Rivista della Regolazione dei MercatiCC BY-NC-SA Commercial Licence E-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Sanzioni amministrative di Consob e Banca d´Italia e loro sindacato giurisdizionale: alcune riflessioni alla luce del diritto sovranazionale e dell´indagine comparata (di Andrea Magliari, Ricercatore t.d. B di diritto amministrativo, Università degli studi di Trento)


Il contributo affronta il tema del sindacato giurisdizionale sulle sanzioni amministrative irrogate da Banca d’Italia e Consob. L’articolo muove dall’analisi critica delle sentenze con cui la Corte Costituzionale ha riattribuito la giurisdizione in materia al giudice ordinario e della giurisprudenza di quest’ultimo, giungendo a constatare l’in­soddisfacente livello di tutela offerta dal giudice ordinario rispetto ai canoni (costituzionali e sovranazionali) della tutela piena ed effettiva, nonché della full jurisdiction. L’articolo sviluppa poi tale riflessione alla luce dell’indagine comparata di alcuni ordinamenti nazionali (Francia, Spagna, Germania, Regno Unito), i quali mettono in luce, a fianco ad alcuni tratti comuni con la nostra esperienza giuridica, anche rilevanti e profonde divergenze quanto allo standard di tutela complessivamente assicurato ai privati sanzionati.

Parole chiave: Sanzioni amministrative – Sindacato giurisdizionale – CEDU – Analisi comparata –Banca d’Italia – Consob.

Administrative sanctions of Consob and Bank of Italy and their judicial review: some considerations in the light of supranational law and comparative analysis

This contribution addresses the issue of judicial review of administrative sanctions imposed by the Bank of Italy and Consob. The article starts from a critical analysis of the judgments with which the Constitutional Court has re-attributed jurisdiction in this matter to the civil judge and of the latter’s jurisprudence, coming to ascertain the unsatisfactory level of protection offered by the ordinary judge with respect to the (constitutional and supranational) paradigms of the effective remedy and full jurisdiction. These considerations are then further developed in the light of the comparative analysis of some national legal experiences (France, Spain, Germany, the United Kingdom), which highlight, alongside certain common features with the Italian legal system, also significant and profound divergences as regards the overall standard of protection ensured to individuals.

Keywords: Administrative sanctions – Judicial review – ECHR – Comparative analysis – Bank of Italy – Consob.

SOMMARIO:

1. Introduzione: le sanzioni amministrative delle autorità di vigilanza finanziaria tra riparto di giurisdizione ed effettività della tutela - 2. Prima questione critica: la questione di giurisdizione e la natura del potere sanzionatorio - 3. Seconda questione critica: la “insostenibile leggerezza” del sin­dacato giurisdizionale del giudice ordinario - 4. Le indicazioni provenienti dall’indagine comparata: Francia, Spagna, Germania e Regno Unito a confronto - 5. Riflessioni conclusive: il disconoscimento della specialità…e l’ultima (necessaria) pirouette - NOTE


1. Introduzione: le sanzioni amministrative delle autorità di vigilanza finanziaria tra riparto di giurisdizione ed effettività della tutela

A distanza di dieci anni dalla sentenza n. 162/2012 [1], con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni del c.p.a. che attribuivano la materia delle sanzioni amministrative della Consob alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo, non pare inutile soffermarsi a riflettere nuovamente sulla portata e sulle ricadute di quella pronuncia, in parte riallacciandosi ai molti giudizi critici già emersi in dottrina, in parte tentando di cogliere e di mettere a sistema ulteriori elementi in grado di gettare nuova luce sulla controversa questione della natura giuridica del potere sanzionatorio delle autorità di regolazione finanziaria e sulla connessa problematica del relativo sindacato giurisdizionale.

La questione che si intende affrontare si pone a valle di una serie di vicende ormai piuttosto note, e che non gioverebbe qui ripercorrere nel dettaglio [2]. Basti semplicemente ricordare come, a seguito della sopra citata pronuncia e della successiva sentenza n. 94/2014 [3], la giurisdizione relativa alle sanzioni irrogate rispettivamente da Consob e Banca d’Italia, dopo una breve parentesi di radicamento presso il giudice amministrativo, sia stata restituita al giudice ordinario, come giudice “storico” [4] della sanzione amministrativa.

A fronte di tali approdi, l’analisi che ci si appresta a compiere necessita di essere inquadrata e, in definitiva, risolta alla luce di due principali questioni, tra loro strettamente connesse. La prima riguarda il percorso che ha condotto il giudice delle leggi ad accogliere le argomentazioni della Cassazione e a ritenere conseguentemente viziata l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo. La seconda attiene al modo in cui concretamente il giudice ordinario ha dato prova di esercitare la propria giurisdizione in materia ossia, più propriamente, alla conformità di tale controllo rispetto ai canoni dell’ef­fettività e della pienezza della tutela ricavabili, in questo ambito in particolare, oltre che dalle disposizioni costituzionali, anche dall’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali e dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uo­mo (CEDU) [5].

In proposito, sembra infatti opportuno ricordare come l’incostituzionalità censurata dalla Corte Costituzionale non discenda da un contrasto con le regole del riparto di giurisdizione previste dalla Costituzione, bensì da un eccesso di delega in cui sarebbe incorso il legislatore delegato. La soluzione emersa da tali pronunce non costituisce, cioè, la risultante dell’applicazione dei principi costituzionali in punto di giurisdizione, ma semplicemente la conseguenza di una particolare lettura del rapporto tra legge delega e codice del processo amministrativo, a sua volta dipendente dal modo in cui la Corte Costituzionale ha inteso interpretare la giurisprudenza delle giurisdizioni superiori in merito alla natura delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalle autorità indipendenti in parola.

Ciò consente – e per certi versi consiglia – di ragionare, anche in una prospettiva de lege ferenda, in termini di auspicabilità di un ritorno al Codice del 2010, ossia di un ripristino da parte del legislatore della giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo anche in relazione alle sanzioni irrogate da Consob e Banca d’Italia.

Come si tenterà di mettere in luce, il tema si pone inizialmente come un problema di giurisdizione, ma non si esaurisce in esso. Al fondo della questione, infatti, non sta semplicemente un apprezzamento circa la astratta preferibilità di un plesso giurisdizionale rispetto all’altro, quanto semmai una valutazione in vivo in ordine alla capacità del giudice investito della controversia di dare piena ed effettiva soddisfazione alla domanda di tutela proveniente dal privato, e ciò anche a prescindere dalla problematica qualificazione della situazione giuridica lesa come diritto soggettivo o come interesse legittimo [6]. Dopo tutto, traendo insegnamento dall’indagine comparata, si tratta in definitiva di riconoscere come, anche (e soprattutto) nel caso in esame, «il tipo di protezione garantito al privato di fronte al potere pubblico dipende, più che dalla giurisdizione, speciale od ordinaria, competente a decidere le controversie, dalle norme procedurali e dal modo in cui queste costruiscono e conciliano le istanze di tutela del ricorrente e l’interesse generale» [7].


2. Prima questione critica: la questione di giurisdizione e la natura del potere sanzionatorio

Venendo al primo corno del problema, sembra anzitutto utile ricordare come, sulla scorta della nota sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale, così come poi condensata nell’art. 7 c.p.a. [8], la devoluzione di un determinato contenzioso alla giurisdizione amministrativa (non solo esclusiva, ma anche generale di legittimità) presupponga l’esercizio da parte dell’amministrazione-autorità di un potere amministrativo riconducibile all’esercizio della funzione pubblica. Ne deriva la configurazione del giudice amministrativo come «giudice del potere amministrativo», ovvero, come ha affermato in più occasioni la stessa Corte Costituzionale, come «giudice naturale della legittimità dell’eser­cizio della funzione pubblica» [9].

Ai nostri fini, tale precisazione non pare del tutto inutile, giacché dalla motivazione delle due citate sentenze sembra invece emergere un criticabile appiattimento della Corte Costituzionale sulle argomentazioni utilizzate dalle Sezioni Unite della Cassazione per affermare l’assenza di discrezionalità nell’at­tività di applicazione delle sanzioni in parola e il conseguente radicamento della giurisdizione presso il giudice ordinario.

A tale argomento può opporsi tanto una critica di metodo, quanto una di merito.

Di metodo, anzitutto, in quanto non appare convincente la scelta del giudice costituzionale di riferirsi esclusivamente alla giurisprudenza delle giurisdizioni superiori tralasciando di considerare i propri orientamenti sul punto [10], né tantomeno di prendere in esame solamente la giurisprudenza relativa alle sanzioni di Consob e Banca d’Italia, omettendo qualsiasi riferimento alle sanzioni irrogate da altre autorità amministrative indipendenti [11]. Così facendo, la Corte ha mostrato di obliterare che le argomentazioni della Cassazione (così come quelle del Consiglio di Stato) devono pur sempre leggersi alla luce del particolare assetto normativo volta per volta delineato dal legislatore. È evidente, del resto, che assai difficilmente la Corte di Cassazione avrebbe potuto statuire nel senso di una giurisdizione del giudice amministrativo a fronte di una disposizione di legge che espressamente radicava il giudizio presso il giudice ordinario [12]. Non deve dunque stupire che le argomentazioni impiegate dalla Cassazione spesso tradiscano il tentativo di razionalizzare ex post le non sempre coerenti scelte legislative in tema di riparto [13] facendo leva su argomentazioni “selettive”, volte a individuare differenze ontologiche tra istituti, invece, del tutto analoghi.

Prova ne sia il fatto che, in relazione alle sanzioni antitrust, già nel 1994, a fronte di una disposizione normativa espressa in tal senso, le Sezioni Unite [14] avevano affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, argomentando che l’atto di irrogazione della sanzione non può ritenersi mera applicazione della disposizione normativa, avendo tale atto un contenuto complesso che gli attribuisce i caratteri del provvedimento amministrativo in senso proprio, con esercizio di poteri autoritativi e discrezionali preordinati alla cura degli interessi pubblici, e precisando ulteriormente che dal riconoscimento della giurisdizione in capo al giudice ordinario discenderebbe una inammissibile separazione della tutela, con pregiudizio del principio di effettività di quest’ul­tima [15]. Analogamente, per le sanzioni irrogate dal Ministero delle attività produttive su proposta dell’Isvap (oggi Ivass), la Cassazione aveva ritenuto la devoluzione al giudice amministrativo del tutto coerente con quanto sostenuto dal giudice delle leggi nella sentenza n. 191 del 2006 «laddove individua nel manifestarsi del momento autoritativo dell’attività della p.a. – che è, appunto, immanente nell’esercizio dei poteri di controllo e sanzionatori propri all’attività di vigilanza – il discrimen tra la legittima attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo pur in presenza di diritti soggettivi e l’illegittima sottrazione della giurisdizione stessa al giudice ordinario» [16].

Più correttamente, allora, ci sembra che la soluzione alla questione di costituzionalità avrebbe dovuto poggiare sulla giurisprudenza costituzionale e di legittimità relativa alla potestà sanzionatoria delle autorità indipendenti dotate di poteri di vigilanza sugli operatori di mercato, e su un confronto di questa giurisprudenza con i criteri elaborati dallo stesso giudice delle leggi in tema di limiti alla discrezionalità del legislatore nell’individuare le materie da devolvere alla giurisdizione esclusiva [17].

Ma anche nel merito – si diceva – la conclusione cui giunge la Corte Costituzionale, abbracciando le argomentazioni della Cassazione, appare censurabile. Ciò essenzialmente per due ragioni. La prima attiene al riferimento al parametro della discrezionalità come (unico) discrimine del riparto tra giurisdizioni [18]; la seconda riguarda l’attualità di quell’orientamento “dogmatico” della Cassazione che, in contrasto con il carattere composito e differenziato delle sanzioni amministrative [19], riconosce invariabilmente alle sanzioni di Consob e Banca d’Italia una natura strettamente vincolata, tale da non lasciare spazio alcuno a valutazioni di carattere discrezionale [20].

Sul punto, sembra invero opportuno rammentare come siano da considerarsi generalmente precluse alla cognizione del giudice amministrativo quelle situazioni in cui, stante il carattere strettamente vincolato del potere, «il diritto non soccombe al potere, ma soccombe (direttamente) alla legge» [21], ossia tutte quelle ipotesi in cui i presupposti e il contenuto del provvedimento siano interamente disposti dalla legge, mancando un potere determinativo della pubblica amministrazione.

Ebbene, è proprio tale connotazione che non appare (più) predicabile in relazione alle sanzioni in parola. Per come definito dalle norme attributive del potere sanzionatorio [22], quest’ultimo risulta quasi sempre calibrato sull’accerta­mento di fattispecie complesse che presuppongono (almeno) un’attività valutativo-discrezionale di concetti giuridici indeterminati, nonché (in alcuni casi) anche un vero e proprio esercizio di discrezionalità in senso proprio [23].

Con riferimento alle sanzioni in esame, sembra dunque doversi ritenere oggi superato quell’orientamento, pur autorevolmente e largamente sostenuto in passato [24], secondo cui nell’esercizio del potere sanzionatorio l’ammini­strazione si limiterebbe a effettuare una ricostruzione dei fatti e un accertamento delle responsabilità sulla base di un’attività meramente ricognitiva, connotata da valutazioni semplici, scevre da qualsivoglia profilo valutativo-discrezionale. L’effetto pregiudizievole per il soggetto sanzionato non pare, in altri termini, discendere direttamente dall’operatività della fattispecie normativa; all’opposto, le fattispecie sanzionatorie qui considerate sembrano riconducibili al noto schema «norma-potere-effetto» [25], in virtù del quale la reazione sanzionatoria apprestata dall’ordinamento rappresenta l’esito dell’intervento autoritativo di specificazione di concetti giuridici indeterminati ovvero di selezione e comparazione di diversi interessi [26] da parte del pubblico potere, così come infine condensato nel provvedimento amministrativo.

Dalla configurazione data al potere sanzionatorio dalla legislazione nazionale e sovranazionale più recente emerge con maggior nitore quanto sin qui osservato. Ci si riferisce, in particolare, alla più marcata funzionalizzazione della sanzione alla cura dell’interesse pubblico perseguito dalle autorità di vigilanza. La sanzione irrogata dalle autorità indipendenti non costituisce più solamente un meccanismo punitivo del trasgressore, bensì anche uno strumento di completamento, nel quadro dei diversi poteri attribuiti all’amministrazione, della funzione amministrativa sussidiata [27]: come mezzo, cioè, esso stesso di regolazione [28].

Sembra d’altronde difficile negare che i poteri sanzionatori delle autorità in parola si iscrivano all’interno di un ampio e variegato strumentario attribuito all’amministrazione per la cura di specifici interessi pubblici, nell’ambito di un approccio integrato di vigilanza [29]. Nell’esercizio della funzione, lo strumento sanzionatorio necessita a tale stregua di essere coordinato con gli altri poteri di vigilanza disponibili nel “toolkit” dell’autorità competente [30], primo tra tutti il potere di condurre ispezioni e di richiedere informazioni e documenti ai soggetti vigilati, ovvero il potere di adottare altre misure amministrative, alternative alla sanzione, in caso di violazione della disciplina sostanziale da parte dei soggetti vigilati [31]. L’attivazione del potere sanzionatorio realizza così non più solo “il momento di effettività” dell’attività di vigilanza secondo una prospettiva eminentemente afflittivo-punitiva, ma diviene parte integrante delle complessive strategie messe in campo dall’autorità nel perseguimento dei propri obiettivi istituzionali [32].

Muovendo da una sostanziale inscindibilità “funzionale” tra il momento della vigilanza (ma si potrebbe anche dire, più in generale, tra il momento della regolazione) e il momento della sanzione, sembra allora lecito ritenere che, nel fare esercizio del potere sanzionatorio, l’autorità di vigilanza si trovi pur sempre a dover conciliare l’interesse afflittivo-punitivo, tipicamente sotteso all’irro­gazione della sanzione, con l’interesse “sussidiato”, vale a dire l’in­teresse pubblico primario rimesso alla cura dell’amministrazione titolare della funzione [33].

In tal senso, si pongono le diverse disposizioni che affidano alla scelta del­l’amministrazione il tipo di misura da adottare a fronte dell’accertamento di una determinata violazione della disciplina sostanziale, prevedendo – ad esempio – misure alternative alla sanzione pecuniaria [34] ovvero l’applicabilità di sanzioni accessorie [35]. Oppure, ancora, si pensi a quei casi in cui l’impo­sizione di una sanzione (e la sua pubblicazione [36]) potrebbe impattare negativamente sulla solidità patrimoniale dell’intermediario, sulla stabilità del sistema finanziario ovvero sulla fiducia dei risparmiatori. In tali ipotesi, sembra allora scorgersi un margine di “disponibilità” [37] – e quindi di discrezionalità – anche riguardo all’an, come ben risulta da quelle previsioni normative che rimettono all’ammi­nistrazione la scelta tra l’irrogazione di una sanzione in senso stretto e l’appli­cazione di una misura di tipo ripristinatorio [38].

Inoltre, anche là dove non vengano in rilievo apprezzamenti in merito alla ponderazione degli interessi, si deve comunque riconoscere che, nella costruzione delle fattispecie di illecito amministrativo, il legislatore fa ampio ricorso a concetti giuridici indeterminati o a clausole generali [39] che rinviano a una integrazione valutativa del precetto sanzionatorio da parte dell’amministrazione procedente. Nelle materie che qui si considerano è nota, d’altronde, la prevalenza di una normativa dal contenuto tecnico-specialistico, connotata da un non infrequente ricorso a concetti che si caratterizzano per la loro indeterminatezza o opinabilità, rimessi, in quanto tali, all’apprezzamento riservato (o “preferenziale” [40]) dell’amministrazione esperta [41]. Tali valutazioni rilevano ai fini dell’accertamento dei fatti e delle relative responsabilità [42], nel momento cioè di specificazione del precetto normativo e di sussunzione dei fatti accertati all’interno del parametro normativo contestualizzato [43].

Ebbene, se ciò costituisce un tratto distintivo dell’esercizio di un potere pubblico autoritativo [44] rimesso alle autorità indipendenti [45], non ci si può esimere dall’osservare come la più recente normativa nazionale e sovranazionale abbia ulteriormente accentuato la formulazione “per valori” o “per obiettivi” di molte fattispecie sanzionatorie [46], in linea con il passaggio da una «vigilanza fondata sulle rules» a una «vigilanza basata sugli standards»  [47], che attribuisce all’autorità di vigilanza tanto il potere di riempire di contenuto lo standard fissato dal legislatore, quanto di verificare poi se le condotte poste in essere dagli intermediari siano o meno ad esso conformi. Seguendo tali ragionamenti, si tratta altresì di riconoscere come, a partire dalla risposta europea alla crisi del 2008, stiano progressivamente mutando alcuni dei caratteri della stessa funzione di regolazione finanziaria. Quest’ultima – ma la considerazione potrebbe estendersi anche ad altri ambiti di mercato “presidiati” da autorità indipendenti – sta infatti perdendo quel carattere “condizionale” che aveva contraddistinto la svolta maturata attorno agli anni Novanta del secolo scorso [48], per assumere sempre più i tratti di un’attività scandita, oltre che da apprezzamenti di natura tecnica, anche da scelte discrezionali implicanti una ponderazione comparativa di diversi interessi [49].

Significative appaiono, in questa prospettiva, anche alcune prese di posizione della giurisprudenza nazionale e sovranazionale. Così, in quello che appare un “colpo di coda” del giudice amministrativo prima della restituzione della giurisdizione al giudice civile, il Consiglio di Stato ha affermato che «i provvedimenti sanzionatori [della Banca d’Italia] non possono di certo essere qualificati come “vincolati”. Essi sono dotati di un tasso di discrezionalità coessenziale alla loro natura, sia in ordine all’accertamento dei fatti ed alla loro qualificazione giuridica (per i quali sussiste una accentuata discrezionalità tecnica), sia in ordine alla quantificazione della sanzione» [50].

Analogamente, il Tribunale dell’Unione [51] ha recentemente annullato una sanzione pecuniaria irrogata dalla Banca centrale europea ritenendo che, per «l’ampio potere discrezionale conferito alla BCE», l’atto impugnato necessitasse di una motivazione più stringente, che desse specificamente conto della metodologia applicata dall’autorità in fase di determinazione dell’importo e ciò a fronte della necessità di «consentire al Tribunale di valutare se detta decisione sia conforme al diritto dell’Unione e, segnatamente, al principio di proporzionalità».

