Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

La regolazione strategica dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (di Di Sara Valaguzza)


In the global World, the law has changed. The entangled relation among global policy, legal instruments and economy has favored the spread of a new language, characterized as atypical, flexible and fragmented. The political and democratic legitimacy has left the floor to (procedural and substantial) legitimacy coming from international rules, principles and values. The described phenomenon also affects the public contracts’ regulation. This kind of regulation highly differs from the economic one, as it doesn’t aim to protect the freedom of enterprises but it creates the market itself, introducing the obligation for public administration not to negotiate out of a certain competitive procedure. In the Italian public contracts’ sector, the “Autorità Nazionale Anticorruzione” regulates the market through hard and soft regulation methods, increasingly evaluating the latter. Indeed, in the filed at stake, the use of soft regulation has numerous advantages, because it can coexist with the administrative discretionary power and with the spontaneous adjustments of behaviors referred to as “nudging” (thus overtaking the criticisms made by the supporters of coercive paternalism).

The essay examines this dynamic, outlining the importance of strategic regulation in the global framework, and suggests to consider with attention the premises, the ratios, the technics and the consequences of soft regulation as a method of governance, whose potential has not been completely understood yet, at least in the national sphere.

Articoli Correlati: regolazione strategica - Anticorruzione

   

SOMMARIO:

1. Nel diritto globale le premesse della regolazione strategica e delle funzioni svolte dall'Autorità Nazionale Anticorruzione - 2. La Convenzione di Merida come fonte di legittimazione dei poteri di ANAC e le torsioni del principio di legalità come effetto dei principi guida del diritto globale - 3. La regolazione di spettanza di ANAC: il mercato dei contratti pubblici come oggetto della regolazione e la marginalizzazione della finalità pro-competitiva - 3.1. L'esigenza di soft regulation in nuce nella conflittualità del settore - 4. La finalità della regolazione di spettanza di ANAC e le sue caratteristiche peculiari - 4.1. Regolazione anticorruzione e nudging - 5. Le tecniche regolatorie di ANAC - 5.1. Gli strumenti della regolazione di ANAC - 6. Conclusioni - NOTE


1. Nel diritto globale le premesse della regolazione strategica e delle funzioni svolte dall'Autorità Nazionale Anticorruzione

Osservare, con gli occhi dello studioso del diritto amministrativo, il ruolo che l’Autorità Nazionale Anticorruzione oggi riveste ed interrogarsi sui caratteri del potere regolatorio che esercita, richiede, a meno di voler isolare il proprio contributo dal contesto circostante, una riflessione più generale sul rapporto tra il diritto e le sue fonti, oltre che sul significato attuale della regolazione e delle diverse forme in cui essa si articola. La presenza di autorità o di agenzie dotate di compiti che la dottrina ha definito di regolazione indipendente [2] è oramai un’esperienza comune nel mondo globale, nel quale organismi non inseriti direttamente (perché non elettivi) nel circuito democratico, attraggono a sé funzioni disciplinatrici di importanti ambiti dell’economia, acquisendo – via via e per diverse ragioni – un ruolo strategico. La vicenda, oltre a comportare una progressiva dequotazione della legittimazione politico-democratica, in favore di una economico-tecnocratica [3], muta, evidentemente, il modo di essere del diritto e arricchisce le sue fonti di produzione [4]. Gli studi sulla governance, da un lato, e sul diritto globale, dall’altro, portano l’attenzione sulle implicazioni discendenti dal diffondersi di necessità sempre più urgenti da affrontare [5] e connesse allo «sconfinamento» del diritto oltre i confini nazionali [6]. Ne derivano principalmente: il superamento di una delle grandi dicotomie della tradizione giuridica europea, ossia quella che divideva, in maniera precisa, diritto pubblico e diritto privato [7], ora entrambi frammisti in un circuito di interscambio di funzioni e principi trasversali, nel perseguimento degli interessi generali [8]; la perdita del «mito» della legalità formale [9], con la conquista di nuove forme di legittimazione basate sul procedimento seguito, anziché sulle norme attributive dei poteri [10]; la crisi delle codificazioni generali spesso incapaci di rispondere in maniera convincente alle esigenze imprevedibili dell’economia e della società; la scarsa efficienza dei modelli basati sul­l’imposizione autoritaria e sulla connessa coercibilità del diritto [11]; l’affermarsi del primato dell’economia sulla politica [12]; la diffusione di analisi [continua ..]


