Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Attività regolatoria e norme attributive dei poteri: alcune considerazioni (di Margherita Ramajoli, Professoressa ordinaria di diritto amministrativo, Università degli Studi di Milano)


Le Autorità di regolazione mettono in crisi alcuni architravi su cui regge il nostro edificio pubblicistico. Vari i profili di criticità: basti pensare ai peculiari caratteri delle norme che attribuiscono poteri decisori alle autorità, alla controversa osservanza dei principi della separazione dei poteri dello Stato e della gerarchia delle fonti del diritto, alla dubbia legittimità di poteri decisori cd. impliciti che le autorità si autoattribuiscono, all’idea della legalità procedimentale come succedaneo della legalità sostanziale, nonché all’attuale contraddittorio processo di de-quotazione della stessa legalità procedimentale. Un ripensamento complessivo si impone, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte suprema degli Stati Uniti che ha rivisto la sua nota Chevron doctrine e, conseguentemente, il controllo giudiziario sull’inter­pretazione della legge effettuata da un’agency cui sia stato delegato il potere di completamento della disciplina legislativa.

Parole chiave: regolazione – autorità di regolazione – principio di legalità – legalità procedimentale – separazione dei poteri dello Stato – poteri impliciti – deference.

Administrative agencies: considerations on regulatory powers

The regulatory authorities undermine some of the lintels on which our publicist edifice rests. Suffice it to think of the peculiar characteristics of the sources of law that attribute decision-making powers to the authorities, of the controversial observance of the principles of the separation of state powers and the hierarchy of the sources of law, of the dubious legitimacy of the so-called implicit decision-making powers that the authorities attribute to themselves, of the idea of procedural legality as a substitute for substantive legality, and of the current contradictory process of “de-quotazione” of procedural legality itself. An overall rethink is also necessary considering the recent jurisprudence of the United States Supreme Court, which has revised its well-known Chevron doctrine and, consequently, the judicial review of the interpretation of the law carried out by an agency to which the power to complete legislative regulations has been delegated

Keywords: regulation – regulatory authorities – rule of law– procedural legality – separation of powers – implied powers – deference.

SOMMARIO:

1. Breve premessa tra passato e presente - 2. Le norme attributive dei poteri delle Autorità di regolazione e il principio di legalità - 3. Le norme attributive dei poteri delle Autorità di regolazione e il principio di separazione dei poteri dello Stato - 4. Il singolare continuum tra previa attività amministrativa e legge successiva - 5. Legalità sostanziale versus legalità procedimentale - 6. Inconvenienti e alleggerimenti della legalità procedimentale - 7. Deference or not deference? - 8. Brevi considerazioni finali - NOTE


1. Breve premessa tra passato e presente

Ai giorni nostri risultano ancora attuali e puntuali le parole di Giuseppe Pericu sulla problematicità delle autorità indipendenti e in particolare delle autorità di regolazione. In uno scritto apparso nel 1996 si osservava che il modello delle autorità amministrative indipendenti non era facilmente enucleabile, che attraverso l’istituzione di tali soggetti il Parlamento riconosceva la sua incapacità a disciplinare la materia e l’impossibilità da parte degli apparati ministeriali di provvedere alla gestione amministrativa e che gli ampi poteri loro attribuiti non risultavano inseriti nel sistema costituzionale, anzi apparivano in contraddizione con esso [1]. Ancora oggi permangono insite in tale modello amministrativo le criticità così acutamente evidenziate, le quali sono idoneea mettere in crisi alcuni architravi su cui regge il nostro edificio pubblicistico. Basti pensare ai peculiari caratteri delle norme che attribuiscono poteri decisori alle autorità, alla controversa osservanza dei principi della separazione dei poteri dello Stato e della gerarchia delle fonti del diritto, alla dubbia legittimità di poteri decisori cd. impliciti che le autorità si autoattribuiscono, all’idea della legalità procedimentale come succedaneo della legalità sostanziale, nonché all’attuale contraddittorio processo di de-quotazione della stessa legalità procedimentale.