Alla luce delle precedenti considerazioni – che ci hanno portato, in buona sostanza, a riconoscere in capo alle autorità in parola uno spazio di discrezionalità, vuoi di tipo proprio, vuoi di natura solo tecnica, vuoi nell’an, vuoi nel quantum – pare dunque possibile trarre due conclusioni preliminari. La prima è che la sussistenza di un nesso tra attività sanzionatoria ed esercizio autoritativo (oltre che imperativo e unilaterale) di un potere amministrativo suggerisce la percorribilità, quanto meno in astratto, di una (nuova) devoluzione della giurisdizione in materia al giudice amministrativo [52]. La seconda porta a ritenere che l’evidenziata natura dell’attività amministrativa sottesa all’esercizio del potere sanzionatorio non può non avere ricadute di rilievo anche sul piano delle tecniche di sindacato e di tutela che devono essere impiegate dal giudice investito della cognizione su tali provvedimenti.


3. Seconda questione critica: la “insostenibile leggerezza” del sin­dacato giurisdizionale del giudice ordinario

Si è appena osservato che la connotazione dell’attività sanzionatoria alla stregua di un potere autoritativo (e a tratti anche discrezionale) finalizzato alla tutela dell’interesse pubblico consente di qualificare la “materia” in esame come “particolare” ai sensi dell’art. 103 Cost. Essa risulta, d’un lato, del tutto analoga a quella delle sanzioni amministrative irrogate da altre autorità indipendenti già sottoposte alla giurisdizione esclusiva e, dall’altro, direttamente inerente (rectius: consustanziale) alla funzione di vigilanza, anch’essa pacificamente devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo. Eppure, da tale considerazione non sembra potersi automaticamente trarre un’indicazione univoca circa la necessarietà di suddetta attribuzione, come unica soluzione conforme al riparto di giurisdizione delineato in Costituzione.

Occorre, infatti, rammentare come la regola che individua il giudice amministrativo come giudice naturale del potere amministrativo ammette, in virtù dell’art. 113, comma 3, anche alcune importanti eccezioni, spettando al legislatore di determinare «quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione». Diversamente da quanto previsto in relazione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, l’art. 113, comma 3 Cost. non contiene tuttavia un criterio espresso in grado di delimitare la discrezionalità del legislatore. Ciò ha portato la giurisprudenza [53] e parte della dottrina [54] a ritenere che al giudice ordinario ben potrebbe essere attribuita la cognizione anche su quegli atti che, costituendo espressione di un potere autoritativo, siano in grado di incidere su posizioni di interesse legittimo, trattandosi in definitiva di una decisione rimessa alla discrezionalità del legislatore [55].

A fronte di tale constatazione, si ritiene allora opportuno risolvere la questione che anima quest’indagine non tanto (e non solo) alla luce delle regole di riparto della giurisdizione, quanto piuttosto – come anticipato in premessa – in base a una valutazione in concreto circa la capacità del giudizio svolto dinanzi al giudice ordinario di assicurare una tutela piena ed effettiva nei confronti dei destinatari dei provvedimenti sanzionatori [56]. Del resto, come si avrà modo di verificare oltre, anche l’indagine comparata sembra confermare l’utilità di tale prospettiva metodologica, dal momento che, pur a fronte della necessità di un adeguamento allo standard comune di tutela posto dal diritto sovranazionale, ciascun ordinamento ha abbracciato soluzioni completamente diverse in punto di individuazione del giudice competente e delle relative regole processuali.

Si deve infatti considerare che, nel nostro caso, la tutela offerta al soggetto sanzionato deve conformarsi, oltre che con il diritto interno, anche con i parametri sovranazionali in punto di effettività e pienezza della tutela previsti dal­l’art. 47 Carta dei Diritti fondamentali [57] e, soprattutto, dall’art. 6 CEDU.

Ma allora, pur dovendosi prendere atto dell’incertezza applicativa che connota quest’ultimo parametro [58], occorre chiedersi se la tutela offerta dal giudice ordinario nell’ambito del giudizio di opposizione possa ritenersi coerente almeno con quel nucleo minimo ed omogeneo di prescrizioni che pretendono, in buona sostanza, che l’organo giudicante sia dotato del potere di accertare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per la controversia, nonché del potere di riformare qualsiasi punto della decisione impugnata senza doversi ritenere vincolato all’accertamento compiuto in prima battuta dagli organi amministrativi [59]. Così, anche senza necessariamente pretendere un giudizio sostitutivo della discrezionalità [60], il parametro della full jurisdiction sembra sostanziarsi nella «garanzia dell’effettivo conseguimento del bene della vita senza che, nel caso concreto, si possano opporre più o meno estese franchigie d’in­sindacabilità assicurate al potere pubblico ovvero limitazioni alla cognizione ed alla decisione tali da far conseguire pronunzie favorevoli ma inadeguate ad assicurare la soddisfazione nel rapporto sostanziale» [61].

Ebbene, è noto che in materia sanzionatoria il giudice dell’opposizione dispone di una giurisdizione “piena” [62], potendo annullare il provvedimento sanzionatorio ovvero modificarlo anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta [63]. Si tratta, in altri termini, di un giudizio sul rapporto che consente, almeno formalmente [64], di entrare nel merito delle valutazioni dell’ammini­stra­zione. Specie in passato diffusa era, dunque, la convinzione che il giudice ordinario, per la latitudine dei poteri di cognizione e di decisione di cui disponeva in raffronto al giudice amministrativo, fosse in grado di offrire una tutela assai più soddisfacente per l’interesse del destinatario del provvedimento.

Sennonché, l’esperienza pratica ha, negli anni, messo in luce il carattere scarsamente satisfattivo di tale giudizio rispetto alla domanda di tutela avanzata dal privato [65].

In tal senso, si deve anzitutto segnalare quello che costituisce un limite invalicabile dell’attribuzione della materia sanzionatoria alla cognizione del giudice ordinario, ossia la disarticolazione della tutela processuale a fronte della evidenziata unitarietà della vicenda sostanziale, in spregio all’esigenza di concentrazione delle tutele [66]. La distinzione tra momento della vigilanza e momento della sanzione rappresenta, come si è visto, un’operazione concettualmente problematica dal punto di vista sostanziale, che finisce per ripercuotersi sullo stesso giudice della sanzione, il quale si troverà a dover conoscere, oltre che (direttamente) del provvedimento sanzionatorio, anche (incidentalmente) degli atti amministrativi presupposti, dal momento che è in essi che il più delle volte sarà dato rinvenire l’effettiva ragione giustificativa (l’ubi consistam) della pretesa sanzionatoria [67]. Vero è che la Cassazione ha precisato che «il sindacato del giudice del provvedimento sanzionatorio si estende, in ossequio al principio accessorium sequitur principale, alla validità sostanziale del rapporto presupposto, concernendo tutte le fasi procedimentali in cui lo stesso si scandisce, nonché gli atti presupposti e regolamentari posti a fondamento dell’e­missione del provvedimento impugnato»; nondimeno, alla stregua di quanto si dirà a breve, è proprio la scarsa attitudine del giudice ordinario a penetrare all’interno delle valutazioni compiute dall’amministrazione – a maggior ragione se contenute in atti non direttamente rimessi alla sua cognizione – a vanificare, in concreto, l’esigenza di un controllo effettivo sull’attività sanzionatoria dell’amministrazione.

Invero, il principale vulnus di tutela per il privato destinatario delle sanzioni di Consob e Banca d’Italia è rappresentato proprio dalla particolare “deferenza” [68] mostrata dal giudice dinanzi alle scelte tecniche complesse delle due autorità di regolazione [69]. Se si escludono gli accertamenti di fatti semplici a struttura elementare, la giurisprudenza civile, tanto di merito quanto di legittimità, tende a escludere che il sindacato possa assumere carattere sostitutivo in relazione agli apprezzamenti tecnici complessi od opinabili, e ad appiattirsi sulle ricostruzioni fattuali prospettate dall’autorità amministrativa. Ma non si tratta solamente di rilevare una tendenza del giudice ordinario ad abdicare a una forma di sindacato “forte” o sostitutivo, in favore di un sindacato “debole” o non sostitutivo, trattandosi in definitiva di una questione particolarmente delicata e oggetto di ampio dibattito anche nella stessa giurisprudenza amministrativa [70], quanto semmai di constatare una certa ritrosia del giudice civile nel condurre un vaglio completo e penetrante rispetto alle assunzioni poste a base del provvedimento sanzionatorio e, dunque, a effettuare un controllo sufficientemente incisivo sulla contestualizzazione e qualificazione dei fatti di causa operata dall’amministrazione [71].

Vero è che, in qualche isolata pronuncia, la Corte di Cassazione sembra ammettere una generale contestabilità delle valutazioni contenute nelle relazioni ispettive della Banca d’Italia [72]. Nondimeno, occorre parimenti rilevare come nel giudizio di opposizione non sia dato riscontrare quell’evoluzione delle tecniche di sindacato registratasi nel processo amministrativo [73], continuandosi a fare applicazione di una forma di scrutinio che potremmo definire “estrinseco”, secondo le tassonomie tradizionali del giudizio amministrativo [74], ovvero “limitato”, in base alle formule della giurisprudenza sovranazionale [75]. Si ammette cioè che la valutazione tecnica possa essere oggetto di sindacato [76] (purché non sostitutivo rispetto al margine di scelta oggettivamente opinabile), ma secondo standard lontani dalle forme più stringenti del controllo sulla “correttezza/attendibilità tecnica” [77] – se non, addirittura, della “maggiore attendibilità/condivisibilità” [78] – cui fa ricorso il giudice amministrativo, specie nei casi in cui il giudizio debba informarsi al canone della full jurisdiction [79].

Così, una volta riconosciuto, alla stregua di quanto visto in precedenza, che anche i provvedimenti sanzionatori delle autorità in parola poggiano su valutazioni di concetti giuridici indeterminati, su scelte tecniche complesse e opinabili, nonché sull’esercizio di attività ponderativa di diversi interessi, emerge tutta l’inadeguatezza del sindacato condotto dal giudice ordinario non solo rispetto al parametro euroconvenzionale, bensì anche rispetto ai principi generali di effettività della tutela [80]. D’altronde, anche a voler aderire alla tesi della natura vincolata della sanzione prospettata dalla Cassazione, si dovrebbe pur sempre riconoscere che, quantomeno nel sindacare incidentalmente gli atti presupposti o regolamentari su cui si basa la sanzione, il giudice civile si trovi dinanzi ad atti che costituiscono (pacificamente, per ammissione della stessa Suprema Corte) esercizio di discrezionalità, sia amministrativa che “tecnica”. Ed è dunque naturale pretendere che, a voler “prendere sul serio” il canone della full jurisdiction, il giudice civile svolga, per lo meno su tali atti, un sindacato sufficientemente penetrante e incisivo, in linea quantomeno con lo scrutinio oggi condotto dal giudice amministrativo. Anche perché, com’è stato lucidamente rilevato, abdicare alla piena conoscenza del fatto (ossia alla correttezza delle premesse fattuali su cui si fonda la decisione amministrativa), riservandone l’accertamento e la valutazione all’amministrazione, «equivale ad amputare la giurisdizione di un suo carattere fondamentale» [81]. E a fronte di un limitato accesso ai presupposti di fatto sembra lecito dubitare anche del­l’effettiva capacità del giudice di vagliare (ed eventualmente modificare) la stessa quantificazione della sanzione [82].

Ancora, sul versante più strettamente processuale, la limitatezza del sindacato sui profili di fatto sembra dipendere anche dalle caratteristiche del rito speciale che connota i giudizi di opposizione. Pur a seguito delle modifiche apportate nel 2015 [83], il giudizio dinanzi alla Corte d’appello mantiene alcuni tratti tipici della giurisdizione sommaria, specie per quanto riguarda l’istruzione probatoria, la quale risulta «ancora regolata come un potere del giudice e non invece come un diritto delle parti» [84], secondo un impianto di natura inquisitoria che non consente, nemmeno in sede processuale, di recuperare quel contraddittorio paritario richiesto dalla giurisprudenza europea, e non ancora sufficientemente assicurato in fase procedimentale [85]. Inoltre, l’inidoneità delle Corti d’appello ad assicurare un giudizio pieno sul fatto sembra poggiare su due ulteriori rilievi: il fatto che la controversia sia soggetta a un giudizio di merito in unico grado, attribuito a un giudice che di regola svolge le funzioni di corte di seconda istanza [86]; nonché il suo configurarsi come organo giurisdizionale non specializzato e, dunque, tendenzialmente sprovvisto di un bagaglio di competenze tecnico-scientifiche adeguato a consentire un sindacato incisivo e penetrante in materie estremamente complesse, come quella bancaria e finanziaria [87].

Infine, merita di essere segnalato un ulteriore profilo di criticità che emerge in relazione al modo in cui il giudice civile ha inteso qualificare l’oggetto del giudizio di opposizione. Si è detto in precedenza che quest’ultimo è comunemente ricostruito alla stregua di un giudizio sul rapporto sanzionatorio, in cui l’opponente fa valere il diritto a non essere sottoposto a una prestazione patrimoniale all’infuori dei casi espressamente dalla legge [88]. Più precisamente, per il giudice ordinario, il giudizio non verte sull’atto amministrativo che irroga la sanzione, rappresentando questo un «mero snodo procedimentale, che apre la via al sindacato sul rapporto affidato al giudice ordinario» [89].

Da tale ricostruzione discende, tuttavia, una criticabile svalutazione dei vizi di legittimità del provvedimento sanzionatorio.

Anziché ritenere – come suggerisce da tempo autorevole dottrina – che «oggetto dell’accertamento giudiziale è l’intera fattispecie, comprensiva del­l’atto, giacché questo completa l’imposizione di cui va verificata la conformità allo schema legale» [90], il giudice ordinario ha mostrato di considerare sostanzialmente irrilevanti, ai fini della decisione nel merito, i vizi di legittimità del provvedimento fatti valere dall’opponente. Per la Cassazione, dalla devoluzione dell’intero rapporto alla cognizione piena del giudice discende il potere di quest’ultimo di ri-esaminare ex novo tutta la vicenda controversa, con l’ulte­riore conseguenza che il privato ben potrebbe ri-proporre davanti al giudice tutte le deduzioni difensive attinenti alla precedente fase procedimentale e ottenere così la soddisfazione piena della garanzia del contraddittorio ovvero una motivazione completa ed esaustiva. Secondo tale prospettiva, il giudizio sarebbe idoneo a “compensare” ex post la mancata soddisfazione delle garanzie procedimentali, proprio in quanto esso costituirebbe una sorta di «seconda fase della medesima procedura» [91].

Così, ad esempio, in relazione a un’opposizione a sanzione irrogata dalla Consob, la Cassazione ha ritenuto che «gli eventuali vizi del provvedimento riferibili a vizi del procedimento non sono nella specie rilevanti, in quanto risulta palese tanto la natura vincolata del provvedimento stesso quanto la immodificabilità del relativo contenuto» [92]; nonché, più di recente, che «gli eventuali vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità [sic!] del provvedimento, e quindi l’in­sussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto» [93].

L’affermata irrilevanza dei vizi del provvedimento non ha riguardato solo i vizi di tipo procedimentale (rispetto ai quali, del resto, anche il processo amministrativo ha conosciuto una progressiva dequotazione, specie in conseguenza del graduale spostamento dell’oggetto del giudizio dall’atto al rapporto), bensì anche il vizio (sostanziale) di eccesso di potere per disparità di trattamento [94]. Così, il giudice di merito, prima, e la Cassazione, poi, hanno ritenuto non sindacabile la pretesa avanzata dall’opponente di valutare in modo comparativo il provvedimento controverso con riferimento ad altra decisione della medesima autorità in quanto, per un verso, ciò deve ritenersi «del tutto coerente con il rilievo che l’opposizione ad ordinanza ingiunzione (…) non si configura come un’impugnazione dell’atto amministrativo sanzionatorio, ma introduce un giudizio ordinario di cognizione piena sul fondamento della pretesa sanzionatoria» e, per altro verso, poiché tale censura, se letta nel prisma della violazione di legge per mancanza di motivazione, deve essere comunque rigettata in quanto la motivazione va «riferita al caso singolo e non p[uò] riguardare altri procedimenti sanzionatori».

In tal modo, tuttavia, il giudice civile finisce per negare rilevanza allo stesso provvedimento sanzionatorio e, con esso, al procedimento che l’ha preceduto. Sulla base di un (asserito) sindacato pieno sul rapporto, e di una compensabilità ex post delle garanzie procedimentali, qualsiasi vizio del provvedimento, sia esso meramente formale ovvero sostanziale, potrebbe dissolversi (fino a scomparire) per effetto di un paradossale effetto “sanante” e “compensativo” del giudizio. Vi sarebbe dunque da chiedersi se un tale orientamento non finisca, in fondo, per risultare in contrasto con lo stesso dettato costituzionale, là dove, all’art. 113, comma 2, afferma testualmente che la «tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione».

In questa prospettiva, colpisce infine anche l’ostinazione con cui la Cassazione continua a respingere la tesi della natura sostanzialmente penale delle sanzioni pecuniarie emanate da Banca d’Italia e Consob [95], nonostante le ormai univoche indicazioni provenienti dalla Corte edu [96] e dalla stessa Corte Costituzionale [97]. E non appare inutile, a tal riguardo, rammentare come da tale orientamento discenda l’inapplicabilità di una serie di importanti principi e garanzie posti a tutela del diritto di difesa nella matière pénale e riassumibili nel canone convenzionale del “giusto processo” [98], con evidente disparità di trattamento rispetto a quanto avviene invece nel processo amministrativo, in cui tali garanzie sono ormai pacificamente riconosciute e applicate in relazione alle sanzioni irrogate dalle autorità indipendenti soggette alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo [99].


4. Le indicazioni provenienti dall’indagine comparata: Francia, Spagna, Germania e Regno Unito a confronto

Tra le righe di quanto detto sinora emerge un dato che ci pare particolarmente rilevante e che risulta cruciale ai fini della corretta impostazione del­l’indagine che si sta qui conducendo: le questioni oggetto di esame non possono essere compiutamente affrontate senza tenere in debita considerazione l’influenza e il ruolo ivi svolto dal diritto sovranazionale. Si è infatti osservato che il tipo di tutela giurisdizionale offerta al privato deve misurarsi e conformarsi al canone della full jurisdiction; i procedimenti amministrativi sanzionatori debbono rispettare i canoni del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo; il diritto sostanziale che regola i poteri sanzionatori in ambito bancario e finanziario, definendo i presupposti per l’esercizio del potere da parte delle autorità competenti, è ormai ampiamente plasmato dal diritto dell’Unione europea; l’attuazione in via amministrativa di tale diritto non è più una faccenda puramente interna agli ordinamenti nazionali, ma diviene una questione di interesse comune europeo, se non addirittura, come avviene nel settore bancario, una funzione “europeizzata”, affidata alla cura di un sistema amministrativo complesso con al vertice un’isti­tuzione sovranazionale [100].

Tali brevi notazioni, su cui non è possibile indugiare oltre, testimoniano l’ampia convergenza che, nello specifico settore in esame, deve connotare le soluzioni individuate nei singoli ordinamenti nazionali, tanto sul piano sostanziale della definizione delle fattispecie sanzionatorie [101], quanto su quello processuale della predisposizione di strumenti giurisdizionali in grado di offrire una tutela piena ed effettiva ai soggetti sanzionati [102].

In relazione a quest’ultimo aspetto si deve peraltro rammentare come, in virtù del ben noto principio dell’autonomia procedurale degli stati [103], né il diritto CEDU, né il diritto dell’UE interferiscano con le preferenze di ciascun ordinamento nazionale in merito all’articolazione interna della giurisdizione, né tantomeno con la scelta di devolvere una determinata lite a una giurisdizione piuttosto di un’altra. Se tuttavia ciascun ordinamento rimane, per un verso, libero di attribuire la cognizione in materia al giudice che ritiene più idoneo in base alle proprie regole interne, per altro verso occorre altresì considerare che, specie nel settore in esame, il diritto sovranazionale impone agli stati un denominatore comune compendiabile nella «indipendenza del decisore, l’efficacia e l’ade­guatezza dei suoi poteri, l’effettività della protezione che egli è in grado di garantire» [104].

A fronte di tali considerazioni, particolarmente interessante si rivela allora l’indagine comparata delle soluzioni adottate in alcuni stati europei. In effetti, proprio la presenza di un substrato di regole sostanziali armonizzate e di un parametro di tutela giurisdizionale comune consente di isolare alcune “variabili” che costituiscono espressione delle scelte rimesse ai singoli ordinamenti nazionali. Ai nostri fini, il principale fattore su cui è dato registrare una considerevole divergenza tra gli ordinamenti nazionali esaminati è costituito proprio dall’individuazione del giudice cui è attribuita la cognizione della controversia e dalle regole processuali che ne informano il giudizio. Come si vedrà a breve, maggiori convergenze si registrano, invece, in relazione al tipo e all’intensità di sindacato esercitato in concreto – a prescindere dalle diverse “formule” impiegate a livello nazionale – dagli organi deputati a conoscere delle controversie in materia sanzionatoria.

