Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il Tribunale dell'Unione europea annulla la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria adottata dalla BCE nei confronti di Banca Carige (di Marco Lonardi, Dottore in Giurisprudenza laureato cum laude presso l'Università degli Studi di Milano Statale, attualmente tirocinante presso la Sezione XV-B specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano nonché praticante avvocato)


Mediante la pronuncia oggetto del presente contributo, il Tribunale dell'Unione europea ha annullato la decisione della BCE di assoggettare Banca Carige ad amministrazione straordinaria, in particolare offrendo una propria interpretazione in ordine alla portata applicativa delle misure della rimozione e dello scioglimento dei componenti degli organi con funzione di amministrazione e di controllo dell'istituto bancario. Il presente testo si propone di esaminare compiutamente il contenuto della decisione in parola, anche con riferimento alla vigente disciplina europea in materia di vigilanza prudenziale sul settore bancario.

The Court of the European Union nullifies the extraordinary bank administration measure called for by the ECB against Banca Carige

By means of the ruling in question, the Court of the European Union has nullified the extraordinary bank administration measure called for by the ECB against the Italian Banca Carige, in particular by providing its own interpretation about the application range of the bank’s administrative and supervision organs members' removal and termination measures. The present essay aims to carry out an in-depth analysis of the above mentioned verdict’s content, by focusing implications and effects of the decision, also by paying specific attention to the in force European legislation about the prudential supervision on the banking system.

MASSIME

Dall’analisi testuale della formulazione delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 69 octies­decies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario e dell’articolo 70 di detto testo unico risulta che la loro enumerazione è tassativa e che esse sono alternative, come indicato dall’impiego della congiunzione disgiuntiva «o». Pertanto, la seconda disposizione prevede che lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche e l’instaurazione dell’amministra­zione straordinaria siano possibili in quattro ipotesi, due delle quali sono previste dalla prima disposizione e devono, come indicato dal rinvio diretto a tale disposizione, essere interpretate nello stesso senso inteso nel contesto della «rimozione». L’analisi del testo rivela inoltre l’as­senza di gerarchia tra tali condizioni (…). Dall’articolo 69 octiesdecies, comma 1, lettera b), e dall’articolo 70 del testo unico bancario risulta dunque che la seconda disposizione non prevede lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche, e l’instaurazione dell’am­ministrazione straordinaria, nel caso in cui «il deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo».

ESTRATTO

«(…) da un lato, l’articolo 69 octiesdecies, comma 1, lettera b), regola la «rimozione» degli organi amministrativi o di controllo delle banche i quali, una volta adottato tale provvedimento, devono essere sostituiti secondo le procedure previste dal diritto nazionale e dal diritto del­l’Unione; dall’altro lato, l’articolo 70 disciplina lo «scioglimento» degli organi amministrativi o di controllo delle banche, scioglimento che comporta la sospensione delle funzioni delle assemblee e degli altri organi e l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria.

Alla luce degli articoli 28 e 29 della direttiva 2014/59 che le disposizioni succitate mirano a recepire, le misure in questione non possono essere considerate equivalenti o alternative, dal momento che la prima è meno invasiva della seconda, la quale può essere adottata soltanto qualora la sostituzione degli organi amministrativi o di controllo delle banche secondo le procedure di diritto nazionale e di diritto dell’Unione non sia ritenuta sufficiente dall’autorità competente per porre rimedio alla situazione.

Le condizioni per l’applicazione dell’articolo 69 octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario e dell’articolo 70 di [continua..]

