Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Regolazione indipendente e politica energetica nazionale (di Eugenio Bruti Liberati)


In recent years, legislation and practice concerning services of general economic interest, at both national and european level, have shown a tendency towards the valorisation of indipendent regulation but also, at the same time, a new affirmation of the guidance and planning role pertaining to political and governmental institutions. Such developments, partially contradictory, call for a systematic and in-depth assessment of the institutional governance models that Member States should take into consideration when regulating SIEG markets.

The purpose of this essay is to perform such analysis, with special attention to the relations between the Government and Regulatory Authorities and particular (albeit not exclusive) reference to the sector of energy, whereby the mentioned developments became particularly evident after the approval of the act containing the so-called “National Energy Strategy”.

SOMMARIO:

1. I mercati liberalizzati dei servizi di interesse economico generale e la questione della governance pubblica - 2. La Strategia Energetica Nazionale e i pericoli di un ritorno al passato - 3. La questione del riparto delle funzioni e la regola della competenza generale delle autorità nazionali di regolamentazione - 3.1. La nozione di regolamentazione (o regolazione) e i suoi incerti confini. Scelte politiche, discrezionalità, regolazione finalistica, programmazione - 3.2. L'attuazione della SEN - 4. L'indipendenza dei regolatori indipendenti e gli atti governativi di indirizzo - 5. Conclusioni: la governance dell'energia e quella degli altri SIEG - NOTE


1. I mercati liberalizzati dei servizi di interesse economico generale e la questione della governance pubblica

Il tema della governance pubblica dei mercati dei servizi di interesse economico generale è stato oggetto in questi anni di attenta considerazione da parte della dottrina giuridica, economica e politologica. Particolare interesse ha, com’è ben noto, suscitato la questione del ruolo delle autorità indipendenti di regolazione, da molti considerate elemento essenziale delle politiche di liberalizzazione di quei mercati ma non sempre adeguatamente valorizzate dalle discipline positive concretamente introdotte per i diversi settori [1]. Gli anni più recenti hanno recato riguardo a tale tema novità significative, nella legislazione e nella prassi europee e in quelle nazionali: novità che vanno nel senso del rafforzamento e della diffusione ulteriori del modello della regolazione indipendente ma anche in quello, apparentemente contraddittorio, della decisa riaffermazione del ruolo degli organi politici e di governo. L’istituzione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti [2], l’attribuzione all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni delle funzioni di regolazione dei servizi postali e all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas di quelle concernenti i servizi idrici [3] hanno segnato in Italia la «rinascita della regolazione per autorità indipendenti» [4]; e a tali scelte nazionali si sono anche affiancate, in sede europea, disposizioni che con riferimento ad energia elettrica, gas naturale, comunicazioni elettroniche e trasporti hanno da un lato finalmente garantito l’indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione anche rispetto ai governi nazionali (e non più solo, come in passato, rispetto alle imprese regolate), dall’altro individuato un’area di competenze ad esse riservate [5]. A fronte di tali sviluppi vi è stato peraltro, nello stesso recente lasso di tempo, l’esplicita affermazione (o, meglio, riaffermazione) del ruolo di programmazione e di indirizzo degli organi di governo nazionali, che ha avuto la sua più chiara e formale manifestazione nel settore dell’energia, con l’approvazione del documento recante la c.d. Strategia Energetica Nazionale (di seguito anche SEN) [6]; e vi è stata anche la scelta in sede referendaria, con il pieno avallo della Corte costituzionale, a favore della [continua ..]


