Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Diritti fondamentali dell'incolpato e tutela giurisdizionale nei confronti delle sanzioni di Consob e di Banca d'Italia (di Nicoletta Vettori, Professoressa associata di diritto amministrativo, Università degli Studi di Siena)


Il saggio analizza il tema del potere sanzionatorio di Consob e Banca d’Italia e del relativo sindacato giurisdizionale. Recenti ricostruzioni dottrinali sostengono che l’attività sanzionatoria delle Autorità ha carattere autoritativo e discrezionale e che pertanto sarebbe opportuno devolvere le relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Tuttavia, tali ricostruzioni sembrano parziali perché qualificano il potere sanzionatorio limitandosi ad esaminare la disciplina ordinaria e regolamentare, senza considerare dati costituzionali di particolare rilevanza, valorizzati dalla più recente giurisprudenza europea e costituzionale.

Con la presente indagine si pone perciò l’attenzione sulla consistenza delle posizioni soggettive dei destinatari del potere sanzionatorio per definire, a partire da quelle, i caratteri dell’attività amministrativa. Quel che si intende dimostrare è che la natura di diritto soggettivo fondamentale delle stesse implica necessariamente il carattere non discrezionale e, più in generale, non riservato delle valutazioni di cui si compone l’attività sanzionatoria.

Sul piano del riparto della giurisdizione se ne ricava che l’attribuzione al giudice ordinario del contenzioso sanzionatorio di Consob e di Banca di Italia è coerente con i principi costituzionali. D’altra parte, qualora il legislatore devolvesse la giurisdizione al giudice amministrativo non si potrebbe non tener conto di tale configurazione per la definizione dei suoi poteri di accertamento e di decisione, al fine di assicurare contenuti della tutela coerenti con i caratteri sostanziali delle posizioni soggettive coinvolte.

Parole chiave: sanzioni amministrative – diritti fondamentali –  sindacato giurisdizionale – CEDU – Corte costituzionale – Consob e Banca di Italia.

Fundamental rights of the accused and judicial protection against Consob and Bank of Italy sanctions

The essay analyzes the sanctioning power and the issue of judicial review of administrative sanctions imposed by the Bank of Italy and Consob. Recently, some doctrine opinions argue that the sanctioning activity of the Authorities is discretionary and therefore it would be appropriate to devolve the related disputes to the exclusive jurisdiction of the administrative judge.

However, these doctrinal reconstructions appear limited because they qualify the sanctioning power by examining only the ordinary and regulatory discipline, without considering important constitutional provisions.

In this article attention is focused on the rights of those who receive the sanction, in order to define – starting from those – the characteristics of the administrative activity. The aim is to demonstrate that the fundamental value of the rights of the accused necessarily implies the non-discretionary and, more generally, non-reserved nature of the sanctioning power.

In terms of division of the jurisdiction, it follows that the attribution to the ordinary judge of the appeals against Consob and Bank of Italy sanctions is consistent with constitutional principles.

If the legislator were to devolve jurisdiction to the administrative judge, the configuration of his powers of assessment and decision should be appropriate to the characteristics of the administrative activity and rights involved.

Keywords: Administrative sanctions –  judicial review –  ECHR – Constitutional Court – Consob – Bank of Italy.

SOMMARIO:

1. Premessa: la priorità delle situazioni soggettive rispetto al pro­blema del riparto e dei limiti interni della giurisdizione - 2. La giurisdizione ordinaria in materia di sanzioni Consob e Banca d’Italia: l’evoluzione normativa e la posizione della giurisprudenza della Cassazione e della Corte costituzionale - 3. Le ricostruzioni della dottrina a favore della giurisdizione amministrativa: i margini di discrezionalità del potere sanzionatorio e la stretta connessione con l’attività di vigilanza - 4. Una diversa prospettiva: dalle norme sui diritti ai caratteri del potere - 4.1. Diritti fondamentali, potere amministrativo e tutela giurisdizionale - 5. Diritti fondamentali dell’incolpato e attività sanzionatoria: la rilevanza della giurisprudenza CEDU e costituzionale sulle sanzioni “punitive” - 6. Diritto alla predeterminazione e determinatezza della fattispecie di illecito e inesistenza di discrezionalità amministrativa nella determinazione della sanzione - 7. Segue. La necessaria lettura delle norme attributive del potere - 8. L’assenza di profili riservati nelle valutazioni (tecniche e “punitive”) con cui si svolge l’attività sanzionatoria - 9. Le conseguenze in termini di sindacato giurisdizionale. La ratio della giurisdizione “piena” e “sostitutiva” in materia di sanzioni - 10. Nota conclusiva: le implicazioni sul riparto della giurisdizione - NOTE


