Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Soft law nella regolazione dei mercati finanziari e tutela giurisdizionale (di Benedetta Celati)


Il fenomeno del pervasivo sviluppo della soft law nell’ambito dei meccanismi di regolazione dei mercati comporta molteplici riflessioni. Il presente contributo mira in particolare ad analizzare il ruolo degli atti di soft law nei mercati finanziari, andando a verificare come l’adozione di un approccio non formalista ma di tipo sostanziale possa rappresentare una soluzione per superare il trade-off tra la forza (di fatto) regolante degli stessi e la loro assoggettabilità al controllo del giudice. Dopo aver affrontato il tema della natura giuridica degli atti di diritto flessibile, l’indagine si concentra sull’apporto della giurisprudenza amministrativa francese al dibattito sull’am­mis­sibilità del ricorso contro tali strumenti. Vengono così messe in evidenza le conseguenze dal punto di vista sistematico del cosiddetto caso “Fairvesta”, anche operando una comparazione con l’approccio adottato dal giudice amministrativo italiano. Specifica attenzione viene poi dedicata alle strategie regolatorie che la decisione del Conseil d’État sembra far emergere.

Soft law in financial markets regulation and judicial protection

Regulatory authorities increasingly use soft law as a tool for carrying out their mission. This paper examines the role played by soft law instruments in financial markets and assumes that the trade-off between effectiveness and justiciability, occurring in this context, can be tackled by moving towards a more substantive approach, which challenges traditional legal categories. The analysis is based on a discussion of recent developments in French administrative case law concerning the admissibility of actions brought against moral suasion acts. The paper will first briefly present issues raised by soft law and its implications in financial markets. The following section will deal with the inclusion of soft law within the category of unilateral administrative acts. The subsequent sections will focus on French case law, with reference to the famous Fairvesta case, and on Italian case law on moral suasion measures, in an attempt to compare the two approaches. Different approaches and strategies of regulation through soft law resulting from the decision of the French Conseil d’État will be illustrated.

SOMMARIO:

1. Dalla modernità alla post-modernità giuridica: un nuovo paradigma oltre il modello di razionalità weberiana - 2. Principali questioni sollevate dagli strumenti di soft law - 2.1. La soft law nella regolazione dei mercati finanziari - 3. Implicazioni della riflessione sulla natura giuridica degli atti di soft law - 4. La questione della giustiziabilità alla luce degli sviluppi della giurisprudenza amministrativa tra ordinamento europeo e ordinamenti giuridici nazionali - 4.1. I recenti approdi del Conseil d’État - 4.2. Gli atti di moral suasion nell’interpretazione del giudice amministrativo italiano - 5. Giudice, regolati e regolatore: verso una lettura soggettiva e consequenzialista? - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Dalla modernità alla post-modernità giuridica: un nuovo paradigma oltre il modello di razionalità weberiana

Negli ultimi anni, la dottrina, sia italiana che straniera, ha dedicato particolare attenzione al tema del pervasivo sviluppo della soft law nell’ambito dei meccanismi di regolazione dei mercati [1]. Si è imposta, infatti, l’esigenza di dare un inquadramento sistematico a questa tipologia di atti, caratterizzati dal ricorso a formule flessibili, basate sulla tecnica discorsiva della raccomandazione e del consiglio, così come dell’interpretazione di quella che, per contrapposizione, viene definita la “hard law” [2]. Il crescente uso degli stessi sembra attestare, rappresentandone il precipitato logico, l’evoluzione verso un nuovo paradigma – diverso dal modello di razionalità weberiana [3] sui cui si fonda il diritto moderno –, nel quale, all’interno della dialettica autorità-libertà, l’“autore­volezza carismatica” [4] del regolatore assume un valore determinante [5]. L’at­tività “comunicativa” di quest’ultimo, esercitata per mezzo della soft law, diviene così espressione di una vera e propria pratica regolatoria, la cui efficacia si fonda sulla capacità del diritto flessibile di rappresentare un “parametro di riferimento” – utile anche per determinare l’eventuale responsabilità dei destinatari in caso di non conformità – nonché di far leva sulla “reputazione” dei soggetti regolati [6]. Secondo Weber, l’elemento distintivo del diritto moderno (rectius: razionale) consisterebbe nella sua “calcolabilità” [7], ovvero nella possibilità, in esso contemplata, di prevedere in modo certo la regola applicabile al caso concreto [8]. Il rapporto tra potere legislativo e decisione politica è fondato su alcuni capisaldi come lo Stato di diritto e il principio di legalità [9], avendo il diritto razionale una funzione garantista di applicazione formale ed egualitaria della legge. Nello Stato moderno, pertanto, i rapporti con l’apparato burocratico si svolgono in base a regole prevedibili e, soprattutto, senza riguardo alla persona [10]. Il passaggio dalla modernità alla post-modernità [11] appare, invece, contraddistinto da una graduale erosione della razionalità formale [12] a [continua ..]