2. La Strategia Energetica Nazionale e i pericoli di un ritorno al passato

Il documento recante la Strategia Energetica Nazionale è stato approvato, dopo un’ampia consultazione avviata nell’ottobre 2012, con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico e del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare in data 8 marzo 2013. Prima di vedere brevemente i contenuti di tale atto, è necessario rilevare come esso sia stato assunto in assenza di un esplicito fondamento legislativo. Le norme di legge che lo prevedevano sono state infatti – incidentalmente – abrogate con il referendum sull’uso del nucleare per la produzione di energia svoltosi nel giugno del 2011 [14]. Tale circostanza non sembra di per sé comportare dubbi sulla legittimità dell’atto in questione [15], ma certo implica che allo stesso, in ossequio al principio di legalità dell’azione amministrativa, non possa riconoscersi alcuna valenza propriamente normativa. La SEN non è, almeno allo stato, un provvedimento che possa disciplinare in termini giuridicamente vincolanti – né tanto meno attribuire – poteri o competenze e nemmeno creare vincoli o obblighi giuridici in capo a soggetti privati, ma è solo un atto di indirizzo politico, in cui vengono organicamente indicate le «linee programmatiche, gli obiettivi e le priorità della Strategia energetica nazionale nell’interesse del Paese» [16]. Così, del resto, esso si presenta ad una lettura appena attenta: come un organico inventario – finalizzato ed organizzato intorno ad alcune ben definite priorità – delle misure già previste dall’ordinamento, oppure da introdurre con nuove disposizioni normative, per realizzare gli obiettivi pubblici identificati come strategici nel settore dell’energia. E laddove si tratti di misure non ancora contemplate da norme di legge, le stesse vengono non di rado indicate in termini generici, essendo evidentemente destinate ad essere meglio definite nei loro contenuti in occasione della loro successiva concreta introduzione. Ciò precisato, l’impressione più immediata che si ricava dall’analisi del testo è che i due ministeri, pur riconoscendo esplicitamente i vincoli derivanti dalla liberalizzazione dei mercati dell’energia, ritengano loro compito assumere – o, meglio, riassumere, se si guarda al passato meno recente [continua ..]


3. La questione del riparto delle funzioni e la regola della competenza generale delle autorità nazionali di regolamentazione

Nel caso dell’energia, è noto che l’assetto istituzionale preposto a livello nazionale, in Italia, alla regolazione dei mercati è oggi di tipo dualistico: se nell’impostazione originariamente delineata dalla legge istitutiva dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas – la legge n. 481/1995 –, la maggior parte delle competenze avrebbe dovuto spettare alla medesima, solo residuando in capo al Ministero di riferimento alcune specifiche funzioni (come quelle attinenti al rilascio di atti autorizzatori o concessori), la successiva evoluzione legislativa ha invece distribuito o redistribuito tra Autorità e Ministero nuove e vecchie attribuzioni in termini tali da configurarli entrambi come regolatori dei mercati dell’energia [29]. La logica di fondo sottesa a tale disciplina organizzatoria appare tutt’altro che univoca: se è chiaro che taluni ambiti disciplinari sono attribuiti all’Autorità (come quelli relativi alla regolazione dell’accesso alle infrastrutture, all’Unbundling e in generale alle misure di promozione della concorrenza, nonché alla tutela degli utenti e della qualità dei servizi), e altri al Ministero (così per gli interventi in tema di sicurezza del sistema oppure in materia di incentivazione alle fonti rinnovabili), è però anche vero che tale ripartizione incontra non poche eccezioni (ad esempio, spettano al Ministero e non all’Autorità la disciplina delle importazioni di energia elettrica o le decisioni in materia di rilascio delle esenzioni dal Third Party Access e dall’Unbundling) e che d’altro canto vi sono molti casi in cui all’Autorità sono conferiti funzioni non decisionali bensì propositive, consultive o attuative – cioè, in definitiva, “serventi” – rispetto a scelte di competenza del Ministero [30]. Tale assetto dualistico è stato mantenuto anche dopo che le direttive europee di terza generazione – la direttiva 2009/72/CE sull’energia elettrica e la direttiva 2009/73/CE sul gas naturale –, finalmente superando la “timidezza” mostrata sul punto dalle direttive precedenti, hanno disciplinato finalità, compiti e poteri delle autorità nazionali di regolamentazione [31]. Nei confronti del sistema di governance appena [continua ..]