1. Premessa: la priorità delle situazioni soggettive rispetto al pro­blema del riparto e dei limiti interni della giurisdizione

La questione della tutela giurisdizionale nei confronti delle sanzioni di Consob e di Banca d’Italia è da tempo controversa. Da una parte, vi sono stati vari conflitti di giurisdizione che hanno visto affermarsi orientamenti difformi, sia nell’ambito della giurisdizione amministrativa che in quella ordinaria, e su cui si è pronunciata anche la Corte costituzionale [1]. D’altra parte, la dottrina sta mettendo in evidenza i limiti del sindacato esercitato dal giudice ordinario [2]. Il nodo di fondo è comune a ogni conflitto di giurisdizione: l’esistenza di diverse qualificazioni delle posizioni giuridiche e della natura dell’attività svolta dalle Autorità di vigilanza. Ci sono però due elementi che complicano il quadro. Il primo, di contesto, è legato al fatto che la giurisdizione ordinaria sulle sanzioni di Consob e di Banca d’Italia è rimasta isolata a fronte della progressiva devoluzione al giudice amministrativo del contenzioso sulle sanzioni irrogate dalle altre Autorità indipendenti nei settori economici. Ciò, secondo alcuni Autori, pone problemi di coerenza interna al ‘sistema’ delle Authorities. Il secondo, di carattere sostanziale, è la stretta inerenza dell’attività sanzionatoria alla funzione di vigilanza che, secondo certe ricostruzioni, implica l’attribuzione alla seconda di qualificazioni proprie della prima, con ricadute anche in punto di giurisdizione. In termini generali, il dibattito sul tema è tutto incentrato sulla definizione dei caratteri del potere sanzionatorio, mentre sembra assumere una rilevanza marginale la natura delle posizioni soggettive coinvolte [3]. L’interesse della dottrina che più di recente si è occupata del tema è, infatti, quello di dimostrare che in questo settore sarebbe opportuno prevedere una materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per questo – si osserva – è «meno urgente» stabilire se a fronte delle sanzioni l’individuo sia titolare di interessi legittimi o di diritti soggettivi [4]. Tale approccio non è pienamente condivisibile non foss’altro perché la distinzione non rileva soltanto ai fini del riparto della giurisdizione, ma anche per la definizione dei poteri decisori del giudice competente. Come noto, infatti, «la tutela [continua ..]


2. La giurisdizione ordinaria in materia di sanzioni Consob e Banca d’Italia: l’evoluzione normativa e la posizione della giurisprudenza della Cassazione e della Corte costituzionale

Il sindacato sulle sanzioni di Consob e di Banca d’Italia è – da tempo [7] – affidato al giudice ordinario e, precisamente, alla competenza funzionale della Corte d’appello [8], sul presupposto che si tratti di attività vincolata che incide su diritti soggettivi. La tesi risale ad un autorevole orientamento dottrinale elaborato in relazione alla normativa generale sulle sanzioni amministrative (legge 24 novembre 1981, n. 689) secondo cui l’attività sanzionatoria è esente da margini di discrezionalità amministrativa, in entrambe le componenti strutturali dell’an e del quantum della pretesa [9]. In questa prospettiva la Corte di Cassazione ha sempre sostenuto che «l’attività di applicazione delle sanzioni deve avvenire sulla base di criteri (art. 11 legge n. 689/1981) e secondo regole (artt. 13, 14, 18, 19 legge n. 689/1981) che escludono la possibilità di valutazioni discrezionali». D’altra parte, la determinazione del quantum è considerata espressione di un’attività assimilabile alla discrezionalità giudiziale [10] (anche detta punitiva [11]) perciò garantita dai principi di legalità, personalità e colpevolezza. Tale assetto fu messo in discussione in sede giurisprudenziale con l’entrata in vigore dell’art. 7 legge 21 luglio 2000, n. 205 che, riscrivendo l’art. 33 comma 1, d.lgs. 30 marzo 1998, n. 80 [12], aveva attribuito alla giurisdizione amministrativa esclusiva «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare». Parte della giurisprudenza affermò, infatti, che la disposizione aveva determinato un’abrogazione tacita dell’ipotesi di competenza funzionale della Corte d’appello prevista dal TUB, così da concentrare davanti al giudice amministrativo tutto il contenzioso relativo all’attività di vigilanza sul credito, ivi compreso il momento sanzionatorio [13]. La Corte di Cassazione, tuttavia, non avallò questa ricostruzione [14] e anche il legislatore in occasione della riforma del diritto societario e poi della legge sul risparmio [15], confermò la competenza della Corte d’appello che veniva quindi riconosciuta anche dal giudice [continua ..]