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. BCE, vigilanza prudenziale e amministrazione straordinaria. Ratio e disciplina di sistema - 3. Il contesto in cui si inserisce la controversia - 4. La legittimazione di parte ricorrente - 5. La decisione del Tribunale - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Con decisione del 12 ottobre 2022, il Tribunale dell’Unione europea, decidendo su ricorso proposto ai sensi dell’art. 263 TFUE da un azionista di minoranza di Banca Carige, ha annullato la decisione della BCE – emessa in data 1° gennaio 2019 – di assoggettare il predetto istituto ad amministrazione straordinaria. Si è trattato del primo caso in cui il giudice sovranazionale ha annullato una decisione della Banca Centrale assunta nel quadro normativo dell’Unione bancaria europea; in particolare – come meglio si vedrà in seguito – il Tribunale ha motivato la propria decisione nel senso che l’autorità bancaria centrale avrebbe errato in punto di applicazione della legge nazionale italiana, laddove ha ritenuto sussistente un presupposto (quello rappresentato dal significativo detrimento della situazione economica dell’istituto) contemplato dalla direttiva europea in materia di risanamento degli enti creditizi (i.e. Direttiva 2014/59/UE [2]), tuttavia non previsto dal TUB [3], come integrato in sede di attuazione e recepimento dell’anzidetta direttiva. Occorre sin da ora evidenziare che l’istituto dell’amministrazione straordinaria si inserisce nel novero delle procedure elaborate dal legislatore (italiano ed europeo) al fine di superare l’eventuale situazione di crisi in cui gli istituti bancari dovessero venire a trovarsi. In particolare, a livello normativo sono state previste misure preventive utili ad intercettare eventuali segnali di allerta e preordinate, conseguentemente, a sottoporre l’istituto ad un processo di “bonifica”, volto ad evitare che la situazione di crisi possa diffondersi all’interno dell’intero sistema bancario, in tal modo producendo effetti pregiudizievoli per risparmiatori e investitori, oltre che per l’economia in generale. E tra le varie misure di intervento precoce disciplinate dal legislatore, l’amministrazione straordinaria si caratterizza per la sua invasività, in quanto suscettibile di produrre rilevanti implicazioni sull’assetto organizzativo delle imprese e degli istituti nei cui confronti essa viene disposta. Orbene, traendo spunto dalla vicenda in parola, il presente contributo si propone di analizzare il sistema di protezione edificato dal legislatore con riguardo al settore bancario nel suo complesso, in particolare soffermandosi sulle caratteristiche [continua ..]


2. BCE, vigilanza prudenziale e amministrazione straordinaria. Ratio e disciplina di sistema

Come anticipato, prima di procedere all’esame della decisione oggetto del presente contributo, pare opportuno soffermarsi – ancorché brevemente – sull’assetto normativo edificato a livello sovranazionale in materia di regolamentazione degli enti creditizi nonché sui meccanismi di controllo ivi previsti. Muovendo da profili più generali, è chiaro che una compiuta regolamentazione del mercato bancario europeo costituisce uno snodo fondamentale per la creazione di un’autentica (ed efficiente) unione economica e monetaria [4]. Ebbene, nella visione del legislatore europeo si rende necessario un sistema di norme tecniche vincolanti, tali da assicurare condizioni di parità e un elevato grado di tutela degli investitori e dei consumatori. Ed è proprio in forza di tali considerazioni che appare giustificata la tendenza verso un assetto decisionale quanto più possibile accentrato, che vede nella BCE l’assoluta protagonista. A ben vedere, l’Unione bancaria europea [5], poggia essenzialmente su due pilastri fondamentali: anzitutto si caratterizza per un sistema comune di garanzia dei depositi (quale delineato dalla Direttiva 2014/49/UE [6]), finalizzato a facilitare l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio, attraverso l’ar­monizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia di sistemi di garanzia dei depositi e nel tentativo di rafforzare la stabilità del settore bancario e la tutela dei depositanti [7]. In secondo luogo – e soprattutto – non può che fondarsi su meccanismi comuni di vigilanza e di risoluzione [8], rispettivamente disciplinati dal Regolamento UE n. 1024/2013 [9] e dalla già citata Banking Recovery and Resolution Directive [10]. Come efficacemente affermato in dottrina, il suindicato regolamento [11] assume la cooperazione tra Banca centrale e autorità (nazionali e sovranazionali) di regolazione e controllo quale «paradigma operativo della Vigilanza Unica» [12], la quale, a sua volta, si colloca nell’alveo di un sistema necessariamente da intendersi “a formazione progressiva” [13], pensato per ovviare ad un’ec­cessiva frammentazione del mercato bancario europeo. In estrema sintesi, è possibile affermare che l’attività di controllo sul sistema [continua ..]