3.1. La nozione di regolamentazione (o regolazione) e i suoi incerti confini. Scelte politiche, discrezionalità, regolazione finalistica, programmazione

Si pone peraltro qui, ovviamente, il problema di chiarire cosa esattamente debba intendersi per funzioni di regolamentazione, e cioè quali siano le funzioni riguardo alle quali opera la regola generale della competenza, salvo deroga, dei regolatori indipendenti. Al riguardo, è ben noto che non esiste una nozione generalmente condivisa di “regolazione” o “regolamentazione” [46]: in dottrina ne sono state proposte svariate formulazioni, più o meno convincenti [47], ma in definitiva la soluzione che appare preferibile è quella di definire di volta in volta i confini della categoria in relazione allo specifico problema o alla specifica disciplina da considerare [48]. Nel testo delle direttive su elettricità e gas, e più in generale nella normativa europea relativa a questi settori, una definizione esplicita di quei termini non si rinviene. Sembra pertanto corretto che la loro puntualizzazione venga operata sulla base di un criterio funzionalistico, e dunque sulla base della ratio sottesa alla disciplina che prescrive agli Stati membri di identificare una sola autorità nazionale di regolamentazione pienamente indipendente dalle aziende in concorrenza e dai governi nazionali e di metterla «in grado di prendere decisioni su tutti gli aspetti della regolamentazione» [49]. Come si è già rilevato, lo scopo di tale disciplina è dichiaratamente quello di assicurare «il buon funzionamento del mercato interno», garantendo ai consumatori, agli operatori e ai loro finanziatori un assetto istituzionale strutturalmente idoneo ad evitare discriminazioni e favoritismi e a produrre decisioni regolatorie adeguate sul piano tecnico e ragionevolmente stabili. Se tale è la funzione della normativa di cui si discute, sembra logico concludere nel senso che ai fini dell’applicazione della regola della competenza generale, salvo deroga, delle ANR, debba essere accolta una nozione assai ampia di regolamentazione, che dovrebbe tendenzialmente includere tutti i compiti che possano incidere sul corretto funzionamento del mercato interno e sulla fiducia che i soggetti che in esso operano nutrono sullo stesso. In particolare, non sembra che rispetto al tema in esame possano assumere rilievo la tesi che – ad altri fini – tende ad identificare la regolazione indipendente con la sola regolazione [continua ..]


3.2. L'attuazione della SEN

Alla luce delle conclusioni a cui si è pervenuti, in merito alla particolare ampiezza dell’ambito di applicazione della regola sulla competenza generale salvo deroga delle autorità nazionali di regolamentazione, appare sostanzialmente condivisibile la posizione recentemente espressa dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas relativamente al tema del riparto di compiti tra essa e il Governo ai fini dell’attuazione della Strategia Energetica Nazionale. Secondo l’Autorità, è «necessario che la funzione di regolazione, affidata ad un organismo tecnicamente qualificato e ad eminente specializzazione settoriale, indipendente dalle pur legittime spinte di breve termine connessi ai cicli politici e dagli interessi di parte, comprenda in sé l’attuazione delle scelte di politica energetica del Governo», giacché «in un ordinato riparto di competenze, al Governo competerebbe, …, la definizione degli indirizzi e degli obiettivi di politica energetica, mentre al regolatore indipendente spetterebbe l’individuazione degli strumenti tecnici più adatti per perseguire tali obiettivi» [72]. Pur se con qualche necessaria precisazione – non è detto in particolare che l’individuazione degli strumenti attuativi sia sempre e comunque esente da connotazioni di vera e propria politica energetica (ad esempio, si pensi alla scelta del regime di sostegno delle fonti rinnovabili di energia tra meccanismi di mercato e meccanismi di tipo tariffario) [73] –, tale prospettazione, il criterio di fondo che suggerisce per il riparto e le ragioni che lo giustificano [74] appaiono ben in linea con le considerazioni sopra espresse. Con una rilevante differenza, peraltro: che, mentre l’Autorità, con ovvia prudenza istituzionale, formula la sua proposta in termini di opportunità e di convenienza sul piano politico-amministrativo, la tesi che si è precedenza sostenuta suggerisce che dalla normativa europea discenda un vincolo giuridico per il legislatore nazionale a privilegiare il regolatore indipendente in sede di attribuzione delle competenze regolatorie, salva la possibilità di deroghe non arbitrarie e coerenti con la logica di fondo del modello europeo di governance. Come per l’assetto istituzionale attualmente previsto dalla normativa italiana, così [continua ..]


