Il presente lavoro esamina la sentenza della Corte costituzionale che ha sancito il diritto del consumatore ad avere «sempre» diritto alla riduzione del costo totale del credito se restituisce in anticipo il finanziamento. L'articolo si sofferma sui passaggi della sentenza in cui la Corte costituzionale fa propria un'interpretazione molto rigorosa dei principi espressi dai Giudici di Lussemburgo nella celebre sentenza Lexitor del 2019, nonostante l’esistenza di potenziali letture alternative della fattispecie prospettate nel caso UniCredit Austria. Pur rilevando come, a fronte di un dato normativo nazionale obiettivamente criticabile, la Corte aveva poche alternative a disposizione, si solleva il dubbio se una possibile interlocuzione ulteriore tra Corti supreme avrebbe potuto anche aiutare la Corte di Giustizia a precisare meglio i contorni della propria giurisprudenza.
This paper assesses the Italian Constitutional Court’s ruling no.263/2022, according to which the consumer is “always” entitled to a reduction of the total cost of credit if he repays the loan early. The article focuses on the paragraphs in which the Court endorses a very strict interpretation of the principles set out by the Court of Justice of the European Union (CJEU) in the well-known Lexitor ruling of 2019 (C-383/18), despite some alternative readings were available in light of the recent UniCredit Austria judgement (C-555/21). Even if the Constitutional Court had few interpretative options, due to a questionably drafted piece of national legislation, it is worth reasoning whether a further dialogue between Supreme Courts could have helped the CJEU to better clarify its current case-law.
MASSIME
(1) Nel riformulare l’art. 125-sexies t.u.b., il legislatore del 2021 ha accolto quanto disposto dalla sentenza Lexitor della Corte di Giustizia (C-383/18), riconoscendo il rimborso proporzionale in caso di restituzione anticipata del finanziamento sia per costi c.d. recurring che per quelli c.d. upfront. Tuttavia, la novella dell’art. 125-sexies t.u.b., è costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che i contratti sottoscritti in data anteriore conversione del d.l. n. 73/2021 restino assoggettati alla disciplina previgente, che riconosceva il rimborso dei soli costi c.d. recurring. Tale disposizione, infatti, impedisce il rimborso in conformità alla sentenza Lexitor e, al contempo, preclude l’interpretazione del previgente art. 125-sexies t.u.b. in senso conforme all’indicazione della Corte di Giustizia.
(2) La limitazione temporale degli effetti della sentenza Lexitor non è conforme al diritto UE, tenuto conto i) della natura dichiarativa delle sentenze pregiudiziali, e conseguente suscettibilità di applicazione anche retroattiva, decorrente dalla data di applicazione della norma UE interpretata; ii) dell’esclusiva competenza della Corte di Giustizia a limitare gli effetti del tempo delle proprie sentenze, che in Lexitor non è stata esercitata.
(3) La tutela dell’affidamento degli intermediari e delle banche è recessiva rispetto alla protezione del consumatore, in quanto i primi risultano già tutelati dall’art. 16, par. 2 direttiva 2008/48/CE che consente loro di ricevere un indennizzo nel caso di estinzione anticipata del finanziamento (in senso conforme: Corte di giustizia, C-383/18, Lexitor).
(4) Il rimedio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto UE pare non adeguato alla fattispecie in esame, concernente l’applicazione orizzontale della direttiva nei rapporti tra finanziatore e consumatore.
ESTRATTO
(omissis)
CONSIDERATO IN DIRITTO
(omissis)
