Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il diritto dell'economia finanziaria europea e l'approccio pluralista alla regolazione (di Di Matteo Ortino)


The goal of this study is to highlight and explain the fundamental regulatory approaches adopted by the European Union to manage the financial system, and particularly to address the plurality of its integrated and interdependent components. It is submitted that there are four (main) management methods or approaches to such plurality: these are the ‘hierarchical’, the ‘autonomous’, the ‘harmonizing’, and finally the ‘pluralist’ approach. They correspond to four ways of ordering (and therefore also regulating) plurality. The study will particularly focus on the ‘pluralist’ approach, which will be analysed in relation to two case-studies concerning the various constituencies involved in the regulation of the EU financial system, and the various decision and rule-making procedures in place under EU law to govern such system.

   

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Quattro approcci alla pluralità. Approfondimenti sul metodo plu­ralista - 3. L'approccio pluralista applicato al diritto finanziario dell'UE - 4. La logica pluralista per la gestione della molteplicità di constituencies nel diritto finanziario dell'UE - 4.1. Le ragioni del ricorso all'approccio pluralista - 4.2. Il bilanciamento tra le constituencies europee ed extra-UE - 4.3. Il bilanciamento tra le constituencies interne all'UE - 4.4. Pluralità di constituencies e Unione bancaria europea - 5. Pluralità di processi normativi e decisionali - 5.1. Meccanismi di delega espressamente previsti dai Trattati - 5.2. Meccanismi di delega ammessi implicitamente dall'ordinamento costituzionale UE - 6. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

Una delle manifestazioni e, allo stesso tempo, concause degli alti livelli di complessità raggiunti dal diritto dell’economia finanziaria, è costituita dal fenomeno della pluralità interdipendente e integrata dei suoi elementi. La pluralità riguarda il numero e la natura composita degli elementi che compongono il diritto dell’economia finanziaria. Tale pluralità, crescente, caratterizza sia gli aspetti giuridici sia quella non giuridici dell’economia finanziaria, tanto nelle sue dimensioni globali quanto in quelle locali. Anche prendendo in considerazione la sola economia finanziaria dell’Unione europea (UE), molteplici sono i sistemi economici coinvolti, i segmenti finanziari, le tipologie di o­peratori e di attività, i prodotti, i modelli di business e di governance societaria interna, le tecnologie utilizzate; così come molteplici sono i rischi, le loro cause e i loro canali di trasmissione; ecc. Lo stesso accade per la componente giuridica, anche per effetto del tentativo dei regolatori di tenere il passo e gestire la complessità economica. In relazione all’economia finanziaria, come quella del­l’UE, molteplici sono i sistemi giuridici che vengono in rilievo, le fonti normative, i livelli di governo, i regimi giuridici, le tipologie di ‘regole’ che si applicano e di regolatori, le istituzioni politiche e tecniche competenti alla regolazione e alla vigilanza pubblica, le istanze giurisdizionali, gli interessi pubblici meritevoli di tutela, ecc. Sul piano dei processi regolativi e decisionali, la complessità dei temi che l’ordinamento giuridico affronta è tale da dover ricorrere sempre di più a risorse specializzate, interne ed esterne, dando vita a nuove fonti – formali e informali – del diritto. Si pensi all’istituzione delle autorità amministrative indipendenti con specifici compiti di regolazione e di controllo, dotate di specifiche expertise tecniche. Oppure all’outsourcing a privati di attività regolative; in campo finanziario si può ricordare la decisione di vari ordinamenti tra cui quello dell’UE e quelli nazionali di attribuire “valore legale” alla valutazione del rischio di credito operata dalle agenzie di rating [1]. In altri settori il fenomeno è ancora più evidente e più [continua ..]