Da una rapida ricognizione delle principali esperienze nazionali risulta che nella maggior parte dei paesi europei a giurisdizione amministrativa separata (speciale o specializzata [105]) la materia è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo. Così è, ad esempio, in Francia, Belgio, Grecia, Austria e Spagna, in cui il contenzioso relativo agli atti delle autorità di vigilanza bancaria o finanziaria, ivi compresi i provvedimenti sanzionatori, è attribuito alle corti amministrative. Al pari dell’Italia, la materia risulta invece devoluta alla competenza del giudice ordinario nell’ordinamento tedesco. Nel Regno Unito invece prevale, specie di recente, la tutela offerta dagli administrative tribunals sul judicial review assicurato dalle corti ordinarie.

Da un’analisi più ravvicinata emerge, peraltro, una grande varietà (e complessità) delle soluzioni individuate da ciascun ordinamento, a testimonianza della difficile collocazione sistematica della sanzione amministrativa irrogata dalle autorità amministrative indipendenti, come atto – cioè – che, per un verso, si presenta come espressione tipica del potere autoritativo di una pubblica amministrazione e, per altro verso, per la sua connotazione afflittiva, sollecita l’intervento del giudice custode delle libertà del cittadino, nelle forme tipiche del giudizio civile o penale. Ciò si riflette altresì, come vedremo, sulle tecniche di tutela e sull’oggetto del giudizio: solo raramente di tipo meramente impugnatorio, come avviene ad esempio in Grecia [106]; quasi sempre, invece, come un giudizio di merito avente ad oggetto il rapporto sanzionatorio che si instaura tra privato e pubblica amministrazione, e che consente alle corti di annullare il provvedimento impugnato ovvero di riformarlo, specie in relazione alla quantificazione della sanzione.

Nell’avviare tale indagine, particolarmente interessante risulta, anzitutto, l’esperienza francese. Quest’ultima perviene a soluzioni del tutto speculari rispetto a quelle individuate nel nostro paese. Anche in Francia si è registrato, specie in passato, un ampio e vivace dibattito in merito alla natura delle autorità indipendenti e dei poteri da esse esercitati [107]; anche oltralpe si è inoltre giunti a considerare le sanzioni pecuniarie irrogate da un’autorità indipendente alla stregua di una decisione di natura amministrativa emessa da una pubblica autorità «dans le cadre de prérogatives de puissance publique [108]» per reprimere un comportamento illecito tipizzato dalla legge. In Francia è tuttavia il Conseil d’Etat ad aver tradizionalmente rivestito il ruolo di «giudice ordinario delle sanzioni amministrative» e a risultare tuttora, salvo quanto si dirà a breve, il giudice competente a sindacare le sanzioni amministrative irrogate dall’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR) e dall’Autorité des marchés financiers (AMF) [109].

Eppure, anche in quell’ordinamento l’individuazione del giudice competente a conoscere della legittimità dei provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti ha seguito traiettorie non sempre lineari e coerenti. L’assetto complessivamente definito dal legislatore francese risulta, non diversamente da quanto avviene nel nostro paese, frammentato e, per certi versi, contraddittorio [110]. Si ricorderà, del resto, come la Costituzione francese non contenga alcuna disposizione specifica in merito alla perimetrazione della giurisdizione del juge administratif rispetto a quella del juge judiciaire e come, nondimeno, il Conseil constitutionnel abbia da tempo ritenuto spettare al giudice amministrativo la cognizione di tutte le controversie in cui vengano in rilievo decisioni assunte nell’esercizio di prérogatives de puissance publique [111]. È altrettanto noto peraltro come, a fronte dell’incertezza applicativa che connota tale parametro, la giurisprudenza abbia elaborato il criterio residuale del droit applicable, in base al quale l’individuazione della giurisdizione discende dalla natura sostanziale delle regole, di diritto pubblico ovvero di diritto privato, che disciplinano la fattispecie controversa [112]. E poiché negli ultimi decenni la regolazione pubblica dell’economia ha fatto ampio ricorso alle regole e agli strumenti del diritto comune, il legislatore, ulteriormente confortato dalle pronunce del giudice costituzionale, ha contribuito a un significativo ampliamento della giurisdizione attribuito al juge judiciaire [113].

Contrariamente alla tendenza che ha gradualmente portato, nel nostro ordinamento, ad attribuire al giudice amministrativo il ruolo di giudice “naturale” dei mercati regolati [114], l’esperienza francese rivela dunque un percorso opposto, in cui al giudice ordinario (e in particolare alla Cour d’appel di Parigi) sono state riconosciute, tra le altre, la competenza a conoscere delle sanzioni dell’Autorità della concorrenza [115], di alcune decisioni assunte dall’Autorità di regolazione delle telecomunicazioni [116], nonché delle sanzioni amministrative irrogate dall’AMF nei confronti di alcuni soggetti sottoposti a vigilanza [117]. Sebbene la gran parte dei provvedimenti sanzionatori emanati dalle autorità indipendenti francesi continui a ricadere all’interno della giurisdizione del juge administratif, si registrano dunque alcune importanti eccezioni alle regole generali del riparto, giustificate in base al fatto che l’autorità in questione è chiamata a dare applicazione a un insieme variegato e composito di regole sostanziali, vuoi di natura sostanzialmente penale, vuoi di matrice civilistica, tale da richiedere, in omaggio al principio di buona amministrazione della giustizia, di «unifier les règles de compétence juridictionnelle au sein de l’ordre juridictionnel principalement intéressé» e, dunque, di «unifier sous l’autorité de la Cour de cassation l’ensemble de ce contentieux spécifique et ainsi à éviter ou à supprimer des divergences qui pourraient apparaître dans l’application et dans l’interprétation du droit» [118].

Come in Italia, allora, la giurisdizione in materia di sanzioni amministrative adottate dalle autorità indipendenti risulta parcellizzata tra giudice amministrativo e giudice ordinario secondo criteri discretivi non del tutto perspicui. In Francia, peraltro, la biforcazione delle tutele riguarda tanto gli atti di diverse autorità (gli atti di vigilanza bancaria vs. i provvedimenti antitrust), quanto i diversi atti di una medesima autorità, come avviene nelle ipotesi in cui gli atti di vigilanza dell’AMF sono soggetti allo scrutinio del Conseil d’Etat, mentre le relative sanzioni, allorché rivolte a specifici soggetti, rientrano nella competenza della Cour d’appel di Parigi.

Sul piano del tipo di tutela offerta al soggetto sanzionato, occorre d’altro canto rilevare come l’evoluzione delle tecniche e dell’intensità del sindacato giurisdizionale in materia sanzionatoria sia stata ampiamente condizionata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Così, in particolare, il giudice costituzionale francese ha statuito che «toute décision infligeant une sanction doit faire l’objet devant le Conseil d’Etat d’un recours de pleine juridiction» [119], e non semplicemente di un recours en annulation. Come noto, nel diritto francese il contentieux de pleine juridiction si caratterizza per la maggiore estensione dei poteri del giudice, il quale può non solo annullare il provvedimento, ma anche riformarlo, sostituendo il proprio apprezzamento a quello dell’am­ministrazione [120]. Storicamente, esso si costruisce infatti come un giudizio di tipo soggettivo, che non mira semplicemente a rimuovere dall’or­dinamento l’atto amministrativo illegittimo, quanto piuttosto a fornire tutela agli amministrati attraverso un giudizio che investe direttamente l’esistenza e la portata dei diritti da questi vantati [121]. Oggi, con l’affievolirsi della contrapposizione con il recours pour excès de pouvoir [122], il ricorso di piena giurisdizione continua nondimeno a distinguersi per il potere del giudice di pronunciarsi su tutte le circostanze di fatto e di diritto rilevanti ai fini della definizione della controversia e, dunque, per quello che la Corte edu definisce come il potere del giudice di riformare qualsiasi punto della decisione impugnata, senza doversi ritenere vincolato all’accertamento compiuto in prima battuta dagli organi amministrativi.

In relazione al sindacato sulle sanzioni in esame, l’attribuzione della controversia al contrôle de pleine juridiction permette al giudice (amministrativo ovvero ordinario) di annullare la decisione ovvero di modificarla, specie per quanto concerne la sua quantificazione, all’esito di un controllo che, pur prendendo le mosse dall’atto impugnato, investe il rapporto giuridico globalmente considerato [123]. È peraltro interessante osservare come il potere di sostituzione giudiziale operi generalmente allorché il giudice ritenga che la decisione impugnata sia stata adottata all’esito di un procedimento corretto e completo; viceversa, qualora il procedimento non si sia svolto regolarmente, il giudice tenderà a non sostituirsi all’amministrazione, limitandosi alla sola caducazione dell’atto illegittimo.

Diversamente da quanto avviene nel nostro ordinamento, allora, a un giudizio esteso al rapporto corrisponde nella giurisprudenza francese non solo un sindacato piuttosto penetrante e incisivo sulle valutazioni tecniche dell’autorità di vigilanza, ma anche un vaglio che non trascura di esaminare la legittimità del provvedimento sanzionatorio e, dunque, i suoi vizi formali e sostanziali. In particolare, si deve constatare come il giudice francese non abbia elaborato una tecnica di sindacato diversa per le valutazioni tecniche complesse compiute dalle autorità di regolazione specializzate: il Conseil d’Etat non applica, cioè, un «contrôle restreint» [124] rispetto alle scelte tecniche opinabili, ma tende ad indagare piuttosto intensamente la ricostruzione dei fatti effettuata dall’ammi­nistrazione, così come la loro qualificazione giuridica [125]. Sotto l’influ­enza della giurisprudenza euroconvenzionale, il giudice francese ha inoltre progressivamente rafforzato il contrôle de la proportionnalité della sanzione [126], giungendo altresì a vagliarla alla luce del criterio più stringente del contrôle du bilan, il quale, come noto, apre le porte a un sindacato particolarmente incisivo sulla correttezza dell’esercizio del potere attraverso un esame comparativo dei costi e dei benefici conseguenti alla scelta dell’amministrazione [127].

Oltralpe, inoltre, tanto il giudice amministrativo quanto quello ordinario, anche a seguito di un consistente contenzioso dinanzi alla Corte di Strasburgo, riconoscono ormai pacificamente la natura sostanzialmente penale delle sanzioni in parola, facendo da ciò discendere tutta una serie di conseguenze in ordine all’applicazione delle garanzie sostanziali, procedimentali e processuali sancite dal diritto euroconvenzionale [128]. Così, ad esempio, a seguito della nota sentenza Dubus [129], la Francia ha previsto una vera e propria separazione organica, oltre che funzionale, tra l’organo competente ad effettuare l’istrut­toria e quello preposto all’adozione della decisione finale (la commission des sanctions). Quest’ultimo è infatti posto in una condizione di indipendenza rispetto all’autorità di vigilanza e adotta il provvedimento sanzionatorio all’esito di una procédure contradictoire préalable, di tipo para-giurisdizionale e in pubblica udienza, in cui risulta pienamente assicurato il principio del contraddittorio paritario.

Anche in Spagna, come anticipato, il contenzioso in materia di sanzioni irrogate dalle autorità di regolazione finanziaria (Banco de España, per gli istituti di credito, e Comisión Nacional del Mercado de Valores, per i mercati finanziari) è stato attribuito al giudice amministrativo e, dunque, in prima battuta alla Sala de lo Contencioso Administrativo de la Audiencia Nacional [130]. Anche in tal caso, il giudice amministrativo dispone non solo del potere di annullare l’at­to illegittimo, ma anche di modificarlo ovvero di rinviarlo all’autorità affinché questa provveda alla determinazione di una nuova sanzione sulla base delle indicazioni fornitele dal giudice. Pur configurandosi come un giudizio di merito, avente ad oggetto il rapporto sanzionatorio, il giudice comunemente procede alla verifica della legittimità dell’atto anche alla luce dei vizi di natura procedimentale.

D’altro canto, nella giurisprudenza amministrativa spagnola sembra tuttora prevalere un approccio piuttosto deferente rispetto alle valutazioni contenute nei provvedimenti delle autorità di regolazione, anche qualora vengano in considerazione provvedimenti sanzionatori. Se si escludono alcune recenti prese di posizione [131], le corti spagnole tendono invero a non interferire eccessivamente con le scelte tecnico-discrezionali delle autorità di regolazione, arrestando generalmente il proprio sindacato alle soglie del sindacato estrinseco di legittimità [132].

A soluzioni differenti perviene, come abbiamo anticipato, l’ordinamento tedesco. Anche in tal caso, come è noto, la Costituzione non prestabilisce alcun criterio di riparto della competenza tra i diversi plessi in cui si articola la giurisdizione, limitandosi a precisare la regola residuale per cui, in mancanza di diversa indicazione del legislatore, la controversia deve essere incardinata presso l’autorità giurisdizionale ordinaria [133]. Così se, d’un lato, il VwGO sancisce, al § 40, che la giurisdizione amministrativa è data in tutte le controversie di diritto pubblico non costituzionale, dall’altro, la medesima disposizione consente al legislatore federale di attribuire specifiche tipologie di controversie alla cognizione di altri giudici. In tal senso si attesta, per l’appunto, la scelta del legislatore tedesco di affidare ai tribunali ordinari, accanto ad altre importanti controversie astrattamente riconducibili al contenzioso di diritto pubblico [134], anche la materia delle sanzioni amministrative irrogate da alcune autorità indipendenti e, per quanto qui maggiormente rileva, dall’autorità di vigilanza finanziaria competente a vigilare sul sistema creditizio e sui mercati finanziari (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht, BaFin) [135]. Anche in Germania, dunque, vi è uno sdoppiamento della tutela dei soggetti regolati a seconda del tipo di atto adottato dall’autorità di vigilanza, posto che, come avviene nel nostro paese, la competenza a conoscere della legittimità delle misure di vigilanza, ivi comprese le decisioni ispettive, rimane invece incardinata presso il giudice amministrativo [136].

Se, tuttavia, per quanto concerne l’individuazione del giudice competente, Italia e Germania pervengono a soluzioni analoghe, si devono tuttavia rilevare alcune importanti differenze in merito al modo in cui è concretamente esercitato il vaglio sulle sanzioni amministrative. Avverso le sanzioni irrogate da Bafin, il soggetto destinatario potrà invero dapprima proporre un’obiezione formale dinanzi alla stessa autorità, a seguito della quale prende avvio un procedimento amministrativo di natura contenziosa connotato dall’ulteriore acquisizione di elementi probatori da parte dell’autorità, in contraddittorio con la parte [137]. All’esito del procedimento di revisione interna, l’autorità potrà ritirare, modificare o confermare la misura sanzionatoria; in quest’ultimo caso, l’amministra­zione, tramite l’ufficio della procura, trasmette i fascicoli alla Corte distrettuale (Amtsgericht) nella cui circoscrizione ha sede l’autorità di vigilanza [138]. Da quel momento, le funzioni dell’autorità amministrativa vengono assunte dall’ufficio del pubblico ministero e il giudizio prosegue secondo le disposizioni del codice di procedura penale, ove non espressamente derogate dalla legge generale in materia di sanzioni amministrative [139].

In Germania, pertanto, la colorazione penale delle sanzioni amministrative ridonda in un giudizio che differisce tanto da quello posto in essere dal giudice civile italiano, quanto dalle corti amministrative francesi, ricalcando le forme e le garanzie tipiche del processo penale, con ogni conseguenza in termini di ampiezza dell’istruzione probatoria [140] e di garanzia del contraddittorio [141]. Il giudizio implica, così, un pieno accesso ai profili di fatto e alle valutazioni tecniche complesse effettuate dall’autorità, in relazione alle quali il giudice tedesco dispone di poteri sostitutivi e di merito. Si deve infatti ulteriormente constatare come, in tali ipotesi, diversamente da quanto si registra in materia di concorrenza [142], il legislatore non abbia previsto un’eccezione in via normativa al principio del pieno controllo giurisdizionale in fatto e in diritto sugli atti dell’amministrazione [143] e come, dunque, il Kontrolldichte del giudice delle sanzioni risulti conforme al consueto standard generalmente applicato dalle corti tedesche agli unbestimmte Rechtsbegriffe.

Si ricorda, infine, che in Germania lo strumento sanzionatorio è tradizionalmente concepito come l’extrema ratio cui ricorrere, in base a un rigoroso giudizio di proporzionalità, solo a seguito della dimostrata incapacità di strumenti meno afflittivi di raggiungere lo scopo prefissato dalla norma. Nel sistema tedesco, a una siffatta considerazione di natura sostanziale corrisponde, allora, sul piano del sindacato giurisdizionale, uno scrutinio particolarmente attento in ordine all’appropriatezza, necessità e proporzionalità in senso stretto della misura sanzionatoria rispetto al complessivo assetto degli interessi in gioco. La verifica della proporzionalità, come avviene notoriamente nell’ordi­namento tedesco, consente allora al giudice di indagare il rapporto complessivo che si instaura tra cittadino e pubblica amministrazione e di penetrare all’inter­no delle valutazioni discrezionali sottese all’azione amministrativa [144].

Da ultimo, merita un breve cenno il sistema di rimedi previsti nell’ordina­mento inglese. Qui, evidentemente, non si pone un problema di giurisdizione, posto che, come noto, quel sistema non conosce una vera e propria distinzione tra giudice ordinario e giudice amministrativo [145]. Nondimeno, si deve parimenti rilevare come la specialità del controllo sugli atti delle pubbliche amministrazioni riaffiori tanto nella previsione di una procedura di application for judicial review of administrative action [146], quanto nel sistema dei rimedi forniti, specie a seguito della riforma del 2007, dagli administrative tribunals [147]. Per quanto qui più interessa, si può infatti osservare come le sanzioni amministrative emanate dalla Financial Conduct Authority (FCA) e dalla Prudential Regulation Authority (PRA) possano costituire oggetto tanto di un’application for judicial review dinanzi alla High Court, nella sua sezione specializzata in questioni amministrative (Queen’s Bench Division – Administrative Court), quanto di uno statutory right of appeal proponibile direttamente dinanzi all’Upper Tribunal, nella sezione specializzata della Tax and Chancery Chamber.

Anche in tali ipotesi l’accesso diretto al judicial review deve ritenersi generalmente precluso allorché sia disponibile per il ricorrente una via rimediale alternativa. La maggior parte dei ricorsi segue pertanto la via degli statutory appeals dinanzi all’Upper Tribunal, il quale, a seguito della citata riforma, risulta composto da giudici specializzati nominati dal Lord Chancellor e del tutto indipendenti dalle autorità di regolazione. Le corti ordinarie (nella specie: la Court of Appeal) sono tuttavia competenti a conoscere dei ricorsi in appello proposti avverso le decisioni dell’organo contenzioso, sebbene limitatamente ai «points of law of general importance» e previa permission dell’Upper tribunal [148].

Nel caso R(Christopher Wilford) v. Financial Services Authority [149] del 2013, la Civil Court of Appeal, pronunciandosi sul ricorso in appello del destinatario di una sanzione pecuniaria della FCA, ha avuto modo di chiarire i rapporti tra i due rimedi e di specificare il contenuto e l’oggetto della tutela assicurata dal tribunal. Per la corte, l’avvenuta introduzione di uno «statutory right to refer the matter to the Upper Tribunal» consente di ottenere «a fresh decision by an expert tribunal exercising a judicial function» [150]. Ne consegue che, sebbene separato e distinto dall’autorità di vigilanza, il tribunal è nondimeno in grado di assicurare «a full rehearing of the case». Sulla base di tale premessa, il giudice inglese ha ritenuto che la prospettazione di un vizio di motivazione della decisione amministrativa non consente l’immediata proposizione di un’appli­cation for judicial review, dal momento che, sebbene l’Upper tribunal non disponga del potere di rimettere la questione all’autorità per ottenere una motivazione più adeguata, esso può nondimeno «reconsider the whole matter afresh and thus deal with the substance of the allegations» [151].