3. Le ricostruzioni della dottrina a favore della giurisdizione amministrativa: i margini di discrezionalità del potere sanzionatorio e la stretta connessione con l’attività di vigilanza

Di recente, parte della dottrina ha messo in discussione tale ricostruzione e ha avanzato vari argomenti a sostegno della opportunità di devolvere alla giurisdizione amministrativa il contenzioso sanzionatorio delle Autorità di vigilanza dei mercati finanziari. Sotto un primo profilo si fa valere un’esigenza di concentrazione e di effettività della tutela giurisdizionale [24]. Sotto un altro profilo si adducono argomenti di carattere sostanziale concernenti la natura dei rapporti giuridici coinvolti. Se la prima esigenza potrebbe essere condivisibile, il secondo ordine di argomenti presenta alcuni profili di criticità, i quali peraltro assumono particolare rilievo perché rischiano di condizionare la tutela accordata alle situazioni giuridiche coinvolte, tanto più se il legislatore decidesse di modificare l’assetto vigente [25]. È su questi profili dunque che interessa concentrare l’at­tenzione. Secondo l’impostazione in esame l’attività sanzionatoria è espressione di un potere discrezionale di natura tecnica e, sotto certi profili, anche politico-amministrativa. Più in particolare, alcuni Autori mettono in evidenza che «in molti casi, il fatto presupposto della misura sanzionatoria (cioè la violazione di una norma speciale o di un parametro generale come la “sana e prudente gestione”) richiede valutazioni complesse di tipo tecnico, rispetto alle quali anche il giudice ordinario mantiene generalmente un atteggiamento di deferenza» [26]. L’accer­tamento dei presupposti dell’illecito sarebbe dunque espressione di c.d. discrezionalità tecnica e dunque, in ultima analisi, di un potere amministrativo riservato. Altri Autori, invece, sostengono che l’attività sanzionatoria è caratterizzata anche da margini di discrezionalità politico-amministrativa. In particolare, si osserva che l’accertamento e la commisurazione della sanzione implicano di regola [27] la valutazione e la ponderazione di interessi pubblici e di interessi privati [28]. Inoltre, molte delle fattispecie previste dal TUF e dal TUB presuppongono il compimento di un apprezzamento condotto sulla base di concetti giuridici indeterminati, di natura largamente valoriale – quali quelli di sana e prudente gestione, buon andamento del mercato, gravità ed offensività [continua ..]