2. Quattro approcci alla pluralità. Approfondimenti sul metodo plu­ralista

A fronte del fenomeno della pluralità interconnessa e integrata, descritto sopra a grandi linee, le istituzioni e la scienza giuridica sono alla ricerca di metodi analitici e strumenti concettuali e operativi adeguati, sia per comprendere sia per guidare normativamente la nuova realtà economica. In un contesto in cui si va oltre il diritto formale e le tradizionali categorie concettuali, il giurista ha bisogno di rinnovati – almeno nella loro combinazione – approcci e schemi di analisi per assolvere al proprio compito, che è quello di descrivere, spiegare e offrire una guida normativa; ossia, quello di dare un ordine giuridico, sia in senso positivo (relativo all’essere) sia in senso normativo (relativo al dover essere), al fenomeno della pluralità, in modo da avere una pluralità ordinata. L’obiettivo del presente scritto è quello di sistematizzare e spiegare le modalità di fondo con cui l’ordinamento giuridico UE tenta di gestire il fenomeno della pluralità interdipendente e integrata nel sistema finanziario. A nostro avviso, le (principali) modalità di gestione o approcci alla pluralità sono attualmente quattro: vi è l’approccio che possiamo denominare “gerarchico”, quello “autonomista”, quello “uniformante”, e infine l’approccio “pluralista”. Essi corrispondono a quattro modalità di ordinare (e quindi, anche, di regolare) la pluralità. A seconda della modalità adottata cambia la configurazione giuridica dei rapporti tra gli elementi in questione e quindi la regolazione dell’economia finanziaria. In sintesi, riteniamo che l’intervento dell’ordinamento dell’UE nell’economia finanziaria si regga su (o, il che è lo stesso, sia scomponibile in) quattro modalità di gestione della pluralità, cioè su quattro distinte tipologie di configurazione dei rapporti tra gli elementi costituenti la pluralità in oggetto. In altre parole, a nostro avviso, è possibile ricondurre la governance UE, intesa in senso ampio, dell’economia finanziaria a quattro modelli di regolazione giuridica della pluralità. La nostra tesi è che tali modelli, consapevolmente o meno, informano e spiegano l’intero ordinamento finanziario UE, nel senso che costituiscono quattro logiche – in parte [continua ..]


3. L'approccio pluralista applicato al diritto finanziario dell'UE

Il diritto che regola il sistema finanziario dell’UE offre un interessante caso di studio non solo per mettere in evidenza il fenomeno delle pluralità interdipendenti e integrate, ma anche e soprattutto per analizzare e valutare il ricorso all’approccio pluralista da parte dell’UE per la gestione di tale fenomeno. Nel quadro della disciplina normativa e istituzionale del sistema finanziario europeo, possiamo soffermarci su quattro gruppi di elementi, quindi quattro pluralità. Il diritto finanziario dell’UE è composto da una molteplicità di constituencies, di regimi giuridici, di livelli regolatori, e di processi normativi e decisionali. Nella regolazione lato sensu del sistema finanziario europeo, in primo luogo, vengono in rilievo una pluralità di constituencies, intese come ‘comunità’ o ‘basi sociali di riferimento’ i cui interessi sono difesi e promossi da un ‘rappresentante’, non necessariamente di origine elettorale. In secondo luogo, il diritto UE in questo settore è composto da una pluralità di regimi giuridici, che corrispondono a diversi gradi di integrazione economica, giuridica e istituzionale raggiunti. In materia bancaria, per esempio, vi è un regime giuridico comprensivo di tutti gli Stati membri dell’UE, corrispondente al diritto ‘generale’ del mercato bancario interno e cioè a quelle norme sostanziali e a quella struttura istituzionale che vigono nei confronti di tutti gli Stati membri. Inoltre, vi è l’Unione bancaria, in cui alcuni Stati membri (tra cui tutti quelli della zona euro) hanno dato vita ad una integrazione maggiore del sistema istituzionale con compiti di vigilanza prudenziale e di gestione delle crisi bancarie rivolti limitatamente alle banche degli Stati membri partecipanti al progetto. E, infine, vi sono i singoli sistemi giuridici ed economici bancari nazionali. In terzo luogo, vi è una pluralità di livelli regolatori: oltre a quello internazionale che incide indirettamente ma materialmente sul contenuto di alcune discipline finanziarie poste in essere dall’ordinamento europeo (il riferimento è in particolare alla disciplina prudenziale bancaria elaborata dal già menzionato Comitato di Basilea), vi è il livello dell’UE e il livello nazionale, entrambi costituiti da una componente [continua ..]