2. Le norme attributive dei poteri delle Autorità di regolazione e il principio di legalità

Il punto d’attacco della riflessione giuridica è fornito dalle cd. norme attributive di poteri decisori alle autorità di regolazione. Per inquadrare queste peculiari norme attributive di poteri il Consiglio di Stato – a partire dal 2005 per arrivare alla giurisprudenza di questi ultimi anni [2] – è ricorso a formule suggestive, a loro volta ispirate da un passaggio di un libro di Habermas [3]. Così si suole affermare che i poteri delle autorità sono attribuiti da “leggi d’indirizzo che poggiano su prognosi incerte, rinvii in bianco all’esercizio futuro del potere, inscritto in clausole generali o concetti indeterminati che spetta all’Autorità concretizzare”. La natura della copertura normativa, sia europea sia nazionale, è “adeguata alla peculiarità dei poteri dell’Amministrazione indipendente quale amministrazione che si autoprogramma secondo le finalità stabilite dal legislatore”. In altri termini si ricorre, precisa sempre il giudice amministrativo, “alla tecnica del programma legislativo aperto” [4]. Il carattere, così identificato, della norma attributiva del potere serve alla giurisprudenza e, ancora prima, alla pubblica amministrazione come premessa per compiere il passaggio logico che legittima l’esistenza nel nostro ordinamento dei c.d. poteri impliciti. Come è noto, i poteri impliciti sono quei poteri desumibili dal complesso della disciplina della materia e strumentali all’e­sercizio di poteri tipizzati, ossia espressamente previsti dalla legge, o, ancora più genericamente, strumentali al perseguimento dei fini istituzionali assegnati dalla legge all’Autorità [5]. Infatti, sempre secondo la giurisprudenza amministrativa, le clausole generali contenute nella legge sono da implementare in base al prudente apprezzamento dell’Autorità a seconda degli scopi di tutela da raggiungere. Quindi le decisioni, sia generali, sia puntuali, delle autorità, pur talvolta non rinvenendo un puntuale fondamento nelle norme primarie (europee e nazionali) di settore, sono legittime se perseguono obiettivi comunque coerenti con quelli fissati nelle suddette normative primarie, tali da poterne costituire continuazione ideale. Così, di recente, nonostante la mancanza di una norma espressamente attributiva del relativo potere [continua ..]


3. Le norme attributive dei poteri delle Autorità di regolazione e il principio di separazione dei poteri dello Stato

La tematica è resa ancora più complessa e delicata da due elementi, uno riguardante il rispetto del principio della separazione dei poteri dello Stato, l’altro il modello costituzionale di pubblica amministrazione. Anzitutto, le autorità di regolazione hanno il potere di emanare atti amministrativi generali e astratti, atti provvedimentali, atti para-giuri­sdizionali. Infatti, le Autorità di regolazione svolgono sia un’attività propriamente di regolazione, intesa all’adozione di decisioni di ampia portata rivolte ad un numero indeterminato di destinatari, come una delibera che determina i livelli di qualità dei servizi, sia un’attività cd. di aggiudicazione, altrimenti definibile, con linguaggio più vicino al nostro tradizionale, attività provvedimentale volta all’adozione di decisioni amministrative su casi singoli, come una sanzione pecuniaria, sia atti che risolvono controversie in via alternativa rispetto alle tradizionali vie giurisdizionali [13]. Per inciso, tra l’altro, è possibile evidenziare una difficoltà di immediato inquadramento di queste attività: da un lato, non sempre è facile distinguere tra attività di regolazione e attività puntuale, in quanto atti generali talvolta producono effetti individuabili ex ante sui singoli operatori [14], oppure atti puntuali talaltra sono idonei a generare effetti strutturali e diacronici [15]; dall’altro, alcuni atti generali, in particolare le linee guida, in quanto atti di Soft Law o di Soft Regulation non hanno una valenza precettiva assoluta, visto che la loro violazione non determina necessariamente un illecito oppure l’invalidità degli atti contrastanti con essi [16]. Sta di fatto che l’assommarsi in capo a una sola autorità amministrativa di questa congerie di vari poteri determina un’attenuazione – oltre del principio di legalità inteso in senso sostanziale, come si è visto al paragrafo precedente – del tradizionale principio di separazione dei poteri dello Stato. Si potrà anche discutere sull’attuale vigenza di questo principio nel nostro mondo contemporaneo [17], ma questa anomala concentrazione di poteri resta un dato con cui fare i conti, specie se si considera il secondo elemento prima accennato, ossia la difficoltà d’individuazione del [continua ..]