4. Una diversa prospettiva: dalle norme sui diritti ai caratteri del potere

Ad un attento esame nessuna delle ricostruzioni convince fino in fondo. La tesi che enfatizza la strumentalità dell’attività sanzionatoria rispetto all’attività di vigilanza finisce per attribuire alla prima i caratteri e le finalità proprie della seconda, facendo così prevalere la «logica amministrativa» sulla «logica sanzionatoria» [41]. Inoltre, l’argomento che insiste sul carattere autoritativo della sanzione, quale strumento per il perseguimento di «beni giuridici di interesse pubblico», prova troppo. Il fatto che la potestà punitiva sia conferita in funzione di tutela di un bene giuridico di rilevanza generale (la vita in caso di omicidio, la trasparenza e correttezza delle negoziazioni in caso di market abuse) non basta – di per sé – a dimostrare che il soggetto che esercita il potere debba bilanciare interessi. D’altra parte, l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, seppur condivisibile nel merito, non mette adeguatamente in rilievo che la tesi prospettata si fonda su specifiche basi di ordine costituzionale. In questo modo si espone alla critica di replicare strumentalmente [42] formule tradizionali che non prendono in considerazione i più recenti mutamenti della normativa di settore. Ma soprattutto entrambe le ricostruzioni risultano parziali perché pretendono di qualificare il rapporto limitandosi ad esaminare le disposizioni del TUF, del TUB e della normativa generale (legge n. 698/1981) che disciplinano il potere sanzionatorio di Consob e di Banca d’Italia, senza considerare la posizione del destinatario della sanzione, la cui tutela è stata fortemente rafforzata dalla più recente giurisprudenza europea e costituzionale. È infatti condivisibile l’approccio che per definire la consistenza della posizione giuridica coinvolta va a verificare se l’amministrazione esercita o meno un potere dotato di margini riservati [43]: concernenti ambiti di merito (in casi di discrezionalità politico-amministrativa [44]) ovvero di una riserva di valutazione (in caso di potere di valutazione tecnica [45] o comunque non discrezionale [46]). Tuttavia, va considerato che avere riguardo alle norme attributive del potere non è risolutivo, perché in uno Stato costituzionale di diritto, basato sul principio [continua ..]


4.1. Diritti fondamentali, potere amministrativo e tutela giurisdizionale

In questa prospettiva, la giurisprudenza che ha elaborato la c.d. teoria dei “diritti fondamentali” [48] ha reso evidente che assumono primaria rilevanza le norme di riconoscimento dei diritti della persona contenute in Costituzione e nelle Carte europee [49]. L’orientamento, seguito dalla giurisprudenza soprattutto ordinaria [50], infatti, prima ancora che per implicazioni in punto di riparto della giurisdizione [51] si caratterizza per un preciso approccio di ordine sostanziale (non smentito dal Giudice delle leggi [52]): quando l’amministrazione incide su diritti fondamentali si applica la norma costituzionale per definire il contenuto della pretesa individuale e – a partire da questa – si delimita l’ambito e la misura del potere riconoscibile all’amministrazione [53]. Ciò implica il ricorso alle tecniche dell’interpretazione conforme e dell’ap­plicazione diretta della Costituzione; con due implicazioni rilevanti. La prima è che l’applicazione della norma costituzionale, in quanto fonte di rango superiore, condiziona l’interpretazione delle fonti primarie che conferiscono e disciplinano il potere amministrativo e, in caso di conflitto, la qualificazione giuridica che da queste si faccia discendere è destinata a prevalere [54]. La seconda riguarda il concetto di «nucleo essenziale», alla cui individuazione ha contribuito anche la Corte costituzionale [55]. Si è dunque chiarito che «nella misura in cui sia coinvolto il nucleo essenziale, direttamente tutelato dalla Costituzione, l’azione dell’amministrazione (come ancor prima quello del legislatore ordinario) difetta ab origine di discrezionalità e l’attività esercitata si prospetta come vincolata. Ciò poiché all’amministrazione (come al legislatore) non può essere riconosciuto il potere di comprimerlo ed anzi questa è tenuta a fare quanto necessario, di volta in volta, per garantirne la tutela». Cosicché la pretesa soggettiva riconducibile al nucleo essenziale si configura sempre come una posizione di diritto soggettivo pieno, in quanto direttamente e pienamente tutelata (già) a livello costituzionale [56]. Quanto considerato non implica che l’amministrazione non possa incidere, limitare ovvero che debba sempre soddisfare tali situazioni [continua ..]


