Rivista della Regolazione dei MercatiCC BY-NC-SA Commercial Licence E-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Das Rheingold: il governo della moneta (unica) nella sentenza del BVerfG sul Public Sector Purchase Program (di Giuseppe Sciascia)


Il contributo analizza l’articolata e attesa decisione della Corte costituzionale tedesca in merito all’attuazione del Public Sector Purchase Program, avviato dalla Bce per salvaguardare l’integrità dell’euro e assicurare una trasmissione uniforme degli stimoli di politica monetaria nell’Eurozona. Pur ponendo fine alla saga Weiss, la pronuncia dei giudici di Karlsruhe mette non soltanto in discussione la dinamica di interazione tra corti nazionali e corte europea, ma alcuni dei paradigmi che definiscono i margini di azione della Bce. Il commento si sofferma su tre profili: il problema delle tecniche di sindacato basate sul ricorso al principio di proporzionalità; il permanere di visioni distinte in merito alla convivenza di competenze asimmetriche nelle materie della politica monetaria e della politica economica; le conseguenze indirette per il corso della politica monetaria europea inaugurato per far fronte alla pandemia.

Das Rheingold: The Governance of the (Single) Currency in the BverfG’ Decision on the Public Sector Purchase Program

The essay analyses the complex and much awaited decision of the German constitutional court concerning the implementation of the Public Sector Purchase Program launched by the Ecb to safeguard the single currency and ensure a uniform transmission of monetary policy stimulus in the Eurozone. While this decision formally closes the Weiss saga, it nonetheless represents an admonition for the policy orientations of the European monetary authority, as well as a threat to the established interplay between national and European legal orders. The note focuses on three profiles: the role of the principle of proportionality in judicial review; the ongoing attempt to devise a clear distinction between monetary and economic policy, also in light of the asymmetries in the allocation of competences; the indirect consequences stemming from the decision itself for the ongoing extraordinary monetary policy efforts undergoing to counteract the pandemic emergency.

BVERFG, SECONDO SENATO, SENTENZA 5 MAGGIO 2020, N. 2 BVR 859/15

MASSIME:

1. In linea di principio, laddove il controllo giudiziale su un atto ultra vires o sul rispetto dell’identità costituzionale (tedesca) comporti la risoluzione di questioni relative all’interpreta­zione o alla validità di atti di istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione europea, la Corte costituzionale federale può basare il proprio scrutinio sulla valutazione e l’interpretazione dei medesimi fornite dalla Corte di giustizia europea.

2. Interpretando i Trattati in maniera non comprensibile e, pertanto, oggettivamente arbitraria, la Corte di giustizia dell’Unione europea travalica il mandato giurisdizionale che le spetta in virtù dell’Articolo 19(1), secondo periodo, del Trattato sull’Unione europea. In tali ipotesi, le decisioni della Corte non sono più coperte dall’articolo 19(1), secondo periodo, del Trattato sull’Unione europea, letto in congiunzione con le disposizioni interne di recepimento; per quanto concerne l’ordinamento tedesco, decisioni della specie sono prive della legittimazione democratica necessaria in base all’articolo 23(1), secondo periodo, letto in congiunzione con gli articoli 20(1) e (2), nonché 70(3), della Costituzione federale.

3. Quando vengano in rilievo interessi fondamentali degli Stati membri, come nelle ipotesi in cui si debbano interpretare le competenze conferite all’UE, il controllo giudiziale non può limitarsi ad asseverare le posizioni espresse da un’istituzione europea, quale la BCE, omettendo di provvedere a un adeguato scrutinio. In particolare, l’elevata discrezionalità conferita alla banca centrale e uno standard di controllo eccessivamente deferente ledono il principio di attribuzione, erodendo significativamente le competenze degli Stati membri.

4. Il riconoscimento di un elevato margine di discrezionalità a un’istituzione europea, quale la BCE, e l’applicazione di uno standard di controllo limitato da parte della Corte di giustizia del­l’Unione europea determinano una chiara lesione dell’effettività del principio di attribuzione e danno luogo a una progressiva erosione delle competenze degli Stati membri.

5. Al fine di salvaguardare il principio democratico, è necessario che gli elementi fondanti il riparto di competenze nell’Unione europea siano pienamente rispettati. Le finalità del programma europeo di integrazione non possono determinare una erosione del principio di attribuzione, che costituisce uno dei principi fondamentali dell’Unione europea.

6. Nel quadro della delimitazione delle competenze tra Unione europea e Stati membri, il principio di proporzionalità e la complessiva valutazione che lo stesso richiede sono di particolare rilevanza in relazione al principio di democraticità e alla sovranità popolare. Una non adeguata ponderazione di tali requisiti può modificare gli elementi fondanti del riparto di competenze nell’Unione europea, ledendo il relativo principio di attribuzione.

7. Un programma di politica monetaria come il PSPP può essere ritenuto coerente con il principio di proporzionalità solo nella misura in cui rispetti determinate condizioni atte a garantirne pienamente l’adeguatezza, idoneità e necessarietà rispetto agli obiettivi perseguiti: il principio di proporzionalità impone di identificare, ponderare e bilanciare tra loro gli obiettivi di politica monetaria e gli effetti di politica economica di un programma del genere. Quando gli obiettivi di politica monetaria di un programma sono perseguiti in maniera incondizionata e gli effetti di politica economica sono del tutto trascurati, si verifica una violazione manifesta del principio di proporzionalità di cui all’art. 5(1), secondo periodo, e 5(4) del Trattato sul­l’Unione europea.

8. Il fatto che il SEBC non disponga di competenze per l’assunzione di decisioni di politica economica o sociale non esclude che gli effetti di un dato programma per l’acquisto di titoli pubblici su elementi quali, tra gli altri, il debito pubblico, i risparmi personali e i sistemi pensionistici, vengano tenuti in adeguata considerazione nell’ambito della valutazione di proporzionalità richiesta in base agli articoli 5(1), secondo periodo, e 5(4) del Trattato sull’Unione europea, né che vengano ponderarti rispetto agli obiettivi di politica monetaria che il piano in questione intende perseguire.

9. Al fine di determinare se un programma come il PSPP comporti una manifesta violazione del divieto di cui all’Articolo 123(1) del TFUE non risulta possibile far leva su un solo criterio; piuttosto, risulta necessaria la ponderazione di tutte le circostanze rilevanti. In particolare, l’appo­sizione di un limite all’acquisto pari al 33% e la distribuzione degli acquisti sulla base della capital key della BCE prevengono l’esecuzione di acquisti selettivi a vantaggio di singoli Stati membri e la circostanza che l’Eurosistema ne diventi il principale creditore.

10. Nell’ipotesi in cui il regime di condivisione dei rischi per l’acquisto dei titoli previsto dal PSPP venga assoggettato a modifiche con effetto retroattivo, la competenza in materia di bilancio del parlamento federale tedesco verrebbe intaccata in violazione dell’articolo 79(3) della Costituzione federale. In particolare, tale circostanza comporterebbe l’assunzione di obblighi derivanti da decisioni di un soggetto terzo e con conseguenze potenzialmente non prevedibili, in contrasto con la disciplina costituzionale interna.

11. In virtù delle responsabilità loro attribuite nel contesto del processo europeo di integrazione, il governo e il parlamento federale devono adottare misure tali da assicurare che la Banca centrale europea conduca una valutazione di proporzionalità. Tali organi devono comunicare in maniera chiara la propria posizione alla Banca centrale europea o assumere qualsiasi altra iniziativa che consenta di ripristinare il pieno rispetto dei Trattati.

12. Gli organi costituzionali, gli apparati amministrativi e le corti tedesche non possono partecipare alla formazione, all’attuazione e all’esecuzione di atti ultra vires. Tale principio si applica in linea generale anche alla Bundesbank.

SOMMARIO:

1. Whatever it takes? - 2. Prologo - 3. Il giudizio del BVerfG: le premesse concettuali - 3.1. La critica alla CGUE e lo standard of review degli atti ultra vires - 3.2. Il rapporto tra politica economica e politica monetaria - 3.3. Il divieto di finanziamento monetario - 4. Dopo il 5 maggio: scenari e conseguenze - NOTE


1. Whatever it takes?

Sono trascorsi otto anni dall’evento londinese durante il quale l’allora Presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi scandì il celebre «whatever it takes» [1], preannunciando una svolta nel percorso europeo di integrazione monetaria minacciato dalla crisi del debito sovrano esplosa sull’on­da lunga del tracollo della finanza globale [2]. L’eco di quella ferma dichiarazione giunge attutito nei 237 paragrafi della sentenza con la quale, durante la prima pandemia dell’età della globalizzazione [3], il Bundesverfassungsgericht (BVerfG) ha dichiarato, con un giudizio “a tempo”, l’illegittimità del programma di acquisto di titoli del settore pubblico sui mercati secondari noto come «PSPP» (Public Sector Purchase Program). Questa iniziativa di politica monetaria costituisce un elemento essenziale dell’azione di salvaguardia dell’euro svolta in questi anni dalla BCE, e rappresenta, come si dirà, la base di partenza per quelle ulteriori «misure senza precedenti» attuate in occasione della crisi corrente per arginare il rischio di una nuova ondata di instabilità nell’Euro­zona.

Scrivendo una pagina inedita nel frastagliato percorso di dialogo tra le corti superiori dell’UE [4], la sentenza della Corte costituzionale tedesca dello scorso 5 maggio è intervenuta su una vicenda che ha messo a nudo le tensioni dell’integrazione economica europea. La pronuncia è l’ultimo atto di una vera e propria «saga» [5] originata da vari ricorsi individuali presentati al BVerFG già all’inizio dello scorso decennio, da cui sono scaturiti due rinvii pregiudiziali (tra cui il primo nella storia della corte) alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) [6]. Le argomentazioni spese dai giudici europei per blindare la rete di salvaguardia dell’Unione economica e monetaria (UEM) non hanno però appagato i giudici di Karlsruhe, rintuzzando un dibattito che tocca il cuore del rapporto tra ordinamenti nazionali e ordinamento europeo e si pone oltre gli angusti tecnicismi del governo della moneta [7].

La pronuncia del BVerfG tocca tre punti essenziali: il riparto di competenze tra giudici nazionali ed europei in ordine al vaglio di legittimità degli atti delle istituzioni dell’UE; la portata e l’ampiezza dello scrutinio di proporzionalità su tali atti, nonché le conseguenze di un approccio interpretativo della CGUE metodologicamente fallace; il confine tra politica monetaria e politica economica, con particolare riguardo agli effetti della prima sul terreno proprio della seconda e alle implicazioni per la demarcazione tra sovranità delegata e sovranità ritenuta nel sistema giuridico europeo.

In via principale, il BVerfG ha affermato che la CGUE vìola il proprio mandato laddove interpreta il diritto europeo in maniera non comprensibile e, pertanto, oggettivamente arbitraria: in conformità alla costituzione federale tedesca (GG), decisioni della specie sono prive della necessaria legittimazione democratica nell’ordinamento interno e dunque inapplicabili. Inoltre, laddove vengano in rilievo interessi fondamentali degli Stati membri, come nelle ipotesi in cui si debbano interpretare le competenze conferite all’UE, il controllo giudiziale non può limitarsi ad asseverare le posizioni espresse da un’istituzione europea, quale la BCE, omettendo di provvedere a un adeguato scrutinio: infatti, l’elevata discrezionalità conferita alla banca centrale congiunta a uno standard di controllo giurisdizionale eccessivamente deferente ledono il rispetto del principio di attribuzione, erodendo significativamente le competenze degli Stati membri. Ancora, posto che il principio di proporzionalità costituisce lo strumento per garantire una corretta delimitazione delle competenze tra UE e Stati membri, un programma come il PSPP può risultare coerente con tale principio solo laddove rispetti determinate condizioni atte a garantirne pienamente l’adeguatezza, idoneità e necessarietà rispetto agli obiettivi perseguiti: spetta alle corti verificare a pieno come gli obiettivi di politica monetaria dichiarati non generino effetti sproporzionati sul piano delle politiche economiche, non potendosi rimettere un margine di apprezzamento privo di controllo alla stessa banca centrale. Data l’impossibilità di stabilire in maniera definitiva se la BCE abbia omesso di ponderare a pieno gli aspetti ritenuti essenziali per l’effettivo rispetto del parametro di proporzionalità, la Corte ha riconosciuto un periodo transitorio di tre mesi entro il quale il Governing Council potrà adottare una nuova decisione che dia conto in maniera approfondita delle proprie valutazioni: altrimenti, la Bundesbank non potrà dare esecuzione al PSPP, e il Parlamento e il governo tedeschi dovranno, se del caso, intervenire.