8. Nel merito, le questioni sono fondate nei termini di seguito precisati.
9. Preliminarmente, occorre ricostruire il quadro [continua..]
1. Introduzione - 2. Il ragionamento della Corte costituzionale in sintesi - 3. La prospettiva “privatistica” della sentenza Lexitor - 4. Il “secondo tempo” della riduzione e restituzione dei costi dei finanziamenti in caso di rimborsi anticipati: il caso UniCredit Austria - 5. «Lexitor o non Lexitor» [27]. Il dilemma della Corte di Giustizia è in realtà un problema di trasparenza dei costi? - 6. Tutela del consumatore v. indennizzo del creditore - 7. Limitazione temporale degli effetti di Lexitor, legittimo affidamento e certezza del diritto - 8. Considerazioni conclusive: peccato, forse, non aver giocato un “terzo tempo” - NOTE
«Quer pasticciaccio brutto» ... L’incipit del celebre romanzo di Carlo Emilio Gadda, parrebbe ben sintetizzare – come vedremo – la situazione che si è chiusa con la sentenza del 22 dicembre 2022, n. 263 [1], nella quale la Corte costituzionale ha messo un punto molto chiaro sulla delicata questione interpretativa riguardante il rimborso della quota parte dei costi pagati dal consumatore, funzionali alla stipula di un contratto di credito in caso di rimborso anticipato di quest’ultimo. La sentenza (relatrice Navarretta) è costruita sostanzialmente tutta sul caso Lexitor deciso nel 2019 dalla Corte di Giustizia [2], e sulla tesi secondo cui le misure adottate dal nostro legislatore successivamente a tale pronuncia [3] non lasciavano spazio a interpretazioni diverse rispetto a quella dell’incostituzionalità del “doppio regime giuridico” [4] introdotto da tale disposizione. Segnatamente, quest’ultima distingueva tra i contratti sottoscritti in data successiva al 24 luglio del 2021 (data di entrata in vigore del novellato art. 125-sexies t.u.b.), cui i principi Lexitor si sarebbero applicati, e quelli invece antecedenti, rispetto ai quali alle estinzioni anticipate relative ad essi avrebbe continuato ad applicarsi, in sostanza, il regime di non rimborsabilità dei cd. costi upfront. Nella prospettazione della Corte costituzionale, la deferenza alle statuizioni di Lexitor appare inevitabile: così, il discrimen temporale che il nostro legislatore aveva ipotizzato per applicare i principi sanciti da Lexitor, in (mal) tentato ossequio al legittimo affidamento degli enti creditizi o degli intermediari, non può superare il sindacato di costituzionalità. Detto questo, appare comunque opportuno comprendere se effettivamente gli spazi a disposizione dei Giudici della Consulta fossero stati solo quelli risultanti dalla sentenza qui in commento, o se si sarebbero potuti ipotizzare altri percorsi per definire la questione. In questa prospettiva, si terrà conto della diversa soluzione offerta dalla Corte di giustizia nel più recente caso UniCredit Austria [5] rispetto a una fattispecie molto simile al caso Lexitor, per la quale, peraltro, le conclusioni dell’Avvocato Generale, poi seguite sostanzialmente dalla Corte, erano state rese prima della pronuncia della Corte Costituzionale [6].
Condividendo il ragionamento che aveva portato il Tribunale di Torino a sollevare la questione incidentale di costituzionalità, la Corte costituzionale risolve i dubbi che, a livello dottrinale e giurisprudenziale (incluso l’ABF) nel nostro ordinamento si erano sollevati in argomento a valle della sentenza Lexitor [7]; segnatamente, la Corte sancisce che il diritto al rimborso dei costi del finanziamento va applicato in modo proporzionale su tutti gli oneri sostenuti dai consumatori, «anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021» [8] Per raggiungere tale obiettivo, la Corte sviluppa un ragionamento articolato, che ai nostri fini proviamo a sintetizzare secondo questa sequenza: innanzitutto, si dà atto della circostanza secondo cui, in origine, le disposizioni adottate dalla Banca d’Italia in attuazione alle norme del t.u.b., che a loro volta avevano recepito la direttiva 2008/48 [9], limitavano ai soli costi recurring il rimborso proporzionale in caso di restituzione anticipata del finanziamento [10]. In Lexitor, viceversa, la Corte di Giustizia ha stabilito espressamente che «il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore» [11]. Tale indicazione è stata recepita dal legislatore del 2021, che ha appunto riformulato la disposizione del TUB (art. 125-sexies) in senso coerente. Sennonché, nell’introdurre tale modifica, il legislatore avrebbe anche precisato che essa si applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di conversione del decreto sostegni-bis, mentre per quelli precedenti continuerebbe ad applicarsi la disciplina previgente dell’art. 125-sexies «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti» [12]. Secondo la Corte, il rinvio agli orientamenti della Banca d’Italia vigenti ratione temporis sostanzialmente impedisce, nonostante Lexitor, il rimborso della quota parte di “tutti i costi” fino alla novella del 2021, rendendo nel contempo anche impossibile un’interpretazione della previgente disposizione dell’art. 125-sexies del TUB in senso conforme all’indicazione della Corte di [continua ..]