5. Diritti fondamentali dell’incolpato e attività sanzionatoria: la rilevanza della giurisprudenza CEDU e costituzionale sulle sanzioni “punitive”

Come noto, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, a partire dalla sentenza Engel and others v. the Netherland, riconosce la necessità di applicare le garanzie convenzionali della materia penale anche alle misure sanzionatorie amministrative che risultino equiparabili a delle vere e proprie pene per funzioni perseguite e grado di afflittività [60]. La conseguenza è che, ove si ravvisi la natura sostanzialmente penale secondo i criteri Engel (come avvenuto per talune delle sanzioni in materia bancaria e creditizia [61]) devono essere applicate le garanzie previste dagli art. 6 e 7 della CEDU. D’altra parte, più di recente e non senza alcune incertezze, la Corte costituzionale ha esteso al diritto amministrativo sanzionatorio alcune fondamentali garanzie della materia penale [62]; e facendo propria l’impostazione della Corte di Strasburgo, ha affermato che «tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto», quale principio desumibile dall’art. 25 della Costituzione [63]. L’aspetto particolarmente significativo degli ultimi sviluppi è la tendenza all’integrazione dei parametri costituzionali con quelli delle Carte europee. Le garanzie costituzionali e convenzionali concorrono, dunque, alla definizione dei limiti dei poteri pubblici, in linea con l’idea per cui «la missione essenziale dei diritti fondamentali è quella di fissare altrettanti limiti invalicabili all’azione dei poteri dello Stato (legislativo, amministrativo, giudiziario), in nome della tutela di un nucleo centrale di interessi della persona stessa, riconosciuti come non disponibili da parte della collettività» [64]. Ebbene, questa giurisprudenza contribuisce a rendere evidente che il potere punitivo – quale che ne sia il soggetto titolare – deve essere esercitato nel rispetto del ‘bagaglio’ di diritti fondamentali che la Costituzione e le Carte europee riconoscono all’individuo: il diritto a essere punito solo per fatti pre-determinati in modo sufficientemente certo [65] così da assicurare la prevedibilità della reazione sanzionatoria [66], il diritto di difendersi mediante un contraddittorio pieno e paritario [67], davanti ad un soggetto funzionalmente distinto da chi ha istruito [continua ..]


6. Diritto alla predeterminazione e determinatezza della fattispecie di illecito e inesistenza di discrezionalità amministrativa nella determinazione della sanzione

Come osservato, una parte della dottrina (§ 3) sostiene che il carattere discrezionale e autoritativo del potere di determinazione della sanzione sarebbe dimostrato da un dato di ordine sistematico – la strumentalità della funzione sanzionatoria rispetto a quella di vigilanza – alla luce del quale vengono (ri)letti i criteri normativi previsti dal diritto sanzionatorio generale (legge n. 689/1981) e speciale (le singole disposizioni del TUB e del TUF). Tuttavia, l’interpretazione del quadro normativo di riferimento alla luce della ricostruzione proposta porta conferme di segno contrario. Autorevole dottrina ha dimostrato che l’assenza di margini di discrezionalità amministrativa, in entrambe le componenti strutturali dell’an e del quantum della pretesa sanzionatoria, è esigenza che deriva dai principi costituzionali di imparzialità e di legalità (artt. 23 e 97 Cost. [76]) che oggi la Corte costituzionale riconduce all’art. 25 della Costituzione [77]. Ebbene, se si guarda alla garanzia posta dalle citate norme costituzionali dal punto di vista delle situazioni soggettive del destinatario dell’attività, emerge che la vincolatezza nell’an tutela il diritto a «trattamenti eguali a parità di (pre)condizioni (“chiunque trasgredisce deve essere punito”)» [78], escludendo risposte sanzionatorie differenziate fondate su valutazioni di opportunità. D’altra parte, la determinatezza e predeterminazione dell’illecito e la natura fattuale dei criteri di commisurazione della sanzione tutelano, invece, la pretesa ad essere puniti solo per fatti definiti in modo sufficientemente certo [79] e in via preventiva rispetto al momento della irrogazione della sanzione. Per tale ragione è la legge a dover svolgere il giudizio di prevalenza degli interessi, mentre l’attività di applicazione svolta dall’autorità amministrativa si esaurisce nell’accertamento del profilo oggettivo e soggettivo della violazione [80]; e in questo senso è qualificabile come vincolata. Va precisato, infatti, che con il termine “attività vincolata” non si intende “determinata in ogni suo aspetto dalla legge”, perché al contrario deve avere margini valutativi, altrimenti sarebbe violato il principio di proporzionalità della risposta [continua ..]