L’analisi che segue si sofferma su tre dei molteplici spunti che emergono dalla lettura della pronuncia: il problema delle tecniche di sindacato basate sul ricorso al principio di proporzionalità, terreno principale di scontro tra Karlsruhe e Lussemburgo [8]; il nodo della spasmodica ricerca di un confine netto tra politica monetaria e politica economica; le conseguenze per le nuove misure adottate per far fronte all’attuale pandemia. La disamina è preceduta da una breve ricostruzione della vicenda che ha condotto alla decisione in commento e da un richiamo alle premesse su cui si fonda il ragionamento del zweiter Senat. Nelle conclusioni si traccia un quadro degli scenari seguiti alla pubblicazione della decisione: sebbene i rischi di effettivo impatto nel caso concreto siano stati nei fatti disinnescati, si noterà come il monito giunto da Karlsruhe si pone a un tempo come opportunità e minaccia per il cammino europeo di integrazione giuridico-economica.


2. Prologo

La vicenda che ha condotto alla pronuncia del 5 maggio scorso del BVerfG è notevolmente articolata: nel corso di circa un decennio ha infatti intersecato gli interventi che hanno ridisegnato i caratteri della governance economica europea.

Il prologo del conflitto sulla vicenda PSPP ha inizio con la conferenza stampa del 6 settembre 2012 durante la quale il Consiglio direttivo della BCE annunciava il varo del programma di Outright Monetary Transactions (OMT). Il piano si poneva l’obiettivo di preservare l’unicità della politica monetaria dell’area euro e la sua corretta e univoca trasmissione, fronteggiando le distorsioni sul mercato dei titoli di Stato correlate ai timori di una disgregazione della valuta unica originate dalla crisi del debito sovrano che aveva investito l’UE dopo l’intesa di Deauville [9]. Veniva quindi definita la possibilità per la BCE e per le banche centrali del SEBC di acquistare sul mercato secondario e in quantità illimitate titoli sovrani con scadenze prevalentemente brevi (1-3 anni), condizionata all’adesione dell’emittente a un programma di aggiustamento macroeconomico, anche di tipo preventivo, disciplinato e monitorato sulla base del MES, con l’eventuale supporto dell’IMF.

Nei giorni immediatamente successivi, migliaia di cittadini tedeschi sottoponevano al secondo senato della Corte costituzionale tedesca diversi ricorsi individuali di costituzionalità assistiti da richieste per la provvisoria adozione di misure cautelari. Il gruppo parlamentare Die Linke presentava intanto un ricorso per conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente della Repubblica federale tedesca diretto a impedire la promulgazione della legge di ratifica del Fiscal Compact e delle modifiche ai trattati europei necessarie alla stipula del MES. Da queste iniziative emergeva una complessa vicenda giudiziale dipanatasi lungo tre tronconi principali, la cui portata si è man mano ingrossata con l’evolvere degli strumenti di stabilizzazione finanziaria adottati nell’UE.

Un primo filone ha riguardato proprio la vicenda della costituzione del MES. Il BVerfG ha respinto i ricorsi diretti di costituzionalità sia nella fase di delibazione cautelare che nella successiva analisi di merito, articolando, però, precise condizioni da includere nelle dichiarazioni vincolanti per le parti contraenti per renderlo compatibile con il GG. La Corte chiedeva di assicurare il carattere assoluto e insuperabile dei limiti del coinvolgimento economico dello Stato tedesco nel MES, in quanto esclusivamente correlato alla quota di capitale effettivamente sottoscritta, nonché un’adeguata informativa agli organi parlamentari federali, cui non si sarebbero potuti opporre né l’inviolabilità dei documenti del MES né gli obblighi di segreto professionale previsti per i rispettivi organi [10].

Un ulteriore troncone giudiziale ha interessato più direttamente le misure di politica monetaria adottate dal Consiglio direttivo della BCE, con domande di tutela sottoposte sia in via diretta che nel corso della trattazione orale delle istanze relative al MES. Con un’ordinanza del dicembre 2013, la Corte ha quindi separato le problematiche di compatibilità del MES, sopra ricordate, da quelle concernenti le OMTs, provvedendo – a distanza di appena un mese – ad un primo, storico rinvio pregiudiziale alla CGUE [11]. Quest’ultima ha replicato con la pronuncia nota come Gauweiler, in cui ha affermato che gli artt. 119, 123 par. 1, e 127 parr. 1 e 2, TFUE, nonché gli artt. da 17 a 24 del Protocollo n. 4 sullo Statuto del SEBC e della BCE devono essere interpretati nel senso che autorizzano il SEBC a adottare un programma con le caratteristiche proprie delle OMTs [12]. Sulla scorta di tale decisione, il BVerfG si è quindi pronunciato in via definitiva nel giugno 2016: in questa occasione, la corte federale ha confermato che le operazioni rientranti nel programma OMT non rappresentano uno sconfinamento rispetto alle competenze attribuite alla BCE dai trattati europei, ma ha delineato una serie di condizioni sul cui rispetto si è riservata un potere di successiva verifica [13].

Un terzo gruppo di questioni, correlate alle precedenti, ha dato vita al filone Weiss, anch’esso originato da ricorsi presentati da numerosi cittadini tedeschi in ordine alla validità della decisione (UE) 2015/774 della BCE, del 4 marzo 2015, come modificata dalla decisione (UE) 2017/100, dell’11 gennaio 2017, e alla correlata interpretazione dell’art. 4, par. 2, TUE, e degli artt. 123 e 125 TFUE. Le critiche dei ricorrenti si sono appuntate sulle ulteriori misure non convenzionali di politica monetaria assunte dalla BCE e consistenti nella istituzione e attuazione del programma PSPP, parte di un più ampio piano di acquisto di titoli di debito da parte del SEBC denominato EAPP (Expanded Asset Purchase Programme) finalizzato a incrementare la base monetaria e favorire un innalzamento del tasso di inflazione verso la fatidica soglia (tendenziale) del 2%.

Il PSPP è stato avviato con la già ricordata decisione n. 2015/774 e successivamente modificato con vari atti della BCE, l’ultimo dei quali data settembre 2019. Nell’ambito di tale programma, le banche centrali del SEBC sono autorizzate ad acquistare titoli di debito emessi dagli Stati dell’Eurozona, da altre controparti riconosciute, nonché da banche multilaterali di sviluppo stabilite nell’area euro, altre organizzazioni internazionali e – a partire dall’aprile 2016 – da enti sub-statali.

Gli acquisti sono subordinati al rispetto di alcune condizioni. In primo luogo, gli emittenti devono avere, in linea generale e salve alcune eccezioni, una valutazione creditizia non inferiore a una certa soglia determinata tramite ponderazione dei giudizi periodici assegnati dalle agenzie di rating del credito; in secondo luogo, i titoli possono essere acquistati solo se provvisti di una maturity date residua compresa tra uno (inizialmente due) e trent’anni; in terzo luogo, sono posti limiti al massimale di acquisti eseguibili in rapporto al valore totale dei titoli in circolazione, con una differenziazione per tipologia di emittente. Gli acquisti sono effettuati sia dalla BCE che, in misura significativamente maggiore, dalle banche centrali partecipanti al SEBC sulla base della capital key, in modo tale che le banche nazionali acquistino esclusivamente titoli di emittenti stabiliti nella propria giurisdizione.

Come nel caso Gauweiler, anche per Weiss si sono succeduti tre atti: un rinvio pregiudiziale del BverfG, sollevato nel luglio 2017 [14], una decisione da parte della CGUE resa nel dicembre del 2018 [15], e una pronunzia definitiva della corte federale.

Con il rinvio di inizio 2017, il BVerfG aveva sottoposto alla Corte di Lussem­burgo cinque quesiti, riproponendo – in larga misura – le problematiche di compatibilità con le previsioni dei trattati già messe in luce in Gauweiler. Nel­l’ipotesi in cui la decisione 2015/774 avesse travalicato il mandato della BCE o violato l’art. 123 TFUE, ovvero il regime di ripartizione delle perdite risultanti dall’attuazione della stessa avesse pregiudicato il potere di bilancio del Parlamento federale tedesco, il BVerfG sarebbe stato infatti tenuto ad accogliere i vari ricorsi costituzionali diretti ad acclarare il carattere ultra vires delle suddette misure e la correlata inerzia delle istituzioni tedesche rispetto a tali atti. La corte federale aveva pertanto richiesto alla CGUE se la decisione 2015/774 si ponesse in contrasto con gli artt. 123, par. 1, 119, e 127, parr. 1 e 2, TFUE, nonché con gli artt. da 17 a 24 del Protocollo sul SEBC e la BCE. Da una parte, veniva espresso il dubbio della legittimità degli effetti che tale decisione avrebbe potuto comportare sui mercati [16] e sulla ripartizione dei rischi tra le banche centrali partecipanti al programma di acquisti [17] in relazione alla norma che, all’interno della costituzione economica europea, vieta il finanziamento monetario degli Stati membri; dall’altra, veniva manifesta l’opinione che tale decisione travalicasse il mandato della BCE, invadendo, in particolare, le prerogative di esclusiva competenza nazionale nella sfera delle politiche economiche, con contestuale lesione del principio di proporzionalità alla luce del notevole impatto delle misure stesse [18].

La decisione adottata dalla Corte di giustizia si è posta nel solco di Gauweiler: i giudici di Lussemburgo hanno affermato la legittimità del PSPP tenuto conto di quattro elementi fondamentali.

In primo luogo, la Corte ha affermato che la BCE non è venuta meno all’ob­bligo di motivare le proprie decisioni sancito, tra l’altro, dall’art. 296 TFUE, avendo provveduto a chiarire gli obiettivi perseguiti dal PSPP e le ragioni di carattere tecnico-economico addotte a sostegno delle misure controverse sia, direttamente, nei testi delle singole decisioni che, indirettamente, attraverso la pubblicazione dei resoconti delle riunioni del Governing Council e la diffusione di pubblicazioni, dichiarazioni per la stampa e risposte a quesiti utili a inquadrare il tema, le opzioni disponibili e l’effettiva considerazione dei rischi relativi all’attuazione del programma stesso [19].

La Corte ha poi confermato che il PSPP rientra pienamente nella sfera della politica monetaria: e ciò, sia perché i Trattati non hanno inteso operare una separazione assoluta tra politica monetaria e politica economica, ma, anzi, hanno stabilito che il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’UE, fatto salvo il suo obiettivo principale di mantenimento della stabilità dei prezzi, sia perché l’equiparazione tra misure di politica monetaria e misure di politica economica non può discendere dalla semplice circostanza che le prime possano produrre effetti indiretti analoghi a quelli perseguibili con quelle rientranti nella seconda; d’altro canto, il SEBC non può omettere l’adozione di misure di cui siano noti ex ante effetti indiretti di questo genere, ciò potendo ostacolarne la realizzazione degli scopi statutari.

Sul piano del rispetto del principio di proporzionalità, riconoscendo un’am­pia discrezionalità al SEBC in virtù del carattere tecnico delle valutazioni da compiere e della complessità delle stime e delle previsioni da effettuare, la Corte ha negato che la decisione sul PSPP fosse viziata da un errore manifesto di valutazione, ultronea rispetto a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi da essa perseguiti, o potesse dar luogo a effetti negativi manifestamente sproporzionati rispetto alle rispettive finalità, anche in considerazione dell’effettiva presa in considerazione – da parte della BCE – dei rischi associati all’esecuzione del programma di acquisti. In merito alla conformità con l’art. 123 TFUE, i giudici di Lussemburgo hanno notato che il PSPP non ingenera né negli operatori di mercato né negli stessi Stati membri (riducendo l’incentivo a una sana politica di bilancio) l’aspettativa che il SEBC acquisti in maniera massiva e indefinita i titoli pubblici circolanti.

Particolarmente rilevante è, infine, la dichiarazione di irricevibilità dell’ultima questione pregiudiziale, con cui il BVerfG aveva domandato se fosse compatibile con l’art. 4, par. 2, TUE, nonché con gli artt. 123 e 125 TFUE, una decisione della BCE che prevedesse la ripartizione tra le banche del SEBC della totalità delle perdite potenzialmente subite a fronte del default di uno degli Stati membri, circostanza da cui sarebbe eventualmente disceso l’onere per i contribuenti (tedeschi) di ricapitalizzare la stessa banca centrale. Sul punto, accogliendo le eccezioni di diversi governi, tra cui quello italiano, la Corte ha riconosciuto il carattere del tutto ipotetico della questione, e dunque negato la propria replica.


