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Regolazione e contratto nelle comunicazioni elettroniche
Eugenio Bruti Liberati
Among the studies concerning the new models of regulation applicable to the services of general economic interest (SGEI), the analysis of the regulatory interventions affecting contracts has gained particular prominence over the last few years. In the context of this debate, the present essay focuses on the issues concerning the agreements between enterprises and between enterprises and consumers in the field of electronic communications. In particular, it shows how even in this sector, despite the position of the european legislator (according to which its own measures should be aimed at «progressively reducing ex ante sectorial rules, in correspondence to the increasing level of competition on the market, in order to eventually obtain a sector exclusively disciplined by competition law»), regulation still produces significant impacts on freedom of contract (albeit in peculiar ways, compared to other SGEI).
It therefore becomes extremely relevant to define purposes, conditions and limitations of this specific regulatory activity. This is exactly what the essay intends to do, in light of the applicable european and national rules and principles, whilst taking into account the various interpretative issues which have arisen over the last few years.
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Sommario:
1. Premessa - 2. Alcune notazioni generali sulla regolazione nel settore delle comunicazioni elettroniche - 3. I contratti di accesso e di interconnessione - 3.1. La regolazione ex ante: la discrezionalità dell'AGCOM e gli obblighi imponibili agli operatori - 3.2. Regolazione contrattuale by litigation - 4. I contratti di utenza - 4.1. L'allocazione dei costi da recesso tra promozione della concorrenza e tutela dell’affidamento contrattuale - 4.2. La risoluzione stragiudiziale delle controversie tra operatori e utenti - 5. Regolazione dei contratti di comunicazione elettronica e principio di legalità - 6. Violazione delle prescrizioni regolatorie ed effetti sul contratto - NOTE
1. Premessa
Come accade per gli altri settori inerenti ai servizi di interesse economico generale, anche la disciplina dei contratti relativi alle comunicazioni elettroniche presenta tratti significativi di specialità in ragione della sottoposizione dei medesimi ad una regolazione settoriale preordinata alla tutela di molteplici interessi collettivi – dalla promozione della concorrenza al rafforzamento della protezione degli utenti, dalla garanzia della qualità del servizio alla tutela della sicurezza delle forniture. Ancora oggi, sebbene la normativa europea sulle comunicazioni elettroniche enunci in termini netti l’intento di ridimensionare la regolazione di settore in parallelo con il progredire della sua struttura concorrenziale [1] e per quanto di fatto i relativi mercati siano indubbiamente i più sviluppati in senso competitivo tra quelli delle public utilities, gli elementi di specialità rimangono non marginali. Con una differenza rilevante, peraltro, rispetto agli altri servizi di interesse economico generale: perché per le comunicazioni elettroniche, contrariamente a ciò che è previsto ad esempio per l’energia elettrica e per il gas naturale, parte non lieve della regolazione destinata ad incidere ex ante sul regime dei contratti è solo eventuale e potenziale, essendo la sua effettiva introduzione ed applicazione (non imposta dalla legge, ma) rimessa ad una scelta da operare a livello amministrativo, sulla base di un’analisi puntuale dei caratteri dei mercati interessati [2]. L’ovvia correlazione tra disciplina dei contratti e regolazione settoriale impone naturalmente a chi voglia identificare le peculiarità della prima di sottoporre la seconda ad un’analisi puntuale, volta a chiarirne finalità, ambito di applicazione e profili di – diretta o indiretta – incidenza sul regime contrattuale. In tale analisi è ovviamente di grande aiuto l’amplissima letteratura giuridica ed economica che si è formata relativamente al nuovo modello di disciplina delle comunicazioni elettroniche affermatosi in Europa e in Italia a partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, a seguito della scelta fondamentale di liberalizzare i relativi mercati [3]. Deve peraltro rilevarsi che tale letteratura, diversamente da quanto avvenuto per altri settori delle public utilities (come [continua ..]