7. Segue. La necessaria lettura delle norme attributive del potere

Se questa ricostruzione è corretta, come pare, sono le medesime garanzie costituzionali a rendere necessario che le fattispecie sanzionatorie siano configurate dal legislatore, e interpretate da chi è tenuto ad applicarle (amministrazione e giudice), in modo tale da escludere profili di discrezionalità politico-amministrativa. Del resto, questa lettura è pienamente applicabile alle norme che prevedono i poteri di accertamento dei presupposti dell’illecito e di commisurazione della sanzione di Consob e di Banca di’Italia. Le fattispecie disciplinate dal TUF e dal TUB contengono concetti giuridici indeterminati, la cui integrazione presuppone l’applicazione di criteri di ordine tecnico (“sana e prudente gestione”, “abuso di informazioni privilegiate” etc.). Si tratta dunque di valutazioni complesse che quand’anche opinabili sono sostanzialmente diverse dagli apprezzamenti politico-discrezionali, perché non attengono a interessi, ma a fatti da valutare con l’applicazione di specifiche regole tecnico-scientifiche [88]. Com’è stato chiarito dalla dottrina, e confermato dalla più recente giurisprudenza [89], esse implicano un duplice passaggio: in primo luogo la «concretizzazione della norma» ovvero «l’interpretazione dei concetti giuridici indeterminati (…), mediante un’attività di (…), di specificazione della norma che tenga conto del caso concreto al quale deve applicarsi». In secondo luogo, la valutazione dei dati di fatto alla luce dei parametri tecnici ricavabili – in questo caso – dalle scienze economiche. In nessuna delle operazioni vengono però in rilievo apprezzamenti di interessi [90]. Allo stesso modo se si va a considerare i «criteri elastici» individuati dal­l’art. 11 legge n. 689/1981 e dalle disposizioni del TUF e del TUB – che secondo la dottrina dimostrerebbero la natura discrezionale del potere –, si rileva che essi individuano elementi di qualificazione delle condotte illecite, sotto il profilo oggettivo [91] e soggettivo [92], solo alcuni dei quali valutabili mediante l’ap­plica­zione di parametri tecnici [93]; dunque criteri concernenti profili di fatto [94]. Conclusioni non dissimili, infine, valgono anche rispetto alle deroghe al principio di obbligatorietà [continua ..]


8. L’assenza di profili riservati nelle valutazioni (tecniche e “punitive”) con cui si svolge l’attività sanzionatoria

Con quanto finora considerato si è cercato di dimostrare che i diritti fondamentali su cui incide la funzione sanzionatoria (in particolare i diritti alla imparzialità della risposta sanzionatoria e alla predeterminazione e determinatezza della fattispecie di illecito) impongono che l’attività che ne costituisce esercizio si esplichi mediante valutazioni tecniche complesse – per quanto riguarda l’accer­tamento dei presupposti – e in attività valutative di carattere “punitivo” – per quanto attiene alla determinazione e alla commisurazione della sanzione. Si potrebbe però obiettare che, seppur non discrezionali, si tratti comunque di attività di competenza esclusiva dell’amministrazione, perciò espressione di un potere in senso proprio a fronte del quale sono riconoscibili interessi legittimi e il sindacato del giudice trova il limite della c.d. riserva di valutazione. Tuttavia, come dimostrato in dottrina, non ogni potere di valutazione, ancorché avente ad oggetto fatti tecnicamente complessi, è riservato in quanto tale; occorre invece considerare se ciò sia ammissibile alla luce del quadro normativo nel suo complesso, comprensivo delle norme di riconoscimento delle posizioni soggettive su cui il potere incide [96]. Ecco dunque che anche sotto questo profilo, assume uno specifico rilievo l’indirizzo giurisprudenziale prima richiamato (§ 4.1.). Infatti – come ricordato – la “portata sostanziale” della teoria dei diritti fondamentali conduce a definire l’ambito e la misura del potere riconoscibile al­l’amministrazione a partire dalla norma costituzionale sul diritto. La conseguenza è che se un determinato diritto è protetto in modo “assoluto” dalla Costituzione (e/o dalle Carte europee), si deve concludere che rispetto ad esso non è possibile configurare poteri amministrativi riservati. Ovvero, più precisamente, che per la parte concernente il contenuto essenziale, nei limiti definiti in via interpretativa, la “riserva di persona” (posta dalla norma di riconoscimento del diritto) esclude che possa esservi una riserva di potere: non sarà configurabile merito né riserve di amministrazione in caso di attività valutative. Ebbene, come considerato (§ 5), nella materia in esame la recente giurisprudenza [continua ..]