4. La logica pluralista per la gestione della molteplicità di constituencies nel diritto finanziario dell'UE

4.1. Le ragioni del ricorso all'approccio pluralista

Nel diritto finanziario dell’UE, e in particolare in quello bancario, è possibile individuare almeno cinque constituencies, i cui interessi cercano in vario modo e in varia misura di trovare rappresentanza nel processo normativo e decisorio. Vi sono gli interessi di sistemi bancari nazionali extra-UE, gli interessi del­l’UE nel suo complesso, gli interessi dei 28 Stati membri che compongono il mercato bancario interno, gli interessi degli Stati membri dell’Unione bancaria, e gli interessi degli Stati non partecipanti all’Unione bancaria. L’UE ha il gravoso compito di far fronte alla pluralità di, e all’inevitabile conflittualità tra, tali interessi nella realizzazione dei propri obiettivi, ossia in particolare l’integra­zione e la stabilità dei mercati finanziari europei e il buon funzionamento della politica monetaria europea. La pluralità di constituencies si intreccia con la pluralità di livelli regolatori presenti: quello internazionale, quello UE e quello nazionale. La necessità di fare ricorso (anche) a un approccio pluralista per la gestione di una tale varietà di interessi e livelli regolatori è riconducibile sia a considerazioni pragmatiche che a motivi di diritto costituzionale UE. Le prime sono connesse alla consapevolezza del rapporto ambivalente tra i vari interessi in giuoco. I suddetti interessi infatti sono in parte conflittuali (quindi soddisfare uno significa sacrificare l’altro, e viceversa) e in parte interdipendenti (soddisfare uno aiuta anche l’altro, e viceversa). Non tenere nel debito conto una determinata constituency può andare a detrimento anche delle altre constituencies. La natura di interdipendenza e di integrazione dei loro rapporti fa sì che la realizzazione dell’interesse UE dipende in parte dal soddisfacimento di altri interessi. Al fine di raggiungere quest’ultimo risultato l’approccio pluralista risulta particolarmente adatto; a differenza di un mero approccio gerarchico che condurrebbe invece all’esclusione di certi interessi. Per esempio, in una prospettiva internazionale, è nello stesso interesse dell’UE arrivare a un accordo in seno al Comitato di Basilea, anche se tale accordo può prevedere una modulazione degli standard prudenziali non perfettamente in linea con gli interessi del sistema bancario [continua ..]


4.2. Il bilanciamento tra le constituencies europee ed extra-UE

Gli interessi di alcuni sistemi bancari nazionali extra-UE finiscono per essere indirettamente rappresentati nella normativa bancaria vigente nell’UE tramite il processo di elaborazione degli standard all’interno del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Tradizionalmente gli interessi extra-UE come quelli dell’industria bancaria statunitense hanno un peso particolarmente rilevante ri­spetto alla generalità degli altri sistemi bancari da cui provengono gli altri membri del Comitato. Come è naturale in una negoziazione che tende a compromessi reciproci, è certo che alcuni aspetti degli standard alla fine elaborati soddisfano interessi extra-UE e non necessariamente quelli del mercato bancario UE o quelli nazionali europei. Gli standard adottati con il metodo del consensus dai componenti con diritto voto del Comitato, sebbene non giuridicamente vincolanti sono in gran parte recepiti nella regolazione prudenziale bancaria UE, costituendone quindi certamente una delle fonti materiali più importanti. Uno degli obiettivi espressi della rilevante normativa UE in materia è proprio quello di dare attuazione agli accordi di Basilea [12]. Per la gestione del potenziale attrito tra gli interessi europei e quelli extra-UE, se da un lato, come già detto, è fisiologico che ci siano delle concessioni reciproche, dall’altro lato, la posizione negoziale internazionale a favore degli interessi UE è tanto più forte quanto maggiore è la sua capacità di essere unitaria. Ciò implica la necessità che i componenti europei del Comitato costituiscano un fronte unico e promuovano una singola posizione negoziale concordata a livello UE per la tutela degli interessi del sistema bancario UE nel suo complesso. In particolare le autorità di vigilanza degli Stati membri che fanno parte del Comitato dovrebbero evitare di condurre in via autonoma le negoziazioni, tese a salvaguardare gli interessi nazionali potenzialmente confliggenti con quelli dell’UE, ma di sostenere invece una posizione negoziale unitaria concordata a livello UE, che salvaguarderebbe meglio gli interessi dell’UE a livello internazionale e da interessi nazionali interni confliggenti. Sono già state sostenute le ragioni per le quali si può ritenere che in base ai Trattati UE le autorità nazionali presenti nel Comitato sono obbligate ad [continua ..]