3. Il giudizio del BVerfG: le premesse concettuali

Nell’ultimo atto della vicenda, il BVerfG ha sovvertito la pronuncia della CGUE, dando vita a un conflitto senza precedenti nell’evoluzione del rapporto tra corti dell’Unione. Secondo la Corte, il governo e il parlamento federali hanno violato i diritti dei ricorrenti protetti dall’art. 38, comma 1, in combinato disposto con gli artt. 20, commi 1 e 2, e 79, comma 3, del GG, in quanto non hanno adottato alcuna misura volta a contestare le decisioni relative all’isti­tuzione e all’attuazione del PSPP, atti nei quali il Governing Council della Bce non ha valutato o dimostrato in maniera adeguata l’effettivo rispetto del principio di proporzionalità. Con questa massima, ha quindi stabilito che le decisioni sul PSPP ledono specifici diritti fondamentali riconosciuti dalla costituzione tedesca, e che a tale lesione hanno concorso, in via omissiva, i massimi organi federali: è stato leso il diritto di voto salvaguardato dall’art. 38 GG; è stata lesa l’identità costituzionale tedesca in rapporto alle competenze dell’UE, tutelata dagli artt. 20, commi 1 e 2, e 79, comma 3, GG [20].

L’affermazione conclusiva della pronuncia deriva da due tracce argomentative principali: da una parte, la riconsiderazione dello standard per la revisione degli atti ultra vires delle istituzioni europee, con una critica marcata e integrale alla decisione Weiss; dall’altra, la (conseguente) revisione autonoma delle decisioni sul PSPP, alla luce del rispetto del principio di proporzionalità e in rapporto alle norme fondamentali del diritto dell’Unione riguardanti l’esercizio della politica monetaria e, più in generale, la governance economica dell’Euro­zona. La corposa decisione in commento presenta dunque una notevole pars destruens, integralmente diretta a neutralizzare l’efficacia vincolante dell’inter­pretazione pregiudiziale resa dalla CGUE, e una più circoscritta pars costruens, tesa a colmare il vuoto lasciato dal venir meno del vincolo sovranazionale.

La premessa concettuale da cui prendono le mosse i giudici di Karlsruhe è data dalla riaffermazione del proprio potere di sindacato su atti di rango sub-primario delle istituzioni europee nell’ambito di azioni proposte in via diretta da cittadini tedeschi a tutela dei propri diritti costituzionali. Nella pronuncia, il zweiter Senat ha dato continuità a quella giurisprudenza con la quale ha frapposto una serie di salvaguardie tese a difendere l’ingresso nell’ordinamento tedesco di atti europei ritenuti contrari a un nucleo fondamentale di principi di diritto interno. A partire dai primi anni ’90, con la sentenza nota come Maastricht-Urteil, il BVerfG ha infatti definito i caratteri dell’attività di controllo giudiziale che, a fronte dell’asserita lesione del diritto individuale di voto protetto dal­l’art. 38, comma 1, GG, può estendersi al vaglio di atti dell’UE per verificarne l’effettiva copertura da parte della legge federale di autorizzazione alla ratifica dei trattati [21].

Secondo parametri ulteriormente sviluppati nel caso Honeywell, la categoria dei c.d. atti ultra vires ricomprende provvedimenti che diano luogo tanto a un travalicamento manifesto delle attribuzioni conferite alle istituzioni dell’UE, quanto a una stabile espansione delle medesime a discapito degli Stati membri [22]. Tuttavia, in virtù dell’esigenza di cooperazione tra livello nazionale e sovranazionale, l’interpello preventivo della CGUE costituisce condizione necessaria per l’accesso a una declaratoria di illegittimità degli atti in questione, vincolo preventivo che consente al BVerfG di negarne la validità solo in casi estremi e tenuto conto dell’interpretazione del giudice europeo. Al contempo, il sindacato ultra vires è ammesso solo nell’ipotesi in cui possa condurre a una dichiarazione di responsabilità degli organi costituzionali tedeschi per violazione dei rispettivi obblighi con riguardo al programma di integrazione europea (Integrationsprogramm): il potere dei giudici federali ha infatti come scopo ultimo quello di assicurare che tali atti rispettino i limiti imposti dal GG con riguardo alla partecipazione dello Stato tedesco all’UE, in considerazione della preminenza delle norme che tutelano l’identità costituzionale tedesca.


3.1. La critica alla CGUE e lo standard of review degli atti ultra vires

Con la decisione in esame, la Corte federale compie un ulteriore passo in avanti nell’edificazione del proprio sistema di controlimiti, bypassando l’inter­pretazione degli atti controversi fornita dalla CGUE attraverso la negazione della ragionevolezza e la critica della tenuta logica della decisione resa in via pregiudiziale.

Per giungere a dichiarare illegittimo il programma PSPP, il BVerfG rivolge quindi una critica rigorosa e dai toni veementi nei confronti della pronuncia Weiss, facendo leva sulla problematica (definita come vera e propria «ossessione» dei giudici costituzionali tedeschi [23]) del principio di competenza in rapporto al principio di proporzionalità. Sebbene, come in precedenza accennato, la validità e l’interpretazione di un atto di diritto europeo sottoposto al controllo della corte federale non possa prescindere dal giudizio della CGUE, un intervento di quest’ultima che si risolva in un’interpretazione non comprensibile e, pertanto, oggettivamente arbitraria dei Trattati, non assumerebbe un’effettiva capacità vincolante per il giudice tedesco. Questa circostanza eccezionale si sarebbe verificata nel caso di specie: in un sol colpo, dunque, il BVerfG ha non soltanto ribadito la propria competenza a sindacare la validità di un atto europeo – una decisione di politica monetaria adottata dalla BCE –, ma altresì negato la vincolatività dell’interpretazione data di tale stesso atto dal giudice europeo, contestandone la metodologia interpretativa.

Il BVerfG si è «riappropriato» del potere di valutare a pieno la validità delle decisioni sul PSPP osteggiando il modo in cui la CGUE ha dato applicazione al principio di proporzionalità, inquadrato dalla pronuncia come parametro di controllo essenziale dell’azione dell’Unione. La motivazione prende infatti le mosse da una ricostruzione particolareggiata delle origini del principio e delle sue caratteristiche, rammentando l’articolazione dello standard di controllo nei parametri di idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto (GeeignetheitErforderlichkeitAngemessenheit) [24]. Procede, quindi, a richiamare la copiosa giurisprudenza della stessa Corte di giustizia in cui se ne è riconosciuta la valenza generale per il diritto dell’Unione.

A tal proposito, la decisione muove tre osservazioni generali: in primo luogo, sottolinea come l’interpretazione del principio di proporzionalità promossa dalla CGUE non sempre coincida con quella propugnata dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale tedesca; in secondo luogo, osserva che, nella giurisprudenza europea, una misura viene giudicata normalmente conforme a tale principio laddove risulti adeguata al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla disciplina di riferimento, non ecceda i limiti di quanto sia appropriato e necessario per raggiungere tali stessi obiettivi, e – per così dire de minimis – non risulti manifestamente inappropriata con riguardo agli scopi finali; infine, nota come recenti pronunce della CGUE mostrino una tendenza ad un uso frammisto dei parametri di necessarietà e proporzionalità in senso stretto.

Con Weiss, la Corte di giustizia avrebbe svuotato di significato il principio di proporzionalità, neutralizzando la capacità dello stesso di determinare una distinzione esatta tra politica monetaria e politica economica, ovvero tra un ambito rimesso all’esclusiva competenza dell’UE e un ambito in cui quest’ultima può esercitare solo un limitato potere di coordinamento: secondo il BVerfG, l’interpretazione della CGUE non consentirebbe al principio in questione di adempiere a quella funzione di salvaguardia delle competenze degli Stati membri che gli sarebbe conferita dall’art. 5, parr. 1 e 4, TUE. In particolare, il test di appropriatezza e necessarietà applicato alle decisioni istitutive del PSPP non avrebbe tenuto conto degli effetti del programma su una sfera di esclusiva competenza degli Stati membri quale è la politica economica, né avrebbe ponderato tali effetti con i benefici attesi con riguardo al raggiungimento degli obiettivi di politica monetaria. Riprendendo la critica già mossa nella decisione sul caso Gauweiler del giugno 2016, si ribadisce poi come l’accettazione acritica dell’inquadramento degli obiettivi perseguiti da un’istitu­zione europea, il riconoscimento di un margine di discrezionalità particolarmente ampio alla stessa e un contestuale affievolimento dello standard di controllo comportano, di fatto, l’attribuzione alla medesima del potere di decidere autonomamente sul perimetro delle competenze a essa trasferite dagli Stati membri, con conseguente lesione del principio costituzionale di attribuzione.

La critica metodologica sollevata dal BVerfG in queste prime ma fondamentali battute della pronuncia non può dirsi a sua volta esente da obiezioni, che ne disvelano i limiti al di là del successivo tentativo di netta distinzione tra politica monetaria e politica economica. Tali limiti, come si vedrà, inficiano poi la complessiva tenuta dell’intera pronuncia, indebolendone la tenuta.

Il primo problema riguarda la valenza del principio di proporzionalità e il suo rapporto con il nodo del riparto di competenze tra UE e Stati membri. La Corte tedesca propone una lettura congiunta dei paragrafi primo, seconda frase, e quarto dell’art. 5 TUE: il principio di proporzionalità opererebbe, in tal modo, come guardiano della delimitazione di attribuzioni dell’Unione in rapporto a quelle appartenenti agli Stati membri, ovvero a quelle da questi non conferite e rientranti nella loro sfera esclusiva. Questa lettura è però dubbia nella misura in cui sembra voler far coincidere la delimitazione delle competenze dell’UE con il suo esercizio, distinzione che la norma del Trattato poc’anzi richiamata pone in maniera abbastanza chiara. E in effetti, se è vero che le competenze sovranazionali sono rette dal principio di attribuzione, sicché è consentito al­l’UE di agire nei soli limiti di quanto riconosciuto dai trattati e per realizzare gli obiettivi ivi indicati, il principio di proporzionalità governa – in uno al principio di sussidiarietà – una fase logicamente successiva a quella della delimitazione e identificazione di tali competenze, ovvero quella della loro attivazione tramite l’emanazione di atti, momento che il paragrafo quarto dell’art. 5 TUE etichetta come «azione dell’Unione» [25]. La lettura dell’art. 5 TUE proposta dal BVerfG è, in breve, quantomeno parziale, poiché non tiene conto dell’alterità della fase in cui il principio di proporzionalità può effettivamente intervenire quale parametro di controllo dell’azione europea, pretendendo poi di attribuire al medesimo un ruolo che non sembra competergli alla luce del dato letterale dell’intero art. 5.

La seconda critica che può rivolgersi riguarda la declinazione dello stesso principio di proporzionalità, sia sotto un profilo metodologico che su di un piano sostanziale.

Sul primo versante, vi è una contraddizione tra la critica mossa dal BVerfG all’impostazione seguita dalla CGUE e il successivo ricorso a un canone interpretativo a carattere esclusivamente nazionale: anche ipotizzando la fondatezza delle obiezioni , e dunque la possibilità per il giudice costituzionale federale di ritenersi non vincolato dalle risposte ai quesiti pregiudiziali in ragione della loro debolezza logica, non si comprende la ragione per la quale l’interpretazione del giudice tedesco possa poi fondarsi sulla sola declinazione interna del principio di proporzionalità. Piuttosto che intraprendere la strada del disvelamento di un conflitto (verticale) tra letture diverse del medesimo principio, il BVerfG avrebbe forse potuto (e dovuto) leggerlo con le lenti della Corte europea, criticandone – se del caso – le conclusioni alla luce della sua giurisprudenza, e dunque limitandosi a dimostrare in che misura la Corte si fosse discostata, in Weiss, dai propri precedenti. Ciò avrebbe certo esposto la decisione del BVerfG all’obiezione opposta, ovvero la pretesa di reinterpretare una sentenza (e un atto) europei in seconda istanza, invadendo il campo proprio della CGUE; tuttavia, avrebbe quanto meno ridotto l’impatto più significativo della pronuncia in questione, ossia la legittimazione di conflitti (per l’appunto) verticali tra corti nazionali ed europee basati su letture disomogenee di principi comuni e sulla possibilità, per le prime, di negare la vincolatività delle indicazioni delle seconde. Come si vedrà appresso, il BVerfG sembra intraprendere questa direzione solo in una fase successiva, laddove cerca di dimostrare come la giurisprudenza della CGUE sia solita tener conto anche degli effetti di una determinata misura per sindacarne la legittimità, cosa apparentemente non avvenuta in Weiss: si tratta, però, di un esercizio alquanto limitato, che non affievolisce, nel lettore, la sensazione di trovarsi di fronte a una dichiarazione di supremazia culturale, più che di semplice critica alla logica motivazionale e alla tecnica argomentativa dei giudici europei.