Dovendo ragionare post factum, il compito dell’interprete finisce per essere più semplice, non essendo più di alcuna utilità andare a cercare nella… cassetta degli attrezzi per scovare suggerimenti de jure condendo al legislatore, né suggestioni (per quanto sommessamente presentate) da fornire al Giudice delle leggi [14]. Tanto meno quando si tratta di commentare, come nel caso di specie, una sentenza che è stata resa su una precedente sentenza, anch’essa pronunciata da un giudice le cui determinazioni sull’interpretazione di norme di diritto dell’Unione europea – salvi statisticamente infrequentissimi overruling – sono finali e vincolanti per gli Stati membri e tutte le loro articolazioni. Possiamo certamente dire che la Corte costituzionale ha dato una lettura assai rigorosa della fattispecie, e soprattutto molto adesiva a un’interpretazione della sentenza Lexitor orientata pro-consumatore. Tale sentenza, per vero, a sua volta era stata piuttosto lapidaria nell’escludere che si potessero distinguere i costi recurring da quelli upfront ai fini dell’interpretazione dell’art. 16 della direttiva 2008/48 [15]. Detto questo, è altrettanto vero che, in Lexitor, il tema del legittimo affidamento e della portata nel tempo della sentenza della Corte di Giustizia non era stato minimamente considerato, né dalla Corte, ma neppure nelle Conclusioni dell’Avvocato Generale Hogan [16]. Lexitor si limita infatti a rispondere, in modo “asettico” e molto concentrato sulla fattispecie dedotta dal giudice a quo polacco, a una questione ermeneutica concernente la citata disposizione contenuta nell’art. 16 della direttiva, alla quale la Corte fornisce la sua interpretazione; la risposta al quesito viene data a valle di una approfondita esegesi delle norme di cui trattasi, utilizzando diversi canoni di interpretazione: letterale, teleologico, sistematico, cui si aggiunge, quale ulteriore contributo di impegno della Corte, un’analisi molto ricca (e non frequente) delle versioni linguistiche della disciplina rilevante. Per contro, la sentenza pare meno attenta agli effetti “di sistema” della propria pronuncia, o se vogliamo, quelli che maggiormente attengono al diritto dell’economia. In altri termini, in Lexitor la Corte si interessa molto del rapporto privatistico in essere tra le parti [continua ..]
La portata di una pronuncia come Lexitor, che investe innumerevoli rapporti in corso, e ha potenziali effetti di grande momento su tutto il mondo dei finanziamenti ai consumatori, non poteva tuttavia non riemergere poco dopo dinanzi alla Corte di Giustizia; e così, in effetti, è stato. Come probabilmente è noto, la questione si è posta riguardo a una fattispecie sostanzialmente uguale a quella Lexitor, ma inserita in una disciplina diversa di diritto derivato. Si tratta dei contratti di credito ai consumatori relativi ai beni immobili residenziali, e cioè i mutui per l’acquisto di immobili privati, disciplinati dalla direttiva 2014/17/UE [22], il cui art. 25 reca una disciplina che, almeno apparentemente, sembra del tutto sovrapponibile all’art. 16 della direttiva 2008/48. In particolare, il § 1 della disposizione, rubricato «estinzione anticipata», stabilisce che «[g]li Stati membri assicurano che il consumatore abbia il diritto di adempiere in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano da un contratto di credito prima della scadenza di tale contratto. In tal caso, il consumatore ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito al consumatore, che riguarda gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto». Quindi, anche in questa direttiva si parla di “costo totale del credito”, e identicamente la “riduzione” prevista dalla disposizione di cui trattasi riguarda “interessi e costi dovuti”. A sua volta, la disciplina dei finanziamenti immobiliari è stata recepita a livello nazionale in norme diverse da quelle che hanno trasposto la direttiva 2008/48: e per quanto riguarda la disciplina nazionale da cui origina la sentenza UniCredit Austria, la normativa austriaca sui mutui immobiliari è chiarissima nell’escludere, per tali rapporti contrattuali, il rimborso dei costi upfront in caso di estinzione anticipata. Per l’effetto, la UniCredit Austria aveva recepito tale disposizione nazionale nelle proprie condizioni generali di contratto. Dunque, a fronte di un’identica questione insorta tra un’associazione di consumatori e la banca, che resisteva alla richiesta della prima di modificare le proprie condizioni generali in attuazione di Lexitor, la questione è tornata dinanzi alla Corte di Giustizia con un rinvio pregiudiziale azionato dalla Corte suprema austriaca ai [continua ..]
