Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Oltre la disciplina dei mercati: la sostenibilità degli ecosistemi e la sua rilevanza nel Green Deal europeo (di Edoardo Chiti, Professore ordinario di diritto amministrativo, Scuola Superiore Sant’Anna)


Parole chiave: Green Deal europeo. – tutela della biodiversità. – sostenibilità. – costituzione economica europea.

Beyond Market Regulation: Ecosystems’Sustainability and its Relevance in the European Green Deal

Keywords: European Green Deal. – Biodiversity protection. – Sustainability. – European Economic Constitution.

SOMMARIO:

1. Il quinto elemento: la tutela della biodiversità - 2. Un tassello essenziale della strategia per la neutralità climatica - 3. Il perno della revisione della costituzione economica europea? - 4. La ridefinizione della costruzione giuridica della sostenibilità - 5. Il ruolo della scienza giuridica - NOTE


1. Il quinto elemento: la tutela della biodiversità

La strategia europea per la neutralità climatica coinvolge e incrocia una grande varietà di politiche pubbliche e discipline, come dimostra plasticamente la rappresentazione grafica che del Green Deal ha dato la Commissione sin dalla sua comunicazione del dicembre 2019 [1]. In questa costruzione complessiva, un ruolo peculiare è svolto dall’azione a tutela della biodiversità. Non si tratta di una componente che cattura immediatamente l’attenzione degli osservatori: resta in ombra, quasi nascosta, rispetto alle quattro principali (e più studiate) linee direttrici del progetto di riforma economica e sociale che la strategia europea per la neutralità climatica porta con sé, che comprendono, secondo la puntuale analisi svolta da Eugenio Bruti Liberati in questa Rivista [2], l’avvio di una nuova politica industriale, la prevalenza dell’interesse alla decarbonizzazione, la circolarità dell’economia e la sostenibilità sociale della transizione. Eppure, essa rappresenta un intervento potenzialmente assai rilevante. Ciò per tre ragioni principali: perché è un tassello irrinunciabile, sul piano funzionale, del complesso insieme di strumenti e di leve che l’Unione deve utilizzare per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che si è prefissata nella sua azione di contrasto al cambiamento climatico; perché è il perno intorno al quale può ruotare il ripensamento della costituzione economica europea avviato dal Green Deal; e perché apre la strada a una revisione della costruzione giuridica della sostenibilità nell’ordinamento dell’Unione europea.


2. Un tassello essenziale della strategia per la neutralità climatica

L’azione europea a tutela della biodiversità non è un’invenzione del Green Deal. Al contrario, ha radici consolidate, che risalgono ai primi anni Novanta del secolo scorso, ed ha avuto modo di svilupparsi gradualmente per circa due decadi, attraverso aggiustamenti progressivi che ne hanno man mano affinato finalità e strumenti. Sarebbe un errore, però, pensare che il progetto del Green Deal europeo si sia limitato a ribadirne la ratio e le linee di fondo. Pur ponendosi in linea di continuità con le discipline esistenti, infatti, ha fissato con chiarezza l’obiettivo complessivo al quale la tutela della biodiversità deve tendere nel contesto di una strategia orientata al raggiungimento della neutralità climatica. L’obiettivo è quello della sostenibilità degli ecosistemi, dapprima presentato come specifico obiettivo di policy, quindi tradotto in una serie di proposte regolatorie. Di tale finalità è importante mettere a fuoco i contenuti strettamente ecologici. Nella prospettiva che emerge tanto dai policy documents quanto dalle proposte normative della Commissione, la sostenibilità degli ecosistemi coincide con la loro resilienza e integrità. Il concetto di resilienza, espressamente richiamato in varie proposte, come quella di revisione del Regolamento LULUCF, che rientra nel pacchetto di misure «Pronti per il 55%» [3], viene inteso in un senso funzionale. Tra le varie possibili accezioni della nozione ecologica di resilienza, la Commissione utilizza quello che può essere riassunto nella formula resilience of ecosystem functions o functional resilience [4]. Un sistema è resiliente quando ha la capacità di fornire in modo continuativo, in ragione delle proprie buone condizioni di salute, alcuni servizi e prodotti: la capacità di stoccare e sequestrare il carbonio, anzitutto, ma anche servizi e prodotti ulteriori come la produzione di alimenti e biomassa, la purificazione di acqua e aria, la protezione da inondazioni, desertificazione e altre conseguenze dei cambiamenti climatici [5]. Intesa in questo senso, la resilienza degli ecosistemi presuppone la loro integrità, ovvero quella situazione nella quale gli elementi e i processi costitutivi di un ecosistema sono intatti e ben funzionanti. La sostenibilità degli ecosistemi, in altri termini, si fonda sul nesso «resilienza [continua ..]