Sul piano della sostanza, poi, si condivide l’opinione già espressa nella scienza giuridica italiana circa la lettura «parziale» offerta dal BVerfG in merito al significato e all’uso dello stesso principio di proporzionalità [26].

In primo luogo, il BVerfG sviluppa il proprio ragionamento sulla base di una premessa astrattamente corretta, ovvero il riconoscimento della matrice tedesca del principio di proporzionalità fatto proprio dalla CGUE nella propria giurisprudenza, cui fa seguito una conseguenza dubbia, ovvero la già vista imposizione della propria articolazione del medesimo, in quanto unica rispettosa della sua “purezza”. Questa sequenza costituisce il frutto di una non trascurabile dimenticanza in ordine al processo di emancipazione che normalmente riguarda i principi di diritto degli Stati membri accolti dalla Corte UE e successivamente da questa sviluppati in maniera autonoma, tenendo cioè conto delle tradizioni comuni. In questo senso, il richiamo del BVerfG alle connotazioni del principio di proporzionalità nella giurisprudenza di altre corti superiori nazionali è ulteriormente maldestro, poiché anzi dimostra come la Corte UE non possa che tener conto di queste diverse tradizioni nella propria giurisprudenza, alla ricerca di denominatori comuni.

La decisione sembra poi muovere dall’ulteriore, criticabile premessa secondo cui esisterebbe una declinazione univoca dello stesso principio di proporzionalità nella giurisprudenza e nella scienza giuridica tedesche: si tratta, però, di un’affermazione che non risponde pienamente alla realtà del dibattito giuridico interno, in cui pure vi è ricchezza di opinioni in merito all’effettivo ruolo del principio in argomento e alla profondità dello standard di controllo che lo stesso richiede [27].

A margine, è interessante notare come la conformazione del principio di proporzionalità propugnata dal BVerfG tradisce la diversa ottica con la quale questo guarda alle decisioni sul PSPP.

In Weiss, la CGUE analizza il quadro giuridico di riferimento con le tipiche lenti del giudice amministrativo, ovvero secondo un approccio bifasico [28]: dapprima, verificando la sussistenza di una base legale effettiva per i provvedimenti adottati dal SEBC e la coerenza astratta di questi ultimi con gli obiettivi indicati dalle norme primarie di riferimento così individuate; successivamente, vagliando il rispetto del principio di proporzionalità sulla base dei canoni di appropriatezza, necessarietà e proporzionalità in senso stretto, qui riconoscendo, peraltro, un significativo margine di apprezzamento alla BCE alla luce del carattere tecnico delle valutazioni in gioco e dello statuto di indipendenza riconosciuto al SEBC dal diritto primario dell’UE.

Il BVerfG segue, invece, un’impostazione che combina l’ottica propria del­l’organo di tutela dei diritti costituzionali con contaminazioni amministrativiste: l’impiego del principio di proporzionalità in entrambe le fasi suddette fa sì che questo divenga il monolite attraverso cui leggere la base legale delle decisioni istitutive del PSPP, criticare queste ultime e altresì negare qualsivoglia forma di deferenza nei confronti della BCE e del modo in cui essa ha interpretato il proprio mandato. Al contempo, la tentazione amministrativista del BVerfG riemerge laddove, come si vedrà a breve, la valutazione di illegittimità del PSPP si appunta sul profilo motivazionale delle rispettive decisioni istitutive. Quest’impostazione pone in una scomoda posizione il terminale ultimo della controversia, ovvero la Bundesbank, nel suo ruolo di soggetto giuridico sottoposto, a un tempo, a vincoli nazionali e sovranazionali [29], in quanto parte integrante del composito sistema amministrativo del SEBC.


3.2. Il rapporto tra politica economica e politica monetaria

L’accusa mossa dal BVerfG in ordine al non corretto utilizzo del principio di proporzionalità da parte della Cgue e dei relativi effetti sul riparto di competenze è particolarmente rilevante in rapporto alla demarcazione delle aree proprie della politica monetaria e della politica economica. Per delinearla, il BVerfG richiama uno degli argomenti già sviluppati nell’originaria ordinanza di rimessione del luglio 2017, in cui si sottolineava come, al fine di determinare se un atto costituisse una misura di politica monetaria, fosse necessario valutare non soltanto gli obiettivi perseguiti e gli strumenti «tecnici» in concreto impiegati, ma anche gli effetti derivanti dalla sua attuazione. Secondo la corte, qualsiasi effetto prevedibile ex ante, discendente dall’esecuzione della misura e rispetto al quale non si frapponga un qualsiasi altro provvedimento o azione, dovrebbe essere ricompreso nel giudizio diretto a stabilire se o meno la misura controversa costituisca effettivamente un atto di politica monetaria. L’obiet­tivo perseguito dalle misure controverse non può cioè essere circoscritto e considerato esclusivamente sulla base di quanto affermato dalla stessa autorità che le ha poste in essere, e dunque in assenza di un approfondito scrutinio giudiziale: da una parte, il SEBC godrebbe così della possibilità di decidere autonomamente in merito alle competenze a esso conferite dagli Stati membri e, per converso, dei limiti di quelle ritenute nella sfera di questi ultimi; dall’altra, tale approccio si porrebbe in contrasto con l’esigenza di interpretare il mandato dello stesso SEBC in maniera restrittiva, in coerenza con il ridetto principio di competenza.

Sulla base di questa linea argomentativa, la decisione in commento muove diverse obiezioni alla pronuncia Weiss, tutte dirette a dimostrare come la Corte di Lussemburgo non abbia saputo “maneggiare” in maniera convincente il principio di proporzionalità. La critica alla piana accettazione delle asserzioni della BCE in ordine agli obiettivi perseguiti dal PSPP, ovvero la riconducibilità di quest’ultimo agli scopi di controllo dell’inflazione pertinenti all’esercizio della politica monetaria, porta il zweiter Senat a addentrarsi nelle problematiche di carattere più strettamente tecnico che riguardano gli effetti macroeconomici del PSPP. Secondo la corte tedesca, la CGUE avrebbe infatti dovuto valutare se, a fronte dell’esecuzione del PSPP, sussistesse la possibilità per gli Stati membri di emettere titoli di debito a tassi contenuti rifinanziandosi in maniera particolarmente conveniente, se alcuni tra questi Stati avessero tratto maggiore beneficio dal programma rispetto ad altri, nonché considerare, ancora, gli effetti del programma sulla solidità e la valutazione di mercato degli istituti creditizi. In breve, un uso attento del controllo di proporzionalità avrebbe imposto la ponderazione degli obiettivi di politica monetaria asseritamente perseguiti con tutti quegli ulteriori interessi di natura economica “toccati” dal PSPP e certamente rientranti negli ambiti delle politiche di tipo economico e sociale non spettanti alla banca centrale della zona euro.

Questa lacuna della decisione europea risulta tanto più grave a fronte di due elementi: in primo luogo, considerando il tenore delle norme potenzialmente violate, previsioni della costituzione economica europea che delineano i confini tra la sfera di dominio degli Stati e il perimetro di intervento sovranazionale; in secondo luogo, alla luce del fatto che la BCE e le banche centrali nazionali, configurandosi come istituzioni indipendenti, operano sulla base di un livello ridotto di legittimazione democratica, che richiede, pertanto, uno scrutinio più attento da parte delle corti in merito al loro operato e un orientamento restrittivo nella definizione delle competenze esercitabili.

In esito a questa ulteriore neutralizzazione della portata vincolante di Weiss, il BVerfG procede dunque alla propria valutazione degli effetti del PSPP per testarne la riconducibilità alla sfera della politica monetaria e rilevare se o meno tale programma si ponga in contrasto con i contenuti del principio di proporzionalità precedentemente individuati. Sul piano degli obiettivi, la Corte federale non muove obiezioni alla capacità del PSPP di contribuire al raggiungimento del target inflazionistico, e di costituire quindi – in linea teorica – uno strumento astrattamente riconducibile alla legittima sfera di intervento della BCE. Sono invece di segno del tutto opposto le considerazioni in ordine alla ponderazione dei diversi interessi in gioco, test che spinge la corte ancor più sul terreno di valutazioni a carattere strettamente tecnico-economico.

Il BVerfG si prodiga a dimostrare come gli effetti del PSPP diano materialmente corpo a un’invasione di campo nella politica economica. L’affermarsi di un “dominio monetario” costituisce la prima preoccupazione in tal senso: la durata del programma e le sue dimensioni garantirebbero migliori condizioni di finanziamento per gli Stati membri, influenzandone le politiche di bilancio e favorendo anche comportamenti non virtuosi, con effetti sproporzionati rispetto alle finalità perseguite. Il secondo rischio paventato dalla Corte riguarda gli effetti sul settore bancario e sull’andamento dei mercati: per un verso, la Corte osserva come il PSPP possa dar luogo a una progressiva traslazione del rischio di credito connesso alla detenzione di titoli pubblici dai singoli istituti al sistema delle banche centrali, a fronte del crescente volume di acquisti sul mercato secondario; per altro verso, viene paventata la possibilità che tale programma generi bolle speculative sui mercati immobiliari e azionari, con ulteriori impatti di più ampio respiro su varie tipologie di investitori istituzionali, tra cui i fondi pensione. Infine, viene sottolineato come la continuazione e l’ampliamento del programma possano creare una sorte di circolo vizioso tra politica monetaria e politiche di bilancio degli Stati, dato che qualsiasi forma di riduzione o discontinuità del piano potrebbero influenzare negativamente la stabilità finanziaria nella zona euro.

La declaratoria definitiva in merito all’illegittimità di tale sconfinamento è, però, sospesa: in assenza di una rappresentazione trasparente da parte della BCE delle valutazioni espresse in ordine al rispetto del principio di proporzionalità, il BVerfG non ritiene di poter concludere in maniera definitiva sul se o meno il Governo federale e il Bundestag abbiano violato i propri obblighi nel­l’ambito dell’integrazione europea, e non può dunque impedire in maniera immediata e definitiva alla banca centrale tedesca di partecipare al programma stesso.

Anche il percorso argomentativo sviluppato dalla Corte in questa parte della decisione non può dirsi esente da critiche.

In primo luogo, va rimarcato – ancora una volta – l’uso estensivo e strumentale del principio di proporzionalità. Il BVerfG afferma l’esigenza di esercitare un controllo pervasivo sul piano degli effetti delle misure proprio in ragione della necessità di garantire una stretta applicazione di tale principio. Questo orientamento si traduce, però, nella sostituzione di un autonomo bilanciamento degli interessi in gioco rispetto a quello operato dalla BCE: la corte federale non si limita, quindi, a indicare l’obbligo per l’amministrazione di provvedere a un’analisi controfattuale in merito agli effetti del PSPP, ma provvede essa stessa a svolgerla o, quanto meno, a indicarne i requisiti di dettaglio, facendo leva, con frequenti allusioni, ad argomenti sollevati da diversi ambienti politico-economici ostili alle scelte operate in questi anni dalla BCE.

Il zweiter Senat non manca, poi, di spendere l’argomento della mancanza di legittimazione democratica della BCE, ponendo l’accento sul suo status di istituzione indipendente per giustificare il ricorso a una forma di intrusione particolarmente pervasiva nelle scelte da questa operate. Il rischio che si materializza con questo approccio sembra quello cui gli estensori dei trattati sembravano mettere in guardia nel momento in cui, guardando proprio alla tragica esperienza tedesca, veniva definito lo statuto del SEBC: l’attribuzione a que­st’ultimo di uno statuto di indipendenza nel governo dell’Eurozona, pur congiunto alle note forme di responsabilità e accountability, deriva infatti dalla necessità primaria di sottrarre il governo della moneta e dei fenomeni inflazionistici alle pulsioni politiche, acuite – in Europa – dalle diverse spinte centripete a carattere nazionale e dal permanere di disarmonie macroeconomiche. Chi scrive ritiene evidente che le scelte non convenzionali di politica monetaria operate in questi anni non siano state ispirate dalla sola esigenza tecnica di garantire un tendenziale ritorno verso i livelli inflazionistici desiderati, ma – soprattutto – dalla necessità di salvaguardare l’unitarietà stessa della moneta e la stabilità finanziaria generale, mandato ultimo di qualsiasi banca centrale: il messaggio di queste misure consiste nell’indicare con certezza l’esistenza di un potere in capo all’istituto di emissione di salvaguardia di quel bene – la moneta e il vincolo fiduciario ad essa associato – soggetto al suo governo tecnico. Se una tale azione di protezione primaria deve ritenersi logicamente sottratta alle scelte della politica e, nel contesto europeo, dei singoli Stati – come è ad essi preclusa qualsiasi ingerenza diretta sul controllo delle grandezze monetarie –, allo stesso modo nessuna influenza della specie può essere esercitata da parte degli organi giurisdizionali, ancor più se nazionali.