L’organo contenzioso dispone, in altri termini, del potere di annullare la decisione impugnata ovvero di modificarla all’esito di un riesame ex novo e nel merito dei profili di fatto e di diritto della vicenda controversa, in cui il tribunal, diversamente dalle corti del judicial review, si pronuncia «standing in the shoes of the decision-maker» [152]. A tale stregua, allora, se per un verso il sindacato giurisdizionale svolto dalle corti del judicial review continua a scontare una certa deferenza rispetto alle scelte discrezionali e alle valutazioni complesse compiute dalle amministrazioni esperte [153], per altro verso la particolare expertise settoriale degli organi contenziosi sembra invece generalmente assicurare un sindacato pieno e sostitutivo che si appunta tanto sull’opportunità della misura, quanto – in particolar modo – sulle valutazioni tecnico-discre­zionali rimesse all’autorità [154].

Non diversamente da quanto si riscontra nella nostra giurisprudenza civile, peraltro, il diritto a un riesame completo e di merito della decisione reca con sé una svalutazione delle censure attinenti alla correttezza del procedimento (procedural fairness) e, in particolare, del vizio di motivazione delle decisioni sanzionatorie, come emerge in controluce dalla citata pronuncia R(Christopher Wilford) v. FSA [155]. Rispetto all’attenzione che le corti del judicial review accordano al rispetto della fair procedure come condizione di validità della decisione amministrativa, le decisioni dei tribunals mostrano in effetti di concentrare il proprio vaglio principalmente sulle questioni sostanziali, di fatto e di diritto, su cui si basa la scelta sanzionatoria.

Sul punto, tuttavia, è bene altresì rammentare che, come avviene di frequente nell’ordinamento inglese, il legislatore tende ad anticipare nella fase procedimentale il momento di piena esplicazione delle garanzie del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU [156]. Così, anche nella materia in esame, alla tendenza a dequotare alcuni vizi procedimentali fa, a ben vedere, da contraltare la previsione di procedimenti sanzionatori di tipo contenzioso e paragiurisdizionale, in cui i fatti e le responsabilità sono accertati in contraddittorio con la parte e la decisione finale è assunta da un organo diverso e separato rispetto all’autorità di regolazione, composto da soggetti esperti che provengono anche dal settore privato dei consumatori e dei servizi finanziari [157].


5. Riflessioni conclusive: il disconoscimento della specialità…e l’ultima (necessaria) pirouette

L’indagine comparata restituisce un quadro assai variegato, in cui il comune obiettivo di assicurare la tutela piena della posizione giuridica del soggetto sanzionato trova, in ciascun ordinamento considerato, risposte diversificate e non sempre del tutto coerenti. Al di là delle specificità ordinamentali, si registrano invero soluzioni differenti in ordine alla definizione del giudice competente, all’oggetto del giudizio, al livello di “specializzazione” dell’organo di ricorso, alla presenza o meno di rimedi amministrativi prodromici o alternativi al giudizio delle corti, al riconoscimento delle garanzie tipiche del diritto e del processo penale, all’intensità del sindacato giurisdizionale sulle scelte tecnico-discrezionali dell’amministrazione.

Le vicende di Francia e Germania – non meno di quelle italiane – risultano particolarmente esemplificatrici, oltre che di una certa “instabilità” nei rapporti tra giurisdizioni ordinarie e speciali negli ordinamenti a giurisdizione amministrativa, anche della difficoltà nel dare una precisa configurazione sistematica ai provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti. Ciò si riflette, come visto, nella problematica ricerca del “giudice naturale” di tali atti e nella faticosa definizione di un coerente regime di regole processuali in grado di combinare tanto un sindacato penetrante ed esteso sulla legittimità sostanziale e procedimentale dell’atto, quanto un giudizio pieno sul rapporto.

Al contempo, ci pare che l’analisi comparata confermi quanto precedentemente avanzato in premessa. Ossia che, anche nel settore considerato, l’attribuzione della controversia all’uno o all’altro giudice non appare dirimente ai fini della soddisfazione della garanzia dell’effettività e pienezza della tutela giurisdizionale. Si è constatato, cioè, che non sempre il sindacato del giudice amministrativo realizza un controllo semplicemente legality-oriented, né al contrario che il giudice ordinario è invariabilmente in grado di assicurare una tutela rights-oriented [158].

Una tutela pienamente satisfattiva del privato sanzionato può essere allora astrattamente offerta tanto dal giudice ordinario, quanto dal giudice amministrativo, e ciò anche a prescindere dal modo in cui ciascun paese organizzi internamente il proprio sistema di tutela giurisdizionale. Ciò che rileva è, piuttosto, il modo in cui la particolarità della materia oggetto del contenzioso e, con essa, la particolare posizione del privato dinanzi all’autorità amministrativa, riceve specifico riconoscimento all’interno delle tecniche di tutela elaborate da ciascun ordinamento. Trova così conferma quanto rilevato in tempi più recenti dalla dottrina comparatistica, ossia che, anche per l’effetto di una maggiore convergenza tra i “grandi sistemi” [159], non è tanto la specialità del giudice, quanto piuttosto il riconoscimento della specialità del controllo sul­l’esercizio del potere amministrativo «che consente di elaborare e di affinare tecniche di sindacato ad hoc in funzione di una migliore protezione del­l’individuo» [160].

Pur con le problematicità evidenziate, tutte le esperienze nazionali sopra considerate sembrano riconoscere tale specialità e assicurare al destinatario della sanzione una tutela tendenzialmente piena ed effettiva. Se, dunque, in termini generali è dato registrare una persistente difformità tra i paesi europei quanto alle tecniche di sindacato sulle valutazioni amministrative [161], nella materia in esame la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sembra essere invece riuscita a produrre una maggiore convergenza in merito al tipo e all’in­tensità del controllo esercitato dai diversi giudici nazionali.

Così, in Francia e Spagna, il giudizio segue la struttura tipica del contenzioso di piena giurisdizione che consente non solo l’annullamento dell’atto illegittimo, ma anche la sua modifica; inoltre, attraverso il sindacato di proporzionalità o l’esame comparativo coût-avantages, il Conseil d’Etat francese assicura uno scrutinio piuttosto penetrante e incisivo anche in merito alle valutazioni tecnico-discrezionali dell’amministrazione; sempre in Francia, è lo stesso giudice amministrativo a dare pieno riconoscimento alle garanzie di matrice penalistica. In Germania, la tutela giurisdizionale offerta dalle corti ordinarie è preceduta da un rimedio amministrativo che consente la revisione nel merito della decisione, e il sindacato del giudice, pur appuntandosi sul rapporto sanzionatorio, non trascura di effettuare il consueto controllo di proporzionalità sull’a­zione dei pubblici poteri. Anche il Regno Unito, l’ordinamento che tradizionalmente nega(va) la specialità del diritto amministrativo, riconosce la specificità del bisogno di tutela dell’individuo dinanzi all’esercizio del potere sanzionatorio, prevedendo un sistema di rimedi che, per un verso, appare in grado di assicurare una revisione esperta e nel merito della decisione impugnata, senza incontrare un particolare limite nella tecnicità e complessità delle valutazioni dell’autorità e, per altro verso, garantisce ai soggetti destinatari della sanzione una tutela di tipo paragiurisdizionale già all’interno del procedimento amministrativo.

Nel nostro ordinamento, tanto il legislatore, quanto – soprattutto – il giudice ordinario sembrano, invece, continuare a ignorare tale specialità. Muovendo dalla pretesa natura strettamente vincolata dell’attività sanzionatoria, il nostro giudice civile continua a ritenere assorbita all’interno delle norme che disciplinano l’attività amministrativa ogni valutazione relativa al bilanciamento degli interessi e alla specificazione di concetti giuridici indeterminati e, di conseguenza, a mettere in ombra il ruolo di intermediazione tra norma ed effetto svolto dai pubblici poteri [162].

Ne risulta, come osservato in precedenza, una sottovalutazione della rilevanza tanto del procedimento, quanto del provvedimento: il primo, sulla base dell’assunto per cui, costituendo il giudizio di opposizione la fisiologica prosecuzione del procedimento amministrativo, quest’ultimo sarebbe replicabile ex novo dinanzi al giudice; il secondo, in ragione del fatto che, non esercitando l’autorità un potere amministrativo in senso proprio, il provvedimento non esplicherebbe alcun effetto costitutivo, dovendosi al contrario ricondurre l’effetto pregiudizievole della sanzione al semplice operare della norma sanzionatrice. In altre parole, il giudice ordinario appare riluttante a svolgere il proprio controllo secondo le forme tipiche del sindacato sul corretto esercizio del potere, proprio perché nega in radice che, nell’adozione del provvedimento sanzionatorio, l’autorità eserciti un potere amministrativo in senso proprio [163].

Ma se non c’è spendita di potere, non c’è nemmeno “eccesso di potere”, né vizi dell’atto o del procedimento che di tale eccesso possano ritenersi “sintomo”, né – evidentemente – una discrezionalità, amministrativa o “tecnica”, da sottoporre a scrutinio nelle consuete forme del sindacato sull’eccesso di potere.

Contrariamente a quanto avviene nelle esperienze nazionali qui considerate e nello stesso ordinamento eurounitario è, in definitiva, proprio il disconoscimento della specialità ad aver nel tempo ostacolato la formazione di tecniche di tutela giurisdizionali in grado di assicurare un controllo adeguato sull’esercizio del potere e, con esso, una tutela effettiva del privato. Seguendo l’insegnamento di autorevole dottrina, si tratta, d’altronde, di riconoscere come «nel caso in cui il potere incide negativamente sul diritto, l’oggetto della controversia riguarda (non la sussistenza e l’intangibilità del diritto, ma) il modo in cui il potere è stato esercitato» [164].

Non deve perciò stupire che siffatta consapevolezza non sia, viceversa, mancata nella giurisprudenza amministrativa relativa alle sanzioni antitrust ovvero alle sanzioni, del tutto affini a quelle in esame, irrogate dall’Ivass, ormai una “costola” della Banca d’Italia [165]. In tali ipotesi, il nostro giudice amministrativo, al pari di quello francese, ha mostrato non solo di applicare tecniche di sindacato piuttosto penetranti rispetto alle valutazioni poste in essere dalle autorità indipendenti, ma anche di riconoscere la natura sostanzialmente penale delle sanzioni in parola, facendone discendere la piena applicazione delle relative garanzie. Di qui anche la paradossale conseguenza per cui è il giudice amministrativo – e non il giudice “custode delle libertà dei cittadini” [166] – a riconoscere al soggetto sanzionato una serie di tutele che, ritagliate sul sistema di garanzie proprie del diritto penale, contribuiscono a rafforzare la protezione del privato tanto nella fase procedimentale, quanto in quella processuale.

A ben vedere, alla luce di quanto in precedenza osservato, tale anomalia rischia oggi di costituire un problema anche alla luce dell’evidenziata convergenza dei diritti nazionali in materia di vigilanza finanziaria e, soprattutto, della previsione di un sistema accentrato di vigilanza sugli intermediari bancari. Per assicurare il funzionamento efficace e coerente del Meccanismo unico di vigilanza di cui al regolamento (UE) n. 1024/2013, imprescindibile risulta la garanzia della massima uniformità delle regole e del modo in cui esse sono interpretate e applicate, oltre che dalle diverse autorità di vigilanza facenti parte del Meccanismo, anche dalle corti nazionali, in veste di giudici comuni del diritto UE [167]. Ed è evidente che nei sistemi amministrativi a rete [168], specie se fortemente integrati, l’esigenza di evitare applicazioni difformi da parte dei giudici nazionali si impone non solo al fine di assicurare i ben noti principi di effettività ed equivalenza (i quali – come è risaputo – costituiscono il principale limite all’autonomia processuale degli Stati membri), ma anche per evitare ingiustificate disparità di trattamento tra i soggetti vigilati all’interno del mercato unico europeo. A fronte del quadro in precedenza delineato, infatti, un istituto di credito sanzionato dalla BCE potrebbe trovare una tutela adeguata dinanzi alle corti europee [169]; lo stesso varrebbe per il soggetto destinatario di una sanzione irrogata dall’autorità francese o tedesca, ma non per l’istituto di credito italiano, il quale, avverso la sanzione irrogata dalla Banca d’Italia, si troverebbe a proporre un giudizio di opposizione dinanzi al giudice civile, con tutte le problematicità sin qui evidenziate.

In definitiva, appare ancor più evidente l’anomalia tutta italiana di un giudizio che, oltre a frustrare le esigenze di concentrazione delle tutele e a dare adito a ingiustificate disparità di trattamento, non appare nemmeno in grado di assicurare quella pienezza ed effettività della tutela richiesta dalla Convenzione europea, dalla Carta dei Diritti fondamentali e, ancor prima, dalla stessa Costituzione. Salvo dunque attendere un (invero improbabile) revirement della Corte di Cassazione, non resta che auspicare che, al «balletto delle giurisdizioni» [170], il nostro legislatore decida di effettuare una ulteriore (e ultima) pirouette, riattribuendo la materia in oggetto alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo.


NOTE

[1] La sentenza ha suscitato ampia attenzione tra i commentatori: cfr., in particolare, M. Clarich-A. Pisaneschi, Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giurisdizioni, in Giur. comm., 2013, p. 1166 ss.; A. Police-A. Daidone, Il conflitto in tema di giurisdizione sulle sanzioni della Consob ed i limiti della Corte costituzionale come giudice del riparto, in Giur. it., 2013, p. 684 ss.; A. Travi, In tema di giurisdizione nell’opposizione a sanzioni amministrative applicate dalla Banca d’Italia, in Foro it., 2013, III, p. 389 ss.; A. Pajno, Le nuove disposizioni correttive ed integrative al codice del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., 2013, p. 5 ss.; A. Scognamiglio, La giurisdizione sui provvedimenti sanzionatori della Consob, in Banca, borsa, tit. cred., 2013, p. 254. Il tema è altresì al centro delle riflessioni di S. Amorosino, Effettività della tutela, giurisdizione ordinaria e ruolo del giudice amministrativo in tema di sanzioni di Banca d’Italia e Consob, in Dir. banca e del mercato finanz., 2019, 3, p. 389 ss.; W. Troise Mangoni, Le sanzioni irrogate dalla Consob e dalla Banca d’Italia: riflessioni in tema di giurisdizione, in Dir. amm., 2018, p. 33; E. Bindi, Il giudizio di opposizione alle sanzioni di Banca d’Italia e Consob: un’anomalia del sistema italiano, in questa Rivista, 2020, 2, p. 280 ss., F. Sclafani, Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti: l’attendibilità delle scelte tecniche tra legittimità e merito, in questa Rivista, 2021, 1, p. 148, nonché di molti dei contributi raccolti in M. Allena-S. Cimini (a cura di), Il potere sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti, in Il diritto dell’economia, vol. 26, n. 82 (3-2013).

[2] Per un’efficace ricostruzione della complessa vicenda, cfr. M. Condemi, Commento all’art 145, in F. Capriglione (a cura di), Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Cedam, Padova, 2018, p. 2695 ss. In generale, sulle sanzioni della Banca d’Italia, B.G. Mattarella, Le sanzioni amministrative nel nuovo ordinamento bancario, in Riv. trim. dir. pubbl., 1996, p. 714; M. Clarich, Le sanzioni amministrative nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia: profili sostanziali e processuali, in Banca, impresa e società, 1995, I, p. 65; nonché, più di recente, E. Bindi-A. Pisaneschi, Sanzioni Consob e Banca d’Italia. Procedimenti e doppio binario al vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo, Giappichelli, Torino, 2018. Sulle sanzioni irrogate dalla Consob, per tutti, W. Troise Mangoni, Il potere sanzionatorio della Consob, Giuffrè, Milano, 2012.

[3] In commento, A. Giusti, Sanzioni amministrative e giurisdizione piena del giudice amministrativo, in Giur. it., 2014, p. 2538; A. Daidone, Repetita non iuvant: la Corte costituzionale torna sulla giurisdizione esclusiva, in Federalismi, n. 16/2014.

[4] Come ricorda F. Merusi, Dal 1865... e ritorno... al 1864. Una devoluzione al giudice ordinario della giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione a rischio di estinzione, in Dir. proc. amm., 2016, p. 677, «abolendo il contenzioso amministrativo si attribuivano anche le “contravvenzioni”, cioè le sanzioni amministrative, al giudice ordinario penale. Così infatti recitavano – e tuttora recitano – l’art. 7 e l’art. 8 dell’Allegato E: “sono aboliti i tribunali speciali del contenzioso amministrativo investiti della giurisdizione tanto in materia civile, quanto in materia penale”. E poiché l’unica “competenza penale” dei contenziosi amministrativi riguardava le “contravvenzioni”, cioè le sanzioni amministrative, era ovvio che la legge abolitiva del contenzioso amministrativo “restituiva” al giudice penale la giurisdizione sulle sanzioni amministrative».

[5] In argomento, ex multis, S. Mirate, Giustizia amministrativa e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Jovene, Napoli, 2007; M. Allena, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2012; F. Goisis, La full jurisdiction nel contesto della giustizia amministrativa: concetto, funzione e nodi irrisolti, in Dir. proc. amm., 2015, p. 546; L.R. Perfetti, La full jurisdiction come problema. pienezza della tutela giurisdizionale e teorie del potere, del processo e della costituzione, in Persona e Amministrazione, 2018, 2, p. 237 ss.

[6] Su tale premessa metodologica, A. Romano Tassone, Situazioni giuridiche soggettive e decisioni delle amministrazioni indipendenti, in Dir. amm., 2002, p. 474; ma si v. altresì F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017, p. 486, per il quale «il diritto positivo può trattare come interessi legittimi situazioni che, sul piano teorico, sono diritti soggettivi; ovvero può trattare come diritti soggettivi situazioni che, sempre sul piano teorico, sono interessi legittimi», richiamando a tal proposito proprio l’esempio delle sanzioni amministrative. Anche per il diritto europeo, del resto, non rileva tanto la qualificazione della situazione soggettiva di diritto sostanziale, quanto invece la sua effettiva protezione in sede procedimentale e processuale. Sul punto, si vedano già le lucide considerazioni di G. Berti, Commento agli artt. 113 e 103, primo e secondo comma, in G. Branca (a cura di), Commentario alla Costituzione, 1987, Zanichelli, Bologna, p. 87.

[7] B. Marchetti, La giustizia amministrativa italiana: profili comparati, in AA.VV., Pensare il diritto pubblico. Liber amicorum per Giandomenico Falcon, Editoriale Scientifica, Napoli, 2015, p. 261; nonché Ead., Searching for the fundamentals of Administrative Law, Giappichelli, Torino, 2019, p. 181.

[8] Nell’impossibilità di rendere conto, anche solo parzialmente, della mole di contributi sul punto, ci si limita a rinviare all’efficace sintesi offerta da M. Ramajoli, Art. 7 (Giurisdizione amministrativa), in G. Falcon-F. Cortese-B. Marchetti (a cura di), Commentario breve al Codice del processo amministrativo, Cedam, Padova, 2021, p. 47 ss.

[9] Corte Cost., 11 maggio 2006, n. 191, e 27 aprile 2007, n. 140.

[10] Oltre tutto, come osservano A. Police-A. Daidone, op. cit., p. 690, «assumere come parametro la giurisprudenza delle Corti superiori in modo indistinto e generico appare fuorviante», al punto da rischiare di innescare un «focolaio in grado di mettere in crisi l’intero codice del processo amministrativo», potendosi astrattamente realizzare «un’opera di decostruzione pezzo per pezzo».

[11] In tal senso, A. Scognamiglio, La giurisdizione sui provvedimenti sanzionatori della Consob, cit., p. 258.

[12] Analogamente, lo stesso Consiglio di Stato ha (correttamente) mostrato di allinearsi al dato positivo, riconoscendo la propria giurisdizione ovvero quella del giudice ordinario in materia di sanzioni Consob al variare dell’attribuzione espressa effettuata dal legislatore. Cfr., in tal senso, nella vigenza del testo originario del c.p.a., Cons. Stato, VI, 19 luglio 2011, n. 10287 e, nella vigenza delle disposizioni che radicavano la giurisdizione in capo al giudice ordinario, Cons. Stato, VI, 6 novembre 2007, n. 6474. Emblematica appare, del resto, la sentenza resa da Cons. Stato, VI, 13 maggio 2003, n. 2533, in cui – in assenza, al tempo, di una disposizione univoca sul punto – era stata ritenuta sussistente la giurisdizione del g.a. sul presupposto della inscindibilità della potestà sanzionatoria rispetto all’attività di vigilanza, costituendo la prima «il momento di effettività di tale attività, volta ad assicurare nel superiore interesse pubblico, il corretto esercizio delle funzioni bancarie e creditizie». Nel senso di una stretta relazione tra attività di vigilanza e potestà sanzionatoria si era peraltro già espressa la Corte costituzionale nella sent. n. 49/1999.

[13] Così, F. Goisis, Discrezionalità ed autoritatività nelle sanzioni amministrative pecuniarie, tra tradizionali preoccupazioni di sistema e nuove prospettive di diritto europeo, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2013, p. 84 ss.