2. La Convenzione di Merida come fonte di legittimazione dei poteri di ANAC e le torsioni del principio di legalità come effetto dei principi guida del diritto globale

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata a Merida dall’Assemblea Generale dell’Onu il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 del 2003 (nota con il nome di Convenzione di Merida) e ratificata in Italia con la legge 116 del 15 agosto 2009, dettaglia, nel suo lungo preambolo, le esigenze sottese alla necessità di un intervento massivo, in ogni realtà locale, volto a contrastare i fenomeni connessi alla corruzione. Bisogna, dunque, tenere conto che le tematiche inerenti a ciò che genericamente indichiamo con il termine «anticorruzione» vengono affrontate da atti internazionali, elaborati nel contesto globale, oltre che in quello nazionale. Il menzionato dato di fatto è rilevante per intendere correttamente l’animus, i criteri interpretativi e le modalità di azione della regolazione, attualmente svolta da ANAC, nella sua qualità di organismo nazionale che (subentrando alla Commissione Indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, c.d. CIVIT) è responsabile di attuare gli impegni assunti dall’Italia con la sottoscrizione della Convenzione in questione, oltre ad essere l’Autorità di regolazione del mercato dei contratti pubblici (assumendo contestualmente anche le funzioni che furono dell’Autorità di Vigilanza dei Contratti pubblici). Ebbene, gli Stati firmatari hanno proceduto nella convinzione che «la corruzione non sia più una questione locale ma un fenomeno transnazionale che colpisce tutte le società e tutte le economie» il che rende la cooperazione internazionale essenziale affinché vi sia «un approccio globale e multidisciplinare … per prevenire e combattere efficacemente la corruzione» [29]. Nel preambolo è enunciato un elenco di principi generali, che indicano una determinata strategia di reazione alla corruzione, invocando il rispetto di valori etici, la giustizia, lo sviluppo sostenibile, lo Stato di diritto [30], le garanzie procedimentali [31], la buona gestione degli affari e dei beni pubblici, i principi di equità, responsabilità, uguaglianza dinnanzi alla legge, la salvaguardia dell’integrità e la diffusione della cultura del rifiuto del fenomeno [32]. Se questo è il suo ambito di azione, ne segue inevitabilmente [continua ..]


3. La regolazione di spettanza di ANAC: il mercato dei contratti pubblici come oggetto della regolazione e la marginalizzazione della finalità pro-competitiva

L’attività regolatoria di ANAC riguarda quello che riteniamo di poter identificare come il «mercato [44] dei contratti pubblici» [45], ambito disciplinato prima facie dalla codificazione in materia, ora contenuta nel d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, normativa di riferimento per il c.d. public procurement cycle, ossia per quel complesso ed articolato procedimento che prende forma nel momento in cui un soggetto pubblico identifica una esigenza di interesse generale e si conclude con l’adempimento delle prescrizioni contrattuali da parte dell’aggiudi­catario della selezione. Il mercato dei contratti pubblici coincide con l’ambito dell’economia, ampiamente e dettagliatamente disciplinato, in cui si aggregano domanda ed offerta del o per il settore pubblico [46]. Conviene subito chiarire che il vivace dibattito dottrinale sulla regolazione economica dei settori liberalizzati [47] appare poco pertinente al nostro campo di indagine, perché quel genere di regolazione è percorso principalmente dalla tensione tra libertà di impresa (costituzionalmente protetta) e previsioni (regolatorie) [48] che la limitino (sul presupposto della necessità di correggere i cosiddetti market failures [49]); mentre, nel caso dei contratti pubblici, la regolazione non raccoglie quel conflitto, prendendo in considerazione, invece, l’operato delle amministrazioni, per evitare che esse, nell’affidare contratti, si sottraggano dal porre in essere confronti concorrenziali o indugino in comportamenti ingiustificati o illeciti, che incidono negativamente sulla spesa pubblica; nell’am­bito di nostro interesse, perciò, mercato e regolazione (ove per regolazione si intenda la normativa in materia di procedure di gara) sono perfettamente sovrapponibili o, meglio, combaciano, nel senso che il mercato è contemporaneamente oggetto e prodotto della regolazione [50], rappresentando il luogo figurato, che la legge stessa crea, nel quale l’affidamento dei contratti pubblici passa attraverso il confronto competitivo tra i soggetti interessati [51]. A conferma di quanto affermato, basti rammentare che, senza l’obbligo di ricorrere a procedure di gara non ci sarebbe alcun mercato dei contratti pubblici e l’amministrazione potrebbe comportarsi come fosse una sorta di [continua ..]