4.3. Il bilanciamento tra le constituencies interne all'UE

Oltre agli interessi extra-UE, all’interno della stessa Unione vi è una pluralità di constituencies relative all’industria bancaria che devono essere gestite. Una delle sfide istituzionali più difficili da affrontare per l’UE, in seguito all’e­rompere della crisi finanziaria e dei debiti pubblici, è quella di salvaguardare gli interessi dell’UE nel suo complesso – sul piano, in particolare, dell’inte­gra­zione e della stabilità del mercato bancario europeo – dagli effetti negativi derivanti dalla connessione troppo stretta, nel senso che spiegheremo, tra autorità nazionali e sistemi bancari nazionali. I due principali pilastri delle riforme UE in tema di regolazione bancaria, ossia l’istituzione delle Autorità di vigilanza europea e l’Unione bancaria europea, rispondono proprio all’esigenza di allentare tale connessione. I modelli di vigilanza nazionale sono stati valutati inadeguati per motivi di natura ‘tecnica’ e di natura ‘politica’. Dal primo punto di vista, l’inadeguatezza deriva dal divario informativo e operativo tra le autorità nazionali e i mercati bancari transfrontalieri. Il divario è dovuto anche all’incapacità e alla mancata volontà – qui risiede l’aspetto politico-amministrativo del giudizio negativo di cui sopra – da parte delle autorità nazionali europee di cooperare e far convergere le loro attività verso un obiettivo comune. A conferma del fatto che tali inadeguatezze sono state alla base della realizzazione di un nuovo assetto istituzionale del Sistema europeo di vigilanza finanziaria, l’incipit dei regolamenti istitutivi delle ESA è il seguente: «I modelli di vigilanza nazionali non sono riusciti a stare al passo con la globalizzazione finanziaria e la realtà integrata e interconnessa dei mercati finanziari europei, nei quali numerosi istituti finanziari operano a livello internazionale. La crisi ha evidenziato gravi lacune in materia di cooperazione, coordinamento, applicazione uniforme del diritto dell’Unione e fiducia tra le autorità nazionali di vigilanza» [14]. Come detto, alle radici di tali lacune vi sono interessi nazionali diversi e divergenti. Il nuovo approccio alla realizzazione e regolazione del mercato unico bancario, risalente alla seconda [continua ..]


4.4. Pluralità di constituencies e Unione bancaria europea

Come già sopra accennato, anche il progetto dell’Unione bancaria è mosso dall’intento di risolvere il problema delle connessioni ‘nocive’ tra Stati membri e sistemi finanziari, in particolare quello bancario. Come il Sistema europeo della vigilanza finanziaria, anche l’Unione bancaria va nel senso di una centralizzazione e di una maggiore indipendenza del regolatore. La motivazione di base è che nel campo della vigilanza prudenziale, della gestione e della prevenzione delle crisi bancarie, per essere efficaci i poteri pubblici debbano essere almeno in parte trasferiti a livello UE; e che l’esercizio dei poteri a livello nazionale debba essere soggetto ad un controllo e a un coordinamento più forte da parte delle autorità UE. I passati modelli di governance basati sul mero coordinamento e sulla cooperazione tra autorità nazionali sono risultati insufficienti ad assicurare efficacia alla vigilanza prudenziale, alla gestione delle crisi e ad una attuazione uniforme delle norme armonizzate UE (v. in tal senso il considerando 5 e 87 del regolamento SSM). Per questa ragione, alcuni poteri previamente di competenza nazionale sono stati attribuiti alla BCE (es. l’au­torizzazione bancaria), e a un’agenzia UE, il Comitato di risoluzione unica o Single Resolution Board (SRB) (es. l’adozione di piani di risoluzione bancaria) nel quadro rispettivamente dell’SSM e del Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism – SRM) [29]. Entrambi i meccanismi sono composti anche da autorità nazionali (oltre che, nel caso dell’SRM, dalla Commissione e dal Consiglio). La logica sottostante tali riforme non è il ‘mero’ trasferimento verso l’alto dei poteri, quanto invece una più intensa integrazione e cooperazione multilaterale a trazione europea. Per esempio, la decisione della BCE in merito all’autorizzazione bancaria è basata su una precedente valutazione da parte della competente autorità nazionale (art. 14 del regolamento SSM). È una logica pluralista, che riflette la consapevolezza della necessità di un sistema capace di integrare soggetti diversi con distinte competenze al fine di sfruttarne le sinergie. L’integrazione è calibrata a seconda di quelle che sono considerate le esigenze in campo e [continua ..]