4. Il singolare continuum tra previa attività amministrativa e legge successiva

Se è vero che il senso ultimo della creazione delle autorità di regolazione è prevenire e risolvere problemi regolatori che il legislatore, europeo e nazionale, fatica a prefigurare, stante la sua impossibilità di “tenere il passo” [20], è altrettanto vero che nel nostro ordinamento al legislatore non può essere demandato un compito quasi strumentale, secondario, eventuale, addirittura successivo dal punto di vista temporale rispetto a quello dell’Autorità di regolazione. Tuttavia, in concreto l’accessorietà del legislatore rispetto alle autorità di regolazione si è manifestata in varie occasioni. Uno dei casi più rilevanti è rappresentato dalla già accennata vicenda che ha contrapposto di recente l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alle compagnie telefoniche. L’Agcom in origine aveva autonomamente introdotto l’obbligo della fatturazione a cadenza mensile e si era dotata del potere di ordinare il rimborso agli utenti delle somme indebitamente addebitate per violazione di siffatto obbligo. Solo qualche tempo dopo all’intervento dell’Autorità di regolazione è stato introdotto anche a livello legislativo l’obbligo in questione e il relativo potere dell’amministrazione in caso di trasgressione dello stesso [21]. È interessante notare che la giurisprudenza amministrativa ha inquadrato la legge successiva non tanto come sanatoria intesa a colmare la mancanza di una specifica norma attributiva del potere, bensì come sviluppo e ripresa di quanto stabilito a livello amministrativo, con un completo sovvertimento della gerarchia delle fonti del diritto. Il Consiglio di Stato parla di un singolare continuum tra attività amministrativa e legge sopravvenuta, che è fatto poggiare sulla “eadem ratio di provvedimenti e norma primaria”, con una “riaffermazione da parte del legislatore dei valori sottesi alla delibera” dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni [22]. In altri termini, in obbedienza a una visione pan-finalistica lo scopo di tutela viene fatto prevalere sul rango delle fonti del diritto, relegando il Parlamento semplicemente a rafforzare disposizioni regolatorie precedenti.


5. Legalità sostanziale versus legalità procedimentale

Le criticità però non si arrestano qui. Secondo la giurisprudenza costituzionale [23] e amministrativa [24] i già illustrati fenomeni della c.d. dequotazione del principio di legalità inteso in senso sostanziale e della sottrazione delle Autorità di regolazione, in tutto o in larga parte, alla direzione politica impongono il rafforzamento della legalità procedimentale, che si sostanzia nella previsione di varie forme di coinvolgimento degli operatori del settore nell’ambito del procedimento di formazione delle decisioni, sia generali, sia puntuali. Viene così introdotta una correlazione inversa tra legalità sostanziale e legalità procedurale: “quanto meno è garantita la prima”, “tanto maggiore è l’esigenza di potenziare legalità procedurale, sottoforma di garanzie del contraddittorio” [25]. Si afferma così che il rispetto delle regole di partecipazione serve “a restituire, almeno in parte, coerenza al sistema”, “assicurando il recupero delle garanzia e la prevedibilità oggettiva dei possibili sviluppi provvedimentali”, nonostante “l’opacità” della legge sostanziale di disciplina dei poteri regolatori [26]. Tuttavia, porre un’eccessiva enfasi sulla legalità procedimentale, intesa come correttivo sia alla perdita di legalità sostanziale sia al deficit di legittimazione democratica delle autorità indipendenti, rischia di depotenziare la centralità che invece deve continuare a possedere la norma attributiva del potere nel nostro ordinamento democratico. La partecipazione, dal punto di vista giuridico, non è e non può divenire un fattore di legittimazione del potere. Come è stato acutamente osservato [27], la nozione di legittimazione procedimentale elaborata da Lühmann [28] è ben diversa da quella evocata dalla giurisprudenza in questione, in quanto la prima attiene alla legittimazione in senso sociologico, nel senso di riconoscimento di un soggetto come autorità da parte di altri soggetti. Invece la partecipazione al procedimento secondo la giurisprudenza comporta la facoltà di far sentire la propria voce e di illustrare le proprie ragioni, ma non assicura né la garanzia che queste ragioni siano effettivamente prese in considerazione [29], né una [continua ..]


6. Inconvenienti e alleggerimenti della legalità procedimentale

Ultimo elemento critico da sottolineare riguarda la tanto esaltata legalità procedimentale. In concreto essa presenta inconvenienti, da un lato, e subisce indebiti alleggerimenti, dall’altro. Gli inconvenienti si manifestano specialmente quando vengono in rilievo le funzioni di rulemaking delle Autorità di regolazione. Nel modello di notice and comment l’Autorità rende noti in anticipo mediante pubblicazione i contenuti dell’atto di cui propone l’adozione (fase di notice), consente a tutti i soggetti potenzialmente interessati di fornire i loro commenti su tali proposte (fase di comment) e dà conto delle ragioni che stanno alla base della decisione, rendendo pubblica una dichiarazione dei principi fondamentali e degli obiettivi. Questo modello soddisfa lo scopo di consentire all’Autorità stessa una migliore conoscenza dei fatti e l’acquisizione di informazioni utili ai fini della decisione [33]. Tuttavia, questa procedura porta con sé sia stagnazione decisionale, sia agire non trasparente. Infatti, forte è il rischio di una dilatazione eccessiva dei tempi per addivenire ad una decisione, con notevoli ritardi nell’azione amministrativa, tant’è che nel sistema statunitense, dove tale modello partecipativo è nato, si è parlato di processo di “ossificazione” dell’attività regolativa in ragione dei vincoli procedurali [34]. Ma il pericolo più consistente è la mancanza di trasparenza, che si realizza in una duplice direzione. Per un verso, l’opacità è generata dalla produzione di documenti sovrabbondanti e di dossier inutilmente lunghi che includono tutto ciò sia riconducibile alla decisione, oscurando, anziché chiarendo, all’esterno la comprensione del processo decisionale. Per altro verso, l’opacità si manifesta tramite una fuga dalle procedure formali, a vantaggio di negoziati informali e non trasparenti [35]. Gli indebiti alleggerimenti della legalità procedimentale riguardano invece le funzioni di adjudication delle Autorità di regolazione. Nel caso di procedimenti individuali aventi destinatari determinati devono valere le regole del pieno contraddittorio del cd. adversary system, di derivazione processuale, intese a garantire non la semplice possibilità, ma l’effettività del contraddittorio [continua ..]