Ora, pur abituati, come giuristi, a esercitarci in complicati distinguo, l’idea che il regime dei rimborsi al consumatore dei costi sostenuti dal creditore in caso di anticipata estinzione del mutuo debba essere “così” diverso per i mutui immobiliari rispetto agli altri forse non parrebbe così sicura. In effetti, dalla lettura delle conclusioni dell’AG Campos Sánchez-Bordona nella causa UniCredit Austria si evidenzia la preoccupazione di quest’ultimo per un restatement della sentenza Lexitor, i cui esiti, evidentemente, non gli paiono del tutto soddisfacenti [28]. Vero che l’Avvocato generale si diffonde a lungo per sottolineare come, a suo avviso, ai mutui immobiliari non si debba applicare Lexitor, concernente le altre fattispecie di credito al consumo; ed è anche vero che l’Avvocato generale motiva questa sua posizione assumendo che nella direttiva 2004/17, a differenza della 2008/48, mancherebbero quei «fattori di equilibrio» tra consumatore e banca nelle ipotesi di rimborso anticipato, su cui torneremo, che invece hanno «indotto la Corte a pronunciarsi come ha fatto» in Lexitor [29]. Non sapremo mai se questa impostazione sia da ascriversi a una posizione di “lealtà istituzionale” alla Corte, o sia invece stata una scelta tattica, volta a evitare il rischio che una critica frontale a Lexitor avrebbe indotto la Corte a non seguire il suo avvocato generale. Nondimeno, la sensazione forte, e non solo di chi scrive, è in definitiva quella di una critica ai criteri interpretativi usati dalla Corte in tale sentenza [30]; anzi, secondo alcuni, la posizione dell’avvocato generale, cui la Corte ha poi aderito, configurerebbe una sorta di primo “temperamento” del principio di tutela globale ed effettiva del consumatore sancito a livello unionale [31]. Detto questo, quale che sia l’opinione del giurista sulle reali differenze esistenti tra le due fattispecie, parrebbe potersi individuare un angolo visuale comune alle due fattispecie. In particolare, alla base di entrambe le vicende vi è il classico “elefante nella stanza”, consistente nell’analisi della trasparenza dei costi del finanziamento che le banche o gli intermediari finanziari applicano ai consumatori: in Lexitor la Corte è chiara nel sottolineare la correttezza della posizione del giudice nazionale, il [continua ..]
Segnatamente, l’angolo visuale dal quale forse potrebbe convenire esaminare l’intera vicenda è quello del bilanciamento delle diverse posizioni nei singoli rapporti di finanziamento, all’interno di una prospettiva più ampia, quella cioè non limitata all’ottica privatistica, bensì relativa al settore del credito al consumo in generale. In altri termini, parrebbe potersi concludere che l’esame congiunto delle due sentenze Lexitor e UniCredit Austria renda meno plausibile che il nucleo della questione sia se il diritto UE – e nella specie, la direttiva 2008/48 – imponga o meno il rimborso totale dei costi; piuttosto, la complessiva lettura delle sentenze e relative conclusioni degli Avvocati generali sembrano far propendere nel senso che il baricentro del ragionamento sia un altro: più precisamente, quanto davvero sembrerebbe rilevare è la necessità di una verifica se, in concreto, rispetto all’ipotesi di rimborso anticipato di un finanziamento, vi sia adeguata trasparenza dei costi che la banca o l’intermediario hanno sostenuto al momento della stipula del contratto, in una situazione in cui, come scrive l’AG Campos Sànchez-Bordona, «così come quest’ultimo non deve essere penalizzato per avere saldato il suo debito anzitempo, ritengo che, per tutelarlo nel modo richiesto dalla direttiva 2014/17, non si debba neppure portare il diritto alla riduzione fino al punto di premiarlo per un cambiamento che egli impone alla controparte» [34]. A mio avviso, una tale prospettiva appare più equilibrata, sia nel rapporto “privatistico” intercorrente tra le parti contraenti, sia considerando appunto l’ottica più ampia del settore del credito al consumo. Sotto questo profilo, e del resto lo si era resto quasi unanimemente segnalato, la non rimborsabilità dei costi upfront era largamente praticata (e pensiamo lo sia tuttora in molti Stati membri), sulla scorta peraltro di precise indicazioni delle autorità di vigilanza [35]. Inoltre, non pare di per sé iniqua o contraria ai principi della protezione del consumatore una disciplina (legale, di secondo livello, o contrattuale poco importa), la quale non preveda la restituzione di quei costi indipendenti dalla durata del finanziamento che siano stati eventualmente sostenuti dal creditore. Quanto sopra anche in disparte da [continua ..]