Il rischio in questione è, poi, ancor più palese se si guarda agli aspetti tecnici assunti a fondamento delle argomentazioni della corte.

Nei passaggi velocemente richiamati, l’analisi mira a dimostrare come l’azio­ne di politica monetaria fondata sul PSPP consenta di migliorare le condizioni di finanziamento sui mercati degli Stati membri, con un effetto equiparabile a quello derivante dal ricorso agli strumenti di assistenza finanziaria previsti dal MES: la conseguenza sarebbe che gli Stati non avrebbero alcun incentivo a ricorrere a questi ultimi e, quindi, ad assoggettarsi al sistema di condizionalità da essi imposto, preferendo beneficiare di una politica monetaria accomodante che ne “coprirebbe” le politiche di bilancio poco rigorose. L’ottica adottata dal BVerfG disvela due elementi: in primo luogo, che sia quanto meno discutibile tracciare una linea di demarcazione netta tra politica monetaria e politica economica, dato che esiste un’innegabile interconnessione tra le due sfere tale per cui negare del tutto la possibilità di ricorrere a determinati strumenti equivarrebbe a limitare in maniera del tutto sproporzionata la capacità tecnica di intervento della banca centrale, peraltro sancendone il notevole svantaggio competitivo nel confronto con altre giurisdizioni; in secondo luogo, che – ancora una volta – una valutazione degli effetti ad ampio spettro di una data misura rischia di essere guidata da una specifica visione degli assetti economici e politici desiderati per l’Eurozona e per i suoi Stati membri, peraltro fondata su argomenti (per lo meno) dubbi e, al limite, rispondenti alla prospettiva preferita da un unico Stato membro, di cui la Corte sceglie di farsi portavoce. Quest’ul­timo aspetto è tanto più rilevante se si osserva che il BVerfG sembra voler imporre alla BCE una ponderazione dei soli costi in termini economici e fiscali delle misure in discorso, senza dare peso, per contro, ai benefici che dalle stesse pure possono derivare [30].

Risulta qui lampante la diversità di approccio rispetto agli orientamenti maturati nell’elaborazione giurisprudenziale europea. Confrontandosi con proble­matiche afferenti alla discrezionalità rimessa alle istituzioni europee nell’eser­cizio di specifiche attribuzioni che comportino complesse valutazioni tecniche, la CGUE è solita ricorrere al test del «manifest error of assessment» elaborato in Pfizer [31], ma non accede a una visione che esplicitamente imponga lo sviluppo di un’apposita analisi costi-benefici da parte dell’istituzione procedente. La giurisprudenza europea ha così costruito una sorta di corrispondenza biu­nivoca tra complessità delle valutazioni sottese all’esercizio della funzione am­ministrativa interessata e grado di discrezionalità spettante all’amministrazione nella valutazione degli elementi di fatto fondanti una certa decisione, affermando che, in tali circostanze, il giudice non può sostituire il proprio apprezzamento degli elementi di fatto a quello delle istituzioni preposte. Ma se in Pfizer, come in altri precedenti e successivi casi non dissimili [32], l’architrave di tale “sindacato ristretto” consiste nella verifica del rispetto delle garanzie procedurali da parte dell’amministrazione, ovvero dell’effettivo svolgimento «di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipen­denza» [33], in Gauweiler e in Weiss l’accento si è spostato sul corretto impiego, da parte dell’autorità, delle conoscenze tecniche proprie e, ai fini della loro discovery, delle motivazioni addotte: in tal modo, la Corte ha valorizzato indirettamente la legittimazione par expertise dell’apparato amministrativo agente, soffermandosi poi sul pieno rispetto, da parte di quest’ultimo, del principio di proporzionalità in linea con un approccio deferente.

Mascherata dal riferimento al principio di proporzionalità, la critica rivolta alla BCE dal BVerfG sembra in effetti riguardare proprio il rispetto dell’obbligo di motivazione, più che del solo principio di proporzionalità: la Corte, cioè, svolge un ragionamento che, nella sua pervasività, ha carattere ipotetico, rimanendo aperto alla dimostrazione che determinati elementi siano stati adeguatamente tenuti in conto dall’autorità monetaria prima dell’adozione delle decisioni controverse. Questa prospettiva, tradendo ancora una volta la tentazione “amministrativista” del BVerfG e dando luogo a una curiosa apertura verso l’ammis­sibilità di una motivazione posteriore, pone almeno due problemi: in primo luogo, circa l’effettiva coercibilità della pronuncia, atteso che la BCE non sarebbe soggetta all’adempimento di alcuno specifico obbligo scaturente dalla decisione del BVerfG, data l’estraneità alla giurisdizione di quest’ultima [34]; in secondo luogo, in merito alle esigenze di trasparenza dei processi motivazionali relativi all’adozione delle misure di politica monetaria, avendo ritenuto la corte non sufficienti, con avviso diverso da quello espresso dalla CGUE, tanto le premesse che solitamente costituiscono parte integrante delle decisioni della BCE quanto i documenti e i comunicati stampa che le accompagnano. La trasparenza delle scelte operate e l’esaustività delle motivazioni rese note diventano allora parametri di legittimità dell’azione dell’amministrazione europea: nell’ottica del BVerfG, il loro peso cresce in maniera proporzionale alla delicatezza degli interessi in gioco e al possibile rischio di travalicamento di competenze, anche a discapito della segretezza dell’azione di governo della moneta che, nei frangenti più critici, consente di ridurre al minimo la rilevanza di possibili conflitti interni.


3.3. Il divieto di finanziamento monetario

L’ultimo aspetto da considerare nell’ambito del complessivo ragionamento svolto nella decisione in commento riguarda il rispetto del divieto di finanziamento monetario sancito dall’art. 123 TFUE e contestato da parte dei ricorrenti in via principale. A giudizio del BVerfG, sebbene la decisione resa dalla CGUE in Weiss presenti lacune anche in relazione a tale profilo, non risulterebbe possibile accertare una violazione manifesta del divieto in questione, anche in considerazione dell’introduzione di varie misure di salvaguardia nell’ambito del PSPP dirette ad assicurare il rispetto della richiamata previsione del Trattato. Tuttavia, la decisione della corte di Karlsruhe pone un monito che guarda ben oltre la vicenda del PSPP e, piuttosto, alle ultime iniziative di politica monetaria adottate dalla BCE nel corso della pandemia [35].

Secondo il zweiter Senat, il divieto di finanziamento monetario sancito dai trattati europei ha come obiettivo quello di prevenire livelli di debito o di deficit eccessivi per gli Stati membri dell’UE; nella giurisprudenza della corte federale, questo divieto fungerebbe cioè da incentivo all’adozione e al mantenimento di condotte di bilancio virtuose da parte degli Stati europei. Per tale ragione, d’altro canto, i programmi di acquisto di titoli pubblici da parte delle autorità monetarie risultano ammissibili solo nella misura in cui, intervenendo sul mercato secondario, non ingenerano negli Stati la certezza di poter beneficiare degli acquisti stessi. Secondo una linea argomentativa già sviluppata nella decisione Gauweiler, l’adozione di misure di salvaguardia coerenti con il programma di acquisti interessato può prevenire la circonvenzione del divieto di finanziamento monetario.

Nella decisione in esame, il BVerfG nota che anche in relazione all’analisi di tali meccanismi preventivi di salvaguardia la CGUE avrebbe adottato uno standard di controllo non adeguato. Diversamente da quanto osservato in merito al test di proporzionalità, le carenze contestate agli omologhi europei non sono però tali da condurre il BVerfG ad affermare che anche con riguardo a tale aspetto la CGUE abbia violato il proprio mandato. In estrema sintesi, gli elementi su cui la corte concentra la propria attenzione e che identifica come fattori da considerare per mitigare il rischio di aggiramento del divieto posto dall’art. 123 TFUE sono cinque: la comunicazione ex ante dell’avvio di operazioni di acquisto dei titoli di debito statali; l’esistenza di un periodo di blackout tra l’emissione dei titoli pubblici e il loro riacquisto sul mercato secondario da parte dell’Eurosistema; la detenzione dei titoli acquistati sino alla loro scadenza, e – in particolare – le conseguenze di tale condotta sul carattere temporaneo del PSPP; l’introduzione di limiti al volume totale di titoli acquistabili e la ripartizione in base alla capital key; la previsione di una soglia minima di rating per l’eleggibilità dei titoli stessi.

Quale valenza occorre attribuire alle condizioni in base alle quali la Corte giunge a negare la sussistenza di una violazione dell’art. 123 TFUE? Contrariamente all’orientamento che sembrerebbe emergere dalla pronuncia Weiss della CGUE, i giudici tedeschi considerano le condizioni apposte all’esecuzio­ne degli acquisiti di titoli sovrani in base al PSPP come strettamente necessarie per affermare la conformità del programma al divieto di finanziamento monetario. Ad esse viene quindi attribuita una valenza generale, indicativa del­l’importanza che rivestono, nella logica seguita dalla corte federale, per il rispetto dei limiti di legalità degli interventi di politica monetaria.

Il monito della corte stride, però, con il regime previsto dal piano di acquisti varato per far fronte alla pandemia, che, come si dirà a breve, non prevede condizioni analoghe, introducendo de facto la possibilità di procedere ad acquisti proporzionalmente illimitati. La presa di posizione del BVerfG risulta, quindi, ancora una volta foriera di possibili conseguenze di medio e lungo termine per il governo della moneta nell’Eurozona che esulano dai confini (pur significativi) della vicenda in esame. Anche sotto questo versante, il monito che giunge da Karlsruhe mette in discussione non soltanto l’esecuzione omogenea delle misure di politica monetaria decise in seno al SEBC, ridisegnandone i possibili limiti, ma lo stesso monopolio interpretativo del diritto europeo attribuito alla CGUE.

In effetti, a fronte dell’erompere della pandemia nello scenario globale, la reazione della BCE è stata particolarmente tempestiva e incisiva, riproponendo uno schema che ha connotato la gestione dell’apice della crisi del debito sovrano affrontata dall’Europa nello scorso decennio. Un primo insieme di misure sono state approvate in occasione della riunione del Consiglio direttivo della BCE del 12 marzo di quest’anno, e hanno determinato il temporaneo ampliamento delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) – mirato a garantire liquidità a condizioni favorevoli sino alla successiva operazione mirata di rifinanziamento a lungo termine (OMRLT) fissata per giugno 2020 –, il miglioramento delle condizioni di accesso alle predette OMRLT e l’amplia­mento della dotazione del c.d. PAA (programma di acquisto di attività, meglio noto come Asset Purchase Program – APP) rivolto al settore privato. A distanza di circa una settimana, la BCE ha poi annunciato un programma temporaneo di acquisti di titoli di debito pubblici e privati denominato Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) quale estensione dell’APP, con una dotazione complessiva di 750 miliardi di euro e l’obiettivo di prevenire rischi per la trasmissione degli impulsi di politica monetaria e il deterioramento dello scenario macroeconomico nella zona euro cagionato dal virus. L’annuncio di questo piano è stato accompagnato da un rilassamento delle condizioni per l’acquisto di titoli emessi da operatori privati diversi dagli intermediari finanziari e degli standard per l’accettazione di strumenti in garanzia nell’ambito delle operazioni di rifinanziamento [36]. Nel mese di aprile, la BCE ha reso nota l’intenzione di condurre una serie di operazioni aggiuntive di rifinanziamento a tasso negativo sino alla fine del 2020 denominate PELTROs (pandemic emergency longer-term refinancing operations), volte a offrire ulteriore liquidità al sistema finanziario dell’area euro e a preservare il corretto funzionamento dei mercati [37].