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2. Alcune notazioni generali sulla regolazione nel settore delle comunicazioni elettroniche
Sarebbe evidentemente eccessivo – alla luce dell’oggetto e degli scopi del presente lavoro – premettere all’analisi della regolazione contrattuale in materia di comunicazioni elettroniche un’esposizione generale della disciplina di settore [8]. Alcune notazioni introduttive appaiono peraltro indispensabili per chiarire il contesto in cui quella regolazione contrattuale si colloca. È opportuno, innanzitutto, ricordare le due tappe fondamentali del processo che ha condotto all’attuale assetto del settore: la prima, risalente alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, con le normative comunitarie che, coerentemente con la scelta di fondo di liberalizzare i mercati dei servizi di interesse economico generale, hanno imposto agli Stati membri di abrogare i monopoli legali in precedenza previsti in materia di telecomunicazioni, e hanno al contempo introdotto le prime misure di regolazione volte (tra l’altro) a promuovere la concorrenza e a garantire il servizio universale [9]; e la seconda, che data invece agli anni 2002/2003, con le norme europee e poi nazionali che, prendendo atto dei rilevanti cambiamenti intervenuti a livello tecnologico, hanno dettato una disciplina unitaria – un diritto della “convergenza” – delle reti e dei servizi di telecomunicazione, di radiotelevisione e di trasmissione dati, per effetto della quale oggetto delle politiche di liberalizzazione e della connessa regolazione settoriale sono divenute le comunicazioni elettroniche nel loro complesso (intese come reti e servizi ed esclusi invece i contenuti) e non più solo le telecomunicazioni [10]. All’esito di tale processo, che è essenzialmente di matrice comunitaria (con tre successive generazioni di direttive e regolamenti in materia [11] ma a cui anche il legislatore italiano ha dato il suo contributo non solo attuativo [12], il modello di regolazione che si è affermato risponde largamente e dichiaratamente ad una logica pro-concorrenziale, all’idea che la regolazione sia essenzialmente «a means of “holding the fort” until competition arrives» [13], al punto che anche le direttive più recenti affermano esplicitamente che «le regole settoriali ex ante specifiche» devono ridursi progressivamente «via via che aumenta il grado di concorrenza sul mercato, per [continua ..]
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3. I contratti di accesso e di interconnessione
È forse innanzitutto opportuno ricordare le definizioni di accesso e di interconnessione formulate dal CCE. S’intende per accesso «il fatto di rendere accessibili risorse o servizi ad un’altra impresa, […], su base esclusiva o non esclusiva, al fine di fornire servizi di comunicazione elettronica» [24]. È d’altro canto definita come interconnessione «il collegamento fisico e logico delle reti pubbliche di comunicazione utilizzate dal medesimo operatore o da un altro per consentire agli utenti di un operatore di comunicare con gli utenti del medesimo o di un altro operatore, o di accedere ai servizi offerti da un altro operatore» [25]. Come emerge da tali definizioni, i contratti di accesso sono accordi con i quali un operatore che detiene una qualsiasi infrastruttura o risorsa di comunicazione elettronica o che è in grado di fornire un servizio utilizzando quella infrastruttura mette le medesime o anche il servizio a disposizione di un altro operatore per consentirgli di fornire a terzi – cioè, almeno di regola, ad utenti finali – un servizio di comunicazione elettronica. L’oggetto specifico del contratto può essere assai vario, in correlazione con l’enorme varietà di risorse e servizi fornibili a partire da reti di telecomunicazione, di radiotelevisione o di trasmissione dati [26]: ma ciò che conta, ai fini qui considerati, è che con tale contratto due o più imprese si accordano per condividere quelle risorse ovvero per assegnarne l’utilizzo in via esclusiva a chi non ne è proprietario. Anche il contratto di interconnessione è in definitiva, come chiarisce esplicitamente il CCE [27], un accordo di accesso, dato che si risolve nel rendere possibile a terzi l’utilizzo di una rete di comunicazione, con l’ovvia particolarità che in tal caso l’accesso è richiesto da un operatore a sua volta titolare di una rete e interessato a mettere in collegamento gli utenti serviti dalla medesima con quelli serviti da una diversa infrastruttura. È dunque con riguardo a tali tipologie di contratti che occorre verificare se ed in quale misura la regolazione di settore limiti la libertà negoziale delle parti, imponendo ad esse di negoziare o di contrarre, e incida o meno imperativamente sul contenuto degli accordi o sulla disciplina relativa [continua ..]