5. Pluralità di processi normativi e decisionali

L’approccio pluralista è essenziale nel comprendere anche le pluralità dei processi normativi e decisionali. Oltre che su una pluralità di constituencies, la governance dei mercati finanziari è basata su una pluralità di processi normativi e decisionali a cui si può ricorrere in modo flessibile a livello UE. In tale materia il legislatore UE ha fatto ampio uso del margine di scelta concessogli dai Trattati UE, in particolare in tema di delega di poteri [33]. Infatti, il diritto costituzionale UE attribuisce al legislatore UE un buon grado di flessibilità nel decidere se, che cosa e a chi delegare. La disciplina costituzionale in tema di delega di poteri normativi e decisionali impone certamente dei vincoli al legislatore; questi ultimi però delimitano dei confini sufficientemente ampi da permettere al legislatore UE un buon margine di manovra. La flessibilità di cui il legislatore UE gode nella delega dei poteri è non solo prevista ma promossa dall’ordinamento costituzionale UE al fine di salvaguardare l’efficienza e l’efficacia delle funzioni di regolazione. Ciò che è stato appena detto trova riscontro sia nel contenuto normativo espresso delle disposizioni costituzionali UE, sia nella loro interpretazione giurisdizionale. I mercati finanziari costituiscono un settore particolarmente adatto e interessante per illustrare la flessibilità dell’ordinamento UE in tema di produzione di norme e di atti amministrativi, e per chiarire le esigenze che tale flessibilità intende soddisfare. Come detto, nel settore finanziario, il legislatore UE ha sfruttato ampiamente e in vario modo la flessibilità concessa dall’ordinamento costituzionale UE in tema di delega di poteri. Si possono individuare almeno sei distinti meccanismi per la delega di poteri che il legislatore UE ha adottato in tale settore. Tali meccanismi, spesso combinati tra di loro per il conferimento e la disciplina di singoli poteri, possono essere così elencati: 1) delega di poteri di vigilanza alla BCE in base all’art. 127, par. 6 TFUE; 2) delega del potere di adottare atti delegati alla Commissione ai sensi del­l’art. 290 TFUE (‘delega a guida Commissione’); 3) delega del potere di adottare atti di esecuzione alla Commissione ai sensi dell’art. 291 TFUE (‘delega a [continua ..]


5.1. Meccanismi di delega espressamente previsti dai Trattati

Il primo meccanismo della lista è l’unico previsto dai Trattati UE specificatamente in materia finanziaria. È quello di cui dall’art. 127, par. 6, TFUE, utilizzato per la prima volta al fine di creare l’SSM e di conferire alla BCE poteri di vigilanza prudenziale. Il secondo e terzo meccanismo, anch’essi oggetto di una normativa costituzionale esplicita, costituiscono invece il sistema generale previsto nei Trattati UE per la delega legislativa e di adozione di atti di esecuzione da parte del legislatore UE, ossia da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. La disciplina di cui agli artt. 290 e 291 TFUE ben esemplifica la flessibilità dell’ordinamento UE in tema di delega di poteri. Tali articoli, infatti, nel disciplinare la delega da parte del legislatore UE in tema di “atti delegati” e “atti di esecuzione”, prevedono differenti opzioni. L’art. 290 TFUE, al primo paragrafo, prevede che “un atto legislativo”, adottato ai sensi dell’art. 289 TFUE, possa «delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano elementi non essenziali dell’atto legislativo» (la delega di poteri c.d. ‘quasi legislativi’) [34]. A sua volta, l’art. 291 TFUE prevede varie opzioni in tema di attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’UE. Se da un lato, al primo paragrafo, in linea generale il legislatore UE deve affidare l’attuazione agli Stati membri, al secondo paragrafo, si prevede che quando l’opzione di cui al primo paragrafo non garantisce le necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’UE, «questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati […], al Consiglio». Sul piano procedurale, i due meccanismi di cui agli artt. 290 e 291 TFUE contengono alcune differenze, oltre a quella appena indicata relativa al soggetto delegato, che nel caso degli atti di esecuzione può essere anche il Consiglio, e non solo la Commissione. La più importante differenza riguarda il controllo e­sercitato sull’istituzione delegata nell’adozione degli atti delegati e in quella degli atti di esecuzione. Nel primo caso, è lo stesso legislatore UE a mantenere il [continua ..]