3.1. L'esigenza di soft regulation in nuce nella conflittualità del settore

Le Autorità Indipendenti sono spesso dotate di potere regolatori, il cui campo di applicazione e grado di vincolatività è disomogeneo, e va verificato caso per caso. Esse infatti, accanto alla tradizionale regolazione autoritativa, impiegano, con una certa frequenza, strumenti che appartengono alla cosiddetta soft regulation [70], basati cioè sulla capacità persuasiva della razionalità delle condotte suggerite, piuttosto che sulla cogenza e sulla stabilità di un sistema dettagliatamente codificato. È stato osservato che attraverso la cosiddetta soft law si raggiunge anzitutto una finalità «orientativa», ma essa «risponde (anche, n.d.r.) ad un ordine funzionale molto più variegato e che viene modulato in maniera meno rigida» e dunque «se il diritto legislativo svolgeva prevalentemente una funzione di formulazione di vincoli di comportamento, per altre espressioni giuridiche, specificamente soft, mentre lo svolgimento di queste funzioni diventa difficile, si delinea uno spettro di prestazioni assai più variegato e composito» [71]; tramite la soft regulation [72] si traguardano, in effetti, oltre alla funzione orientativa, una funzione di informazione e comunicazione, una di socializzazione, una di carattere ideologico, una di carattere interpretativo e di apprendimento, oltre che modalità di governance coerenti con gli strumenti del diritto globale [73]. Ragionando della capacità regolatoria delle Autorità Indipendenti conviene, dunque, non lasciarsi fuorviare da una concezione ormai superata di regolazione, intesa originariamente come attività capace di produrre solo effetti cogenti e insuperabilmente vincolanti, e rielaborata, in tempi più recenti, con forme moderne e sofisticate di vincolatività giuridica indiretta [74]; la regolazione, oggi, non deriva necessariamente la sua forza dalla qualità delle regole giuridiche poste, sub specie di cogenza delle norme, bensì dalla capacità di condizionare i comportamenti liberi dei suoi destinatari, attirandoli verso azioni conformi al «suggerimento» contenuto nell’atto regolatorio (di soft regulation e perciò non coercibile) in quanto razionale, in virtù di quella che, nella scienza [continua ..]


4. La finalità della regolazione di spettanza di ANAC e le sue caratteristiche peculiari

Le riflessioni appena svolte ci introducono nel ragionamento volto a comprendere il ruolo regolatorio attribuito (oggi espressamente) all’Autorità Nazionale Anticorruzione, a partire dalla legge delega per il recepimento delle nuove direttive, secondo cui, oltre ai poteri di raccomandazione e controllo, ad ANAC è affidato il compito di adottare «atti di indirizzo, quali linee guida, bandi-tipo, contratti tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile» [76]. L’intenzione inequivocabile del legislatore delegante è stata quella di promuovere strumenti innovativi di regolazione, facenti capo all’Autorità, in luogo del rinvio ad un regolamento governativo ad hoc. In coerenza con la delega, il Codice di recentissima adozione, all’art. 213, comma 1, stabilisce che «La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi, sono attribuiti, nei limiti di quanto stabilito dal presente codice, all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all’articolo 19 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che agisce anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione»; al comma 2 del medesimo articolo, è disposto che «L’ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati [77], garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Trasmette alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, gli atti di regolazione e gli altri atti di cui al precedente periodo ritenuti maggiormente rilevanti in termini di impatto, per numero di operatori potenzialmente coinvolti, riconducibilità a fattispecie criminose, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti». Il percorso prescelto va, chiaramente, nel senso della valorizzazione dei poteri di regolazione dell’Autorità, cui è assegnato il compito di promuovere l’efficienza e la qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, [continua ..]