2. Principali questioni sollevate dagli strumenti di soft law

L’espressione “soft law”, com’è noto, venne coniata inizialmente nell’ambito del diritto internazionale [24] per descrivere atti che sebbene non abbiano forza giuridica vincolante [25] e contengano prescrizioni che non danno luogo a sanzioni in caso di inosservanza, non possono comunque essere considerati privi di rilevanza giuridica. L’anomalia, se così si può dire, di questi atti è rappresentata dal fatto che, nell’ordinamento, la “norma giuridica” è tradizionalmente la regola che disciplina i comportamenti umani, stabilendo diritti e obblighi dei consociati, secondo i canoni della autoritatività e dell’imperatività [26]. Tutto ciò che si discosta da tale postulato teorico rientra, pertanto, con diverse graduazioni, in un’altra categoria, quella più ampia e non tipizzata dei “fenomeni normativi” [27], della quale fanno parte anche gli atti di diritto “morbido” o flessibile. La normatività non si esaurisce, infatti, nella sola caratteristica della vincolatività degli effetti giuridici di un atto [28] ma si apre a un vasto strumentario, comprensivo anche dei meccanismi che orientano e condizionano le condotte mediante la predisposizione di prassi e di modelli comportamentali, sprovvisti, in quanto tali, dei caratteri della cogenza [29]. Nel 2013 [30], il Consiglio di Stato francese, riconoscendo l’importanza di siffatte modalità di estrinsecazione della normatività, ha scelto di dedicare loro un vero e proprio studio, nel quale fornisce una definizione del cosiddetto “droit souple”. Quest’ultimo coinciderebbe con una panoplia di strumenti che “assomigliano” alle norme giuridiche nella misura in cui sono volti a modificare o comunque a influenzare il comportamento dei destinatari, senza però creare diritti o obblighi [31], ovvero senza ampliare o restringere la sfera giuridica dei soggetti regolati. Sempre su un piano definitorio, ovvero di delimitazione dei concetti, tre diverse tipologie di atti di soft law sono state individuate dalla dottrina [32], in relazione alla loro funzione: gli atti di pre-law, quali strumenti preparatori per successivi atti di carattere vincolante; quelli di post-law, ovvero gli atti interpretativi di strumenti giuridici [continua ..]


2.1. La soft law nella regolazione dei mercati finanziari

Come sottolineato nel primo paragrafo, le autorità di regolazione preposte alla supervisione e vigilanza dei mercati finanziari ricorrono ampiamente agli strumenti di soft law, svolgendo, oltre alle tradizionali funzioni di regolazione, anche un’intensa attività di tipo consultivo, collaborativo e orientativo nei confronti degli attori di mercato. La stessa viene implementata attraverso un insieme di atti riconducibili al concetto di “persuasione morale”, che, sebbene non siano coercitivi o accompagnati da sanzione in caso di mancata osservanza, orientano e influenzano il comportamento dei destinatari [51]. Concorrendo alla creazione di un modello standardizzato di comportamento che gli agenti tendono a seguire, gli stessi contribuiscono, in questo modo, alla riduzione delle a­sim­metrie informative – caratteristica “ontologica” dei mercati finanziari – corrispondenti alla disparità nella distribuzione delle informazioni tra emittente e investitori, tra investitori e intermediari e tra diversi investitori [52]. A questi ultimi deve dunque essere garantito un uguale accesso alle informazioni, al fine di assicurare la parità delle armi [53] e quindi l’osservanza delle logiche della concorrenza [54]. I mercati finanziari richiedono pertanto la periodica diffusione, relativamente a specifiche operazioni, di informazioni complete e affidabili, che riguardano gli strumenti scambiati e gli emittenti. L’efficienza informativa [55] è infatti una precondizione necessaria [56], poiché interviene, riducendolo, sul grado di incertezza che caratterizza il processo decisionale degli operatori [57]. L’informazione [58] – bene pubblico in senso economico [59] – «diventa una nuova area fondamentale del potere» [60] e le autorità amministrative, in forza di tale assunto, operano come riduttori delle asimmetrie, essendo strumentali a garantire i meccanismi fiduciari del mercato. Agli operatori economici viene così domandato di conformarsi a un particolare regime in termini di informazioni offerte al pubblico. La Consob [61], autorità di regolazione nazionale, vigila sul rispetto di siffatta obbligazione informativa, per tutelare gli investitori [62] e garantire l’efficienza e la trasparenza [63] del [continua ..]