5.2. Meccanismi di delega ammessi implicitamente dall'ordinamento costituzionale UE

Nel precedente paragrafo ci siamo soffermati sul secondo e terzo meccanismo di delega tra quelli sopra elencati. Il quarto meccanismo è il conferimento da parte del legislatore di poteri vincolanti ad agenzie UE ai sensi dell’art. 114 TFUE. Questi poteri possono essere denominati ‘poteri autonomi’ dell’a­gen­zia, in quanto il loro esercizio da parte di quest’ultima produce direttamente effetti giuridici vincolanti, senza che ci sia il bisogno, dopo il loro conferimento, dell’intervento di istituzioni UE o di autorità nazionali. La possibilità che il legislatore possa attribuire simili poteri ad agenzie UE non è espressamente prevista dai Trattati UE, ma è stata da essi ricavata in via interpretativa dalla Corte. In tale riconoscimento si ha un’ennesima prova dell’elasticità dell’ordinamento costituzionale in tema di delega di poteri. Nella sentenza Short selling [38], nell’affrontare le questioni giuridiche sollevate dal Regno Unito, la Corte ha salvaguardato, e per certi aspetti aumentato, tale elasticità. Ai fini del presente lavoro, ci concentreremo su due questioni. La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione «se gli autori del Trattato FUE abbiano inteso stabilire, agli articoli 290 TFUE e 291 TFUE, un quadro normativo unico che consenta di attribuire esclusivamente alla Commissione taluni poteri delegati e di esecuzione oppure se il legislatore dell’U­nione possa prevedere ulteriori sistemi di delega di poteri siffatti ad organi o ad organismi dell’Unione» [39]. La Corte ha negato che la Commissione (ed eccezionalmente, il Consiglio) abbiano l’esclusiva sui poteri delegati. Infatti, sebbene i Trattati non contengano alcuna disposizione che consenta di attribuire competenze a un organo o a un organismo dell’Unione (e quindi ad un soggetto UE diverso dalla Commissione e dal Consiglio), secondo i giudici europei molte disposizioni del Trattato FUE, come gli articoli 263, 265, 267 e 277 TFUE, presuppongono l’esistenza di una siffatta possibilità [40]. Quindi la Corte ammette che il legislatore UE può decidere di affidarsi ad agenzie, piuttosto che alla Commissione (o al Consiglio) per l’esercizio di «taluni poteri delegati e di esecuzione» [41] come quelli previsti agli [continua ..]


6. Conclusioni

Lo scopo del presente lavoro era quello di evidenziare una delle modalità di regolazione dell’economia finanziaria UE. È un approccio pragmatico e flessibile, di natura “pluralista”: si basa sull’adeguamento reciproco e sul bilanciamento della pluralità degli elementi che vengono in giuoco nella disciplina del sistema finanziario UE. Abbiamo esaminato tale approccio ‘all’opera’, soffermadoci su due casi studio, e cioè in relazione alla molteplicità di constituencies rilevanti nella disciplina del sistema finanziario UE, e alla varietà di meccanismi decisionali e normativi idonei a regolare tale sistema. Nel quadro di tale esame, è possibile rilevare che tale modalità di regolazione non esclude, ma integra approcci più formalisti e rigidi, come quello gerarchico; e che tale integrazione appare indispensabile per affrontare efficacemente il grado sempre maggiore di complessità, e quindi di imprevedibilità, del sistema finanziario, tanto dal punto di vista economico quanto da quello di policy e di regolazione.


NOTE