[14] Cass., sez. un., 5 gennaio 1994, n. 52, in Foro it., 1994, I, p. 732, con nota di A. Barone, Sanzioni pecuniarie antitrust e questioni di giurisdizione; nonché, Cass., sez. un., 29 aprile 2005, n. 8882, con commento di P. Lazzara, Le competenze comunitarie e i limiti al sindacato giurisdizionale in materia antitrust, in Giorn. dir. amm., 2006, p. 179, in cui la Suprema Corte ha affermato che gli atti dell’AGCM sono «emessi in una materia (definita, qual è quella della concorrenza, e connotata non già da una generica rilevanza pubblicistica bensì dall’intreccio di situazioni soggettive qualificabili come interessi legittimi e come diritti oggettivi: v. Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204, in motivazione) nella quale la P.A. opera come autorità, esercitando poteri discrezionali che le sono attribuiti per la cura degli interessi pubblici ad essa demandati. Tali considerazioni valgono anche per i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative pecuniarie». In argomento, cfr. diffusamente A. Police, Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, Giappichelli, Torino, 2007, spec. p. 245, il quale ritiene che le sanzioni antitrust sono espressione di ampi poteri discrezionali sia nella codificazione del parametro di liceità/illiceità, sia nell’individuazione del rimedio e del mezzo più adeguato al perseguimento dello scopo dell’equilibrio concorrenziale. In senso critico rispetto alla qualificazione del potere sanzionatorio dell’AGCM alla stregua di un potere discrezionale, M. Ramajoli, Giurisdizione e sindacato sulle sanzioni pecuniarie antitrust dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, in Dir. proc. amm., 2005, p. 330 ss.; nonché, più di recente, R. Villata-M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, II ed., Giappichelli, Torino, 2017, spec. p. 81.

[15] Cass., sez. un., 5 gennaio 1994, n. 52.

[16] Cass., sez. un., 29 novembre 2007, n. 24816.

[17] Un giudizio particolarmente critico è espresso da F. Merusi, Dal 1865... e ritorno... al 1864, cit., p. 680, il quale osserva come la Corte costituzionale abbia finito per cedere «alle pressioni lobbistiche di una Autorità amministrativa da sempre (dal 1938...) affezionata ad un giudice ordinario, ma speciale, che non risulta aver mai annullato un provvedimento sanzionatorio se non per motivi formali... confessando, talvolta candidamente, di non possedere gli strumenti per capirci qualcosa».

[18] Il punto risulta dibattuto in dottrina e di incerta applicazione nella giurisprudenza della Cassazione. In senso critico rispetto a tale prospettazione (riconducibile, essenzialmente, alla nota teorizzazione di E. Capaccioli, Manuale di diritto amministrativo, Cedam, Padova, 1983, spec. p. 279 e di A. Orsi Battaglini, Attività vincolata e situazioni soggettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, p. 3 ss.), si v., ex multis, F.G. Scoca, La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., 2005, p. 1 ss., per il quale «anche quando manchi la discrezionalità, può restare (e positivamente resta) attribuito all’Ammini­strazione il potere costitutivo»; ma si v. altresì F. Merusi, Giustizia amministrativa e autorità amministrative indipendenti, in Dir. proc. amm., 2002, p. 181, secondo cui «l’esercizio del potere da parte della Pubblica Amministrazione discrezionale o vincolato, autoritativo o non autoritativo, imperativo, ablatorio o concessorio viene sempre e comunque sottoposto alla giurisdizione del giudice amministrativo». Per una preziosa sintesi delle principali posizioni, R. Villata-M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, cit., spec. p. 72 ss.

[19] Così, in particolare, A. Travi, Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Cedam, Padova, 1983, p. 87, ove si osserva che le sanzioni amministrative non possono essere considerate come «un istituto unitario, monolitico, ma come un istituto composito, ove variazioni alla disciplina-tipo (…) non solo sono possibili, ma anche riconosciute e garantite già nella legge generale».

[20] Si v., ad esempio, Cass., sez. un., 11 luglio 2001, n. 9383, secondo cui «la scelta della sanzione, secondo la espressa previsione normativa, non tiene conto di interessi pubblici diversi, come l’interesse generale del mercato, e non è perciò espressione di discrezionalità amministrativa». Analogamente, Cass., sez. un., 11 febbraio 2003, n. 1992; Cass., sez. un., 22 luglio 2004, n. 13703; Cass., sez. un., 24 gennaio 2005 n. 1362; Cass, sez. II, 31 luglio 2012, n. 13727. Dello stesso segno, in relazione alle sanzioni della Banca d’Italia, Cass., sez. un., 22 luglio 2004, n. 13709, ove si legge che «l’applicazione delle sanzioni amministrative deve essere effettuata secondo i criteri stabiliti dalla legge 689/81, che non lasciano alcuno spazio a valutazioni di carattere discrezionale» (nonché, analogamente, Cass., sez. un., 21 maggio 2004, n. 9730; Cass., sez. un., 15 febbraio 2005, n. 2980; Cass., sez. un., ordd. 27 aprile 2006, nn. 9600 e 9602; Cass., sez. un., 15 luglio 2010, n. 16577). Per la Cassazione anche la determinazione del quantum sanzionatorio non risulta espressione di discrezionalità, in quanto la commisurazione della pena non presuppone una ponderazione di interessi, ma si basa su criteri diversi, che prescindono dalla valutazione dell’interesse pubblico (così, ex ceteris, Cass., sez. I, 23 giugno 1987, n. 5489; Cass., sez. I, 14 novembre 1992, n. 12240). Come noto, tale orientamento affonda le proprie origini nella distinzione, elaborata dalle Sezioni Unite a partire dalla sent. 24 febbraio 1978, n. 926, in Foro it., 1978, p. 1174, tra “misure ripristinatorie”, che mirano a reintegrare l’interesse pubblico leso e che risultano espressione del potere amministrativo in senso proprio, e “sanzioni afflittive”, le quali si rivolgono direttamente all’autore dell’illecito, incidendo sulla sua situazione giuridica di diritto o libertà, rispetto alle quali non vi sarebbe esercizio di discrezionalità, né soddisfazione diretta dell’interesse pubblico pregiudicato, bensì – non diversamente da quanto avviene per la sanzione penale – una finalità di prevenzione generale e speciale, soltanto indirettamente preordinato alla realizzazione dell’interesse pubblico. Sulla sanzione in senso stretto come misura a carattere strettamente afflittivo-punitivo, estranea a finalità ripristinatorie o risarcitorie, nonché da ogni finalità di cura in concreto dell’interesse pubblico, il riferimento corre evidentemente all’opera di G. Zanobini, Le sanzioni amministrative, F.lli Bocca, Torino, 1924. Sul punto, altresì N. Bobbio, voce Sanzione, in Novissimo dig. it., XVI, Utet, Torino, 1969, p. 530.

[21] F.G. Scoca, Osservazioni eccentriche, forse stravaganti, sul processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2015, p. 858, il quale ulteriormente rileva come il riparto di giurisdizione «non si fonda più, e da gran tempo, sulle situazioni soggettive dei cittadini, diritti soggettivi o interessi legittimi; attiene invece alla esistenza o inesistenza del potere amministrativo (discrezionale)».

[22] Sulla necessità di impostare il discorso in tema di riparto di giurisdizione «in base a considerazioni di diritto sostanziale, riguardanti i caratteri giuridici della funzione sanzionatoria», C.E. Paliero-A. Travi, Sanzione amministrativa. Profili sistematici, Giuffrè, Milano, 1989, spec. p. 265 ss.; nonché Iid., voce Sanzioni amministrative, in Enc. dir., vol. XLI, Giuffrè, Milano, 1989, p. 404. Come rileva A. Pisaneschi, Le sanzioni amministrative comunitarie, Cedam, Padova, 1998, p. 140, la diversa configurazione normativa del potere sanzionatorio è, tra le altre cose, all’origine delle continue «rivisitazioni alle quali il tema della giurisdizione sulle sanzioni amministrative è periodicamente sottoposto in conseguenza del mutare degli stessi strumenti sanzionatori».

[23] Sulla frequente commistione tra discrezionalità amministrativa e valutazione tecnica nelle decisioni delle autorità indipendenti, cfr. in particolare P. Lazzara, Autorità indipendenti e discrezionalità, Cedam, Padova, 2002; F. Volpe, Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, in Dir. amm., 2008, p. 791. Riconosce il carattere (anche) discrezionale dell’at­tività delle autorità indipendenti, G. Morbidelli, Sul regime amministrativo delle Autorità indipendenti, in Id., Scritti di diritto pubblico dell’economia, Giappichelli, Torino, 2001, nonché, quantomeno con riferimento all’AGCM, A. Police, Tutela della concorrenza e pubblici poteri, cit., passim. Sul difficile rapporto tra autorità indipendenti e scelte politico-discrezionali si v., per tutti, E. Bruti Liberati, La regolazione indipendente dei mercati. Tecnica, politica e democrazia, Giappichelli, Torino, 2019.

[24] In generale, sull’insussistenza di uno spazio di discrezionalità amministrativa nell’esercizio dei poteri sanzionatori, cfr. E. Capaccioli, Il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, in AA.VV., Le sanzioni amministrativeAtti del XXVI Convegno di studi di scienza dell’amministrazione (Varenna 18-20 settembre 1980), Giuffrè, Milano, 1982, spec. p. 117 ss.; A. Travi, Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, cit., spec. p. 114; C.E. Paliero-A. Travi, voce Sanzioni amministrative, cit., p. 398; A. Vigneri, La sanzione amministrativa, Cedam, Padova, 1984; R. Villata, Problemi di tutela giurisdizionale nei confronti delle sanzioni amministrative pecuniarie, in Dir. proc. amm., 1986, p. 388 ss.; E. Casetta, voce Sanzione amministrativa, in Dig. disc. pubbl., XIII, Torino, 1997, p. 604. Di segno contrario è, invece, l’opinione di G. Pagliari, Profili teorici della sanzione amministrativa, Cedam, Padova, 1988, spec. p. 234 ss., spec. 238, il quale persuasivamente osserva come «sotto il profilo logico-giuridico, una volta accettato il postulato fondamentale dell’appartenenza al potere di amministrazione attiva, non vi è luogo per una petizione di principio, per la quale la discrezionalità del potere sanzionatorio possa riguardare il “quantum”, e non l’“an”, il “quando” o il “quomodo”», dovendosi semmai prestare attenzione al modo in cui la norma di diritto positivo configuri il relativo potere sanzionatorio. Ma si v. altresì la nota posizione di A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1974, p. 876, per il quale nelle ipotesi di ricorsi avverso le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate (allora dal Ministro per il tesoro) in caso di infrazioni alla legge bancaria, si verterebbe in un’ipotesi di giurisdizione ordinaria in materia di provvedimenti emanati facendo uso di poteri discrezionali, e incidenti su interessi legittimi.

[25] Secondo la nota sistemazione proposta da E. Capaccioli, Interessi legittimi e risarcimento dei danni, Giuffrè, Milano, 1963, p. 119 ss.

[26] La natura (tendenzialmente) discrezionale dei provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, ivi comprese le autorità in esame, è più di recente sostenuta, tra gli altri, da E. Bani, Il potere sanzionatorio delle Autorità indipendenti. Spunti per un’analisi unitaria, Giappichelli, Torino, 2000, spec. p. 192 ss.; R. Titomanlio, Funzione di regolazione e potestà sanzionatoria, Giuffrè, Milano, 2007; M. Fratini (a cura di), Le sanzioni delle autorità amministrative indipendenti, Cedam, Padova, 2011, nonché da S. Cimini, Il potere sanzionatorio delle amministrazioni pubbliche. Uno studio critico, Editoriale Scientifica, Napoli, 2017, spec. p. 93. In tema, cfr. ampiamente F. Goisis, Discrezionalità ed autoritatività nelle sanzioni amministrative pecuniarie, tra tradizionali preoccupazioni di sistema e nuove prospettive di diritto europeo, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2013, p. 79 ss., nonché Id., La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale ed europeo, Giappichelli, Torino, 2015, II ed., passim.

[27] D’altronde la compatibilità tra finalità di cura in concreto dell’interesse pubblico e finalità afflittivo-deterrente della sanzione, come tratto distintivo della sua coloritura penale, è riconosciuta anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare nella sentenza 7 settembre 2011, caso 43509/08, Menarini c. Italia.

[28] Cfr. sul punto le condivisibili considerazioni di M. Trimarchi, Funzione di regolazione e potere sanzionatorio delle Autorità indipendenti, in M. Allena-S. Cimini (a cura di), Il potere sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti, cit., p. 76 ss.

[29] Si pensi, ad esempio, all’art. 18 della direttiva 2013/36 (c.d. CRD IV), in cui si prevede che a fronte di determinate violazioni della disciplina prudenziale, l’autorità possa decidere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie ovvero procedere alla revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività creditizia. La stessa direttiva, inoltre, accosta le sanzioni amministrative alle “altre misure amministrative applicabili”, rendendo così l’idea di una fungibilità tra gli strumenti di vigilanza, da calibrarsi sulla base dell’apprezzamento dei diversi interessi in gioco. Mette in luce la difficoltà di distinguere tra sanzioni amministrative e altre “misure amministrative”, R. D’Ambrosio, The elusive distinction between supervisory decisions, administrative measures and administrative sanctions, in Id. (ed.), Law and Practice of the Banking Union and of its governing Institutions (Cases and Materials), in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 88/2020, p. 149 ss.

[30] Richiamando alla mente la nota ricostruzione del sistema del credito come “ordinamento sezionale” (su cui, v. M.S. Giannini, Osservazioni sulla disciplina della funzione creditizia, in AA.VV., Scritti giuridici in onore di Santi Romano, Cedam, Padova, 1939, vol. II, p. 707 ss.), sembra lecito ritenere che il potere sanzionatorio rappresenti l’espressione della potestà ordinante attribuita all’autorità di settore, configurandosi come elemento di chiusura e compiutezza del sistema.

[31] Cfr., ad es., gli artt. 64 e ss. CRD IV.

[32] In questo senso, del resto, già F. Benvenuti, Le sanzioni amministrative come mezzo del­l’azione amministrativa, in AA.VV., Le sanzioni amministrativeAtti del XXVI Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, cit., p. 40 ss., ove si mette bene in luce come le sanzioni amministrative non sono «mezzi per la realizzazione dell’ordinamento», bensì «mezzi per la realizzazione dell’azione amministrativa». In quest’ottica, altresì G. Pagliari, Profili teorici della sanzione amministrativa, cit., p. 185, nonché P. Lazzara, Sanzioni amministrative nel credito e nel risparmio, in Ius publ., novembre 2011, ove si sottolinea come «la potestà sanzionatoria amministrativa (a differenza di quella penale) si caratterizza proprio per la stretta connessione con la funzione ed i compiti di amministrazione della quale costituisce comunque espressione», al punto che «in nessun caso, nemmeno nella materia dell’abuso di mercato, si può perciò affermare la competenza “unicamente sanzionatoria” della Consob, che non sia direttamente e strettamente collegata ai compiti di vigilanza ed informazione complessivamente considerati». In tema, altresì P. Cerbo, La depenalizzazione tra giudice penale e amministrazione, in Dir. amm., 2018, p. 71 ss.

[33] In ciò consisterebbe, d’altronde, la principale differenza tra la discrezionalità rimessa all’amministrazione e la discrezionalità giudiziale nella commisurazione della sanzione. In questi termini, cfr. Corte Cost., 12 febbraio 1996, n. 28; nonché, in dottrina, F. Benvenuti, Le sanzioni amministrative come mezzo dell’azione amministrativa, cit., per il quale «vi è una profonda diversità di natura tra la sanzione giurisdizionale e la sanzione amministrativa: la prima, si potrebbe dire, è attuazione primaria della norma che essa infatti dichiara, la seconda è invece attuazione secondaria del precetto che essa non dichiara ma afferma. (…) Dunque, le sanzioni amministrative sono mezzi per il raggiungimento della attuazione pratica dei precetti amministrativi; le sanzioni giurisdizionali sono momenti della posizione dell’ordinamento come ordinamento giuridico indipendentemente dai valori pratici che vi possono essere connessi».

[34] Si pensi, ad es., alla nuova disciplina sanzionatoria in materia di abusi di mercato introdotta all’art. 187-ter.1, TUF con il d.lgs. n. 107/2018, ove si consente alla Consob di combinare le sanzioni previste da quella disposizione con altri strumenti sanzionatori, nonché di applicare, in luogo della sanzione pecuniaria, la misura dell’ordine di eliminare le infrazioni contestate ovvero la c.d. dichiarazione pubblica allorché le infrazioni siano connotate da scarsa offensività o pericolosità. Ma si v. altresì l’art. 194-quater, sempre del TUF, e l’art. 144-bis del TUB, che consentono – rispettivamente – alla Consob e alla Banca d’Italia in caso di violazioni connotate da scarsa offensività o pericolosità, di ordinare l’eliminazione delle infrazioni contestate in alternativa all’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In tali casi sembra che a una valutazione connessa alla specificazione di concetti giuridici indeterminati si accompagni una scelta discrezionale basata sulla ponderazione tra diversi interessi pubblici e privati. Sulle principali tipologie di sanzioni della Banca d’Italia rientranti nel perimetro applicativo dell’art. 145 del TUB, si v. M. Condemi, Commento all’art 145, cit., p. 2697.

[35] Si v., ad es., la sanzione dell’interdizione temporanea dallo svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso intermediari autorizzati (c.d. temporary ban) di cui al l’art. 144-ter, co. 3, TUB che la Banca d’Italia può applicare in aggiunta alla sanzione pecuniaria per violazioni di particolare gravità.

[36] Si v., in tal senso, l’art. 68(2) CRD IV, secondo il quale «le autorità competenti pubblicano le sanzioni in forma anonima» nel caso in cui «la pubblicazione metterebbe a rischio la stabilità dei mercati finanziari o un’indagine penale in corso»; ovvero, ancora, l’art. 195-bis, TUF, ove si attribuisce alla Banca d’Italia e alla Consob il potere di «stabilire modalità ulteriori per dare pubblicità al provvedimento», «tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti». Inoltre, il medesimo articolo dispone la pubblicazione in forma anonima nel caso in cui la pubblicazione in forma ordinaria «possa comportare rischi per la stabilità dei mercati finanziari». In tema, W. Troise Mangoni, Il potere sanzionatorio della Consob, cit., spec. p. 200 ss. ove si mette in evidenza come in tali ipotesi «il legislatore individua interessi potenzialmente contrapposti alla [esigenza di pubblicità], quali la stabilità dei mercati finanziari e l’eventuale sproporzione della sua portata afflittiva e pregiudizievole nella sfera giuridica del soggetto sanzionato». Cfr., infine, anche il documento pubblicato nel marzo 2021 dalla BCE in materia di metodologia di calcolo delle sanzioni pecuniarie (Guide to the method of setting administrative pecuniary), in cui, dopo aver evidenziato come «in exercising its power to impose such administrative pecuniary penalties, the ECB enjoys a wide margin of discretion», l’istituzione europea elenca tutti i fattori da prendere in considerazione nel procedimento sanzionatorio, ossia: «(i) the impact of the breach and (ii) the supervised entity’s misconduct when deciding on the level of an administrative pecuniary penalty. Furthermore, taking account of the size of the supervised entity (…) and, whenever relevant in a given case, the benefits derived from the breach guarantees the proportionality of the administrative pecuniary penalty», puntualizzando altresì come «those factors provide a good indication of the appropriate level for an administrative pecuniary penalty, but they should not be regarded as the basis for an automatic and arithmetic calculation method».

[37] Sul punto, F. Benvenuti, Le sanzioni amministrative come mezzo dell’azione amministrativa, cit., p. 43.

[38] Su tale profilo, e per un’ampia ricognizione delle fattispecie in cui emerge anche una discrezionalità nell’an, S. Cimini, Il potere sanzionatorio, cit., spec. p. 146, il quale ulteriormente osserva come la giurisprudenza della Cassazione (in particolare Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 8986) generalmente riconosca una posizione di interesse legittimo (e, dunque, la giurisdizione del giudice amministrativo) nelle ipotesi in cui spetti all’amministrazione di applicare, alternativamente, la misura ripristinatoria o quella sanzionatoria in senso stretto.

[39] La letteratura in materia è sterminata, motivo per cui ci si limita a fare rinvio a M. Clarich-M. Ramajoli, Diritto amministrativo e clausole generali: un dialogo, Ets, Pisa, 2021, con ricchezza di riferimenti bibliografici e giurisprudenziali.

