Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Antitrust, regolazione ed incertezza scientifica: riflessioni a margine della sentenza del Consiglio di Stato nel caso Avastin-Lucentis (di Margherita Colangelo)


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 15 LUGLIO 2019, N. 4990

«(…) [I]l comportamento di due imprese che commercializzano due medicinali concorrenti, avente ad oggetto la diffusione di informazioni ingannevoli sugli effetti collaterali negativi dell’uso di uno di tali medicinali per indicazioni non coperte dall’AIC di quest’ultimo, al fine di ridurre la pressione concorrenziale derivante da tale uso su un altro medicinale coperto da un’AIC per dette indicazioni, integra una restrizione della concorrenza «per oggetto», concretandosi in un’il­lecita ripartizione del mercato (…)».

   

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La ricostruzione della vicenda - 3. Le questioni pregiudiziali e la decisione del Consiglio di Stato - 4. Regolazione ed antitrust dinanzi all'incertezza scientifica - NOTE


1. Introduzione

La sentenza del Consiglio di Stato nel caso noto come Avastin-Lucentis era da tempo attesa come la definitiva parola su una vicenda giudiziaria che da qualche anno ha infervorato il dibattito tra i diversi attori coinvolti (istituzioni, associazioni scientifiche e professionali, organismi rappresentativi dei consumatori) e polarizzato l’attenzione della dottrina giuridica, per le peculiarità che lo contraddistinguono e per il valore emblematico che esso è destinato ad avere nella già ben folta casistica relativa all’applicazione del diritto della concorrenza nel settore farmaceutico. Con la pronuncia del 15 luglio scorso, il Consiglio di Stato ha confermato, come già avvenuto in primo grado davanti al TAR, la validità dell’impianto del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva sanzionato nel marzo 2014 le società farmaceutiche Hoffmann-La Roche Ltd e Novartis Ag, nonché le loro controllate Novartis Farma s.p.a. e Roche s.p.a., accusate di aver posto in essere, in violazione dell’art. 101 TFUE, un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza con l’obiettivo della illecita massimizzazione dei rispettivi introiti a danno della spesa sanitaria pub­blica e privata: il tutto attraverso una concertazione volta a realizzare una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis e manipolando la percezione dei rischi dell’uso in ambito oftalmico del primo per condizionare la domanda a favore del secondo [1].


2. La ricostruzione della vicenda

I due farmaci Avastin e Lucentis sono stati sviluppati dalla società biotecnologica Genentech, soggetta al controllo esclusivo del gruppo Roche sin dal 1990, nell’ambito del proprio programma di ricerca anti-VEGF, la proteina responsabile del funzionamento dei vasi sanguigni. In tale programma veniva scoperto un anticorpo che, umanizzato e denominato bevacizumab, diventerà il principio attivo del farmaco Avastin, destinato ad applicazione oncologica. Tra le applicazioni possibili erano stata esaminate anche patologie vascolari oculari, tra cui la diffusa degenerazione maculare senile (AMD), ma la società Genentech, giudicando tale principio attivo inadeguato in termini di sicurezza ed efficacia al trattamento in ambito oftalmico, continuò a sviluppare un farmaco anti-VEGF specifico per tale applicazione, basato su frammento di anticorpo denominato ranibizumab, che sarebbe divenuto il principio attivo del far­maco Lucentis. Nel 2003 Genentech, attiva a livello commerciale unicamente negli Stati Uniti, ha affidato in licenza Avastin alla propria consociata Roche e Lucentis al gruppo Novartis. I suddetti farmaci hanno ottenuto l’autorizzazione all’immis­sione in commercio (AIC) da parte delle competenti autorità per il trattamento rispettivamente delle patologie tumorali (Avastin) e delle patologie oftalmiche (Lucentis). In Italia, nel 2005 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recepito l’AIC concessa a livello europeo ad Avastin dall’European Medicines Agency (EMA) per il trattamento dei tumori metastatici colorettali, inserendo il farmaco in classe H [la classe dei farmaci utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero e interamente a carico del servizio sanitario nazionale (SSN)]. Nel 2007 Lucentis ha invece ottenuto dall’AIFA l’AIC per il trattamento dell’AMD, con inserimento inizialmente in classe C (quella relativa ai farmaci non rimborsabili), a causa del mancato accordo tra AIFA e Novartis a proposito del prezzo di rimborso, e successivamente nel 2008 in classe H. Nel periodo intercorrente tra il lancio sul mercato di Avastin e quello di Lucentis e in mancanza di un’alternativa terapeutica specifica per l’AMD, è invalsa la prassi da parte di alcuni medici di utilizzare il primo farmaco anche in caso di tale [continua ..]