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3.1. La regolazione ex ante: la discrezionalità dell'AGCOM e gli obblighi imponibili agli operatori
Relativamente alla scelta affidata all’AGCOM in ordine alla sottoposizione di un mercato al regime regolato, è bene chiarire che la disciplina che l’Autorità deve applicare è significativamente diversa a seconda che essa, all’esito di un’apposita analisi di mercato [36], ravvisi o meno la presenza nel medesimo di una o più imprese detentrici di un significativo potere di mercato. Laddove tale presupposto si verifichi, infatti, i vincoli che l’AGCOM può imporre a carico delle imprese interessate, e in particolare le restrizioni che può introdurre alla loro libertà contrattuale, sono assai più stringenti. I vincoli principali attengono all’obbligo di concludere il contratto di accesso o di interconnessione e agli obblighi relativi al prezzo da praticare: ai sensi dell’art. 49 del CCE, l’Autorità «può imporre agli operatori di accogliere richieste ragionevoli di accesso, […], in particolare quando verifichi che il rifiuto di concedere l’accesso o la previsione di termini o condizioni non ragionevoli di effetto equivalente ostacolerebbe lo sviluppo di una concorrenza sostenibile sul mercato al dettaglio e sarebbero contrari agli interessi dell’utente finale»; e può, d’altro canto, ai sensi del successivo art. 50, «imporre obblighi in materia di recupero dei costi e controllo dei prezzi, tra cui l’obbligo che i prezzi siano orientati ai costi, […], qualora l’analisi del mercato riveli che l’assenza di un’effettiva concorrenza comporta che l’operatore interessato potrebbe mantenere i prezzi ad un livello eccessivamente elevato o comprimerli a detrimento dell’utenza finale». In alternativa o in combinazione con tali vincoli principali, l’AGCOM può prescrivere obblighi meno penetranti, che attengono alla pubblicazione di informazioni preventive sulle caratteristiche della rete e del servizio [37], e/o alla non discriminazione nei confronti dei soggetti che richiedono l’accesso o l’interconnessione [38] e/o infine alla separazione contabile o addirittura funzionale di determinate attività [39]. È da aggiungere che in circostanze eccezionali l’Autorità può imporre agli operatori aventi un significativo potere di mercato obblighi diversi da quelli [continua ..]
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3.2. Regolazione contrattuale by litigation
Analogamente a quanto avviene per altri mercati regolati, la normativa settoriale sulle comunicazioni elettroniche prevede una disciplina ad hoc per la risoluzione delle controversie tra operatori (oltre che, come si vedrà in seguito, tra operatori ed utenti), finalizzata a garantire che le stesse vengano decise in tempi brevi da un organismo tecnicamente preparato e che la relativa decisione tenga adeguatamente conto anche delle finalità perseguite dalla regolazione [60]. Tale disciplina, che trova nella materia dei contratti di accesso ed interconnessione un ambito elettivo di applicazione, è imperniata sull’attribuzione al regolatore settoriale – all’AGCOM – della competenza a dirimere le controversie aventi ad oggetto «gli obblighi derivanti dal Codice, dalla direttiva quadro, dalle direttive particolari, da provvedimenti dell’Autorità ovvero da altri fonti, anche negoziali, che ne costituiscono attuazione» [61]. Sono esclusi da tale competenza i conflitti tra operatori che attengano solo a questioni di carattere contrattuale, che non coinvolgano neanche indirettamente l’applicazione di prescrizioni regolatorie. E, d’altro canto, tale competenza non ricorre laddove «entrambe le parti vi abbiano espressamente derogato prevedendo altri mezzi per la soluzione della controversia» [62]. È anche opportuno segnalare che, come la relativa normativa ha cura di precisare, la procedura affidata all’AGCOM «non preclude alle parti la possibilità di adire un organo giurisdizionale» [63]; e che tra la medesima procedura e il ricorso agli ordinari rimedi giurisdizionali vi è una inequivoca alternatività, tant’è vero che il regolamento approvato dall’AGCOM prevede che la prima non possa essere promossa qualora per lo stesso oggetto e tra le stesse parti sia già stata adita l’autorità giudiziaria e che essa d’altra parte divenga improcedibile laddove l’azione giudiziale venga proposta successivamente [64]. L’intervento del regolatore come “risolutore” delle controversie può dunque essere attivato anche da una sola delle parti in conflitto [65], sempre che la stessa non vi abbia preventivamente rinunciato e sempre che essa o la controparte non decidano invece di rivolgersi ad un giudice. Occorre ovviamente [continua ..]
