Recentemente, la procedura di consultazione dell’Agcom, disciplinata dall’art 11 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003) è stata oggetto di esame da parte del giudice amministrativo in relazione a diversi aspetti di seguito esaminati.
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1. Estensione dei poteri regolatori dell'Agcom e obbligo di motivazione sulle osservazioni sollevate dagli operatori economici in sede di consultazione pubblica - 2.Oneri procedurali e riedizione del potere - 3. Oneri procedurali e motivazione rafforzata sulle osservazioni della Commissione Europea - 4. Oneri procedurali e ottemperanza - 5. Oneri procedurali e sindacato giurisdizionale - 6. Oneri procedurali ed estensione dei poteri sanzionatori - NOTE
Le questioni di maggiore interesse hanno riguardato, in particolare, il “Regolamento in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori”, adottato con Delibera n. 73/11/CONS. Tale regolamento individua le fattispecie di disservizio che impongono agli operatori del settore della comunicazione elettronica la corresponsione di un indennizzo automatico all’utente in sede di definizione stragiudiziale delle controversie deferite alla cognizione dell’Autorità, indicando i criteri per calcolarlo e definendolo altresì nel suo ammontare minimo. L’Agcom assolve, tra l’altro, un’importante funzione di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche [1] ed è in attuazione di tale funzione che è stato adottato il suddetto regolamento, avente lo specifico obiettivo di prevedere una congrua e adeguata diversificazione degli indennizzi a seconda della gravità dell’inadempimento contrattuale rilevato e di garantire uniformità di trattamento agli utenti che avessero subito il medesimo disservizio, indipendentemente dall’operatore coinvolto. Prima dell’adozione del regolamento, invero, l’individuazione e la quantificazione degli indennizzi erano rimesse ai singoli operatori, con la conseguenza che un medesimo disservizio poteva essere indennizzato in misura anche notevolmente differente a seconda dell’operatore interessato [2]. Con la delibera, invece, si fissava l’indennizzo minimo per disservizi quali l’omessa o tardiva attivazione del servizio, il malfunzionamento del servizio, attivazione di servizi o di profili tariffari non richiesti, mancata o tardiva risposta ai reclami e così via. Per quanto riguardava, invece, le ipotesi di disservizio non espressamente individuate dal regolamento, si introduceva la possibilità di applicare le misure di indennizzo giornaliero previste per i casi similari dal regolamento medesimo, precisando che, qualora non fosse stato possibile ricorrere alla suddetta applicazione analogica, l’indennizzo avrebbe potuto essere computato in misura giornaliera pari alla metà del canone mensile stabilito per il servizio oggetto del disservizio oppure, per i servizi gratuiti, secondo equità [3]. In relazione a determinate categorie di disservizio [4], in particolare, [continua ..]
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire ulteriori aspetti relativi agli oneri procedurali che devono essere rispettati dall’Agcom, in occasione dell’impugnazione della delibera, relativa al “Piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, in chiaro e a pagamento, modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori” (366/10/CONS). L’adozione di tale regolamento rappresenta l’assolvimento di un importante compito che nel 2010 il legislatore [9] ha attribuito all’Agcom: quello di regolare la posizione dei canali digitali terrestri sul telecomando. Si tratta dell’individuazione originaria di un numero corrispondente ad un canale all’interno dell’offerta complessiva dei programmi della televisione digitale terrestre e sul telecomando dell’utente, comunemente chiamata LCN (Logical Channel Numbering) [10]. Il nuovo numero, che viene assegnato a ciascun canale della televisione digitale terrestre automaticamente dal decoder, rappresenta chiaramente un fattore molto importante per le imprese operanti nel settore televisivo e ciò impone che la scelta venga effettuata con criteri non discriminatori [11]. In tal senso appare evidente la rilevanza che può assumere la garanzia della partecipazione degli operatori stessi alla formazione del piano, attraverso la procedura di consultazione pubblica. Ed è stato proprio un vizio inerente alla procedura di consultazione che ha condotto il Consiglio di Stato ad annullare la suddetta delibera nel 2012 [12], respingendo l’appello proposto dall’Agcom avverso le sfavorevoli sentenze del Tar, rilevando il mancato rispetto, nel procedimento svolto per l’adozione della stessa, del termine di trenta giorni per consentire ai soggetti interessati di muovere osservazioni: la procedura di consultazione, invero, ebbe una durata di 15 giorni [13]. In particolare, è stato rilevato che, trovando la previsione del termine di 30 giorni per la consultazione fonte in una norma di rango primario, la stessa non poteva essere derogata dall’Agcom nell’esercizio del suo potere regolatorio. Inoltre, veniva ritenuto infondato il motivo di appello in base al quale, ex art. 21 octies della legge n. 241/1990, la violazione procedimentale non avrebbe dovuto [continua ..]