[40] Il riferimento è a F. Saitta, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle autorità indipendenti tra potenzialità del codice del processo e “preferenza di amministrazione”, in Il Processo, 2020, 3, p. 795, il quale, prendendo le mosse dall’ampia sindacabilità delle valutazioni tecniche delle autorità indipendenti da parte del giudice, suggerisce di riferirsi a una «preferenza di amministrazione», piuttosto che a una vera e propria «riserva di amministrazione».

[41] Sul nesso tra competenza tecnica e autorità indipendenti, per tutti, F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti, il Mulino, Bologna, 2001.

[42] C.E. Paliero-A. Travi, voce Sanzioni amministrative, cit., p. 403. Più controversa è invece la configurabilità di una discrezionalità c.d. tecnica in relazione al momento della determinazione della sanzione. In senso contrario, cfr. C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Giuffrè, Milano, 1985, p. 131; F. Goisis, Discrezionalità ed autoritatività, cit., p. 123; S. Cimini, Il potere sanzionatorio, cit., p. 117 ss.

[43] Sembra, a tal fine, utile richiamare la nota scansione elaborata dal giudice amministrativo in merito alle sanzioni antitrust (in particolare cfr. Cons. Stato, VI, 23 aprile 2002, n. 2199, più di recente ripresa da Cons. Stato, VI, 20 febbraio 2020, n. 4322), ma ampiamente riproponibile nelle ipotesi in esame, secondo cui l’amministrazione è tenuta ad effettuare, nell’ordine: a) l’accertamento dei fatti; b) la contestualizzazione della norma che, facendo riferimento a concetti giuridici indeterminati, necessita di un’esatta individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito contestato; c) il confronto dei fatti accertati con il parametro contestualizzato; d) l’applicazione della sanzione.

[44] Sulla riconducibilità degli atti amministrativi basati su regole tecniche al potere amministrativo in senso proprio, cfr., per tutti, C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., passim. In tema, imprescindibile è altresì il rinvio a D. de Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Cedam, Padova, 1995.

[45] In tema, cfr. diffusamente P. Lazzara, Autorità indipendenti e discrezionalità, cit. Sul rapporto tra indipendenza e natura delle funzioni attribuite alle autorità indipendenti, cfr. l’analisi critica di E. Bruti Liberati, La regolazione indipendente dei mercati, cit., passim.

[46] Si vedano, ad es., tutte le fattispecie normative che fanno riferimento a clausole generali quali la “sana e prudente gestione”, alla necessità di operare con “diligenza, correttezza e trasparenza nel miglior interesse dell’integrità del mercato”, ovvero all’“efficiente svolgimento dei servizi”. Cfr. altresì, nell’ordinamento francese, “l’intérêt général impérieux de protection de l’ordre public et de la sécurité publique (CE, 15 nov. 2019, n. 428292).

[47] Così, R. Costi, La difesa del sanzionato: una missione impossibile, in Banca impresa società, 2019, 1, p. 4; Id., Le sanzioni pecuniarie nel mercato bancario, in Giur. comm., 2013, 1, p. 322, ove si evidenzia altresì l’aumentata discrezionalità sottesa al mutato “stile” della vigilanza.

[48] Sul punto, cfr. soprattutto L. Torchia, Il controllo pubblico della finanza privata, Cedam, Padova, 1992; Ead., Gli interessi affidati alle cure delle autorità indipendenti, in S. Cassese-C. Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 55 ss.; G. Vesperini, La Consob e l’informazione del mercato mobiliare, Cedam, Padova, 1993.

[49] In materia di concorrenza, per tutti, A. Police, Tutela della concorrenza e pubblici poteri, cit., passim; in relazione alla funzione di vigilanza bancaria, si v. A. Nigro, Il nuovo ordinamento bancario e finanziario europeo: aspetti generali, in Giur. comm., 2018, p. 181; F. Capriglione, Regolazione europea post-crisi e prospettive di ricerca del diritto dell’economia: il difficile equilibrio tra politica e finanza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 2, p. 537. Mettono in luce l’emersione di nuovi profili pubblicistici del credito, G. Napolitano, L’intervento dello Stato nel sistema bancario e i nuovi profili pubblicistici del credito, in Giorn. dir. amm., 2009, p. 429; G. Sciascia, I profili pubblicistici del credito tra dimensione nazionale e innovazioni sovranazionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, p. 413 ss.; M. Dugato, L’attività bancaria e il servizio pubblico, in Banca impresa società, 2018, p. 10.

[50] Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2013, n, 542.

[51] Trib. UE, sent. 8 luglio 2020, Crédit agricole SA c. BCE, in T-576/18, punto 133 (la sentenza è oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia). L’ampio margine discrezionale riconosciuto alla Commissione europea nell’esercizio del potere sanzionatorio in materia antitrust è un dato ormai largamente acquisito nella giurisprudenza sovranazionale (cfr., ex multis, le sentt. del Tribunale UE, 6 aprile 1995, causa T‑150/89, Martinelli c. Commissione; 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK e FNK c. Commissione; la sentenza T-461/07, Visa Europe c. Commissione). Come noto, nella lettura della giurisprudenza sovranazionale occorre tuttavia tenere in considerazione la mancanza di una distinzione netta tra discrezionalità in senso tecnico e discrezionalità pura; al contrario, i due concetti sono spesso trattati indistintamente dal giudice europeo sotto le diverse etichette del wide margin of appreciation o del wide margin of discretion. Sull’intensità del sindacato giurisdizionale della Corte di giustizia sulle sanzioni antitrust della Commissione, cfr. in particolare Corte di giustizia, 11 settembre 2014, MasterCard, C-382/12, spec. punto 155 ss. ove si afferma che il giudice europeo, nello svolgere il proprio controllo, «non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, in forza del ruolo assegnatole, in materia di politica della concorrenza, dai Trattati UE e FUE, per rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto».

[52] In tal senso, S. Cimini, Il potere sanzionatorio, cit., spec. p. 447; W. Troise Mangoni, Impugnazione dei provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia e della Consob e inquadramento del potere sottoposto al sindacato giurisdizionale, in questa Rivista, 2021, 2, p. 298 ss.

[53] Si v., per tutti, Cass. sez. un., 14 aprile 2011, n. 8487.

[54] Tale posizione è sostenuta, con diversità di accenti, da A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 877, per il quale sarebbe configurabile una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario; G. Berti, Commento agli artt. 113 e 103, primo e secondo comma, cit., p. 85 ss.; A. Pajno, Il riparto di giurisdizione, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, t. V, Giuffrè, Milano, 2003, p. 4223; A. Police, La giurisdizione amministrativa nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in G. della Cananea-M. Dugato (a cura di), Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Esi, Napoli, 2006, p. 478. In tema, cfr. diffusamente F. Figorilli, Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività della pubblica amministrazione, Giappichelli, Torino, 2002. Ma si v. altresì M. Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna, 1976, p. 56, il quale, a fronte della distinzione tra sistemi monisti con prevalenza della giurisdizione ordinaria e sistemi monisti con prevalenza della giurisdizione amministrativa, qualifica il sistema italiano come (unico) esempio di sistema dualistico.

[55] Si v., ad es., Corte Cost., ord. n. 140/2001. In tal senso rilevano, in particolare, alcuni provvedimenti in materia di immigrazione rimessi alla cognizione del g.o., su cui cfr., ex multis, N. Vettori, Doppia giurisdizione ed (in)effettività della tutela giurisdizionale dello straniero, in Dir. imm. citt., 2008, p. 54 ss.; S. D’Antonio, Il riparto di giurisdizione in materia di ingresso, soggiorno e allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato italiano, in Dir. proc. amm., 2017, p. 534.

[56] Mette lucidamente in evidenza come la stessa questione del riparto di giurisdizione debba essere incentrata non tanto e non solo in funzione della natura della situazione giuridica soggettiva, quanto invece «del contenuto del potere decisorio del giudice cui è attribuita la giurisdizione di annullare e, in taluni casi, anche di modificare l’atto amministrativo illegittimo», A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo. Il contributo alla teoria dell’Azione nella giurisdizione esclusiva, vol. II, Cedam, Padova, 2001, spec. p. 123. Sulla necessità di leggere il riparto di giurisdizione «sotto il denominatore comune dell’effettività» della tutela, F. Figorilli, Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività della pubblica amministrazione, cit., p. 29. Sul punto, d’altronde, già E. Cannada Bartoli, La tutela giudiziaria del cittadino verso la pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1964, spec. p. 33, il quale acutamente osservava come «la completezza o pienezza della tutela è richiesta (…) dall’art. 24 [Cost.]; l’art. 113 lo conferma con riguardo non a questo o quel giudice, ma al complessivo esercizio della funzione giurisdizionale». Sulla stessa linea, Corte Cost. n. 275/2001, ove si ribadisce che la discrezionalità del legislatore nella scelta dell’organo cui spetta conoscere ed eventualmente annullare il provvedimento o di incidere sui rapporti sottostanti deve essere guidata dall’obiettivo di garantire la pienezza e l’effettività della tutela giurisdizionale.

[57] Quantomeno con riferimento alle molte ipotesi di discendenza eurounitaria delle regole sostanziali oggetto di attuazione da parte delle autorità di vigilanza degli Stati membri.

[58] Lo rileva L.R. Perfetti, La full jurisdiction come problema, cit., 237 ss., constatando come la stessa Corte edu «non agisce sulla base di regole astrattamente determinate, ma sulla base del caso, in considerazione della natura del potere esercitato – tecnico o discrezionale –, del procedimento amministrativo, della pretesa del privato, della sua domanda e dei poteri del giudicante in merito ad essa».

[59] Cfr., in particolare, la sentenza 4 marzo 2014, caso n. 18640/10, Grande Stevens e altri v. Italia, spec. parr. 139 e 143, commentata da M. Allena, Il caso Grande Stevens c. Italia: le sanzioni Consob alla prova dei principi CEDU, in Giorn. dir. amm., 2014, p. 1053; nonché la citata sentenza 7 settembre 2011, caso 43509/08, Menarini c. Italia, par. 59; sent. 17 aprile 2012, caso n. 21539/07, Steininger v. Austria, parr. 50 e ss.; sent. 31 luglio 2008, caso n. 72034/01, Družstevní Záložna Pria et al. v. Czech Republic, spec. par. 111, in cui la Corte edu ha ritenuto conforme al parametro della full jurisdiction una decisione con cui il giudice nazionale «considered all applicant’s submissions on their merits, point by point, without ever having to decline jurisdiction in replying to them or ascertaining facts». In dottrina, non v’è unanimità di vedute circa l’esatto contenuto di tale parametro: fermo restando, cioè, un nucleo comune – costituito dalla piena sindacabilità del fatto e del diritto, e dal potere di riformare la decisione amministrativa – dibattuta risulta in particolare la capacità del giudice di sostituirsi all’amministrazione anche per quanto concerne le scelte discrezionali o tecnico-discrezionali riservate. In quest’ultimo senso, cfr. in particolare F. Goisis, La full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della funzione sanzionatoria v. separazione dei poteri, in Dir. amm., 2018, p. 1 ss.; Id., “A de novo review of all factual and legal issues” v. un esame “point by point [....] without having to decline jurisdiction [...] in scrutinising findings of fact or law made by the administrative authorities”. La pienezza di giurisdizione come strumento di compensazione ex post nell’esperienza europea e statunitense, in Dir. proc. amm., 2021, p. 3 ss.; nonché M. Allena, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, cit., spec. p. 68, la quale mette peraltro in evidenza come il concetto di full jurisdiction non pare compiutamente risolvibile nelle categorie nazionali del sindacato di merito, intrinseco, di proporzionalità, dovendosi ricondurre essenzialmente a un «sindacato giurisdizionale pienamente sostitutivo, in qualunque modo poi incidente sull’azione amministrativa».

[60] La giurisprudenza sul punto è ondivaga, giacché in alcuni casi richiede al giudice nazionale di apprezzare anche l’opportunità della decisione (cfr., in tal senso, Corte edu, 4 marzo 2004, caso n. 47650/09, Silvester’s Horeca Service c. Belgio), mentre in altri si limita a pretendere un sindacato di ragionevolezza e proporzionalità della discrezionalità, modellato sullo schema del controllo sull’eccesso di potere e della correttezza del procedimento amministrativo (cfr., ad es., Corte edu, 26 settembre 1995, caso n. 18160/91, Diennet c. Francia; 21 luglio 2011, casi n. 32181/04 e n. 35122/05, Sigma Radio Television c. Cipro; 15 settembre 2015, caso n. 3800/12, Tsanova-Gecheva c. Bulgaria).

[61] L.R. Perfetti, La full jurisdiction come problema, cit., p. 246.

[62] Cfr., per tutti, F. Figorilli, Giurisdizione piena del giudice ordinario, cit., spec. p. 259 ss.

[63] Art. 6, comma 12, d.lgs n. 150/2011, che ha sostituito l’art. 23, legge n. 689/1981.

[64] In questi termini si è d’altronde espressa la stessa Corte edu, nella citata sentenza Grande Stevens, par. 151, con cui ha riconosciuto che la Corte d’Appello di Torino costituiva un organo dotato di piena giurisdizione ai sensi della CEDU. Occorre tuttavia ricordare, come correttamente rilevato da F. Goisis, La tutela del cittadino, cit., p. 133, che tale profilo non era stato espressamente contestato dalle parti ricorrenti e che, dunque, non ha costituito oggetto di precipua valutazione in concreto da parte della Corte di Strasburgo.

[65] Si tratta di un giudizio ampiamente condiviso tanto nella dottrina amministrativistica, quanto in quella costituzionalistica e civilistica. Cfr., ex multis, M. Allena, Art. 6 CEDU, cit., p. 153 ss.; S. Cimini, Il potere sanzionatorio, cit., p. 410 ss.; S. Amorosino, Effettività della tutela giurisdizionale ordinaria e ruolo del giudice amministrativo in tema di sanzioni di Banca d’Italia e Consob, cit.; L.R. Perfetti, La full jurisdiction come problema, cit., p. 249; E. Bindi-A. Pisaneschi, Sanzioni Consob e Banca d’Italia, cit., p. 137 ss.; E. Bindi, Il giudizio di opposizione alle sanzioni di Banca d’Italia e Consob: un’anomalia del sistema italiano, cit., p. 293; R. Lener-L. Galantucci, A che serve oggi il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti sanzionatori delle autorità di vigilanza?, in Banca, borsa, tit. cred., 2011, II, p. 81; R. Costi, La difesa del sanzionato: una missione impossibile, cit.; M. Condemi, Art. 145, cit., p. 2706. Come osservano, inoltre, M. Clarich-A. Pisaneschi, Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giurisdizioni, cit., in relazione al sindacato del giudice ordinario, «la casistica sembra dimostrare che assai di rado i giudizi si concludono con sentenze di accoglimento che sostituiscono la valutazione dell’autorità con quella del giudice. Gli stessi casi nei quali viene disposta una consulenza tecnica d’ufficio sono poco frequenti».

[66] Cfr., in tal senso, A. Police-A. Daidone, op. cit., p. 690.

[67] Si v., in questi termini, più di recente, Cass., sez. un., 18 febbraio 2021, n. 4365. Per di più, nel settore bancario, il problema del coordinamento delle tutele sembra porsi con evidenza financo maggiore, stante l’eventualità che la sanzione irrogata dalla Banca d’Italia rappresenti il risultato di una vicenda procedimentale complessa che prende avvio a livello sovranazionale, su iniziativa della BCE, in quanto autorità competente a vigilare sugli istituti di credito maggiormente significativi. In tali ipotesi è evidente che il giudice nazionale si troverà a dover conoscere indirettamente anche degli atti istruttori e preparatori, tra tutti gli atti ispettivi, posti in essere dall’autorità sovranazionale. Il caso, affrontato in diverse sentenze della Corte d’appello di Roma in merito alla complessa vicenda che ha interessato la Banca popolare di Vicenza, è analizzato in R. D’Ambrosio (a cura di), Law and Practice of the Banking Union and of its governing Institutions (Cases and Materials), in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 88/2020, p. 269 ss.

[68] Sull’uso di tale espressione, come italianizzazione di un gergo diffuso nel mondo anglosassone, F. Denozza, Discrezione e deferenza: il controllo giudiziario sugli atti delle autorità indipendenti «regolatrici», in Merc. conc. reg., 2000, p. 471.

[69] Specie ove si acceda al condivisibile orientamento secondo cui sarebbe proprio la peculiare posizione istituzionale delle autorità indipendenti a richiedere un controllo giurisdizionale pieno ed effettivo, o quantomeno non meno intenso rispetto a quello riservato alle altre amministrazioni. In tal senso, ex multis, G. Morbidelli, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, in A. Predieri (a cura di), Le amministrazioni indipendenti nei sistemi istituzionali ed economici, Passigli, Firenze, 1997, p. 249 ss.; F.G. Scoca, Giudice amministrativo di esigenze del mercato, in Dir. proc. amm., 2008, p. 277; F. Trimarchi Banfi, Ragionevolezza e razionalità delle decisioni amministrative, in Dir. proc. amm., 2019, p. 329.

[70] Si v., in particolare, F.G. Scoca, Giudice amministrativo ed esigenze del mercato, in Dir. amm., 2008, p. 257, ove si esclude che, con “sindacato di merito”, la giurisprudenza europea intenda un vero e proprio sindacato di merito, vertente cioè anche sulle scelte discrezionali dell’autorità, nonché sull’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica. Sul punto, cfr. altresì A. Giusti, Sanzioni amministrative e giurisdizione piena, cit., p. 2542, per la quale «il controllo sostitutivo sulle sanzioni amministrative non sembra però riconducibile allo schema del sindacato forte; la rimodulazione della sanzione pecuniaria (…) non è il risultato di alcuna valutazione di opportunità, ma il momento finale di un giudizio interno alla sfera della legittimità e del controllo sui presupposti di fatto e di diritto». In tal senso, si attesta anche la giurisprudenza che circoscrive il sindacato sostitutivo di merito alla sola quantificazione della sanzione, e non anche alle valutazioni tecniche opinabili, né alle ragioni di opportunità (così, ad esempio, Cons. Stato, sez. VI, 19 luglio 2019, n. 4990). Sostiene invece che, alla luce dell’art. 6 CEDU, la giurisdizione di merito in materia sanzionatoria implichi il potere del giudice di effettuare un sindacato pieno e sostitutivo non solo sull’entità della sanzione, bensì anche su tutte le valutazioni che costituiscono espressione di c.d. discrezionalità tecnica, F. Goisis, La full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della funzione sanzionatoria v. separazione dei poteri, cit., p. 27 ss.

[71] Le critiche della dottrina trovano, del resto, ampio riscontro nell’analisi giurisprudenziale. Si v., sul punto, l’ampia rassegna della giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, effettuata da C. Sereni Lucarelli, Le sanzioni della Banca d’Italia nel panorama delle sanzioni amministrative tra mito e realtà, in Banca Impresa Società, 2020, spec. p. 336 ss.

[72] Cass., sez. I, 30 maggio 2018, n. 13679, in cui è stato ritenuto che le risultanze istruttorie «sebbene provengano da una fonte autorevole, non possono essere recepite in modo aprioristico e possono essere contraddette con strumenti istruttori adeguati, quale è, ad esempio, la c.t.u. svolta nel contraddittorio delle parti».

[73] Sul punto, per tutti, R. Villata-M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, cit., con ricchezza di riferimenti bibliografici e giurisprudenziali.

[74] D’altronde, è la stessa Cassazione ad abbracciare un tale orientamento anche quando “parla” al giudice amministrativo (cfr., ad es., Cass., sez. un., 20 gennaio 2014, n. 1013 e, più di recente, Cass., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30974; Cass., sez. un., 7 maggio 2019, n. 11929). In senso critico rispetto a tale orientamento, A. Travi, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli atti delle Autorità indipendenti; il riparto di giurisdizione e il controllo della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato, in www.giustizia-amministrativa.it, 11 marzo 2019, il quale osserva che «la Cassazione, più volte, dal 2008 ha affermato un modello di sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche, che non risponde assolutamente ai canoni attuali e che comporterebbe una riduzione drastica rispetto allo spazio del sindacato ammesso dal Consiglio di Stato».

[75] Sul punto, per tutti, P. Kalintiri, What’s in a name? The marginal standard of review of ‘complex economic assessments’in EU competition enforcement, in CMLRev., 2016, 53, p. 1312, cui si rinvia anche per i numerosi riferimenti bibliografici e giurisprudenziali.