9. Le conseguenze in termini di sindacato giurisdizionale. La ratio della giurisdizione “piena” e “sostitutiva” in materia di sanzioni

Tali conclusioni consentono di replicare anche gli argomenti usati dalla dottrina per sostenere che un potere sanzionatorio configurato come discrezionale e devoluto al controllo del giudice amministrativo garantirebbe maggiore effettività della tutela giurisdizionale [98]. Infatti, se – per le ragioni che si è cercato di dimostrare – le valutazioni di cui si compone l’attività sanzionatoria non sono riservate, il controllo giurisdizionale assume la massima intensità di volta in volta consentita dalle norme, di vario livello, che disciplinano la fattispecie; in ogni caso, un’intensità maggiore di quella raggiungibile attraverso il sindacato di eccesso di potere relativo ad un’attività discrezionale che incontra il limite del merito. D’altra parte, la ricostruzione del giudizio di opposizione come giudizio sul rapporto seguita dal giudice ordinario – depurata degli eccessi sostanzialistici più recenti [99] – non si pone in contrasto con le necessarie esigenze di tutela delle posizioni soggettive coinvolte. Pare corretta, infatti, l’impostazione di fondo secondo la quale il giudizio di opposizione ha ad oggetto l’accertamento dei fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria, ovvero – dal punto di vista dell’attore – del diritto a non essere sanzionato se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. La conseguenza è che il sindacato del giudice non si limita alla verifica della legittimità dell’atto-sanzione, ma si estende agli elementi costitutivi del rapporto, coinvolgendo i profili di fatto (concernenti l’esistenza dell’illecito, quale elemento costitutivo della pretesa creditoria della p.a.) e di diritto (relativi alla qualificazione giuridica di quei fatti) [100], seppur nel rispetto del principio dispositivo proprio del giudizio civile [101]. Sul punto va peraltro considerato che la Corte di Cassazione [102] ha di recente ridimensionato la portata della teoria – di origine CEDU [103] – della compensazione dei vizi procedimentali in sede processuale, così superando l’orientamento che affermava la sostanziale irrilevanza della violazione delle garanzie del cotraddittorio [104]. In questo senso si è sostenuto che «la consolidata configurazione del giudizio di opposizione alle sanzioni amministrative come giudizio [continua ..]


10. Nota conclusiva: le implicazioni sul riparto della giurisdizione

In definitiva, sulla base di quanto considerato, pare possibile sostenere che il carattere non discrezionale e, più in generale, non riservato del potere sanzionatorio è imposto dal sistema costituzionale in ragione della natura delle posizioni soggettive su cui incide. Sul piano della giurisdizione se ne ricava che l’attribuzione al giudice ordinario del contenzioso sanzionatorio di Consob e di Banca d’Italia è pienamente coerente con i principi costituzionali; fermo restando i limiti del sindacato effettivamente svolto, che anche la ricostruzione proposta potrebbe contribuire a superare. D’altra parte, qualora il legislatore devolvesse la giurisdizione al giudice amministrativo, non si potrebbe non tener conto di tale assetto per la definizione dei suoi poteri di accertamento e di decisione, al fine di assicurare contenuti della tutela coerenti con i caratteri sostanziali delle posizioni soggettive coinvolte. Com’è stato osservato, infatti, «se in una particolare materia esiste un diritto soggettivo (…) prima della introduzione della giurisdizione esclusiva (cioè in base alla disciplina sostanziale della materia), quel diritto non può cessare di essere tale solo perché la sua cognizione venga affidata al giudice amministrativo» [113].


NOTE