3. Il contesto in cui si inserisce la controversia

Come noto, Banca Carige – ente creditizio con sede in Italia e quotato in borsa – è sottoposta alla vigilanza prudenziale diretta della Banca centrale europea sin dal 2014, in ragione delle problematiche già ravvisate dalla Banca d’Italia all’esito dell’attività ispettiva da questa compiuta a partire dal 2013. In specie, da tale attività di controllo emergeva un sistema di governance del tutto inadeguato. Come è dato leggersi nell’Audizione della Banca d’Italia del 23 gennaio 2019, durante la sfavorevole congiuntura macroeconomica che ha caratterizzato gli anni successivi al 2008, il gruppo Carige avrebbe perseguito strategie creditizie fortemente espansive, tuttavia non supportate da un appropriata pianificazione, per poi orientare la propria attività di credito verso clienti di grandi dimensioni, scontando gli effetti della crisi che ha investito i settori dell’immobiliare e dei traporti [38]. Le numerose ispezioni si traducevano in interventi di vigilanza essenzialmente preordinati al risanamento del gruppo: nel 2012 veniva richiesto un piano di rafforzamento patrimoniale per 800 milioni di Euro (poi realizzato nel 2014); seguiva la progressiva sostituzione dei membri degli organi amministrativi, esecutivi e di controllo. In ultimo, veniva realizzato un ulteriore aumento di capitale per 850 milioni di Euro nel 2015, all’esito del quale la banca riusciva a riequilibrare la propria posizione patrimoniale [39]. Tuttavia, nonostante le iniziative di riassetto organizzativo e gli interventi di rafforzamento economico, a cagione delle ingenti perdite accumulate dall’isti­tuto, nel 2016 la BCE riteneva opportuno adottare misure di intervento precoce, fissando taluni obiettivi che la banca avrebbe dovuto raggiungere nei tre anni successivi, in specie funzionalizzati al ripristino di una posizione patrimoniale adeguata e a garantire la copertura dei crediti deteriorati. Più in particolare, la BCE individuava prudenzialmente i seguenti requisiti: a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’istituto avrebbe dovuto mantenere un CET-1 Ratio [40] minimo del 9% nonché un coefficiente patrimoniale SREP [41] complessivo minimo dell’11,25%. Tanto premesso, al fine di conseguire detti obiettivi, il C.d.A. dell’istituto procedeva con l’approvazione di un piano di rafforzamento patrimoniale. Nonostante [continua ..]


4. La legittimazione di parte ricorrente

Fatte queste premesse, veniamo ora al contenuto della pronuncia in esame. Preliminarmente, pare opportuno domandarsi se, nel caso che ci occupa, parte ricorrente fosse effettivamente legittimata a proporre ricorso avverso la decisione della BCE, attesa la sua qualità di azionista minoritario dell’istituto. Come noto, la legittimazione processuale attiva viene disciplinata dall’art. 263, par. 4, TFUE, ai sensi del quale, al fine della proposizione del ricorso di annullamento è necessario che il ricorrente, persona fisica o giuridica, sia direttamente e individualmente interessato dalla decisione avverso cui intende proporre istanza. In particolare, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, è “persona direttamente interessata” il soggetto nei cui confronti l’atto controverso produca o sia suscettibile di produrre effetti diretti (da intendersi come effetti direttamente incidenti sulla sua situazione giuridica), senza che residui alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione [49]. In altri termini, l’atto dovrà presentare un tipico carattere di automaticità, nel senso che lo stesso sia suscettibile di produrre effetto unicamente in forza della normativa euro-unitaria, senza che sia necessaria l’interposizione di alcuna norma intermedia. Si aggiunga che i predetti requisiti devono intendersi come cumulativi. È immediatamente percepibile come, nel caso che qui ci occupa, le decisioni di cui è stato chiesto l’annullamento appaiano idonee ad operare un’inci­denza diretta sulla sfera giuridica della ricorrente, in specie modificando l’as­setto dei diritti di cui la stessa, in qualità di azionista della banca, dispone. Detto altrimenti, attesa l’avvenuta modifica – ancorché temporanea [50] – del «rapporto giuridico» [51] intercorrente tra banca e azionista quale determinato dalle decisioni controverse e senza che sia intervenuto alcun atto intermedio, la ricorrente appare del tutto legittimata a proporre ricorso, potendosi la stessa qualificare come persona “direttamente interessata”. Difatti, conformemente alle prescrizioni statutarie, agli azionisti della banca spetta il diritto di eleggere gli organi amministrativi e di controllo dell’istituto, potendo altresì gli stessi, laddove detengano determinate quote del [continua ..]