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4. I contratti di utenza
La regolazione dei contratti di utenza relativi alle comunicazioni elettroniche s’inserisce nel quadro di una disciplina finalizzata a garantire «la disponibilità […] di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza efficace e un’effettiva possibilità di scelta, nonché [a] disciplinare i casi in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato» [79]. Come per i contratti di accesso e di interconnessione, il modello di regolazione definito per i rapporti di utenza dalle fonti comunitarie e nazionali, pur non discostandosi fortemente da quello applicato (a valle della liberalizzazione dei relativi mercati) per gli altri servizi di interesse economico generale [80], esprime peraltro la più accentuata connotazione concorrenziale che è propria del settore delle comunicazioni elettroniche. Qui, più che in altri settori, la protezione accordata agli utenti mira fondamentalmente a ridurre le asimmetrie informative e di potere negoziale degli stessi nei confronti dei fornitori [81] e non a sostituire le dinamiche di mercato – e in particolare quelle inerenti ai prezzi dei servizi – con misure di stampo finalistico o comunque imperativo. Dato che nelle comunicazioni elettroniche un’effettiva concorrenza può sicuramente esserci – e in effetti, in molti dei segmenti in cui il relativo mercato si articola, si è già affermata –, la regolazione dei rapporti di utenza può tendenzialmente limitarsi ad intervenire per correggere taluni squilibri di partenza – per ristabilire (o per creare) il “contraddittorio paritario” tra i soggetti del mercato [82] –, per poi lasciare uno spazio significativo all’autonomia negoziale delle parti [83], sia pure sotto la vigilanza del regolatore settoriale. Solo laddove operi il servizio universale – com’è ben noto, rivolto a garantire la fruizione di servizi ritenuti essenziali da parte di chiunque vi abbia interesse, indipendentemente dalle sue condizioni economiche e dalla sua collocazione geografica [84] – la regolazione si fa più stringente e può spingersi sino a definire autoritativamente i prezzi che l’impresa o le imprese designate come fornitori dello stesso devono rispettare [85]. A [continua ..]