In relazione a tale complesso di misure, è evidente come la pronuncia del BVerfG possa rappresentare la base per la prospettazione di nuove iniziative giudiziarie, e non soltanto in Germania. Il punto critico è rappresentato, in particolare, dalle caratteristiche del PEPP, invero più ambiziose di quelle proprie del PSPP. Oltre alla previsione di un orizzonte di durata esteso (giugno 2021) e flessibile, l’elemento dirompente del piano è dato dall’allocazione del portafoglio di acquisti: sebbene, in linea di principio, la ripartizione delle acquisizioni nette debba essere condotta sulla base della c.d. capital key, ovvero in proporzione alle quote di sottoscrizione del capitale della Bce detenute dalle banche centrali dell’Eurosistema, la decisione istitutiva prevede espressamente meccanismi di esecuzione flessibile, tali cioè da consentire al Comitato esecutivo di dar luogo a «fluttuazioni nella distribuzione dei flussi di acquisto nel corso del tempo, tra classi di attività e tra giurisdizioni» [38]. Per effetto di tale criterio, che consente di indirizzare gli stimoli monetari in funzione del deterioramento dello scenario economico nei singoli Stati, già nei primi mesi di attività gli acquisti di titoli pubblici italiani sono stati superiori per circa otto miliardi rispetto al “tetto” della capital key, con uno scarto significativo rispetto a quello registrato per gli altri Stati emittenti [39].

Al momento in cui si scrive, due iniziative sembrano indicare come il fronte del confronto giuridico, politico ed economico sulle misure straordinarie di politica monetaria adottate dalla BCE nel corso della precedente e dell’attuale crisi continui a presentarsi magmatico e in continuo movimento. Intorno alla metà di giugno, il partito tedesco di estrema destra AfD ha annunciato la promozione di una nuova azione giuridica innanzi al BVerfG diretta ad accertare l’ille­gittimità delle decisioni istitutive del PEPP [40]. L’importanza del monito della Corte è direttamente correlata alle conseguenze che la corte annetterebbe a un accertamento positivo in merito alla manifesta circonvenzione dell’art. 123: l’emergere di un sistema di condivisione dei rischi patrimoniali derivanti dagli acquisti andrebbe infatti a incidere sulla responsabilità di bilancio del parlamento tedesco, dato che questo potrebbe dover provvedere alla ricapitalizzazione dell’istituto nazionale di emissione per far fronte a perdite cagionate da Stati terzi.

La pronuncia in commento è dunque prologo di una nuova saga?


4. Dopo il 5 maggio: scenari e conseguenze

Per le ragioni che si intuiscono dall’analisi che precede, la sentenza in com­mento continuerà ad avere riflessi notevoli sulla dinamica costituzionale del­l’UE e sulla governance economica europea. Ciò, nonostante la vicenda relativa all’attuazione del PSPP, e dunque la risoluzione del caso concreto, si avvii, piuttosto, a una definitiva risoluzione: la BCE ha annunciato l’intenzione di rendere noti i termini del dibattito occorso in seno al Governing Council in merito al PSPP e di trasmettere alla Bundesbank una serie di documenti riservati da sottoporre al governo e al parlamento federali [41]; già prime indiscrezioni di stampa [42] evidenziavano come, a giudizio del Ministro delle finanze tedesco, i documenti pervenuti dimostravano come la Bce avesse accuratamente valutato gli effetti del PSPP rilevanti sul piano delle politiche economiche, in piena conformità a quanto richiesto dalla decisione del BVerfG. Questa posizione è stata confermata nei primi giorni di luglio dal Bundestag, che ha approvato una mozione che ha disinnescato una possibile fuoriuscita della banca centrale tedesca dall’attuazione del programma di acquisto di titoli pubblici.

Al momento in cui si scrive, restano, però, almeno tre elementi di attenzione: il dilemma in cui si troverebbe a operare la Bundesbank ogni qualvolta, co­me nel caso di specie, si ponesse in dubbio il rispetto dei principi che il BVerfG ritiene strettamente vincolanti per la gestione e l’esecuzione della politica monetaria nell’Unione; il possibile avvio di un’azione per inadempimento degli obblighi derivanti dai trattati nei confronti dello Stato tedesco sub specie di responsabilità per le azioni delle proprie corti [43], peraltro concomitante con il semestre di presidenza tedesca dell’Unione; la riapertura del dibattito sulla funzionalità dell’attuale costruzione dell’UEM.

Il primo elemento suscita particolare interesse nell’ottica del diritto amministrativo europeo. Le operazioni di acquisto di titoli pubblici realizzate dalle ban­che centrali dell’Eurozona si configurano come misure di attuazione decentrata di atti di diritto europeo, eseguite nell’ambito di un sistema amministrativo composto e fortemente integrato quale è il SEBC. La vicenda in questione ha messo in tensione la dinamica verticale della tutela giurisdizionale nello spazio giuridico europeo, generando un conflitto costituzionale derivante dal doppio statuto cui sono sottoposte le amministrazioni nazionali chiamate ad attuare il diritto dell’UE, ulteriormente acuito, nel caso di specie, dalle speciali garanzie di indipendenza che connotano l’apparato di governo della moneta: il dilemma in cui si è trovata (e potrà continuare suo malgrado a trovarsi) la Bundesbank è espressione di un conflitto tra i diversi giudici dell’azione amministrativa europea, e della natura duale dell’attività svolta nell’ambito di quest’ultima dagli apparati amministrativi nazionali. Conflitti della specie potrebbero allora ben ripetersi – come invero comincia ad avvenire – in ambiti nei quali, sulla scia del rafforzamento del mercato unico, procede l’inte­gra­zione tra apparati nazionali ed europei, e si moltiplicano i moduli di organizzazione dell’azione amministrativa comune[44].

Sotto il secondo versante, va subito registrato come, ad appena pochi giorni dalla pubblicazione della decisione del zweiter Senat, la Commissione europea ha reso noto l’avvio di un’analisi diretta a valutare l’apertura di un’azione di responsabilità nei confronti dello Stato tedesco. Questo intervento ha dato seguito a due chiare prese di posizione da parte dei principali attori interessati: da una parte, la CGUE, che, con un piccato comunicato stampa [45], ha ribadito il carattere vincolante dei provvedimenti resi in via pregiudiziale nei confronti delle corti nazionali, i rischi per la certezza e l’unitarietà del diritto europeo derivanti dall’erompere di divergenze sulla validità degli atti dell’UE, e l’obbligo per le corti nazionali di assicurare la piena efficacia del diritto europeo; dal­l’altra, la BCE, che si è inizialmente limitata a ricordare come la CGUE ha riconosciuto la legittimità del PSPP [46]. Una disamina in merito alla fondatezza di un’eventuale azione da parte della Commissione europea nei confronti dello Stato tedesco esula dai limiti di questo contributo: è però noto che una tale iniziativa non costituirebbe un unicum nell’esperienza giuridica europea, in cui si è già assistito a ipotesi nelle quali gli Stati membri sono stati chiamati a rispondere dell’operato delle proprie corti. Gli elementi di novità sarebbero però rappresentati dal coinvolgimento di un giudice costituzionale e dalla circostanza che, nel caso di specie, nessun danno individuale è disceso dalla condotta del giudice in astratto contrastante con il diritto europeo [47], essendo anzi rivolta alla tutela di diritti individuali riconosciuti dalla costituzione nazionale.

Nonostante la vicenda sembra dunque avviata, almeno nell’immediato, verso una soluzione che preverrà l’erompere di un conflitto giuridico dai consistenti risvolti economici, permane – sullo sfondo – la problematica dell’in­completezza dell’UEM, tema sul quale solo la recente pandemia ha consentito di muovere timidi passi in avanti. Le asimmetrie che connotano l’architettura istituzionale dell’Eurozona, con il permanere di un ruolo incerto dell’Unione nelle politiche economiche dei propri Stati membri e la mancanza di fattori fiscali di stabilizzazione macroeconomica, rendono il sistema vulnerabile alle restrizioni nazionali e soggetto alla continua supplenza del SEBC. La pronuncia del BVerfG ben si inquadra nel dibattito corrente sulla mutualizzazione, permanente o temporanea, del debito nell’area euro innescato dalla pandemia, e si pone come possibile innesco di una spinta verso un cammino di revisione dell’architettura economica europea [48]: l’apertura mostrata dal governo tedesco verso il piano presentato dalla Commissione europea per il rilancio delle economie UE con un sistema di trasferimenti agli Stati membri può essere letta come una reazione alla stessa pronuncia del BVerfG, involontaria spinta verso una concretizzazione dello spirito di solidarietà europeo che l’ennesimo frangente di crisi chiama in gioco.


NOTE

[1] La nota frase venne pronunciata il 26 luglio 2012, in occasione della Global Investment Conference. La trascrizione integrale dell’intervento può essere reperita all’indirizzo europeancentralbank.wordpress.com/2012/07/26/verbatim-delle-osservazioni-di-draghi-il-26-luglio-a-londra/.

[2] Esiste una vasta letteratura sul ruolo della BCE nel corso della crisi europea, ulteriormente accresciuto anche a valle dell’istituzione dell’unione bancaria e della susseguente attribuzione di specifiche competenze in materia di vigilanza. Tra i principali contributi, senza pretesa di esaustività, F. DONATI, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, in Dir. un. eur., 2013, 2; K. TUORI-K. TUORI, The Eurozone Crisis. A Constitutional Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 2014, 120; A. HINAREJOS, The Euro Area Crisis in Constitutional Perspective, Oxford University Press, Oxford, 2015; C. ZILIOLI, The ECB’s Powers and Institutional Role in the Financial Crisis: A Confirmation from the Court of Justice of the European Union, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2016, 171; R. IBRIDO, L’Unione bancaria europea: profili costituzionali, Giappichelli,Torino, 2017.

[3] I contributi relativi al dibattito sull’impatto della crisi sanitaria sul sistema economico sono già numerosi. Con riguardo alle implicazioni per la stabilità finanziaria globale, FSB, Covid-19 pandemic: Financial stability implications and policy measures taken, FSB, 15 aprile 2020; BIS, The macroeconomic spillover effects of the pandemic on the global economy, BIS Bulletin, aprile 2020; G. GOPINATH, The Great Lockdown: Worst Economic Downturn Since the Great Depression, 14 aprile 2020, IMF Blog; K. GEORGIEVA, Confronting the Crisis: Priorities for the Global Economy, IMF, 9 aprile 2020. Per un ulteriore aggiornamento degli impatti con riguardo all’area del mercato unico europeo, si veda Commissione europea, European economic forecast, maggio 2020, in ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/ip125_en.pdf. Di recente, riflessioni critiche sulla capacità delle istituzioni, in particolare europee, di fronteggiare la perdurante emergenza si rinvengono in E. CHITI, L’Unione e le conseguenze della pandemia, in Giorn. dir. amm., 2020, 436.

[4] Ne ha offerto già una compiuta ricostruzione F. DONATI, La crisi dell’euro tra Corti costituzionali e Corte di giustizia, in federalismi.it, 17, 2014. Si vedano, in argomento, anche F. MUNARI, Da Pringle a Gauweiler: i tormentati anni dell’Unione monetaria e i loro effetti sull’ordi­namento giuridico europeo, in Dir. un. eur., 2015, p. 723; S. BARONCELLI, Monetary Policy and Judicial Review, in F. FABBRINI-M. VENTORUZZO (a cura di), Research Handbook on EU Economic Law, 199, 2019.

[5] Si tratta dell’espressione giustamente impiegata da P. FARAGUNA, La saga OMT: Il diritto all’ultima parola tra Corte di giustizia e Tribunali costituzionali, in Giur. cost., 2017, p. 567. Recentemente, riprende il riferimento F. BASSAN, Il primato del diritto tedesco, in Diritto bancario, 7 maggio 2020.

[6] Su questa pronuncia, nella dottrina nazionale, A. DE PETRIS, Un rinvio pregiudiziale sotto condizione? L’ordinanza del Tribunale Costituzionale Federale sulle Outright Monetary Transactions, in federalismi.it, 4, 2014; A. DI MARTINO, Le Outright Monetary Transactions tra Francoforte, Karlsruhe e Lussemburgo. Il primo rinvio pregiudiziale del BverfG, in federalismi.it, 4, 2014; F. BASSAN, Le operazioni non convenzionali della Bce al vaglio della Corte costituzionale tedesca, in Riv. dir. int., 2014, 361; G. DELLEDONNE, La “prima volta” di Karlsruhe: il rinvio pregiudiziale relativo alle Outright Monetary Transactions, in www.csfederalismo.it, 25, 2014; R. CAPONI, Salvaguardare l’euro con ogni mezzo? Il primo rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale tedesca, in Giorn. dir. amm., 2014, 469.