5. La decisione del Tribunale

Anzitutto, nell’affrontare la preliminare questione afferente alla ricevibilità del ricorso, il giudice adito ricorda che, ai sensi dell’art. 76, lett. d), del Regolamento di procedura del Tribunale dell’Unione – il quale, a sua volta, richiama la prescrizione stabilita nell’art. 21 dello Statuto della CGUE –, è necessario che l’oggetto della controversia sia contenuto e circoscritto entro i termini del ricorso, con la precisazione per cui i ricorsi di annullamento sono proponibili unicamente avverso atti pregiudizievoli esistenti [59]. Orbene, venendo al caso di specie, se la decisione di assoggettamento e la prima proroga possono legittimamente costituire oggetto del ricorso, in quanto già esistenti al tempo della proposizione del medesimo, lo stesso non può dirsi con riguardo alle decisioni di proroga successive alla prima, essendo esse proroghe state adottate posteriormente al deposito dell’atto. Infatti, come affermato dall’organo giudicante, la genericità della formula utilizzata da parte ricorrente («ogni atto conseguenziale e successivo») non consente una puntuale individuazione, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni sopra richiamate, dell’oggetto del ricorso, atteso che, come detto, l’og­getto della lite deve essere ben individuato nel testo del ricorso e che quest’ultimo dovrà altresì essere corredato di una copia dell’atto controverso di cui si domanda l’annullamento. Neppure può dirsi che, nel caso di specie, parte ricorrente abbia ritualmente formulato istanza di adattamento del ricorso ai sensi dell’art. 86 del Regolamento di procedura del Tribunale. Detta norma, infatti, dispone che, nell’ipotesi in cui l’atto di cui si chiede l’annullamento venga sostituito o modificato da altro pronunciamento avente il medesimo oggetto, «il ricorrente, prima della chiusura della fase orale o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale» ha facoltà di adattare il ricorso di modo da tenere in considerazione l’elemento sopravvenuto. Beninteso, questa facoltà di integrazione potrà essere esercitata unicamente seguendo l’iter procedurale previsto dalla summenzionata disposizione, pena l’irricevibilità delle domande: in specie, l’adattamento dovrà avere luogo mediante atto [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Se, da un lato, l’interpretazione della normativa del testo unico bancario offerta dal giudice europeo appare corretta, soprattutto con riferimento al dato testuale delle disposizioni di cui agli artt. 69 octiesdecies e 70 TUB, dall’altro, un tale orientamento si pone in potenziale contrasto con quelle che sono le indicazioni offerte dal legislatore dell’Unione. Come si è avuto modo di osservare, il giudice adito ha censurato la decisione dell’autorità bancaria centrale per avere la medesima fondato la propria decisione su un criterio – quello del deterioramento significativo – non contemplato dalla normativa italiana tra i presupposti per l’adozione della misura dell’amministrazione straordinaria (e conseguente sostituzione dei membri del­l’organo gestorio con commissari appositamente nominati). Invero, nonostante l’interpretazione offerta dal Tribunale sia – come detto – da condividere sotto il profilo dell’iter logico-argomentativo seguito, ancorché la stessa appaia caratterizzata da un certo formalismo, è altresì evidente che si tratta di un orientamento suscettibile di disvelare alcune contraddizioni all’in­terno sistema. Infatti, se all’interno della normativa nazionale è possibile rinvenire una distinzione piuttosto netta tra le singole misure, per lo meno per quel che concerne l’ambito applicativo delle stesse, a livello sovranazionale i confini appaiono più nebulosi e le differenze sembrano affievolirsi. In altri termini, a livello sovranazionale la BCE, che pure dovrebbe attenersi alla disciplina nazionale del Paese in cui ha sede l’ente vigilato, è guidata da principi più generali, i quali rendono meno marcate la peculiarità dei presupposti propri dell’una o dell’altra misura, lasciando – così pare – maggiore libertà di scelta nell’individuazione dell’intervento da adottare nel caso concreto. Senonché, attesa la necessità per la BCE di uniformarsi alla disciplina interna dei singoli Stati membri, una tale differenza può portare – come anticipato – ad antinomie di sistema. Inoltre, circoscrivendo l’analisi ai soli aspetti processuali, perplime che un azionista di minoranza, titolare di una partecipazione assai ridotta nel capitale sociale dell’istituto, sia legittimato [continua ..]


NOTE