3. Le questioni pregiudiziali e la decisione del Consiglio di Stato

Nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato, dopo aver condotto una lunga premessa riguardante l’intensità del sindacato del giudice amministrativo sugli atti dell’AGCM, anche in considerazione dei più recenti interventi in materia (quali il d.lgs. n. 3/2017, che ha recepito in Italia la direttiva 2014/104 sul risarcimento del danno anticoncorrenziale), ha puntualmente disatteso l’ordine dei motivi fondanti l’apparato difensivo delle ricorrenti. Per quanto riguarda la definizione del mercato rilevante [7] e la considerazione dei due farmaci come concorrenti, contestate dalle ricorrenti, il Consiglio di Stato ripercorre sinteticamente quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, ricordando che la normativa di settore non contiene un divieto né dell’impiego off-label di un farmaco né dell’attività di riconfezionamento del prodotto [8]: dunque non ci si trova, nel caso di specie, di fronte ad un prodotto illecitamente fabbricato o commercializzato, circostanza che impedirebbe di considerare l’esi­stenza di un rapporto di sostituibilità con un altro prodotto lecitamente immesso sul mercato [9]. Con riferimento all’inclusione nello stesso mercato di un farmaco dotato di AIC e di un farmaco utilizzato fuori etichetta per la cura della stessa patologia, la Corte di Giustizia ha chiarito come l’esistenza di un rapporto di sostituibilità tra i due farmaci è provata in concreto dalla prassi terapeutica dei medici (che rappresentano la domanda – mediata – dei pazienti), che testimonia la frequente prescrizione dell’Avastin per il trattamento di malattie oftalmiche [10]. In altre parole, nel settore farmaceutico prevale il criterio della sostituibilità terapeutica, la quale comporta un’analisi che copra tutti i prodotti medicinali configurabili come possibili sostituti, sia che siano stati approvati per specifici trattamenti sia che siano utilizzati off-label, avendo riguardo alla loro interscambiabilità effettiva [11]. Alla contestazione secondo cui l’AGCM avrebbe esorbitato dalle proprie competenze, il Consiglio di Stato risponde riprendendo le argomentazioni della Corte di Giustizia per ribadire l’incensurabilità dell’operato dell’Autorità. Secondo i giudici europei, le incertezze relative alla [continua ..]


4. Regolazione ed antitrust dinanzi all'incertezza scientifica

Una questione fondamentale, che l’indagine antitrust non tocca nel merito e che richiede un approfondimento, è quella afferente alla più volte citata situazione di incertezza scientifica circa l’impiego del farmaco fuori etichetta, comprovata da una serie di dati ricordati anche dal Consiglio di Stato [28]. A tal proposito, appare utile, in primo luogo, rammentare il dibattito che il provvedimento dell’AGCM ha a suo tempo originato circa il ruolo delle autorità coinvolte [29]. Bersaglio principale delle critiche è stata l’AIFA, autorità preposta alla funzione di farmacovigilanza, che ha giustificato la sua iniziale posizione di massima cautela invocando un quadro «di preoccupante incertezza»: nella nota del 7 marzo 2014, l’Agenzia ha difatti affermato che ai due farmaci corrispondono molecole simili, come meccanismo d’azione inibitoria del fattore VEGF, ma non identiche tra loro né dal punto di vista farmacologico, né sul piano strutturale, ed ha affermato che l’uso fuori etichetta intravitreale di Avastin non risulta confortato da studi tali da soddisfare gli standard di registrazione ovvero da determinare la posologia ottimale e il protocollo di trattamento per uso oftalmologico. Tale approccio si è basato, nelle parole dell’AIFA, sui rischi di sicurezza del medicinale richiamati da EMA e dalla concomitante presenza di un farmaco (Lucentis) specificamente studiato e registrato per l’uso intravitreale. Successivamente, dopo il procedimento antitrust e sulla scorta del parere della Commissione tecnico-scientifica e della valutazione positiva effettuata dal Consiglio Superiore di Sanità, nel giugno 2014 l’Agenzia ha disposto il ritorno di Avastin off-label alla rimborsabilità da parte del SSN per la cura della sola AMD, benché con specifiche indicazioni per il frazionamento in sicurezza dello stesso all’interno di centri specializzati e per la sua concreta somministrazione [30]. Ne deriva che la più volte citata incertezza scientifica ha portato parimenti ad un’incertezza giuridica, avvalorata dalle posizioni talvolta contrastanti assunte dagli attori pubblici coinvolti e dal clamore delle polemiche innescate dall’indagine antitrust. Ebbene, da un lato, è noto come il mercato farmaceutico sia [continua ..]


NOTE