[7] Nei giorni immediatamente successivi alla pronuncia si sono subito susseguiti molteplici interventi e commenti sia all’interno delle principali testate giornalistiche che nella pubblicistica specializzata, oscillanti tra scetticismo, critica e pessimismo. Nel panorama nazionale, vanno segnalati, in particolare, D.U. GALETTA, Karlsruhe über alles? Il ragionamento sul principio di proporzionalità nella pronunzia del 5 maggio 2020 del BVerfG tedesco e le sue conseguenze, in federalismi.it, 6 maggio 2020; J. ZILLER, L'insopportabile pesantezza della Corte costituzionale tedesca. Sulla sentenza della Seconda Sezione della Corte costituzionale federale tedesca del 5 maggio 2020 relativa al programma PSPP della Banca centrale europea, in AISDUE, 6 maggio 2020; F. SAITTO, «Tanto peggio per i fatti». Sipario sulla Presidenza Voßkuhle: il caso Quantitative Easing di fronte al Bundesverfassungsgericht, in diritticomparati.it, 7 maggio 2020; S. CAFARO, Quale Quantitative Easing e quale Unione europea dopo la sentenza del 5 maggio?, in SIDIBlog, sidiblog.org/2020/05/08/quale-quantitative-easing-e-quale-unione-europea-dopo-la-senten
za-del-5-maggio/
; F. BASSAN, Il primato, cit.; M. CLARICH, La Consulta tedesca e il problema della legittimazione democratica dell’UE, in Milano Finanza, 8 maggio 2020; S. CASSESE, Fronda sovranista a Berlino, il Foglio, 19 maggio 2020, in irpa.eu; F. DONATI, La sentenza del Bundesverfassungsgericht del 5 maggio 2020 sul PSPP: quale impatto sul processo di integrazione europea?, in Rivista Eurojus, 3, 2020. Si segnalano inoltre i contributi apparsi nel n. 4/2020 del Giorn. dir. amm. e dedicati alle diverse possibili angolazioni di lettura della pronuncia, ovvero M. MACCHIA, Banche centrali in funzione europea e attuazione della politica monetarie, in Giorn. dir. amm., 496; I. BORRELLO, La governance economica dell’Unione nel mirino della Corte costituzionale tedescaibid., 481; B. MARCHETTI, È tutta questione di proporzionalità: la decisione del caso Weissibid., 489. Tra i contributi della scienza giuridica ed economica straniera, si vedano, in particolare, M. POIARES MADURO, Some Preliminary Remarks on the PSPP Decision of the German Constitutional Court, VerfBlog, 6 maggio 2020, verfassungsblog.de/some-preliminary-remarks-on-the-pspp-decision-of-the-german-constitutional-court/; M. WILKINSON, Fight, flight or fudge? First reflections on the PSPP judgement of the German Constitutional Court, VerfBlog, 6 maggio 2020, verfassungsblog.de/fight-flight-or-fudge/; M. AVBELJ, The Right Question about the FCC Ultra Vires Decision, VerfBlog, 6 maggio 2020, verfassungsblog.de/the-right-question-about-the-fcc-ultra-vires-decision/; W.H. BUITER, Germany’s Judges Declare War on the ECB, in Project Syndicate, 6 maggio 2020, in project-syndicate.org/commentary/german-constitution-court-ecb-pspp-ruling-by-willem-h-buiter-2020-05; K. PISTOR, Germany’s Constitutional Court Goes Rogue, in Project Syndicate, 8 maggio 2020, project-syndicate.org/commentary/german-constitutional-court-ecb-ruling-may-threaten-euro-by-katharina-pistor-2020-05; T. MARZAL, Is the BVerfG PSPP decision “simply not comprehensible”?: A critique of the judgment’s reasoning on proportionality, VerfBlog, 9 maggio 2020, verfassungsblog.de/is-the-bverfg-pspp-decision-simply-not-comprehensible/. Una compiuta panoramica delle problematiche innescate dalla pronuncia si rinviene nei numerosi contributi pubblicati nella sezione speciale del fascicolo di luglio 2020 del German Law Journal dedicata integralmente alla pronuncia in commento e ai suoi numerosi risvolti; sul piano delle implicazioni per il complessivo equilibrio dell’ordinamento europeo si segnalano, in particolare, D. GRIMM, A long time coming, in German Law Journal, 2020, 21, 944; M. WENDEL, Paradoxes of Ultra-Vires Review: A Critical Review of the PSPP Decision and Its Initial Receptionibid., 979; V. PERJU, Against Bidimensional Supremacy in EU Constitutionalismibid., 1006; sulle implicazioni per la costituzione economica europea, M. GOLDMANN, The European Economic Constitution after the PSPP Judgment: Towards Integrative Liberalism?ibid., 1058.

[8] La scienza giuridica ha approfondito sotto molteplici versanti il rilievo del principio di proporzionalità nel quadro del sindacato giurisdizionale sugli atti e l’attività delle amministrazioni pubbliche, specie in considerazione dell’importanza assunta dal medesimo alla luce dell’influsso giurisprudenziale europeo. Nella pubblicistica italiana, senza pretesa alcuna di esaustività, si rinvia sin d’ora agli studi sistematici di D. URANIA-GALETTA, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 1998; A. SANDULLI, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, Cedam, 1998; G. SCACCIA, Il principio di proporzionalità, in S. MANGIAMELI (a cura di), L’ordinamento europeo. L’esercizio delle competenze, II, Giuffrè, Milano, 2006, p. 258; S. VILLAMENA, Contributo in tema di proporzionalità amministrativa, Giuffré, Milano, 2008; V. FANTI, Dimensioni della proporzionalità. Profili ricostruttivi tra attività e processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012. Per un recente inquadramento del principio nell’ottica dell’affinamento delle tecniche di regolazione in campo finanziario attraverso strumenti quali-quantitativi innovativi, si vedano R. MASERA (a cura di), Sfide e opportunità della regolamentazione bancaria: diversità, proporzionalità e stabilità, Ecra, 2016; F. DI PORTO, Regolazione, principio di proporzionalità e scienze cognitive, in federalismi.it, 4/2018.

[9] Per una critica a questa narrativa, A. MODY, The ghost of Deauville, vox.eu, in voxeu.org/
article/ghost-deauville
, 7 gennaio 2014.

[10] Sulle due decisioni, l’una di carattere cautelare adottata nel settembre 2012, e la seconda nel merito resa nel marzo 2014, nella scienza giuridica italiana, su tutti, G. RIVOSECCHI, Il Meccanismo Europeo di Stabilità e il Fiscal Compact tra Karlsruhe e Lussemburgo, in Quad. cost., 2014, 425; M. BONINI, Il “BVerfG”, giudice costituzionale o “signore dei trattati”? Fondo “salva-stati”, democrazia parlamentare e rinvio pregiudiziale nella sentenza del 12 settembre 2012, in Rivista AIC, 2012, n. 4.

[11] Il riferimento è all’ordinanza adottata nel gennaio 2014, con la quale il BverfG ha fatto per la prima volta applicazione dei principi enunciati nella decisione Honeywell e sviluppati già a partire dalle storiche pronunce di enorme rilievo costituzionale relative ai trattati di Maastricht (BverfG, sentenza del 12 ottobre 1993, 2134/92) e Lisbona (BverfG, sentenza del 30 giugno 2009, 2/08), riguardanti l’esercizio del controllo sugli atti ultra vires adottati da istituzioni e organi dell’UE (v. infra, nel testo, § 3). I quesiti pregiudiziali sottoposti alla Corte europea vertevano, nella specie, su due profili, analoghi a quelli correlati alla pronuncia in commento: da una parte, quello della compatibilità della decisione della BCE con quelle norme che delineano il mandato della banca centrale dell’Unione e pongono la nota distinzione, anche in termini di competenza, tra politica monetaria e politica economica; dall’altra, il tema del divieto di acquisto diretto di titoli di debito degli Stati membri, pure sancito dalle norme superiori dell’ordinamento europeo e apparentemente aggirato (rectius, violato) tramite il ricorso al mercato secondario e la mancata previsione di adeguate “cautele”. Sul rinvio pregiudiziale in questione, oltre ai contributi di seguito citati, si veda il numero speciale del German Law Journal, Special Issue – The OMT Decision of the German Federal Constitutional Court, 2014, 2, disponibile in germanlawjournal.com/volume-15-no-02/.

[12] CGUE, sentenza del 16 giugno 2015, resa nella causa Peter Gauweiler et al. v. Deutsche Bundestag, C-62/14, sulla quale si vedano, tra i molti contributi, P. FARAGUNA, La Corte di Giustizia strizza l’occhio alla Corte di Karlsruhe nel caso Gauweiler (OMT), in Quad. cost., 3, 2015, 798; A. CARDONE, L’obliterazione dello stato di crisi: la Corte UE ri(con)duce le misure “non convenzionali” della BCE al diritto “ordinario” dei Trattati, in Dir. un. eur., 2015, 1533; P. CRAIG-M. MARKAKIS, Gauweiler and the Legality of Outright Monetary Transactions, in European Law Rev., 2016, 4; S. BARONCELLI, The Gauweiler Judgment in View of the Case Law of the European Court of Justice on European Central Bank Independence: Between Substance and Form, in Maastricht Journal of Eur. Comp. Law, 2016, 79; D. ADAMSKI, Economic Constitution of the Euro Area after the Gauweiler Preliminary Ruling, in Common Market Law Review, 2015, 1451; A. HINAREJOS, Gauweiler and the Outright Monetary Transactions Programme: The Mandate of the European Central Bank and the Changing Nature of Economic and Monetary Union, in European Const. Law Rev., 2015, 563; V. BORGER, Outright Monetary Transactions and the Stability Mandate of the Ecb: Gauweiler, in Common Market Law Review, 2016, p. 139; T. TRIDIMAS-N. XANTHOULIS, A Legal Analysis of the Gauweiler Case, in Maastricht Journal of European & Comparative Law, 2016, p. 17; V. BORGER, Outright Monetary Transactions, and the stability mandate of the ECB: Gauweiler, in Common Market Law Review, 2016, p. 139; S. GRUND- F. GRLE, The European Central Bank’s Public Sector Purchasing Programme (PSPP), the Prohibition of Monetary Financing and the Sovereign Debt Restructuring Scenarios, in European Law Review, 2016, p. 781; H.C.H. HOFMANN, Gauweiler and OMT: Lessons for Public Law and the European Economic Monetary Union, 2015, in papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2621933.

[13] In questi termini R. IBRIDO, Il controllo democratico della politica monetaria: equilibri costituzionali e integrazione europea dopo le sentenze OMT, in federalismi.it, 8 marzo 2017.

[14] Il riferimento è all’ordinanza del 18 luglio 2017, BVerfG, Secondo Senato, 2 BvR 859/15 -, paras. 1-137, reperibile in lingua inglese in bverfg.de/e/rs20170718_2bvr085915en.html.

[15] CGUE, sentenza dell’11 dicembre 2018, resa nella causa Heinrich Weiss e altri, C-493/17. Tra i pochi commenti nella pubblicistica italiana, F. PENNESI, Nel nome della stabilità dei prezzi? La Corte di Giustizia approva il Quantitative Easing della Banca Centrale Europea (Nota a sentenza C-493/17, Weiss e a.), in Riv. diritti comparati, 2018.

[16] Il BverfG evidenziava infatti che, nell’ambito del PSPP, i) determinati dettagli sugli acquisti erano comunicati in modo tale da far nascere nei mercati la certezza di fatto che l’Eurosistema acquisterà in parte i titoli che saranno emessi dagli Stati membri, ii) non fosse reso noto, nemmeno a posteriori, alcun dettaglio relativo al rispetto di termini minimi tra l’emissione di uno strumento di debito sul mercato primario e il suo acquisto sul mercato secondario, rendendo dunque impossibile un controllo giudiziale a tale riguardo, iii) tutti i titoli acquistati non venivano nuovamente venduti, ma detenuti sino alla scadenza finale e dunque sottratti al mercato, iv) l’Eurosistema acquistava titoli di debito negoziabili nominali con un tasso di rendimento a scadenza negativo. Inoltre, la corte dubitava della compatibilità della decisione 2015/774 con l’art. 123 TFUE in relazione al fatto che, a causa del cambiamento delle condizioni sui mercati finanziari, e in particolare a seguito di una riduzione della disponibilità di titoli di debito acquistabili, il proseguimento della sua esecuzione avrebbe potuto richiedere un costante allentamento delle regole di acquisto originarie, con la conseguenza che i limiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia per un programma di acquisto di titoli, come quello rappresentato dal PSPP, avrebbero perso la loro efficacia.