[76] Dopo alcune oscillazioni, anche la giurisprudenza civile sembra ormai riconoscere che la c.d. discrezionalità tecnica sottesa alle valutazioni di concetti giuridici indeterminati (l’opinabilità) vada tenuta distinta dal merito amministrativo (l’opportunità), consentendo che l’erronea applicazione dei concetti giuridici indeterminati possa essere fatta valere come motivo di ricorso per Cassazione sotto forma di violazione di legge. In tema, recentemente, A. Travi, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli atti delle Autorità indipendenti, cit.

[77] Secondo l’orientamento inaugurato, come noto, da Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, su cui D. de Pretis, Discrezionalità tecnica e incisività del controllo giurisdizionale, in Giorn. dir. amm., 1999, p. 1179; M. Delsignore, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm., 2000, p. 182.

[78] L’espressione appare in un documento dell’Ufficio Studi del Consiglio di Stato del 2017, ove si precisa che, con ciò deve intendersi l’ipotesi «in cui il giudice non si limita a ritenere attendibile la valutazione dell’Autorità, ma la valuti in termini di maggiore o minore attendibilità rispetto alle valutazioni alternative prospettate dalle parti»; in questi termini, si v. Cons. Stato, n. 4990/2019, cit., ove si afferma che «la tutela giurisdizionale, per essere effettiva e rispettosa della garanzia della parità delle armi, deve consentire al giudice un controllo penetrante attraverso la piena e diretta verifica della quaestio facti sotto il profilo della sua intrinseca verità (per quanto, in senso epistemologico, controvertibile). Al sindacato (non sostitutivo) di “attendibilità” va dunque sostituito un sindacato pieno di “maggiore attendibilità”». Per il Consiglio di Stato «non operano infatti i limiti cognitivi insiti nella tecnica del sindacato sull’esercizio del potere, quando il giudice è pienamente abilitato a pervenire all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale invocata». Sul punto, cfr. i rilievi critici di M. Delsignore, I controversi limiti del sindacato sulle sanzioni AGCM: molto rumore per nulla?, in Dir. proc. amm., 2020, p. 740 ss. e di M. Ramajoli, in M. Clarich-M. Ramajoli, Diritto amministrativo e clausole generali, cit., p. 68 ss. In tema, con specifico riferimento alle sanzioni di Consob e Banca d’Italia, F. Sclafani, Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, cit., p. 160.

[79] F. Saitta, Il sindacato del giudice amministrativo, cit., p. 772; F. Goisis, L’efficacia di accertamento autonomo del provvedimento AGCM: profili sostanziali e processuali, in Dir. proc. amm., 2020, p. 45 ss. In giurisprudenza, Cons. Stato, VI, 8 maggio 2019, n. 2979, ove, a fronte dell’impugnazione di un provvedimento sanzionatorio dell’AGCM, il giudice ha affermato che «la verifica di piena corrispondenza di quanto sanzionato al fatto costituisce l’ubi consistam del sindacato di legittimità avente ad oggetto la sanzione impugnata», per poi rilevare l’inattendibilità della valutazione compiuta dall’amministrazione in relazione alla concretizzazione del parametro normativo costituito dal concetto giuridico indeterminato di «condotta ingannevole della pratica commerciale». Sulla maggior attitudine dimostrata dal giudice amministrativo ad effettuare un controllo incisivo sui provvedimenti sanzionatori in questione, S. Amorosino, Effettività della tutela giurisdizionale ordinaria, cit., il quale ulteriormente osserva criticamente come «il riuscito tentativo di “ritorno al passato” nasceva dal fatto che le Corti d’Appello territoriali (…) avevano dato vita, nei decenni precedenti, ad una giurisprudenza “sensibile”, per non dire acquiescente, alle ragioni delle due Autorità sanzionatrici».

[80] Su cui, si v. F. Cortese-B. Marchetti, Art. 1 (Effettività), in G. Falcon-F. Cortese-B. Marchetti (a cura di), Commentario breve al Codice del processo amministrativo, cit.; F.G. Scoca, I principi del giusto processo, in Id. (a cura di), Giustizia amministrativa, VIII ed., Giappichelli, Torino, 2020, p. 165 ss.

[81] A. Travi, Giurisdizione e amministrazione, in F. Manganaro-A. Romano Tassone-F. Saitta (a cura di), Sindacato giurisdizionale e “sostituzione” della pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 2013, p. 9. Un tale approdo, oltre che incompatibile con il canone costituzionale della tutela giurisdizionale piena ed effettiva, deve ritenersi altresì contrastante con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, là dove impone che l’organo investito della giurisdizione non possa ritenersi vincolato agli accertamenti compiuti dall’amministrazione su punti decisivi per l’esito del caso, prescindendo da un esame indipendente di tali questioni. Così, in particolare, Corte edu, 21 luglio 2011, casi nn. 32181/04 35122/05, Sigma Radio Televisioni Ltd v. Cyprus, par. 157; nonché la citata sentenza Družstevní Záložna Pria et al. v. Czech Republic, spec. par. 111, ove la Corte «found a violation of the right to access to a court where the applicant could not challenge before a court an assessment of facts in a decision adopted by an administrative authority acting within its discretionary power (see Tinnelly & Sons Ltd and Others v. the United Kingdom, judgment of 10 July 1998)». Ma si v. altresì, in relazione a una procedura di messa in liquidazione amministrativa di un istituto bancario, la citata sentenza Capital Bank AD v. Bulgaria, spec. par. 113, in cui la Corte ha statuito che il giudice nazionale non poteva sottrarsi dal valutare l’insolvenza dell’istituto, dovendo eventualmente fare ricorso alla consulenza di un esperto.

[82] Così, del resto, già A. Travi, Giudice amministrativo e Autorità indipendenti: il caso del sindacato sugli atti dell’Autorità antitrust, in Analisi giur. econ., 2002, p. 425, il quale lucidamente nota come «solo ammettendo un sindacato più intenso sull’accertamento della condotta illecita, è possibile poi giustificare un intervento diretto del giudice sulla misura della sanzione. Infatti, non avrebbe molto senso riconoscere al giudice il potere di riconoscere la congruità della sanzione, se egli fosse limitato a un sindacato solo indiretto sull’illecito, senza poterne verificare la concreta ed effettiva gravità». A ciò si aggiunga che il criticabile orientamento della Cassazione secondo cui «spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità [della sanzione], senza esser tenuto nemmeno a specificare in sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione» (così, Cass., sez. II, 18 aprile 2018, n. 9546; Cass., sez. I, 8 febbraio 2016, n. 2406; Cass., sez. II, 7 aprile 2017, n. 9126).

[83] Come noto, il rito è stato modificato con d.lgs 12 maggio 2015, n. 72, a seguito della citata sentenza Grande Stevens, con la quale la Corte edu aveva censurato la mancanza di una pubblica udienza e lo svolgimento del giudizio di opposizione nelle forme del rito camerale.

[84] Così, in particolare, E. Bindi-A. Pisaneschi, Sanzioni Consob e Banca d’Italia, cit., p. 151. Sottolinea il minor livello di tutela offerta dal giudice ordinario in ragione del procedimento giurisdizionale semplificato anche M. Condemi, op. cit., p. 2702.

[85] Mette in luce l’importanza del contraddittorio come strumento che, specie nel settore in esame, «serve anche a passare dal concetto indeterminato alla misura concreta», M. Clarich, Sanzioni delle autorità indipendenti e garanzie del contraddittorio, in Riv. trim. dir. econom., 2020, 2, p. 41. Sulla necessità di un contraddittorio “rinforzato” nei procedimenti sanzionatori della Consob, M. Raganelli, Procedimento sanzionatorio Consob e giusto processo, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, p. 769.

[86] Lo rileva E.R. Desana, Sanzioni Consob, Banca d’Italia e garanzie dell’incolpato: never ending story?, in Banca, impresa, società, 2019, p. 376, sottolineando come risultino pochissimi i casi in cui le Corti d’appello hanno dato ingresso alle prove richieste dalle parti.

[87] In senso critico rispetto alla mancanza di specializzazione dell’organo giurisdizionale investito della cognizione in materia, S. Amorosino, Effettività della tutela giurisdizionale ordinaria, cit., p. 393. In generale, sul problema della sostituibilità del giudice rispetto all’amministrazione dal punto di vista delle limitate competenze tecniche del primo rispetto alla seconda, cfr. E. Carloni, L’accertamento dei fatti (complessi) tra amministrazione e giudice: adeguatezza conoscitiva e discrezionalità tecnica, in AA.VV., Studi in memoria di A. Romano Tassone, Editoriale Scientifica, Napoli, 2017, t. I, p. 472.

[88] Così, già V. Andrioli, Il contenzioso civile delle sanzioni amministrative, in Dir. e giur., 1981, p. 778; M.A. Sandulli, voce Sanzioni amministrative, in Enc. giur. Treccani, vol. XXVIII, Roma, 1992. In giurisprudenza, cfr. Cass., sez. un., 28 gennaio 2010, n. 1786, nonché più di recente, con riferimento alle sanzioni Consob, Cass., sez. II, 30 giugno 2020, n. 13150. Con specifico riferimento alle sanzioni della Banca d’Italia, Cass., sez. II, n. 12503/2018, in cui la Suprema Corte ha affermato che «il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto».

[89] Così, W. Troise Mangoni, Impugnazione dei provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia e della Consob, cit., p. 295.

[90] R. Villata, Problemi di tutela giurisdizionale nei confronti delle sanzioni amministrative pecuniarie, in Dir. proc. amm., 1986, p. 408.

[91] R. Villata, op. loc. ult. cit., il quale sottolinea, invece, come «i vizi formali della procedura di irrogazione sono rilevanti e l’opposizione […] non fa “scomparire” la pregressa fase amministrativa». Sulla tendenza a considerare fungibile la fase procedimentale e quella processuale, anche alla luce di alcune indicazioni provenienti dalla giurisprudenza europea, M. Allena, Art. 6 CEDU, cit., p. 154; F. Goisis, La tutela del cittadino, cit., p. 114 ss. Critici sul punto, E. Bindi-A. Pisaneschi, Sanzioni Consob e Banca d’Italia, cit., p. 90 ss., per i quali si assiste al paradosso di un giudizio che, anziché tendere a far dichiarare l’illegittimità dell’atto, svolge un’opposta funzione compensativa. Gli stessi Autori rilevano inoltre che la tesi avallata dalla Cassazione – secondo cui, in buona sostanza, spetta allo Stato decidere dove collocare le garanzie del giusto processo, nella fase amministrativa o in quella giurisdizionale – non sembra convincente alla luce della giurisprudenza europea, la quale, sebbene oscillante sul punto, sembra ammettere tale alternatività solo in relazione alle c.d. minor offences, come emerge dall’ampia casistica in materia di sanzioni irrogate dalle autorità francesi di regolazione dei mercati finanziari.

[92] Cass., sez. un., 30 settembre 2009, n. 20935, in cui è stata ritenuta irrilevante la affermata violazione del diritto di difesa. Cfr. altresì Cass., sez. un., 30 settembre 2009, n. 20929, ove si fa applicazione dell’art. 21-octies, l. n. 241/1990 in relazione al dedotto vizio di tardività dell’e­sercizio del potere, della cui natura meramente formale è dato peraltro lecitamente dubitare. In senso contrario, cfr. la citata sentenza Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2013, n. 542, in cui, con riferimento ai poteri sanzionatori della Banca d’Italia, si riconosce invece che «la sussistenza di tali poteri discrezionali rende per ciò solo inapplicabile il richiamato art. 21-octies».

[93] Così, la citata Cass., sez. II, 21 maggio 2018, n. 12503, segnalata criticamente da M. Clarich, Sanzioni delle autorità indipendenti e garanzie del contraddittorio, cit., p. 44; nonché Cass., sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4820, ove si ribadisce come «ogni vizio procedurale possa essere fatto valere nella fase del controllo giudiziale avanti alla corte d’appello consentendo la massima espansione del diritto di difesa dell’incolpato e la possibilità di audizione dello stesso».

[94] In tema, ancora M. Clarich, op. ult. cit., p. 45. Sulla sindacabilità dell’eccesso di potere da parte del giudice ordinario, si v. già V. Bachelet, La giustizia amministrativa nella costituzione italiana, Giuffrè, Milano, 1966, p. 61 ss., ove si sottolinea come l’orientamento della Cassazione, teso a precludere al giudice ordinario l’esame del vizio di eccesso di potere, si ponesse in contrasto con l’art. 113 Cost., là dove sancisce il divieto di limitazione dei mezzi di impugnazione.

[95] Con l’unica eccezione delle sanzioni della Consob in materia di abusi di mercato (espressamente qualificate come tali dalla Corte edu, nella citata sentenza Grande Stevens), la Cassazione continua a non riconoscere la natura sostanzialmente penale delle sanzioni irrogate da Consob e Banca d’Italia, facendo leva su opinabili distinguo rispetto ai criteri specificati dalla giurisprudenza europea. Così, ad es., Cass., sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4820; Cass., sez. II, 5 aprile 2017, n. 8855 secondo cui «le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Consob ai sensi dell’art. 190 del d.lgs. n. 58 del 1998 (cd. TUF) non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle inflitte ai sensi dell’art. 187-ter del TUF per manipolazione del mercato, sicché non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 CEDU, in particolare quanto alla violazione del “ne bis in idem” tra sanzione penale ed amministrativa comminata sui medesimi fatti». In senso adesivo rispetto a tale orientamento, C. Deodato, Sanzioni formalmente amministrative e sostanzialmente penali: i problemi procedurali connessi all’applicazione delle sanzioni Consob in materia di market abuse (e alcune soluzioni), in Federalismi.it, n. 23/2019, p. 5.

[96] Cfr., ex multis, Cass., sez. II, 24 febbraio 2016, n. 3656.

[97] Sulla natura sostanzialmente penale delle sanzioni irrogate dalla Consob, si v. anche Corte Cost., 21 marzo 2019, n. 63.

[98] Non è questa la sede per indagare tali aspetti, sui quali si rinvia all’ampia indagine di M. Allena, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, cit., passim.

[99] Cfr. ad es. Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2015, n. 1595; nonché, più di recente, Cons. Stato, VI, n. 2043/2019, in cui il giudice amministrativo ha ritenuto che una sanzione di circa 27.000 euro irrogata dall’Ivass «non è una sanzione penale in senso stretto, perché l’ordinamento non la qualifica come tale, ma ne ha il carattere sostanziale in base alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, e in particolare ai cd criteri Engel, elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo».

[100] Con specifico riferimento all’esercizio dei poteri sanzionatori nel quadro del Meccanismo unico di vigilanza, si v. G. Lasagni, Banking Supervision and Criminal Investigation. Comparing the EU and US experiences, Springer-Giappichelli, Torino, 2019; nonché S. Allegrezza (a cura di), The enforcement dimension of the Single Supervisory Mechanism, Cedam, Padova, 2020, con un’ampia rassegna delle principali esperienze nazionali.

[101] Cfr., in particolare, G. Lasagni-I. Rodopoulos, A comparative study on administrative and criminal enforcement of banking supervision at national level, in S. Allegrezza (a cura di), The enforcement dimension of the Single Supervisory Mechanism, cit., p. 582 ss.

[102] Sulla convergenza delle discipline del processo amministrativo a livello europeo, ex multis, M.P. Chiti, L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, p. 499; M. Fromont, La convergence des systèmes de justice administrative in Europe, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, p. 125; D. de Pretis, La tutela giurisdizionale amministrativa in Europa fra integrazione e diversità, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2005, pp. 1-33; E. Garcìa de Enterrìa, Las Trasformaciones de la Justicia Administrativa: de excepción singular a la plenitud jurisdiccional, ¿un cambio de paradigma?, Thomson Civitas, Madrid, 2007.

[103] Come noto, nell’ordinamento comunitario il principio è stato enucleato a partire da Corte di giustizia, 16 dicembre 1976, Rewe, causa 33/76, in cui il giudice sovranazionale ha statuito che «in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, è l’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta». La letteratura sul punto è amplissima: ci si limita qui a rinviare, ex multis, a D.-U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise Lost?, Giappichelli, Torino, 2009; R. Caranta, La tutela giurisdizionale (italiana, sotto l’influenza comunitaria), in M.P. Chiti-G. Greco, Trattato di diritto amministrativo europeo, t. I, pt. gen., Giuffrè, Milano, 2007, p. 1031; D. de Pretis, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, in G. Falcon (a cura di), Il diritto amministrativo dei Paesi europei tra omogeneizzazione e diversità culturali, Cedam, Padova, 2005, p. 303; nonché, con specifico riferimento alla definizione dell’organizzazione del sistema giurisdizionale, F. Grevisse-J.C. Bonichot, Les incidences du droit communautaire sur l’organisation et l’exercice de la fonction juridictionnelle dans les Etat membres, in AA.VV., L’Europe et le droit. Mélanges en hommage à Jean Boulouis, Dalloz, Paris, 1991, p. 297.

[104] B. Marchetti, La giustizia amministrativa, cit., p. 267.

[105] Per questa tassonomia, si rinvia a G. Napolitano, Introduzione al diritto amministrativo comparato, Il Mulino, Bologna, 2020, p. 299 ss.

[106] Art. 64, legge n. 4261/2014, secondo cui «Decisions of the Bank of Greece issued pursuant to Regulation (EU) No 575/2013, this Law and its regulatory acts shall be subject to a right of appeal before the Supreme Administrative Court» Sul carattere meramente impugnatorio del giudizio, si v. la decisione del Consiglio di stato greco (ΣτΕ) n. 4313/2013. In dottrina, A. Damaskou-I. Rodopoulos, Greece, in S. Allegrezza, op. cit., p. 327.

[107] Per un’ampia ricognizione del dibattito sul punto, M. Collet, Le contrôle juridictionnel des actes des autorités administratives indépendantes, L.G.D.J., Paris, 2002; J. Chevallier, Le Statut des Autorités Administratives Indépendantes: harmonisation ou diversification?, in Rev. fr. droit admin., 2010, p. 897; J. Ziller, Les Autorités Administratives Indépendantes, entre droit interne et droit de l’Union européenne, in Rev. fr. droit admin., 2010, p. 901. Nella dottrina italiana, R. Caranta, Il giudice delle decisioni delle autorità indipendenti, in S. Cassese-C.Franchini (a cura di), I garanti delle regole, cit., p. 165.

[108] Così, in particolare, CC, décision 28 juillet 1989, n° 89-260, in relazione ai poteri sanzionatori dell’allora Commission des opérations de bourse; nonché, sempre in materia sanzionatoria, CC, décision 17 janvier 1989, n. 88-248.

[109] Cfr., per l’ACPR e l’AMF, rispettivamente, gli articoli L. 612-16-III e R. 621-45-I del Code monétaire et financier, ai sensi dei quali “Les décisions prononcées par la commission des sanctions peuvent faire l’objet d’un recours de pleine juridiction devant le Conseil d’Etat par les personnes sanctionnées et par le président de l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution” e “Les recours contre les décisions de portée individuelle prises par l’Autorité des marchés financiers relatives aux agréments ou aux sanctions concernant les personnes et entités mentionnées au II de l’article L. 621-9 sont portés devant le Conseil d’Etat, selon les modalités prévues par le code de justice administrative”.

[110] L’“éclatement des compétences juridictionnelles”, in assenza di un chiaro criterio ordinatore di matrice costituzionale, è segnalato criticamente da M. Collet, Le contrôle juridictionnel, cit., p. 233 ss. In tema, diffusamente M. Bazex, L’implosion du dualisme de juridiction, in Pouvoirs, n. 46/1988.

[111] CC, décision 23 janvier 1987, n. 86-224, Conseil de la Concurrence, ove si stabilisce che «relève en dernier ressort de la compétence de la juridiction administrative l’annulation ou la réformation des décisions prises, dans l’exercice des prérogatives de puissance publique, par les autorités exerçant le pouvoir exécutif». In dottrina, G. Napolitano, Introduzione al diritto amministrativo comparato, cit., p. 305.

[112] Lo mette bene in luce D. de Pretis, La giustizia amministrativa, in G. Napolitano (a cura di), Diritto amministrativo comparato, Giuffrè, Milano, 2007, p. 302.

[113] Come segnalato, in particolare, da M. D’Alberti, Diritto amministrativo comparato, Il Mulino, Bologna, 2019, p. 60. Sul punto, cfr. altresì P. Devolvé, Droit public de l’économie, Dalloz, Paris, 1998.

[114] Oppure, per riprendere la formula impiegata da M. Clarich, Autorità Indipendenti – Bilancio e prospettive di un modello, Il Mulino, Bologna, 2005, come giudice dei «fallimenti del mercato» e dei «fallimenti della regolazione».