3. Implicazioni della riflessione sulla natura giuridica degli atti di soft law

Nello Stato di diritto, l’esigenza di assicurare la legittimità dell’azione dei pubblici poteri è soddisfatta dalla possibilità di ottenere adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dagli stessi adottati. Risulta in tal senso fondamentale poter identificare questi ultimi come atti provvedimentali amministrativi, definiti dalla dottrina quali «strumenti di giuridicizzazione dell’attività amministrativa in una logica di garanzia» [91]. Tramite la nozione di atto amministrativo viene, infatti, limitato il potere della pubblica amministrazione, che si trova ad essere soggetta alla regola del diritto [92]. Gli atti di soft law, rappresentando una sorta di area grigia, pongono non poche questioni problematiche a questo riguardo: non rientrano nello schema tradizionale dell’azione amministrativa autoritativa, che, in quanto imperativa, consente all’amministrazione di creare unilateralmente, modificare o estinguere i rapporti giuridici con altri soggetti mediante l’atto amministrativo. Que­st’ultimo s’impone ai destinatari senza, contro o a prescindere dal loro consenso, trattandosi di un’espressione del pubblico interesse [93], e mediatamente anche degli interessi privati. La soft law, invece, non è coercitiva ma coincide, semmai, con il risultato di un’attività “cooperativa” [94]. Se tale caratteristica sem­bra astrattamente compatibile con una lettura più ampia della nozione di provvedimento amministrativo – poiché la natura unilaterale dell’atto non impedisce ad altri soggetti di contribuire all’elaborazione dello stesso – la non coercibilità degli strumenti di diritto flessibile si presenta però come un limite ai fini dell’auspicata interpretazione estensiva. Questi possono tuttavia dare luogo, come sottolineato, a conseguenze simili, in termini di incisività e lesività, a quelle prodotte dai tradizionali atti amministrativi, anche se a prevalere non è la componente autoritativa-prescrittiva [95] ma quella persuasiva-sollecitatoria [96]. Nell’ordinamento italiano, il dibattito dottrinale rimane aperto sul punto, a partire dal presupposto della natura atipica di simili atti [97], ascrivibili in senso ampio all’attività di regolazione. Secondo un criterio di tipo [continua ..]


4. La questione della giustiziabilità alla luce degli sviluppi della giurisprudenza amministrativa tra ordinamento europeo e ordinamenti giuridici nazionali

Nell’ordinamento europeo, il tema della giustiziabilità della soft law è stato affrontato in particolare con riguardo alla questione dell’ammissibilità del ricorso di annullamento contro gli atti rientranti in tale categoria. Relativamente all’azione di annullamento, l’art. 263 TFUE [107] stabilisce, infatti, che la Corte di Giustizia esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni [108] o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Nel novero degli atti suscettibili di ricorso giurisdizionale sono altresì da includere – in forza dell’adesione ad un approccio sostanzialistico – anche gli atti c.d. atipici e/o non nominati [109], formalmente non vincolanti, ma in grado comunque di esercitare effetti giuridici diretti o indiretti [110]. Con la crisi finanziaria e poi economica esplosa alla fine del primo decennio degli anni duemila, alcune istituzioni hanno dato prova di un grande interventismo avvalendosi proprio di questa tipologia di atti. Tra di esse figura specificamente la Banca Centrale Europea (BCE), che è ricorsa ampiamente alla soft law, nonché a “semplici” strategie comunicative, al fine di imprimere i propri indirizzi di policy [111]. Celebre è in tal senso la lettera inviata il 5 agosto 2011 da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi al Governo italiano [112], atto caratterizzato da un alto grado di informalità accompagnato però da un altrettanto elevato livello di incisività de facto [113], dato l’importante “effetto conformativo” esercitato dal medesimo sull’ordinamento italiano. Il ruolo proattivo della BCE, agevolato dall’impiego di atti di regolazione flessibile [114], è stato poi rafforzato dall’esigenza di fornire rapide ed efficaci risposte per salvaguardare la tenuta della moneta unica, messa in pericolo dal­l’acuirsi dalla crisi. Segnatamente, è da ascriversi a tale necessità l’annuncio, non privo di conseguenze, della decisione di adottare un programma denominato Outright Monetary Transactions (OMT), effettuato dall’istituto di Francoforte, nel [continua ..]