Gli obblighi procedurali dell’Agcom in relazione alle procedure di consultazione pubblica sono emersi nell’interpretazione giurisprudenziale anche in relazione ad un’altra delibera dell’Agcom [20], relativa all’identificazione dei servizi di terminazione di chiamate vocali su singole reti mobili. Le tariffe di terminazione sono importi fissi che vengono corrisposti dall’operatore telefonico che gestisce il servizio di telefonia da cui parte una chiamata all’operatore che gestisce la linea su cui la chiamata viene ricevuta. Di tal guisa che il corrispettivo versato dall’utente al proprio operatore telefonico verrà in parte trattenuto dallo stesso per il transito sulla propria rete ed in parte versato ad altro operatore per il tratto di transito sulla rete di questi (per la c.d. terminazione della chiamata). Tale sistema comporta che, laddove si configurino delle asimmetrie tariffarie, gli operatori gravati di tariffe di terminazione più basse risulteranno agevolati rispetto ad altri operatori che invece debbano sostenere tariffe di terminazione più elevate. Emerge così il ruolo che tali tariffe possono assumere nella regolazione del mercato delle comunicazioni e, in particolare, il ruolo che le tariffe asimmetriche hanno assunto negli anni ’90 nel finanziamento delle nuove reti mobili. L’asimmetria tariffaria ha, invero, favorito l’accesso al mercato di nuove imprese ed osteggiato la formazione di monopoli. Tuttavia, oggi, che le reti mobili sono state completate ormai da lungo tempo, non necessitano più di particolari sussidi economici e il mercato mobile appare maturo e genera flussi di cassa stabili e consolidati, la Commissione Europea spinge per la simmetria nella tariffe, “delineandola come un naturale punto d’arrivo della liberalizzazione lanciata negli anni ’90, un obiettivo da raggiungere di per sé a prescindere dalla realtà del mercato” [21]. Con la raccomandazione n. 2009/396/CE la Commissione è, invero, molto chiara nell’individuare la necessità di una simmetria delle tariffe di terminazione, ammettendo delle situazioni asimmetriche solo per periodi transitori ovvero in casi eccezionali, purché adeguatamente giustificati. Al considerando n. 16, in particolare, si ammette che le Autorità nazionali di regolazione possano [continua ..]
Il difetto di adeguata istruttoria e motivazione viene, altresì, rilevato dal Consiglio di Stato [34] in una recente pronuncia, in cui si giunge all’annullamento di un’altra delibera, la 446/08/CONS, integrazione della delibera n. 628/07/CONS [35], concernente l’applicazione all’operatore H3G degli obblighi di cui all’art. 50 del Codice delle comunicazioni elettroniche. La contestazione mossa all’Agcom riguardava la circostanza di non aver atteso gli esiti di una nuova analisi di mercato prima di procedere ad una ulteriore riduzione della tariffa di terminazione. Tale sentenza rileva, inoltre, in quanto indica specificamente all’Autorità le modalità dell’ottemperanza. In particolare, il Consiglio di Stato ha, in primo luogo, autorizzato l’Autorità, in via interinale e “straordinaria”, al mantenimento degli effetti della delibera annullata [36] e, in secondo luogo, ha richiesto all’Agcom di dare esecuzione alla sentenza tramite due soluzioni alternative: “il ripristino della situazione anteriore” [37]; oppure “la rinnovazione del procedimento, ora per allora, emendato dei vizi riscontrati”. In sede di ottemperanza sorsero, tuttavia, dubbi interpretativi circa i limiti dell’esercizio della discrezionalità riconosciuta all’Agcom, e, pertanto, sfruttando la possibilità concessa dall’art. 112 comma 5, d.lgs. n. 104/2010, l’Autorità ha richiesto chiarimenti in ordine alle concrete modalità di ottemperanza. Il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso dell’Autorità ed adottando una sentenza di chiarimenti [38], ha specificato che il ripristino della situazione anteriore non poteva certo prescindere dall’esercizio del potere regolatorio da parte dell’Autorità, realizzandosi altrimenti, l’effetto ripristinatorio che invece la sentenza aveva voluto escludere. Così, l’eventuale ripristino della tariffa originariamente stabilita con la delibera n. 628/07/CONS, doveva essere subordinato all’eventuale reintroduzione della medesima all’esito di un nuovo procedimento istruttorio opportunamente depurato dei vizi, di motivazione e di istruttoria, che avevano determinato l’annullamento della delibera n. 446/08/CONS. Per ottemperare alle sentenze del [continua ..]