[115] Loi 20 décembre 1986, che stabilisce «La décision du conseil peut faire l’objet d’un recours, dans les dix jours suivant sa notification, devant la cour d’appel de Paris qui statue dans les quinze jours de sa saisine». Si v. oggi anche l’art. L. 464-8 del Code de commerce.

[116] Art. L. 36-8 del Code des postes et télécommunications.

[117] Art. L. 621-30 del Code monétaire et financier, secondo cui «L’examen des recours formés contre les décisions individuelles de l’Autorité des marchés financiers autres que celles, y compris les sanctions prononcées à leur encontre, relatives aux personnes et entités mentionnées au II de l’article L. 621-9 est de la compétence du juge judiciaire». In dottrina, M. Cohen-Branche, La problématique de la répartition du contentieux entre les deux ordres, au travers de l’exemple de l’Autorité des Marchés financiers, in Rev. fr. droit admin., 2010, p. 912.

[118] Cfr. la citata decisione n. 86-224 del Conseil Constitutionnel in merito all’attribuzione al giudice ordinario della competenza a giudicare degli atti della Autorité de la concurrence, ove si precisa che, in deroga al principio generale della competenza del giudice amministrativo a conoscere degli atti de puissance publique, «lorsque l’application d’une législation ou d’une réglementation spécifique pourrait engendrer des contestations contentieuses diverses qui se répartiraient, selon les règles habituelles de compétence, entre la juridiction administrative et la juridiction judiciaire, il est loisible au législateur, dans l’intérêt d’une bonne administration de la justice, d’unifier les règles de compétence juridictionnelle au sein de l’ordre juridictionnel principalement intéressé». Sul punto, J. Massot, La répartition du contentieux entre les deux ordres, in Rev. fr. droit admin., 2010, p. 909.

[119] CC, 17 janvier 1989, déc. n° 88-248, cit.

[120] Come noto, la distinzione tra recours de légalité (o pour excès de pouvoir) e recours de pleine juridiction (o de pleine contentieux) è stata originariamente tracciata da E. Laferrière, Traité de la juridiction administrative et des recours contentieux, t. I, Berger-Levrault, Paris, 1887. In tema, oggi diffusamente R. Chapus, Droit du contentieux administratif, IX ed., L.G.D.J, Paris, 2001. Nella dottrina italiana, A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione, cit., p. 269 ss.; B. Marchetti, Il giudice amministrativo tra tutela soggettiva e oggettiva: riflessioni di diritto comparato, in Dir. proc. amm., 2014, p. 74.

[121] Specie in passato, per le maggiori analogie con il processo civile, il contentieux de pleine juridiction era considerato un «contentieux des droit» (cfr., in particolare, J.-M. Auby-R. Drago, Traité de contentieux administratif, t. I, L.G.D.J, Paris, 1975, p. 474).

[122] Lo segnala, in particolare, R. Chapus, Droit du contentieux administratif, cit., p. 216.

[123] R. Tinière, La notion de “pleine juridiction” au sens de la CEDH et l’office du juge administratif, in Rev. fr. droit admin., 2009, 729. In tema, diffusamente M. Collet, Le contrôle juridictionnel, cit., spec. p. 132 ss.

[124] Sulla distinzione tra contrôle restreint e contrôle normal, R. Chapus, Droit administratif général, vol. I, XV ed., L.G.D.J, Paris, 2001, p. 1065.

[125] Sulla tendenza del giudice amministrativo francese a operare un controllo ampio e incisivo sulle sanzioni amministrative, anche sulla spinta del diritto sovranazionale e dell’affer­mazione di un controllo improntato al criterio del bilan coûts-avantages, si v. S. Rose-Ackerman, Democracy and Executive Power: Policymaking Accountability in the the US, the UK, Germany, and France, Yale Univ. Press, Yale, 2021. In tema, si v. altresì M. Gjidara, Le contrôle exercé par le juge administratif sur les autorités administratives indépendantes, in Zbornik radova Pravnog fakulteta u Splitu, 2/2013, str. 265 – 288, secondo il quale «L’intensité du contrôle juridictionnel atteint son maximum à propos des sanctions de nature professionnelle ou pécuniaire susceptibles d’être prononcées par les AAI».

[126] Cfr. la decisione 89-260, 28 luglio 1989 del Conseil Constitutionnel che, con riferimento alle sanzioni irrogate dall’allora Commission des opérations de bourse (oggi AMF), ha affermato che spetta all’amministrazione e, eventualmente, al giudice di verificare il rispetto della proporzionalità della sanzione. Nella giurisprudenza amministrativa, CE, 15 nov. 2019, n. 428292, relativo a una sanzione irrogata da ACPR per attività di riciclaggio di denaro; nonché CE, 25 oct. 2017, n. 399491; CE, 25 oct. 2017, n. 399493.

[127] Sul punto, D. de Pretis, La giustizia amministrativa, cit., p. 308; G. Napolitano, Introduzione al diritto amministrativo comparato, cit., p. 330.

[128] In relazione alle sanzioni pecuniarie irrogate dall’allora Commission bancaire e dall’allora Conseil des marchés financiers, cfr. – rispettivamente – già CE, 29 novembre 1999, Société Rivoli Exchange n. 194721 e CE, 3 décembre 1999, Didier, n. 207434. In tema, si v. l’efficace sintesi offerta dal dossier tematico elaborato dal Conseil d’Etat, Le juge administratif et les sanctions administratives, 2017. In dottrina, E. Bindi-A. Pisaneschi, Sanzioni Consob e Banca d’Italia, cit., p. 93 ss.

[129] Corte edu, 11 giugno 2009, caso n. 5242/04, Dubus S.A. c. Francia.

[130] Cfr. art. 22, Real Decreto Legislativo 4/2015, Ley del Mercado de Valores (TrLMV). In tema, J.C. Laguna De Paz, Supervisión administrativa del mercado de valores, in Rev. española de derecho administr., 2018, p. 189; Id., Derecho Administrativo Económico, Civitas-Thomson Reuters, Madrid, 2016; B. Belando Garín (a cura di), Potestad sancionadora y Mifid II, Aranzadi-Thomson Reuters, Madrid, 2019.

[131] SAN 1106/2019, 5.04.2019, con commento di B. Belando Garín, La protección del inversor en las OPAs de exclusión: realidad o ficción, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 145.2019.

[132] Cfr. D. Sarmiento, Spain, in S. Allegrezza, op. cit., p. 489, ove si mette in luce come «The review is broad in its scope but (…) the intensity of the review is low and grants a wide margin of technical discretion to the authority under scrutiny, including financial supervisory authorities».

[133] Art. 19, abs. 4, GG. In dottrina, ex multis, E. Ferrari-M. Ramajoli-M. Sica (a cura di), Il ruolo del giudice di fronte alle decisioni amministrative per il funzionamento dei mercati, Giappichelli, Torino, 2006, p. 105 ss.; E. Schmidt Assmann-L. De Lucia-M.C. Romano, Prospettive della tutela giurisdizionale amministrativa in Germania e in Italia, in Dir. proc. amm., 2016, p. 711, ora anche in V. Cerulli Irelli (a cura di), La giustizia amministrativa in Italia e in Germania, Giuffrè, Milano, 2017, p. 237 ss.

[134] Anche in Germania, come in Francia, ma diversamente dall’Italia, si registra dunque una tendenza del legislatore ad ampliare l’area della giurisdizione ordinaria a scapito di quella amministrativa. In tema, E. Schmidt Assmann-L. De Lucia-M.C. Romano, Prospettive della tutela giurisdizionale amministrativa, cit., p. 240.

[135] § 59 e ss., KWG.

[136] È, tuttavia, interessante notare come lo stesso non avvenga in relazione alle decisioni dell’autorità garante della concorrenza (Bundeskartellamt), le quali sono tutte sottoposte allo scrutinio del giudice ordinario, ai sensi del § 73, GWB, sebbene secondo norme processuali ampiamente ricalcate sul giudizio amministrativo. Sul punto, cfr. L. Ammannati, (a cura di), La concorrenza in Europa, Cedam, Padova, 1998 e, con particolare riferimento alla Germania, Ead., Il sistema tedesco di tutela della concorrenza. Un modello consolidato alla prova dei tempi, ivi, p. 13 ss.

[137] § 67 e ss. OWiG. In dottrina, K. Ellbogen, § 67 OWiG, in W. Mitsch (a cura di), Karlsruher Kommentar zum OWiG, Beck, Munich, 2018.

[138] Ai sensi dell’art. 1(3) della legge istitutiva di Bafin «In proceedings under the Act on Breaches of Administrative Regulations (Gesetz über Ordnungswidrigkeiten), the Supervisory Authority’s office is deemed to be in Frankfurt am Main». Si rammenta come nell’ordinamento giudiziario tedesco l’Amtsgericht è la corte di primo grado della giurisdizione ordinaria (Ordentliche Gerichtsbarkeit), competente a conoscere la gran parte delle controversie civili e penali.

[139] § 71, OWiG.

[140] § 77, OWiG, secondo cui «The court shall determine the scope of the evidence to be taken, notwithstanding the duty to establish the truth ex officio».

[141] §§ 71, 73 e ss., OWiG.

[142] In tal caso 76(5), GWB stabilisce che “The decision shall also be inadmissible or unfounded if the competition authority has improperly exercised its discretionary powers, in particular if it has exceeded the statutory limits of its discretionary powers or if it has exercised its discretion in a manner violating the purpose and intent of this Act. The evaluation of the general economic situation and trends by the competition authority shall not be subject to review by the court”. In dottrina, cfr. P.J. Tettinger, L’ampiezza del controllo giurisdizionale nel diritto amministrativo dell’economica con particolare riguardo alle decisioni delle autorità di regolazione, in E. Ferrari-M. Ramajoli-M. Sica (a cura di), Il ruolo del giudice di fronte alle decisioni amministrative per il funzionamento dei mercati, cit., p. 114.

[143] Sull’intensità del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità e sui concetti giuridici indeterminati in Germania, si v. la sintesi recentemente offerta da E. Schmidt Assmann-L. De Lucia-M.C. Romano, Prospettive della tutela giurisdizionale amministrativa in Germania e in Italia, cit., 249, nonché, soprattutto, D. de Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, cit., passim.

[144] Sulla portata del principio di proporzionalità nell’ordinamento tedesco, cfr., ex multis, nella letteratura italiana, D.-U. Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1998; nonché, più di recente, Ead., Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell’Unione Europea), in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2019, p. 903, cui si rinvia per gli ampi riferimenti bibliografici alla letteratura tedesca sul punto.

[145] In tema, per tutti, S. Cassese, La costruzione del diritto amministrativo: Francia e Regno Unito, in Id. (cur.), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, t. I, Giuffrè, Milano, 2003.

[146] Sul punto, R. Caranta, voce Judicial Review, in Dig. disc. pubbl., 1993, IX, 3; P. Chirulli, Attività amministrativa e sindacato giurisdizionale in Gran Bretagna, Giappichelli, Torino, 1996; nonché, più recentemente, B. Marchetti, Efficienza amministrativa e protezione del cittadino nella riforma del judicial review inglese, in Giorn. dir. amm., 2014, p. 426.

[147] Sul Tribunals, Courts and Enforcement Act del 2007, cfr. P. Craig, Administrative Law, IX ed., Sweet & Maxwell, London, 2021; P. Cane, Administrative Tribunals and Adjudication, Hart Publishing, Oxford-Portland, 2009. La riforma ha suscitato grande interesse anche nella dottrina italiana: si v. in particolare M. Macchia, La riforma degli Administrative Tribunals nel Regno Unito, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, p. 209 ss.; G. Ligugnana, L’altra giustizia amministrativa. Modelli ed esperienze d’oltremanica, Giappichelli, Torino, 2010, p. 153; R. Caranta, Administrative Tribunals e Courts in Inghilterra (e Galles), in G. Falcon-B. Marchetti (a cura di), Verso nuovi rimedi amministrativi? Modelli giustiziali a confronto, Editoriale Scientifica, Napoli, 2015, p. 37; nonché, ivi, M.P. Chiti, La giustizia nell’amministrazione. Il curioso caso degli Administrative Tribunals britannici, p. 49, il quale rileva come gli ultimi sviluppi abbiano determinato «con buona pace degli epigoni di Dicey, l’affermazione di una vera e propria «giustizia amministrativa», pur con tutte le peculiarità britanniche».

[148] Tribunals, Courts and Enforcement Act, ch. 2, s. 13. Sul punto, M. D’Alberti, Diritto amministrativo comparato, cit., p. 98, il quale rileva come le corti si siano autolimitate nel judicial review sulle decisioni dei tribunals, rispettando la volontà del Parlamento di affidare a organi esperti e settoriali la soluzione di controversie in materie specifiche.

[149] R (on the application of Christopher Wilford) v. The Financial Services Authority [2013] EWCA Civ 677, Case No: C1/2012/1551. In commento, cfr. P. Reynolds, Judicial Review almost never possible where there is a statutory right of appeal, in ukhumanrightsblog, June 2013.

[150] R(Wilford) (n 250), par. 22, secondo cui «a remedy by way of judicial review is not to be made available where an alternative remedy exists. (…) Judicial review is a collateral challenge: it is not an appeal. Where Parliament has provided by statute appeal procedures, as in the taxing statutes, it will only be very rarely that the courts will allow the collateral process of judicial review to be used to attack an appealable decision (Re Preston [1985] 1 AC 835)».

[151] R(Wilford) (n 250), par 37.

[152] In tema, P. Cane, Judicial review and Merits Review: comparing Administrative Adjudication by Courts and Tribunals, in S. Rose-Ackermann-P. Lindseth (eds.), Comparative Administrative Law, Edwar Elgar, Cheltenham-Northampton, 2010, 433.

[153] Come noto, le corti inglese sono tradizionalmente poco inclini a condurre un sindacato pieno sull’error of fact, specie laddove si tratti di autorità dotata di particolare competenza tecnico-specialistica. Sull’evoluzione del judicial review sulle issues of fact, dalla unreasonableness verso la proportionality, specie a seguito dell’approvazione dello Human Rights Act del 1998, cfr., ex multis, P. Craig, Administrative Law, cit., p. 622; Id., Unreasonableness and Proportionality in UK Law, in E. Ellis (ed.), The Principle of Proportionality in the Laws of Europe, Hart, Oxford, 1999; P. Chirulli, L’evoluzione del controllo giurisdizionale sulla discrezionalità nel Regno Unito: dalla ragionevolezza alla proporzionalità, in Dir. proc. amm., 2019, p. 72; G. Napolitano, Introduzione al diritto amministrativo comparato, cit., p. 328.

[154] In tema, G. Ligugnana, op. cit., spec. p. 103 ss., ove si mette ulteriormente in luce come l’organo contenzioso ben potrebbe stabilire che una decisione sia semplicemente sbagliata (wrong), trattandosi di una decisione diversa da quella che avrebbe assunto il tribunal.

[155] Ove si afferma che «An appeal in the form of a complete re-hearing has long been recognised as being capable of remedying serious defects in the original procedure». In tema, diffusamente P. Cane, Administrative Tribunals, cit., p. 149 ss.

[156] Sulla fungibilità delle garanzie della full jurisdiction tra procedimento e processo, si v. Corte edu, 22 novembre 1995, Bryan v. UK, spec. par. 47, in cui si afferma, sebbene non in materia sanzionatoria, ma in relazione ai civil rights, che non è necessario che il procedimento giurisdizionale assicuri una full jurisdiction se la decisione è stata adottata dall’organo amministrativo attraverso una «quasi-judicial procedure governed by many of the safeguards required by Article 6».

[157] Sul funzionamento e la composizione del Regulatory Decisions Committee (RDC), nonché sul procedimento sanzionatorio della FCA, cfr. https://www.fca.org.uk/about/committees
/regulatory-decisions-committee-rdc
.

[158] Per un tale ordine di riflessioni, si v. B. Marchetti, Searching for the fundamentals of Administrative Law, cit., p. 181; Ead., Il giudice amministrativo tra tutela soggettiva e oggettiva, cit., passim. L’irrilevanza dell’assetto monistico o dualistico della giurisdizione rispetto al livello di intensità del sindacato è messa bene in luce altresì da M.P. Chiti, Monism or Dualism in Administrative Law: A True or a False Dilemma?, in La Revue Administrative, 2000, p. 46; S. Cassese, Monismo e dualismo giudiziario. Storia e prospettive, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, p. 583.

[159] G. Napolitano, I grandi sistemi del diritto amministrativo, in Id. (a cura di), Diritto amministrativo comparato, cit., p. 1 ss.

[160] D. de Pretis, La giustizia amministrativa, cit., p. 284. Sulle vicende che hanno portato all’emersione e al riconoscimento della specialità del diritto amministrativo è d’obbligo il rinvio a L. Mannori-B. Sordi, Storia del diritto amministrativo, Laterza, Roma-Bari, 2001, spec. p. 343 ss., spec. 369, ove si osserva come «il nucleo delle garanzie si è costruito lungo precisi sentieri di specialità, lontano dai modelli del diritto comune civilistico. Quelle garanzie si sono rivelate congiunte, in modo indissolubile, all’imperatività, all’intrinseca autoritarietà del potere».

[161] Lo mette bene in luce A. Travi, Valutazioni dell’amministrazione e valutazioni del giudice, in G. Falcon (a cura di), Il procedimento amministrativo nei diritti europei e nel diritto comunitario, Cedam, Padova, 2008, p. 175 ss. Sul punto, cfr. altresì A. Moliterni, Streamlining the judicial review of administrative decisions: a comparative institutional approach, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, p. 539.

[162] Come osserva M. Ramajoli, in M. Clarich-M. Ramajoli, Diritto amministrativo e clausole generali, cit., p. 50, in virtù dell’intervento di specificazione e di integrazione valutativa di clausole generali da parte del potere amministrativo «alla sequenza classica caso/norma/giudice si sostituisce nel diritto amministrativo la diversa e più articolata sequenza caso/norma/ammini­strazione/giudice».

[163] Sul punto, si v. F. Sclafani, Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, cit., p. 151 ove si rileva che «quando il giudice ordinario è chiamato a giudicare il pubblico potere tende a fare un passo indietro ed è proprio da questo passo indietro che nel 1889 è nato il giudice amministrativo per poi diventare il giudice ordinario del pubblico potere in quanto giudice naturale degli interessi legittimi».

[164] F.G. Scoca, Osservazioni eccentriche, forse stravaganti, sul processo amministrativo, cit., p. 856.

[165] Si tratta, del resto, di riconoscere altresì l’inopportunità, oltre alla problematicità, di separare i tre comparti di cui si compone il mercato finanziario a fronte della sempre maggiore integrazione tra servizi bancari, finanziari e assicurativi.

[166] Così, F. Merusi, Dal 1865... e ritorno... al 1864, cit., p. 677.

[167] Sulla necessità di addivenire a una maggiore armonizzazione dei diritti nazionali in tema di intensità del sindacato giurisdizionale nella prospettiva dell’integrazione europea, cfr. A. Travi, Valutazioni dell’amministrazione e valutazioni del giudice, cit., p. 181 ss.

[168] Mette in luce tale esigenza con particolare riferimento alla rete europea della concorrenza, R. Chieppa, Le sanzioni delle autorità indipendenti: la tutela giurisdizionale nazionale, in Giur. comm., 2013, 2, p. 354. Sul punto, cfr. altresì R. Caranta, Il sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in E. Ferrari-M. Ramajoli-M. Sica (a cura di), Il ruolo del giudice di fronte alle decisioni amministrative per il funzionamento dei mercati, cit., p. 258, ove si sottolinea come, a prescindere dalla qualificazione del controllo come “forte” o “debole”, ciò che rileva è «l’esercizio di un sindacato tendente ad un modello comune a livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito il giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione – se il potere (…) sia stato correttamente esercitato».

[169] Si è già avuto modo di osservare in altra sede come la prima giurisprudenza delle corti europee in merito ai provvedimenti di vigilanza della BCE evidenzi la volontà del giudice sovranazionale di applicare, anche a tali atti, uno standard di controllo piuttosto incisivo e penetrante, coerente con quello più recentemente sviluppato in relazione ai provvedimenti antitrust della Commissione. Tale impressione sembra essere ulteriormente confermata dalla sopra citata pronuncia del Trib. UE, Crédit agricole SA c. BCE, in T-576/18, relativa all’annullamento di una sanzione pecuniaria della BCE. Sul punto sia consentito fare rinvio a A. Magliari, Sindacato sulla discrezionalità e decisioni di vigilanza della BCE, in Giorn. dir. amm., 2019, p. 83.

[170] L’espressione è, come noto, di M. Clarich-A. Pisaneschi, Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giurisdizioni, cit.

Fascicolo 1 - 2022