli atti di accertamento (che negozi non sono), ma che si distinguono come provvedimenti dalle concessioni di beni o di servizi, dalle ammissioni. L’intuizione e l’argomentazione sono state di grande interesse. Basti pensare che l’amministrare pubblico per finanziamenti è stata l’oggetto dei vari sistemi keynesiani nazionali e delle relazioni internazionali del secondo dopoguerra [3], uno dei principali strumenti non solo delle politiche economiche e industriali e della supremazia della politica sull’economia, ma in genere strumento principe delle politiche di promozione dei diritti sociali, che ha retto – come strumento a largo spettro – le politiche di riequilibrio dei territori (prima il mezzogiorno, poi le aree svantaggiate; art. 119 Cost.; art. 107 TFUE), il [continua ..]
L’intuizione e l’elaborazione che si ricava dalla monografia [6] – se ho compreso e con gli adattamenti necessari a distanza di 50 anni – chiarisce che le sovvenzioni sono provvedimenti di manifestazione di volontà pubblica, con le quali (il legislatore o) le pubbliche amministrazioni per “ragione politica” – dunque senza corrispettivo o contropartita, né spirito di liberalità – trasferiscono ai beneficiari danaro, o altri beni del patrimonio disponibile, assegnando a quest’ultimi un diritto soggettivo a tale bene. Ai finanziamenti si può provvedere con scelte operate in forma di legge, sia con scelte della pubblica amministrazione contenute in atti amministrativi anche normativi. Si tratta di una definizione essenziale, cui la monografia perviene per gradi, liberando il pezzo grezzo da ogni confusione con altri strumenti giuridici, delimitando gli elementi essenziali o gli effetti giuridici, senza dogmatismi, a partire da questi e procedendo a ritroso, in una dovizia di particolari che può rendere impaziente il lettore, con quella precisione che contraddistingue molte opere giovani di un tempo, in cui la ragione giuridica è parte delle scienze, di quel positivismo scientifico che deve la verità a se medesimo, al proprio argomentare, utilizzando la dimostrazione come ragione di quel particolare ramo del sapere. La sovvenzione è un atto amministrativo che ricava la sua definizione dal suo effetto giuridico prevalente, o causa giuridica: l’attribuzione gratuita, senz’obbligo di restituzione, di una somma di danaro o altro bene economicamente valutabile [7]. Atto amministrativo provvedimentale che non trova fonte in una convenzione [8], anche se accordi preliminari lo possono precedere ma che non incidono sulla natura della sovvenzione [9]. Gli esempi sono ancora di attualità, oltre al naviglio militare o mercantile, si tratta di leggi autorizzative sull’agricoltura, sulla piccola e media industria, con il mezzogiorno appena accennato [10]. Lo scopo – qui fine o causa dell’atto – è l’incentivazione: a) economica per insufficienza di sviluppo, carenze strutturali, deficienze d’iniziativa economica; b) non economica per sussidiare coloro che sono in situazioni di particolare disagio (calamità naturali). È questa l’occasione in cui si utilizza [continua ..]
Le sovvenzioni non sono donazioni – di cui gli enti pubblici manterrebbero la capacità [23] – per molto di quanto si è già implicitamente detto, ma anche per una ragione tutt’affatto speciale, poiché nella sovvenzione manca la spontaneità: se le sovvenzioni sono previste dalla norma, la stessa conferisce il potere e congiuntamente il dovere di sovvenzionare [24]. Si riprende un’affermazione che è di conferma di una teoria generale [25], come capita di vedere affermato in molte opere ad oggetto speciale, che in realtà sono banco di prova per la conferma, per la critica, o l’elaborazione di nuove considerazioni di ordine generalissimo. Se c’è provvedimento amministrativo c’è doverosità del provvedere, con anticipazione del principio posto dalla legge sul procedimento amministrativo sull’obbligo di concludere il procedimento (art. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241). L’autorizzazione legislativa attribuisce il potere ma radica nell’organo il dovere istituzionale di erogare beneficio, “poiché si vuole che la concessione in concreto avvenga”. Sicché – seppure si tratti di un atto ad ampia discrezionalità – manca di quella libertà i cui caratteri sono propri solo dell’autonomia privata [26]. Un’idea teorica che individua come ragione istitutiva degli enti pubblici il dovere istituzionale di perseguire i fini pubblici attribuiti alla loro cura [27], che in Pericu assume un particolare significato ove si chiarisce che la doverosità è un carattere d’ordine generale, compatibile anche con quella categoria di provvedimenti amministrativi che è considerata ampiamente discrezionale, con una affermazione che nega in particolare ogni contrasto concettuale tra discrezionalità e doverosità dell’azione amministrativa [28]. In chiusura di argomentazione emerge la natura del giurista, che non dimentica che il diritto è scienza pratica, le cui prospettazioni teoriche trovano conferma o smentita nel buono o cattivo funzionamento delle istituzioni cui sono applicate, non meno del periodo di sperimentazione. Qualificare le sovvenzioni come atti amministrativi presenta vantaggi pratici che giustificano di per sé soli la soluzione accolta [29]: la maggior tutela del cittadino nei confronti [continua ..]