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4.1. L'allocazione dei costi da recesso tra promozione della concorrenza e tutela dell’affidamento contrattuale
Come già riferito, la norma del decreto n. 7/2007 prevede – con una prescrizione che appare in sé del tutto ragionevole e condivisibile – che il recesso non possa comportare per l’utente altre spese oltre a quelle giustificate dai costi sostenuti dall’operatore. Tra le diverse questioni che l’attuazione di tale disposizione comportava vi era anche quella di stabilire se l’operatore che subisce il recesso possa chiedere il rimborso dei soli costi sostenuti a causa e al momento della disattivazione del contratto oppure anche di quelli affrontati in precedenza per attivare il medesimo (in particolare, per installare l’apparecchiatura necessaria per fruire del servizio). L’AGCOM aveva ritenuto che la soluzione più coerente con la finalità pro-concorrenziale della norma da applicare fosse la prima, pur se questo inevitabilmente comportava l’irrecuperabilità, in caso di recesso, di una parte dei costi effettivamente sostenuti dall’operatore, e l’aveva quindi imposta alle imprese interessate [103]. Il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di tale soluzione, l’ha pienamente avallata, sulla base della considerazione che la disposizione in questione sarebbe stata inequivoca «nell’autorizzare l’operatore a chiedere all’utente, che recede anticipatamente, il rimborso delle sole spese affettivamente affrontate per la disattivazione dell’impianto e in funzione della stessa», e che, d’altro canto, l’opposta interpretazione sarebbe risultata in contrasto con la ratio della norma, che, allo scopo di evitare effetti di retention del cliente, avrebbe voluto tenere indenne l’operatore delle sole spese vive sostenute a seguito del recesso [104]. Quanto al danno che tale soluzione comporta per le imprese, alle quali viene così impedito il recupero delle somme investite all’atto dell’instaurazione del rapporto contrattuale, esso, secondo tale prospettazione, sarebbe dalle stesse facilmente evitabile chiedendo all’utente, al momento della sottoscrizione del contratto, «il pagamento immediato di tutto quanto attiene all’instaurazione del servizio», e quindi rinunciando a strategie commerciali finalizzate ad «attirare i potenziali clienti, e a non scoraggiarli ponendoli di fronte ad un [continua ..]
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4.2. La risoluzione stragiudiziale delle controversie tra operatori e utenti
Come per i contratti di accesso e di interconnessione sopra analizzati, anche per quelli di utenza la regolazione settoriale relativa alla comunicazioni elettroniche prevede procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie [111]. L’art. 84 del CCE affida infatti all’AGCOM il compito di adottare procedure extragiudiziali «trasparenti, non discriminatorie, semplici e poco costose per l’esame delle controversie […] inerenti alle condizioni contrattuali o all’esecuzione dei contratti riguardanti la fornitura» di reti o servizi di comunicazione elettronica [112]. Ricordato che anche in questa materia, come in generale per tutti gli atti (dell’AGCOM e anche del Ministero dello Sviluppo Economico) su «questioni attinenti ai diritti degli utenti finali e dei consumatori in materia di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico», l’Autorità deve porre in essere procedure di consultazione pubblica [113], occorre sottolineare che rispetto a quanto previsto per la risoluzione delle controversie tra operatori emergono qui significative diversità di disciplina. La prima di tali differenze riguarda l’ambito di operatività delle procedure in questione: mentre nel caso dei contratti di accesso e di interconnessione, come si è visto in precedenza, esse possono trovare applicazione solo relativamente a questioni almeno indirettamente concernenti prescrizioni regolatorie (non quindi per quelle di carattere esclusivamente contrattuale), viceversa rispetto ai rapporti di utenza tutte le controversie «inerenti alle condizioni contrattuali o all’esecuzione dei contratti» possono – come si è appena ricordato – essere oggetto delle stesse. Una seconda fondamentale differenza attiene al fatto che le procedure relative alle controversie tra operatori e utenti hanno una struttura bifasica, e cioè si articolano necessariamente in una prima fase – obbligatoria – in cui viene esperito un tentativo di conciliazione tra le parti e in una seconda fase – meramente eventuale – in cui, fallito il tentativo di conciliazione, la controversia può essere sottoposta alla decisione vincolante dell’AGCOM [114]. Il previo esperimento del tentativo di conciliazione è, appunto, obbligatorio per poter poi procedere in sede giurisdizionale [115] e dunque [continua ..]