4. L'indipendenza dei regolatori indipendenti e gli atti governativi di indirizzo

È ben noto che l’effettività dell’indipendenza dei regolatori dipende da una molteplicità di elementi, da tempo indicati dalla dottrina e di cui tanto la legge italiana istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità quanto le direttive europee sull’energia hanno tenuto ampiamente (anche se non perfettamente) conto [77]. Tra tali elementi quello che è apparso sin da subito più delicato – insieme alla questione, tuttora parzialmente irrisolta, delle nomine [78] – è quello relativo all’esistenza e ai caratteri di un potere di indirizzo del Governo nei confronti delle autorità. Tale tema, assai dibattuto in dottrina anteriormente all’emanazione delle due direttive del 2009 [79], assume ora una connotazione particolare alla luce del ruolo che appare corretto riconoscere al regolatore indipendente – e che la stessa Autorità per l’energia, come si è visto, rivendica – anche rispetto all’attuazione della SEN. Occorre infatti chiedersi se, una volta che si sia affermata la competenza tendenzialmente generale di tale regolatore indipendente, con le deroghe e le esclusioni di cui sopra si è detto, il carattere intrinsecamente organico e finalizzato di tale Strategia nazionale non comporti una qualche necessaria compressione della sua autonomia di giudizio e di scelta. Ammesso che il legislatore italiano – sua sponte o su pressione della Commissione europea e/o della Corte di Giustizia – aderisca all’impostazione sopra delineata e allochi presso l’Autorità settoriale tutte o larga parte delle competenze definibili come di regolamentazione, deve ritenersi che essa, nell’esercizio delle stesse, sia in una qualche misura condizionata dal disegno complessivo risultante dalla SEN? Al riguardo, è bene anzitutto ricordare che sui rapporti tra autorità nazionali di regolamentazione e organi di governo le normative europee sull’energia forniscono ora indicazioni sufficientemente univoche. Secondo quanto previsto da entrambe le direttive del 2009, gli Stati membri devono provvedere affinché, nell’espletamento delle competenze ad esse conferite dalle medesime o dalla normativa connessa, le autorità di regolamentazione «non sollecitino né accettino istruzioni dirette da alcun [continua ..]


5. Conclusioni: la governance dell'energia e quella degli altri SIEG

L’analisi svolta con riferimento ai settori dell’energia elettrica e del gas naturale ha confermato che l’immagine dello “Stato regolatore” – pur così efficace nel segnare il passaggio da un paradigma di intervento pubblico nell’economia ad un altro – non rispecchia più, nella sua complessità e pienezza, neanche in chiave prospettica, la realtà del ruolo dei pubblici rispetto alla disciplina di tali mercati. Dal documento di SEN emerge chiaramente la volontà del Governo di guidare il processo di sviluppo dei settori energetici verso gli esiti ritenuti più soddisfacenti nell’interesse generale, senza mettere in discussione ciò che non può essere messo in discussione – l’esistenza di mercati liberalizzati comunitariamente “garantiti” – ma orientando sotto più profili l’attività degli operatori con misure di regolazione finalistica e con atti di programmazione anche a rilevanza esterna. A fronte di tale intenzione, che alla luce degli esiti del processo di consultazione svoltosi prima dell’approvazione della SEN sembra godere di largo consenso tra i diversi attori del mercato, appare, come si è rilevato, doveroso per chi abbia memoria dei ben noti eccessi dirigistici del nostro passato accompagnare l’apprezzamento per gli obiettivi perseguiti dal Governo con uno sforzo diretto ad identificare con precisione limiti e contrappesi di tale nuovo interventismo pubblico. Sotto questo profilo, la piena valorizzazione del ruolo del regolatore settoriale indipendente appare uno strumento non solo utile e anzi essenziale – come da tempo sottolineato da una nutritissima letteratura giuridica, economica e politologica – ma anche sostanzialmente imposto dalla normativa europea in materia di energia. Come si è sopra mostrato, tale normativa non si limita a sancire in termini non più equivocabili l’obbligo degli Stati membri di garantire la piena indipendenza delle autorità di regolamentazione anche rispetto ai governi nazionali, ma pone anche il principio della tendenziale unificazione delle competenze regolatorie in capo a tali autorità. Deroghe a tale principio sono ammesse. Tuttavia, secondo la ricostruzione che si è ritenuto di dover accogliere, la possibilità di prevederle da parte dei legislatori nazionali è subordinata [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2014