Se per altri alle sovvenzioni compete una autorità minore [37], si ribadisce che le sovvenzioni sono atto di allargamento della sfera giuridica del beneficiario, con attribuzione di una situazione giuridica favorevole nuova, di trasferimento di un diritto (di solito patrimoniale) dalla pubblica amministrazione al privato, di alienazione di diritti spettanti alla mano pubblica [38]. È criticata l’assimilazione delle sovvenzioni alle concessioni [39] e alle ammissioni. Se nelle prime la sfera giuridica del destinatario si arricchisce per entrambe di un diritto soggettivo [40], la differenza si coglie nella disciplina del bene che ne è l’oggetto possibile nell’una e nell’altra a differenziarle: nelle concessioni i beni riservati alla esclusiva titolarità di soggetti pubblici (demaniali o del patrimonio indisponibile), nella sovvenzione – stante l’effetto traslativo della titolarità – possono esserne l’oggetto solo i beni del patrimonio disponibile [41]. Le sovvenzioni si distinguono dalle ammissioni ove l’effetto tipico delle prime è l’attribuzione di un beneficio (pecuniario o di altro genere), non un atto di legittimazione che ha come effetto giuridico l’assunzione del richiedente tra i soggetti che possono richiedere quel vantaggio [42]. È normale vedere affermato che le ammissioni hanno come effetto l’assunzione del singolo in una particolare istituzione organizzazione, o semplicemente in una particolare categoria di persone, allo scopo di farlo partecipe di alcuni diritti o vantaggi o di alcuni servizi amministrativi [43]. Per Pericu nella sovvenzione e nella concessione è rilevante il trasferimento dei diritti della pubblica amministrazione ai beneficiari, non invece per le ammissioni, che non hanno tale carattere [44], ma l’immissione in una particolare istituzione organizzazione che nelle sovvenzioni manca. La distinzione tra accertamenti e sovvenzioni è colta nel carattere dei primi che sono manifestazioni di conoscenza che producono conseguenze giuridiche che discendono direttamente dalla norma e sono al di fuori della disponibilità del titolare del potere [45], mentre le seconde restano tra i provvedimenti in senso proprio che si sostanziano in manifestazioni di volontà in cui è la volontà del soggetto a determinare gli [continua ..]
Nella disciplina sulla percezione delle sovvenzioni assume rilievo sia il divieto comunitario di aiuti alle imprese (art. 107, TFUE), sia la disciplina sui servizi di interesse generale (art. 106, TFUE), sia le regole sulla concorrenza, ma ancor più mi pare che ritornino con forza i principi e la disciplina costituzionale sui diritti e le altre posizioni soggettive costituzionalmente rilevanti, in ragione delle quali la disciplina sulle sovvenzioni va intesa anzitutto come “strumento giuridico” d’attuazione di precise norme costituzionali, di cui occorre ormai partitamente tenere conto [47]. Basti pensare alla recente disciplina dei bonus per la casa [48] o per le attività green, che rispettivamente si sostanziano in sovvenzioni oggetto del diritto all’abitazione (artt. 42, 47 Cost.) o per la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.) e con favore per uno sviluppo sostenibile (art. 41 Cost.) [49]. Ancora di più. Diritto allo studio, alla salute, all’assistenza sociale, all’abitazione, la tutela del risparmio, ecc.., si ergono come tanti controlimiti del nostro dettato costituzionale ai vincoli anche di carattere sovranazionale di cui non si vuole certo negare un – del pari – rilievo costituzionale (artt. 97 e 119, Cost.), ma che anch’essi necessitano di un bilanciamento. Non mi riferisco ovviamente solo all’art. 34 Cost. o più in generale al principio di uguaglianza sostanziale, di cui alcuni articoli della legge generale sul procedimento amministrativo (art. 12, l. 241/1990, cit.) possono essere ritenuti d’attuazione, ma alla disciplina costituzionale di ogni diritto soggettivo o interesse legittimo che possa assumere le sovvenzioni, aventi ad oggetto non solo somme di danaro (es. voucher), come uno degli strumenti di effettività dei medesimi e dell’intero assetto costituzionale, comprensivo di tutte le sue articolazioni.