Posto quel che precede, dobbiamo però tornare adesso alla lettura ex post della fattispecie decisa dalla Corte costituzionale, alla quale non è stato chiesto di reinterpretare il diritto dell’Unione. Piuttosto, la Corte doveva rispondere sulla costituzionalità – rispetto al parametro di necessaria conformità delle nostre leggi con le norme unionali – di una disposizione contenuta nel decreto sostegni-bis, la quale, in modo netto, distingueva il regime del rimborso dei costi a seconda che i contratti fossero stati stipulati prima o dopo l’entrata in vigore di tale disposizione. In questi termini, la questione era quindi se la Corte costituzionale potesse legittimare la limitazione nel tempo degli effetti di Lexitor stabilita dal legislatore. Come si scriveva in precedenza, la Corte non ha esitazioni nell’escludere una tale ipotesi. Si tratta però di comprendere se la Corte potesse percorrere altre strade a fronte del tenore della norma sottoposta al vaglio di costituzionalità. A mio avviso, la risposta è probabilmente negativa. Non può infatti dubitarsi che, negli stretti confini della questione di legittimità costituzionale sottopostale, la Corte non avrebbe mai potuto legittimare una norma nazionale il cui effetto è quello di limitare nel tempo gli effetti di una pronuncia interpretativa resa in sede pregiudiziale dalla Corte di Giustizia. Tanto più che, in modo più saggio rispetto al legislatore nazionale, nell’immediatezza di Lexitor la Banca d’Italia era intervenuta distinguendo chiaramente il regime del rimborso dei costi in caso di estinzione anticipata dei contratti stipulati dopo la sentenza citata, per i quali dovevano applicarsi le statuizioni della Corte di Giustizia, e di quelli ad essa antecedenti, rispetto ai quali si indicava come criterio principale quello del «prudente apprezzamento» dei creditori [41]. Sotto questo profilo, non si può non criticare l’intervento del legislatore di cui al decreto sostegni-bis. E il fatto che questa norma sia stata inserita – temiamo all’ultimo momento – in sede di conversione del d.l. n. 76/2021, conferma ancora una volta tutte le critiche (ahimè, più che giuste) della tecnica legislativa purtroppo mainstream che caratterizza in parte qua il funzionamento delle nostre istituzioni. In questa prospettiva, mi [continua ..]
Giunti al termine del nostro sommario excursus, pare chiara la sensazione che ben più di qualcosa in questa vicenda lasci a desiderare. Innanzitutto, una giurisprudenza della Corte di Giustizia che, se abbiamo letto persuasivamente la sequenza di Lexitor e UniCredit Austria, consente di ritenere che la prima sentenza avrebbe potuto essere meglio meditata. Inoltre, un legislatore nazionale che, non senza negligenza, ha frettolosamente imbastito un rimedio “ortopedico” all’art. 125-sexies del TUB. il quale, se non fosse stato colpito da declaratoria di incostituzionalità, avrebbe probabilmente aperto la strada a innumerevoli azioni di responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione. A conferma dei difetti della disposizione censurata dalla Corte, pare appena il caso di segnalare che invece, prima del decreto sostegni-bis, il concretizzarsi di una tale ipotesi pareva invece obiettivamente difficile, a ciò ostando la probabile insussistenza, nel testo pre-novella, di una violazione manifesta del diritto UE ai sensi della dottrina Brasserie du Pêcheur [45]. Ciò premesso, resta tuttavia la scansione temporale tra Lexitor, sostegni-bis, ordinanza del Tribunale di Torino e conclusioni nella causa UniCredit Austria. Se si può formulare una minima critica alla sentenza n. 263/2022, ci pare che forse questa scansione avrebbe potuto indurre la Corte costituzionale a compiere qualche sforzo in più prima di chiudere definitivamente la questione, come del resto si era anche provato autorevolmente a suggerire [46]. Perché se è vero che, come abbiamo osservato, di per sé il legislatore nazionale non avrebbe mai potuto legittimamente spostare avanti nel tempo gli effetti di Lexitor, tanto meno invocando il legittimo affidamento [47], magari la Corte costituzionale avrebbe potuto chiedere alla Corte di Giustizia se, nella fattispecie, e considerata anche una disciplina nazionale (legislativa e della Banca d’Italia) sostanzialmente attenta a valorizzare gli obblighi di trasparenza, un qualche temperamento rispetto a Lexitor non sarebbe stato possibile. Un tale compito, va ribadito, sarebbe stato nell’ordine dello straordinario, di fronte a una norma di legge nazionale che aveva preteso di spostare certezza del diritto o legittimo affidamento a un momento successivo di quasi due anni la pronuncia Lexitor. Insomma, il [continua ..]