3. Il perno della revisione della costituzione economica europea?

La tutela della biodiversità non è solo un tassello irrinunciabile degli strumenti che l’Unione deve utilizzare per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica, ma anche l’elemento intorno al quale può ruotare il ripensamento della costituzione economica che l’Unione ha sviluppato e consolidato negli ultimi tre decenni [15]. Per non perdere il senso della prospettiva, occorre osservare come il progetto complessivo del Green Deal faccia compiere alcune torsioni significative alle principali componenti della costituzione economica europea [16]. Esso arricchisce, per cominciare, le finalità tradizionali delle discipline pro-concorren­ziali: nel ribadire e rilanciare uno sviluppo avviato sin dalla fine degli anni Novanta [17], il Green Deal offre una giustificazione generale per l’integrazione in tali discipline di obiettivi alternativi alla concorrenza, ed in particolare delle finalità di tutela ambientale, come dimostra, ad esempio, la nuova attenzione dedicata agli appalti circolari [18]. Ridefinisce, in secondo luogo, gli obiettivi della regolazione economica: sin qui costruita come un insieme di interventi volti a costruire un mercato concorrenziale e attuati da autorità amministrative chiamate a esercitare poteri non discrezionali, la regolazione economica viene ora modificata in modi che prefigurano lo sviluppo di vere e proprie politiche pubbliche dell’Unione, incentrate sul bilanciamento tra interessi pubblici da parte di istituzioni politiche e amministrative. Il Green Deal modifica anche una terza componente della costituzione economica europea, quella della regolazione sociale, rendendo meno netta la distanza tra la tradizionale cura di interessi sociali nel contesto del mercato e le finalità tipiche delle politiche sociali: è il caso, ad esempio, della Strategia «Dal produttore al consumatore» [19], che rafforza la rilevanza della sicurezza alimentare intesa nel senso specifico del­l’accessibilità (affordability) e della food security, secondo una ratio che si avvicina a quella di liberazione di tutti dal bisogno che è propria del welfare state. Infine, il Green Deal incide sulla politica industriale, di cui rafforza la rilevanza e ridefinisce i suoi obiettivi, nella prospettiva di un modello di crescita «circolare» e «rigenerativo», incentrato sulla [continua ..]


4. La ridefinizione della costruzione giuridica della sostenibilità

La tutela della biodiversità promossa dal Green Deal è importante anche per un terzo e ultimo motivo: essa implica una revisione del modo in cui la sostenibilità è stata costruita giuridicamente nell’ordinamento europeo. La storia è (relativamente) nota. Tra il 1993 e il 1999, le revisioni dei trattati europei hanno dapprima attribuito alla Comunità il compito di promuovere una «crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l’ambiente», quindi impegnato l’Unione a raggiungere uno «sviluppo equilibrato e sostenibile, in particolare mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria». In questo modo, gli Stati membri hanno introdotto nell’ordinamento giuridico dell’Unione una specifica declinazione del concetto di sostenibilità, quella del Brundtland Report elaborato dalla World Commission on Environment and Development delle Nazioni Unite [23] e riassunta nella formula dello sviluppo sostenibile [24], calandola nel peculiare contesto del progetto di integrazione economica perseguito dall’Unione europea. Le modifiche dei trattati europei, in altri termini, hanno allo stesso tempo attuato e articolato su scala regionale la nozione di sostenibilità promossa dalle Nazioni Unite e capace di esercitare, a partire dalla fine degli anni Ottanta, una grande influenza su tutti gli ordinamenti politici occidentali: una nozione che presuppone che sia possibile perseguire contemporaneamente gli obiettivi della crescita economica, della tutela ambientale e della protezione sociale, attraverso il bilanciamento dei relativi interessi. Una decina di anni più tardi, il Trattato di Lisbona ha dato una nuova centralità all’obiettivo dello sviluppo sostenibile, ribadito che esso implica un bilanciamento tra interessi diversi (la crescita economica, la piena occupazione e il progresso sociale, un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente), collegato lo sviluppo sostenibile al modello, sbrigativamente ripreso dalla storia costituzionale e politica tedesca, di una «economia sociale di mercato fortemente competitiva» [25]. Sul piano formale, questo sviluppo ha portato alla formalizzazione di un obiettivo giuridicamente vincolante [continua ..]


5. Il ruolo della scienza giuridica

Lungi dal rappresentare una componente marginale del Green Deal, la tutela della biodiversità innesca, dunque, processi che le cui implicazioni sono potenzialmente ampie e profonde. La scienza giuridica dovrebbe riconoscere, valorizzare e sostenere tali processi. Da essi dipende, anzitutto, la messa a punto di una strategia compiuta per il raggiungimento della neutralità climatica. Ma gli sviluppi in corso permettono anche di avviare un ripensamento della costituzione economica europea, quanto meno nel senso di un approfondimento delle ragioni della sostenibilità ecologica, oltre che una revisione di un concetto politico e giuridico centrale nella costruzione teorica dell’Unione, quello dello sviluppo sostenibile. Ciascuno dei processi richiamati, peraltro, pone problemi complessi. Di nuovo, spetta alla scienza giuridica di svolgere un ruolo attivo, fornendo al legislatore europeo e nazionale opzioni e strumenti regolatori funzionali al raggiungimento degli obiettivi attesi, individuando soluzioni capaci di anticipare e risolvere i conflitti tra gli sviluppi normativi e l’attuale quadro dei trattati, proponendo ricostruzioni teoriche in grado di guidare gli sviluppi in corso.


NOTE