4.1. Regolazione anticorruzione e nudging

L’utilizzo, nel testo normativo che conferisce poteri ad ANAC, dell’espres­sione «regolazione flessibile», ci riporta, come anticipato, alla categoria teorica della soft regulation e rende indispensabile chiarirne ratio e metodologie. Si definisce nudging quel modo di regolare «pungolando», che rappresenta l’emblema del procedimento di induzione, basato sulla suggestione, dinanzi accennato. Il metodo dell’induzione, al posto di quello della coercizione diretta, rispetta l’estrazione tecnica (e non politica) delle autorità indipendenti e si concilia più agevolmente con il principio di separazione dei poteri (in particolare, del legislativo dall’esecutivo). Il fondamento scientifico delle tecniche del nudging sta (non nelle materie giuridiche, ma) nelle teorie comportamentali [93], che affiancano al concetto autoritativo di vincolatività precettiva quello di conformazione deliberata e razionale susseguente ad un procedimento deduttivo, in cui si sceglie la compliance a determinate regole (si badi: non a determinate norme) in ragione degli effetti che ne derivano. La regolazione che appartiene a questo archetipo è il frutto di numerosi esperimenti pratici e statistici, che dimostrano in che maniera sia possibile ottenere risultati efficaci, in termini di spontaneo adeguamento a regole non vincolanti. Essa è tanto più efficace quanto più è calata nel contesto di riferimento ed è sapientemente sviluppata ove si considerino tendenze, sensibilità e problematiche proprie dei soggetti regolati. Ebbene, se proviamo a qualificare l’ANAC, per la parte in cui i suoi atti non siano dotati di forza impositiva, come soft regulator, in un modello astratto e mosso solo da decisioni razionali, la soft regulation raggiungerebbe facilmente il suo obiettivo: infatti, la speciale conoscenza da parte dell’Autorità della complessità del mercato, la precisa specializzazione, oltre che la sua autorevolezza istituzionale, dovrebbero indurre le amministrazioni (e, più in generale, tutti gli attori di quel mercato, che siano imprese, giudici o interpreti) a conformarsi spontaneamente alle indicazioni che giungono dall’Autorità di settore, a prescindere dalla vincolatività o meno di cui le [continua ..]


5. Le tecniche regolatorie di ANAC

La regolazione è un fenomeno vivo, multiforme, dotato di una particolare resilienza al contesto socio-istituzionale entro il quale si inserisce, capace di rigenerarsi assumendo sembianze nel tempo differenti, per rappresentare, senza traumatizzarle, le sensibilità culturali e le esigenze pratiche cui deve rispondere. Ora, considerato che il nostro legislatore ha delegato ad ANAC il compito di promuovere ed adottare atti di regolazione flessibile, appare dunque necessario intendere quale sia il significato sotteso all’espressione in argomento e, successivamente, interrogarsi sulla natura giuridica e sugli effetti degli strumenti di quella attività. Va detto subito che la regolazione «flessibile» non rappresenta una categoria dogmatica determinata, né ad essa si può associare una definizione appartenete alle tradizionali teorizzazioni del pensiero giuridico. Di conseguenza, tenteremo di costruire la nozione analizzando gli strumenti che la attuano, ponendo in essere un procedimento logico di tipo induttivo; coglieremo, cioè, dalle caratteristiche delle tecniche che compongono la regolazione flessibile il suo significato, non potendo al contrario, in assenza di un postulato di partenza, procedere deduttivamente. Si può comunque osservare, dalla semplice formulazione letterale, che l’accostamento del sostantivo «regolazione» con l’aggettivo «flessibile» potrebbe evidenziare una contraddizione in termini, nel senso che il fenomeno del regolare implica l’introduzione di vincoli, mentre la flessibilità si associa a comportamenti più o meno liberi. Il che parrebbe un poco incongruente. Senonché, da quanto anticipato nei paragrafi precedenti, possiamo già intendere perché una contraddizione non vi è affatto, ove ci si emancipi dalla tradizionale visione della regolazione impositiva per considerare, invece, le forme di regolazione meramente «suggestiva» (sul modello del nudging), che non eliminano la spontaneità dell’adesione agli indirizzi del regolatore e non prevedendo sanzioni in caso di inosservanza alle indicazioni regolatorie. Si vedrà, in verità, quanti argomenti la novella abbia delegato ad ANAC e come sia invasiva l’attività regolatoria di quest’ultima, pervasa da profili di vincolatività, tanto che si potrebbe dubitare, come qualcuno ha [continua ..]