4.1. I recenti approdi del Conseil d’État

Nel 2016, il Conseil d’État si è trovato a esaminare, con la sentenza sul caso Fairvesta international GMBH [130], un ricorso depositato da una società tedesca, la Fairvesta International, insieme ad altre società appartenenti al Gruppo omonimo [131], contro tre comunicati dell’Autorité des marches financiers [132] (d’ora in avanti AMF), pubblicati sul sito web di quest’ultima, nella sezione dedicata agli avvertimenti rivolti agli investitori [133]. I ricorrenti chiedevano ai giudici l’annullamento di tali atti [134] e un risarcimento per i danni economici e di immagine generati dai medesimi. La questione dirimente riguarda, pertanto, la natura giuridica dei comunicati emanati dall’AMF, con i quali venivano invitati i risparmiatori a tenere una serie di comportamenti prudenti al fine di compiere scelte ben ponderate. In base al quarto comma dell’art. L621-18 del Code monétaire et financier [135], l’AMF, che è un’autorità amministrativa indipendente investita della vigilanza sui mercati finanziari [136], può rendere pubbliche le osservazioni che si trova a dover rivolgere a un emittente o comunque tutte le informazioni che ritiene necessario vengano diffuse. Tale attività di comunicazione è una delle modalità con cui l’autorità di regolazione svolge il proprio compito istituzionale di assicurare la protezione del risparmio e la trasparenza del mercato [137]. A tal fine, l’AMF può redigere altresì dei pareri che prendono la forma di avvertimenti aventi come destinatari determinati operatori di mercato oppure i risparmiatori in generale [138], volti a segnalare l’esistenza di pratiche rischiose e irregolari, che concernono qualsiasi tipo di investimento offerto al pubblico in Francia, non solo quelli proposti dagli operatori soggetti alla sua supervisione. Questi atti, che esprimono l’opinione dell’autorità su un tema specifico e un particolare caso, una volta pubblicati [139], assumono una portata generale: da un lato, agiscono come strumento di prevenzione, atto a scongiurare l’in­ve­rarsi di determinate condotte da parte dei destinatari; dall’altro, indicando a soggetti che si trovano nella medesima situazione il giusto comportamento da tenere, [continua ..]


4.2. Gli atti di moral suasion nell’interpretazione del giudice amministrativo italiano

Come in Francia, anche in Italia i giudici amministrativi hanno pronunciato sentenze significative sugli strumenti di diritto flessibile adottati dalle autorità di regolazione nei mercati finanziari. In particolare, si può fare riferimento ad un caso del 2002 [154], nel quale una determinazione della Consob, di cui è stata data notizia con un comunicato stampa, finalizzata a informare il mercato sull’orientamento regolatorio dell’autorità, è stata considerata come un atto autonomamente impugnabile. Segnatamente, la stessa è stata ritenuta capace di incidere sulla sfera degli interessi dei soggetti destinatari, essendo simile, per il suo contenuto valutativo, a un’espressione di giudizio (racchiudente per lo più valutazioni di discrezionalità tecnica) ed esercitando, proprio in ragione di tale contenuto di accertamento, una considerevole influenza sui rapporti economici. L’attenzione dei giudici si concentra sull’esigenza di tutela giurisdizionale [155] espressa dagli attori di mercato. Data la particolare credibilità e autorevolezza che competenza tecnica e ruolo istituzionale le conferiscono, l’operato della Consob sarebbe assistito da una presunzione di legittimità e correttezza, che genera nei destinatari degli atti dalla stessa adottati un legittimo affidamento. Nella sentenza viene così stabilito che alcune attività riconducibili alla c.d. “persuasione morale” del regolatore sono espressione di supremazia pubblicistica, nonché strumenti con i quali questi contribuisce a creare certezza giuridica e pertanto a influenzare il mercato. Gli operatori sono di fatto “vincolati” dalle indicazioni dell’autorità di regolazione, che è depositaria della loro fiducia. Tale conclusione è essenziale per il TAR al fine di affermare l’esistenza di un potenziale danno sulla cui base ammettere il ricorso contro gli atti di soft law, che contengono e veicolano, a causa dell’autorevolezza e della competenza tecnica dell’autorità che li adotta, un punto di vista particolarmente influente e imparziale (ovvero neutrale), coerente con la funzione istituzionale ad essa attribuita dalla legge (artt. 5 e 91 del TUF). In un caso precedente, il giudice amministrativo aveva esaminato un atto che conteneva una risposta dell’autorità a un esposto [continua ..]