La giurisprudenza nazionale si è trovata di recente ad analizzare i poteri regolatori dell’Agcom ed il rispetto delle procedure di consultazione pubblica anche con riferimento alla delibera n. 731/09/CONS “Individuazione degli obblighi regolamentari cui sono soggette le imprese che detengono un significativo potere di mercato nei mercati dell’accesso alla rete fissa (mercati 1, 4 e 5 fra quelli individuati dalla raccomandazione n. 2007/789/CE)” nonché alla delibera n. 578/10/CONS, relativa al modello di costo per l’accesso. Con la delibera n. 731/09/CONS l’Autorità era chiamata ad imporre alle imprese che disponessero di significativo potere di mercato nel settore della telefonia una serie di obblighi, in particolare, di trasparenza, non discriminazione, separazione contabile, accesso e controllo dei prezzi e contabilità dei costi [40]. La regolamentazione imposta era principalmente destinata ad evitare che si perpetrassero comportamenti anticompetitivi, nei mercati dell’accesso per servizi di fonia e nel mercato dell’accesso a banda larga al dettaglio per servizi di trasmissione dati. In particolare, in virtù del controllo di infrastrutture di rete di accesso essenziali e difficili da duplicare da parte di determinati operatori [41], l’Autorità era chiamata ad introdurre regole che garantissero l’accesso a tali infrastrutture ad operatori concorrenti nei mercati a valle. In assenza di un obbligo di accesso alle infrastrutture essenziali (ed alle risorse correlate), infatti, gli operatori alternativi avrebbero dovuto sostenere livelli di investimento tali da scoraggiare il loro ingresso o la loro espansione sia nei mercati dell’accesso per servizi di fonia sia nel mercato dell’accesso per servizi di trasmissione dati. Venivano inoltre determinati i prezzi da corrispondere all’impresa dominante per la vendita dei servizi di accesso, sviluppando un modello economico dei costi degli stessi servizi. La delibera n. 578/10/CONS, in particolare, introduceva la definizione di un modello di costo dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete fissa. Il modello economico in concreto applicato dall’Agcom sul piano regolatorio, caratterizzato da un elevato grado di tecnicismo, è stato oggetto di contestazioni da parte di vari operatori del settore, che si sono tradotte [continua ..]
L’importanza delle consultazioni pubbliche emerge, da ultimo, in tutta la sua forza nella procedura di notice and comment indetta in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 (delibera n. 452/13/CONS). Tale delibera è finalizzata a fornire strumenti di rapido intervento nei confronti dei fenomeni massivi di violazioni del diritto d’autore online, prevedendo un potere di intervento dell’Autorità nei confronti di tali violazioni che si propone come alternativo, e non sostitutivo, rispetto a quello dell’autorità giudiziaria, essendo prevista l’archiviazione del procedimento amministrativo laddove una delle parti adisca l’autorità giudiziaria [51]. Molto incisivo è, in particolare, il potere sanzionatorio previsto, definito “Notice and take down”, di derivazione statunitense, che prevede la possibilità per l’Autorità di adottare un ordine di rimozione a seguito della segnalazione di una violazione del copyright, indirizzata dal titolare del diritto al gestore del sito o al fornitore del servizio media audiovisivo che, dopo aver contattato il soggetto che ha caricato il contenuto in oggetto, non lo abbia ancora rimosso in un termine breve dalla ricezione della richiesta [52]. La delibera è entrata in vigore il 31 marzo 2014 a seguito di tre diverse procedure di consultazione pubblica. Nella prima [53] è stato sottoposto alle osservazioni un documento nel quale si individuavano gli elementi essenziali dello schema di provvedimento relativo all’esercizio delle competenze dell’Agcom in materia di diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica [54]. La seconda consultazione [55] sottoponeva ad esame un vero e proprio schema di provvedimento in materia ed, infine, si ebbe una terza consultazione [56] relativa all’ultimo schema di provvedimento, integrato in base all’ultima consultazione effettuata [57]. Nel corso delle consultazioni emergeva come problematico il fondamento giuridico dei poteri sanzionatori dell’Agcom, come accennato, particolarmente incisivi. Il testo definitivo della delibera, nonostante le lunghe consultazioni che hanno condotto alla sua adozione, lascia ancora [continua ..]