[17] Sotto questo profilo, il BverfG osservava infatti che l’illimitata ripartizione dei rischi tra le banche centrali nazionali dell’Eurosistema in caso di perdite concernenti titoli delle amministrazioni centrali e degli emittenti ad esse parificati, eventualmente derivante dall’attuazione della decisione in questione, avrebbe potuto comportare la necessità di una ricapitalizzazione di banche centrali nazionali tramite il bilancio statale, con conseguenze trasferimento indiretto sui contribuenti tedeschi degli oneri di sostegno del debito pubblico di altri Stati membri dell’UE.

[18] In questa prospettiva, il BverfG metteva in evidenza il rilevante influsso del PSPP sulle condizioni di rifinanziamento degli Stati membri in considerazione del volume di acquisti e della loro durata protratta nel tempo. Inoltre, a giudizio della Corte, l’esecuzione prolungata del programma e l’assenza di un’adeguata motivazione rappresentavano un ostacolo alla possibilità di procedere a una verifica della persistenza delle condizioni di necessità e proporzionalità necessarie all’esecuzione e al mantenimento della decisione stessa.

[19] Per questi aspetti, si rinvia alla lettura dei parr. § 30-43 della decisione Weiss.

[20] Sul tema, nella pubblicistica in lingua italiana, E. DENNINGER, L’identità costituzionale tedesca e l’Unione europea: riflessioni a partire dalla pronuncia sulle OMT, in Dir. pubbl. comp. eur., 2016, p. 261.

[21] In questi termini, di recente, A. WEBER, Il primato del diritto dell’Unione europea nell’or­dinamento giuridico tedesco, in Riv. It. dir. pubbl. comunit., 2019, p. 579.

[22] IBID.

[23] In questi termini, J. ZILLER, L'insopportabile pesantezza della Corte costituzionale tedesca, 4-5, il quale ricorda come le élite tedesche abbiano tradizionalmente insistito per l’inserimento nei trattati europei di un elenco esaustivo delle competenze delle istituzioni dell’UE, onde contrastare quello strisciante allargamento delle stesse competenze percepito nell’opinione pubblica nazionale.

[24] Sulla tripartizione di cui nel testo, nella pubblicistica italiana, D. URANIA-GALETTA, Principio di proporzionalità, cit., p. 15, che sottolinea come, nell’ordinamento tedesco, tale principio ha giocato un ruolo determinante, e finanche eccessivo, nell’ampliamento del margine di sindacato del giudice sull’azione amministrativa (69), cagionando una successiva “reazione inversa” sulla falsariga degli sviluppi della giurisprudenza comunitaria.

[25] A tal proposito, osserva F. DONATI, La sentenza, cit., 4, come «(i)l sindacato sull’appli­ca­zione del principio di proporzionalità, innanzi tutto, non attiene alla titolarità del potere, ma al modo in cui lo stesso viene esercitato», sicché «il BVerfG ha di fatto trasformato il controllo sull’esercizio del potere in un sindacato sulla titolarità dello stesso. Si tratta di una operazione che appare in netto contrasto con il sistema previsto dai Trattati, che riserva alla CGUE il potere di sindacare il modo di esercizio dei poteri affidati agli organi e alle istituzioni dell’UE».

[26] D.U. GALETTA, Karlsruhe über alles?, cit.

[27] Ibid., 6, testo e nota 13.

[28] Per una lettura analoga, F. BIGNAMI, Law or Politics?: The BVerfG’s PSPP Judgment, in VerfBlog, 2020/5/21, verfassungsblog.de/law-or-politics/, DOI: doi.org/10.17176/20200522-013202-0.

[29] Il problema, su cui si veda infra nel testo, è ben approfondito da A. JAKAB-P. SONNEVEND, The Bundesbank is under a legal obligation to ignore the PSPP Judgment of the Bundes­verfassungs­gericht, in VerfBlog, 2020/5/25, verfassungsblog.de/the-bundesbank-is-under-a-legal-obligation-to-ignore-the-pspp-judgment-of-the-bundesverfassungsgericht/, DOI: doi.org/10.17176/
20200526-013433-0.

[30] Muove un’analoga osservazione M. POIARES MADURO, Some Preliminary Remarks, cit., il quale nota l’incongruenza della decisione in commento nella parte in cui «seems to say that the ECB cannot take into account the economic and fiscal benefits that may arise from its monetary oriented decisions but must take into account all the potential economic, political and fiscal costs».

[31] PFIZER ANIMAL HEALTH SA ET AL. c. CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, causa T-13/99, sentenza del Tribunale dell’11 settembre 2002. In Pfizer, i giudici europei avevano fornito una serie di importanti indicazioni in merito allo «scope of judicial review», consolidando ed espandendo gli indirizzi di una giurisprudenza sviluppatasi con riferimento alla politica agricola comune. La corte aveva già allora notato che, in tale ambito, le istituzioni dispongono di «un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d’azione», ciò imponendo di verificare (solo) se l’esercizio dello stesso «non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, o ancora se le istituzioni comunitarie non abbiano palesemente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale».

[32] Si veda, per tutti, TECHNISCHE UNIVERSITÄT MÜNCHEN e HAUPTZOLLAMT MÜNCHEN-MITTE, causa C-269/90, sentenza della Corte del 21 novembre 1991.

[33] PFIZER, cit., § 172.

[34] Osserva al riguardo BASSAN, come la questione se sia opportuno o meno fornire una replica da parte della BCE «assume i contorni quasi di un’ottemperanza diretta a superare un difetto di motivazione. I rischi mi sembrano ancora sottovalutati. Il rischio nel farlo è di legittimare la richiesta, da un lato aprendo la porta a violazioni future delle sentenze della Corte di Giustizia UE, la cui obbligatorietà erga omnes verrebbe così di fatto smentita, e dall’altro pregiudicando il principio di primazia del diritto dell’Unione, su cui, semplicemente, si fonda l’ordinamento europeo»; F. BASSAN, Il primato, cit.

[35] Per questo aspetto, già immediatamente dopo la pubblicazione della decisione, M. WILKINSON, Fight, flight or fudge?, cit., ove si osserva come «(a)lthough the Court explicitly separates the judgement from the Corona crisis, in reality its weapon is aimed as a warning against Corona measures (such as the Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), that might violate Article 123 TFEU (prohibiting monetary financing of the budget), and more broadly against any risk sharing, that would be in violation of core German constitutional identity in order to protect the budgetary autonomy of the Bundestag against further mutualisation».

[36] Per una sintesi degli interventi di politica monetaria della BCE, si rinvia alle informazioni disponibili sul sito ufficiale www.ecb.europa.eu/home/search/coronavirus/html/index.en.html.

[37] La misura è stata annunciata in esito alla riunione del Consiglio direttivo del 30 aprile. Si veda BCE, Decisioni di politica monetaria, 30 aprile 2020, in ecb.europa.eu/press/pr/date/
2020/html/ecb.mp200430~1eaa128265.it.html
.

[38] Si veda l’art. 5, parr. 2 e 3, della Decisione 2020/440 della BCE del 24 marzo 2020 su un programma temporaneo di acquisto per l’emergenza pandemica (BCE/2020/17).

[39] Per un’analisi dei dati dei primi due mesi di attuazione del PEPP, si veda E. FRATTOLA, Come sta andando il PEPP della Bce, in Osservatorio conti pubblici italiani, in osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-come-sta-andando-il-pepp-della-bce.

[40] Si veda, in particolare, omfif.org/2020/06/fresh-german-legal-battle-over-ecb-easing/.

[41] ft.com/content/5f000a25-3d54-4610-8579-cab9b21759ee.

[42] ft.com/content/443a14d9-b631-4609-9ad1-7ee98b8249c5.

[43] In argomento, F. FABBRINI, Suing the BVerfG, in VerfBlog, 2020/5/13, verfassungsblog.
de/suing-the-bverfg/
, DOI: doi.org/10.17176/20200514-013534-0; S. POLI-R. CISOTTA, The German Federal Constitutional Court’s Exercise of Ultra Vires Review and the Possibility to Open an Infringement Action for the Commission, in German Law Journal, luglio 2020, 1078.

[44] Si veda, con riguardo all’unione bancaria, M. MACCHIA, Integrazione amministrativa e unione bancaria, Torino, Giappichelli, 2019, nonché M.P. CHITI, V. SANTORO (eds.), The Palgrave Handbook of European Banking Union Law, Palgrave Macmillan, 2019, spec. 122 ss.

[45] curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2020-05/cp200058en.pdf.

[46] ecb.europa.eu/press/pr/date/2020/html/ecb.pr200505~00a09107a9.en.html.

[47] L’incidenza del diritto eurounitario sul regime di responsabilità per l’esercizio di attività giudiziaria trova la propria genesi in quella giurisprudenza della Corte di giustizia che ha dapprima dichiarato e poi gradatamente esteso la responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazioni del diritto europeo a esso imputabili. L’affermazione di tale principio ha inizialmente riguardato ipotesi circoscritte all’attività esecutiva e legislativa. Con la sentenza Köbler, la Corte europea ne ha quindi sancito l’estensione alla violazione imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado che abbia interpretato e applicato in maniera non corretta il diritto dell’Unione (CGUE, sentenza 30 settembre 2003, Köbler c. Repubblica d’Austria, in Foro it., 2004, IV, 4). In questa notissima pronuncia, la Corte ha infatti osservato che la piena efficacia del principio anzidetto, volto a tutelare i diritti spettanti ai singoli in virtù di norme comunitarie, verrebbe del tutto meno ove fosse esclusa la possibilità di ottenere un risarcimento allorché il diritto sia leso «da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro», proprio in considerazione «del ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che ai singoli derivano dalle norme comunitarie», e, più in particolare, della precipua posizione degli organi giurisdizionali di ultimo grado, «per definizione l’ultima istanza dinanzi alla quale i singoli possono far valere i diritti ad essi riconosciuti dal diritto comunitario». Un (ulteriore e atteso) passo in avanti è stato quindi compiuto con la sentenza Traghetti del Mediterraneo (CGUE, sentenza 13 giugno 2006, nella causa C-173/03). La decisione in questione è stata adottata sulla base di un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Genova pervenuto nelle more dell’adozione della decisione in Köbler, in cui si dubitava della compatibilità della normativa italiana con i principi in materia di responsabilità dello Stato formulati dalla Corte nelle ricordate decisioni Francovich Brasserie du Pêcheur e Factortame. Nella pronuncia, la Corte ha ribadito i principi espressi poco prima in Köbler, alla luce dei quali occorreva riconoscere il diritto al risarcimento dei danni arrecati ai singoli per violazioni del diritto comunitario imputabili allo Stato, quale che fosse l’organo di tale Stato la cui azione od omissione avesse dato origine alla trasgressione, e ferma la sussistenza di una violazione manifesta da parte del giudice di ultima istanza. In secondo luogo, la Corte ha affermato che la necessità di garantire una protezione giurisdizionale effettiva ai singoli dei diritti che l’ordinamento comunitario conferisce loro, osta a che la responsabilità dello Stato non possa sorgere «per il solo motivo che una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado risulti dall’interpretazione delle norme di diritto effettuata da tale organo giurisdizionale», posto che – sebbene l’interpretazione delle norme di diritto costituisca l’essenza vera e propria dell’attività giurisdizionale – «non si può escludere che una violazione manifesta del diritto comunitario vigente venga commessa, appunto, nell’esercizio di una tale attività interpretativa, se, per esempio, il giudice dà a una norma di diritto sostanziale o procedurale comunitario una portata manifestamente erronea, in particolare alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte in tale materia […], o se interpreta il diritto nazionale in modo da condurre, in pratica, alla violazione del diritto comunitario vigente». In terzo luogo, e quanto alla limitazione della responsabilità statale ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, la Corte ha ribadito come l’imputabilità può discendere esclusivamente da violazioni manifeste del diritto vigente, la cui valutazione deve far leva su quei criteri (sopra menzionati) precisati proprio in Köbler, sicché il diritto comunitario non consente limiti alla sussistenza della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice ove questi conducano «ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente» (CGUE, sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo S.p.A. c. Repubblica italiana). La netta (e chiara) posizione assunta dalla Corte di giustizia nel caso Traghetti del Mediterraneo ha condotto la Commissione europea ad avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, ritenendo che questa fosse venuta meno agli obblighi incombenti sugli Stati membri in relazione alla responsabilità verso i cittadini per violazioni del diritto dell’Unione a opera di un proprio organo giurisdizionale di ultimo grado.

[48] In questa prospettiva anche F. DONATI, La sentenza, cit., spec. pp. 10-11, nonché I. FEICHTNER, The German Constitutional Court’s PSPP Judgment: Impediment and Impetus for the Democratization of Europe, in German Law Journal, luglio 2020, 1090.