7. Deference or not deference?

Le problematiche evidenziate non sono squisitamente autoctone. Anzi da Oltreoceano arrivano importanti fermenti giurisprudenziali in grado di mettere in crisi alcuni consolidati criteri su cui poggia l’intero edificio del diritto amministrativo americano e in particolare la nota Chevron doctrine. In base a tale dottrina la Corte suprema degli Stati Uniti ha da tempo riconosciuto alle agencies federali il potere di interpretare estensivamente leggi contenenti deleghe generiche o ambigue, assumendo un atteggiamento di deferenza giurisprudenziale verso le decisioni assunte dalle amministrazioni e rispettando l’interpre­tazione della legge fatta da queste ultime nella misura in cui la legge non abbia affrontato direttamente e chiarito espressamente questioni relative al suo significato e l’interpretazione dell’amministrazione non risulti irragionevole [39]. Il fondamento della deferenza giurisprudenziale insito nella Chevron doctrine è stato ravvisato essenzialmente, anche se non esclusivamente, nel fatto che solo le agencies possiedono le competenze tecniche indispensabili per introdurre regolazioni con cui perseguire gli obiettivi enunciati in termini vaghi nelle leggi del Congresso [40]. Due vicende emblematiche e molto recenti, una in materia di emergenza sanitaria, l’altra in materia ambientale, mostrano chiaramente gli evocati fermenti giurisprudenziali che hanno portato a una rivisitazione della tradizionale dottrina Chevron e quindi al ripensamento della relazione tra norma attributiva del potere e attività amministrativa. L’Occupational Safety and Health Act (OSHAct) del 1970 ha conferito all’amministrazione federale il potere di regolamentare la sicurezza dei luoghi di lavoro, stabilendo in modo ampio i principi della delega volta a garantire la salute dei lavoratori [41]. Durante la pandemia l’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), un’agency amministrativa, si è servita di questa ampia base legislativa per emanare un provvedimento provvisorio inteso a imporre l’obbligo vaccinale ai lavoratori americani per fronteggiare la diffusione dell’infezione COVID-19 [42]. Tuttavia, nel gennaio di quest’anno la Corte suprema, con la sentenza NFIB v. OSHA, ha accolto la richiesta di sospendere in via cautelare il provvedimento adottato dall’amministrazione, ritenendo che l’atto istitutivo dell’OSHA non [continua ..]


8. Brevi considerazioni finali

La presenza e l’attività delle Autorità di regolazione non devono portare a un sovvertimento dei capisaldi su cui regge l’architettura pubblicistica. Tuttavia, l’immagine che viene restituita dalla realtà concreta è problematica, a livello sia legislativo, sia amministrativo, sia giurisprudenziale. A livello legislativo, dal momento che le norme attributive dei poteri a tali Autorità non risultano affatto rispettose del principio di legalità inteso in senso sostanziale, né del principio di separazione dei poteri dello Stato. A livello amministrativo, perché le Autorità intendono il loro mandato istituzionale in maniera oltremodo estensiva e sovvertono il sistema delle fonti del diritto nel concepire la legge come una sorta di strumento secondario e talvolta addirittura successivo dal punto di vista temporale rispetto all’attività regolatoria, relegando il Parlamento semplicemente a rafforzare disposizioni regolatorie precedenti. A livello giurisprudenziale, visto che il giudice baratta il deficit di legalità sostanziale e di legittimazione democratica delle Autorità con la valorizzazione della partecipazione procedimentale, al punto da configurare una nuova legalità definita procedimentale dall’incerto fondamento teorico, e, al tempo stesso, fornisce una versione debole di quest’ultima tipologia di legalità, consentendo di compensare in sede processuale il mancato rispetto delle garanzie partecipative nel corso del procedimento amministrativo. Vero è che il particolare tecnicismo dei settori regolati e la specializzazione funzionale e dall’expertise di tali Autorità giustificano soluzioni peculiari, ma nella configurazione di siffatte soluzioni non si deve mai dimenticare che le Autorità di regolazione sono “realtà titolari di un potere politico effettivo”, il quale, pur essendo a competenza settoriale, è profondamente incidente sulla società [48].


NOTE
Fascicolo 1 - 2022