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5. Regolazione dei contratti di comunicazione elettronica e principio di legalità
Anche nel settore delle comunicazioni elettroniche, come per gli altri mercati in cui opera un regolatore indipendente, non può non porsi il tema cruciale del rapporto tra poteri amministrativi di regolazione e principio di legalità. Se ed in che misura un’autorità indipendente di regolazione possa legittimamente introdurre a carico di soggetti privati vincoli e prescrizioni non puntualmente previsti in una norma di legge, e se, d’altro canto, il legislatore possa legittimamente conferire ad una tale autorità poteri suscettibili di tradursi in vincoli e prescrizioni per i privati senza definire con esattezza presupposti, contenuto ed effetti dei medesimi, sono questioni sulle quali dottrina e giurisprudenza si sono in questi anni ripetutamente interrogate, senza peraltro pervenire – a quanto sembra – a conclusioni sufficientemente condivise e consolidate [122]. Tali questioni riguardano qualunque potere amministrativo di regolazione, attinente al mercato nel suo complesso o all’attività od organizzazione dei soggetti che in esso operano, e concernono dunque anche i poteri di incidenza normativa o puntuale sui contratti. È lecito e opportuno chiedersi se l’AGCOM, come qualunque altro regolatore settoriale, possa imporre ad uno o più operatori di concludere un contratto o di tenere una data condotta negoziale o ancora di inserire in contratto determinate clausole solo se ed in quanto a ciò sia espressamente e specificamente autorizzata dal legislatore, ovvero se basti a tale scopo una generale attribuzione di competenza su una data materia, sia pure accompagnata dall’indicazione dei fini da perseguire, oppure addirittura se non occorra nemmeno quell’attribuzione di competenza materiale e sia già solo sufficiente la funzionalità di tali prescrizioni rispetto alla missione affidata ad esso dal legislatore. Con riguardo alle comunicazioni elettroniche, tale questione è stata esplicitamente posta in sede giudiziale in diverse occasioni, in particolare con riferimento ai contratti di utenza [123]. Appare d’altro canto indubbio, anche alla luce dell’esperienza relativa ad altri settori, che essa possa venire in rilievo pure per i contratti di accesso e di interconnessione. Non risolve il problema, com’è opportuno chiarire nuovamente, la circostanza già rilevata che anche nel settore qui [continua ..]
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6. Violazione delle prescrizioni regolatorie ed effetti sul contratto
Sul tema del mancato rispetto delle prescrizioni dettate dai regolatori indipendenti relativamente ai contratti e delle conseguenze che ne derivano la dottrina civilistica e la giurisprudenza si sono in questi ultimi anni ripetutamente interrogate [142], allo scopo di chiarire, in particolare, se ed in che misura possano estendersi a tale vicenda le regole dettate dal codice civile in materia di violazione di norme imperative di legge. Non constano peraltro riflessioni specificamente riguardanti i contratti di comunicazione elettronica. Vi sono invece alcune prime, assai scarne pronunce giurisprudenziali e alcune interessanti decisioni dell’AGCOM in sede di risoluzione delle controversie tra operatori. Non è questa la sede per l’analisi degli orientamenti generali di dottrina e giurisprudenza in materia di etero-regolamentazione del contratto. È tuttavia opportuno, prima di concentrarsi sui profili più direttamente attinenti al settore qui considerato, dare conto brevemente di quegli orientamenti. È bene muovere, al riguardo, dall’osservazione che gli interventi delle autorità indipendenti riguardanti la disciplina dei contratti possono essere ricondotti a due grandi classi: quella relativa alle misure intese a disciplinare i procedimenti di formazione e conclusione dei contratti, imponendo specifici obblighi di comportamento ai soggetti nei cui confronti si esplica il potere di regolazione; e quella inerente invece alle misure volte a definire il contenuto (o anche la forma) del contratto [143]. La violazione delle misure e prescrizioni regolatorie del primo tipo – e dunque innanzitutto degli obblighi informativi finalizzati a ridurre le asimmetrie conoscitive tra operatori e tra operatori e utenti – determina, secondo l’orientamento sin qui espresso dalla Cassazione, la responsabilità pre-contrattuale di chi le pone in essere, se le stesse vengono realizzate nella fase precedente o coincidente con la stipula del contratto; e determina invece la responsabilità contrattuale per inadempimento o inesatto adempimento, se sono compiute nella fase di esecuzione del contratto [144]. Quanto invece alla difformità dei contratti dalle misure di regolazione amministrativa inerenti al contenuto (o alla forma) degli stessi, si è già sopra notato che appare largamente (anche se non unanimemente) diffusa l’opinione che essa, se ed in [continua ..]
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NOTE