5.1. Gli strumenti della regolazione di ANAC

Esaminando gli strumenti della regolazione di ANAC emergono, anzitutto, la complessità e l’incertezza che spesso si accompagnano alla flessibilità e agli esperimenti che vogliano essere innovativi rispetto al sistema nel quale si inseriscono. Un modello rigido, basato su fonti tipiche, certamente non incontrerebbe le problematiche che invece sussistono ove si tenti di ricondurre gli atti dell’Autorità alla gerarchia delle fonti del diritto. Conviene a proposito ricordare che le fonti del diritto vengono identificate anzitutto attraverso criteri formali, tramite i quali è possibile distinguere quelle di rango costituzionale e primario, che rappresentano un sistema chiuso – nel senso che i tipi e le procedure sono indicate nella Costituzione – e quelle secondarie, che appartengono invece ad un sistema aperto, in quanto la normativa primaria può introdurre il rinvio a fonti a sé subordinate, limitandosi a disciplinarne il procedimento di formazione. Accanto ai criteri formali, ne sono stati elaborati anche di sostanziali (in relazione ai quali, tra l’altro le posizioni degli studiosi del diritto costituzionale non sono uniformi), concentrati sugli aspetti contenutistici, che ricercano l’astrattezza e la generalità all’interno dell’atto considerato, per stabilirne la natura «normativa» e, dunque, la qualificazione in termini di fonte del diritto. Per intendere la natura degli atti di ANAC e la loro collocazione rispetto al sistema delle fonti del diritto, possiamo avviare la nostra ricerca sul punto ripartendo dal fatto che, nell’attuale quadro normativo della materia, il nuovo Codice ha delegato ad ANAC l’adozione di diverse tipologie di atti ed attività, dalle linee guida agli atti di indirizzo, dai bandi-tipo ai pareri di precontenzioso e così via, ascrivibili all’ambito delle finalità evidenziate in precedenza [97]. Dunque, si versa nell’ipotesi in cui vi sia una fonte tipica (nel nostro caso, un atto avente forza di legge e, precisamente, il d.lgs. n. 50/2016) che delega ad atti susseguenti, a sé subordinati, il compito di integrare la normativa primaria. Gli strumenti di regolazione che il nuovo Codice menziona più di frequente sono le linee guida (assunte con determinazione o con delibera del Consiglio dell’Autorità) [98], dettate per questioni di carattere [continua ..]


6. Conclusioni

Dunque, abbiamo appurato che ANAC non procede necessariamente imponendo divieti alle amministrazioni, ma con strumenti diversificati, per nomen iuris, contenuto ed effetti, sulla base di un potere, che siamo inclini a definire «onnicomprensivo», per la regolazione (flessibile) del mercato dei contratti pubblici. Per la parte in cui il destinatario degli atti di regolazione dell’Autorità siano le amministrazioni, occorre considerare che viene in rilievo un soggetto la cui razionalità non può essere, almeno a livello teorico, messa in discussione. A ciò segue che la critica che si volesse muovere alla ricostruzione di parte dei poteri ANAC nei termini della soft regulation, sulla scorta delle tesi del paternalismo coercitivo [126], invocando forme più stringenti di regolazione per evitare che le stazioni appaltanti, lasciate libere di procedere, optino per la scelta peggiore, non troverebbe fondamento nel nostro caso. Infatti, se la tesi del paternalismo libertario (o nudging) è oggetto di contestazione per lo scarso livello di incisività che essa può ottenere in termini di conformità alla regola suggerita (ma non imposta), in un ambiente in cui l’individuo possa determinare liberamente i propri comportamenti anche procedendo in maniera irrazionale o contro il proprio interesse, essa invece provoca sempre, quando i destinatari dell’evidenza razionale siano operatori la cui azione non è ispirata da comportamenti emotivi, come le amministrazioni pubbliche, un’azione coerente con il nudge, che spinge verso la decisione migliore. Difatti, tutti i soggetti pubblici, la cui volontà è resa artificialmente razionale dalle regole della discrezionalità amministrativa, devono perseguire nel modo migliore l’interesse pubblico, attraverso uno sviluppo logico delle proprie determinazioni, pena un’azione illegittima. In altre parole, non vale cioè, nel caso di cui ci stiamo occupando, giustificare la necessità di una regolazione più aggressiva e precettiva in ragione della facilità di errori cognitivi, in cui può incorrere il singolo: all’emotività potenziale dei singoli si contrappone, in presenza di un soggetto pubblico, la razionalità discrezionale dell’esercizio del potere amministrativo. Di conseguente, va accertata [continua ..]


NOTE