5. Giudice, regolati e regolatore: verso una lettura soggettiva e consequenzialista?

Se compariamo i due approcci giurisprudenziali, quello francese e quello italiano, possiamo osservare che entrambi riguardano la natura del potere esercitato in concreto dall’autorità di regolazione. La recente giurisprudenza amministrativa francese, però, sembra esplorare questioni aggiuntive. In particolare, ciò che appare emergere dall’analisi della decisione del Conseil d’État è lo sviluppo di una “griglia di lettura” fondata su “fattori di tipo soggettivo” [182], quali l’impatto economico dell’atto adottato dal regolatore [183] – lo strumento di soft law – sul destinatario – i soggetti regolati [184]. È quindi ravvisabile una trasformazione di non poco conto, nella misura in cui, secondo tale prospettiva, la relazione tra regolatore e soggetti regolati diviene fondamentale, essendo i secondi al centro dell’attenzione del giudice [185]. L’impostazione della giurisprudenza amministrativa italiana fa leva an­ch’es­sa sull’impatto dell’atto sui destinatari, nei termini della loro legittima aspettativa, ma rimane altresì legata al concetto di “supremazia pubblicistica”, collegata all’esercizio di poteri amministrativi, dal quale origina l’autorevolezza – nel senso legale-razionale di Weber – dell’autorità di regolazione. In entrambi i casi, la giustiziabilità dell’atto, dal momento che consente di valutare la sua legittimità e aderenza ai principi di diritto, deve essere accolta con favore, essendo fondamentale per rendere la soft law coerente e conciliabile con i valori di fondo del nostro sistema [186]. La prospettiva sostanziale e soggettiva delineata dai recenti sviluppi della giurisprudenza amministrativa francese appare però riflettere una tendenza che merita di essere approfondita con ulteriori e più ampie considerazioni. L’AMF, nell’esempio analizzato, utilizza i suoi poteri “de facto” per regolare i potenziali comportamenti degli investitori, cercando di orientarli in modo da garantire il raggiungimento dell’obiettivo generale della regolazione: la tutela del risparmio. Per fare questo, ricorre al droit souple, che risulta così legato al­la sua missione regolatoria. L’atto di dritto flessibile [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Il ricorso agli atti di soft law nei mercati finanziari solleva molte questioni problematiche. Nel contributo si è cercato di approfondire la complessità del fenomeno attraverso l’analisi del rapporto tra l’effettività di tali atti, quale capacità di influenzare dal punto di vista pratico (ma di conseguenza anche giuridico) le relazioni di mercato, e la giustiziabilità, quale possibilità di ricorrere in giudizio avverso i medesimi. Recenti sviluppi della giurisprudenza amministrativa sembrano invero rimettere in discussione il trade-off a lungo profilatosi tra questi due concetti. Un’interpretazione sostanzialistica del diritto flessibile, infatti, creando le condizioni per l’assoggettabilità di quest’ultimo al controllo giurisdizionale parrebbe tracciare un solco nel segno di una maggiore coerenza con i principi dello Stato di diritto. Solo in questo modo, del resto, possono essere valorizzate le potenzialità della soft law quale efficace strumento di regolazione. Per un’autorità amministrativa può infatti risultare preferibile passare per la via dell’adesione piuttosto che della cogenza, sostituendo la pubblicazione di un parere all’imposizione di una sanzione. Una simile scelta strategica, per essere davvero tale, non deve però celare altri intenti, ovvero rappresentare un mezzo per aggirare il formalismo delle procedure che sono invece richieste dall’attivazione di un meccanismo sanzionatorio [206]. La soft law inoltre svolge, come sottolineato supra, un importante compito di coordinamento e dunque di unificazione del sistema. In tale ottica, la stessa, nel significato di post-law e para-law, contribuirebbe alla certezza del diritto [207], essendo funzionale alla standardizzazione delle regole, ovvero alla definizione, in una logica di complementarità, dell’ordine pubblico economico [208]. L’ammissibilità del ricorso giurisdizionale fondata sulla valutazione degli effetti che si verificano nella sfera degli interessi dei destinatari dell’atto impugnato è stata elaborata, nell’ordinamento giuridico francese, in base a una formula estremamente flessibile: prendendo in considerazione le conseguenze “soprattutto” di natura economica degli atti di droit souple. Tutto ciò emerge come [continua ..]


NOTE