Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

La regolazione comunitaria del credito tra European Banking Autority (EBA) e Banca Centrale Europea: prime osservazioni sul Single Supervisory Mechanism (di Andrea Pisaneschi)


“Il presente regolamento attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro, con pieno riguardo e dovere di diligenza riguardo all’unità e all’integrità del mercato interno, in base alla parità di trattamento degli enti creditizi al fine di impedire l’arbitraggio regolamentare.

[…] La portata dei compiti di vigilanza della BCE si limita alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi ai sensi del presente regolamento. Il presente regolamento non attribuisce alla BCE compiti di vigilanza di altro tipo, ad esempio compiti relativi alla vigilanza prudenziale delle controparti centrali. Nell’assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento e fatto salvo l’obiettivo di garantire la sicurezza e la solidità degli enti creditizi, la BCE tiene in debita considerazione le diverse tipologie, i modelli societari e le dimensioni degli enti creditizi.

Nessuna azione, proposta o politica della BCE discrimina, direttamente o indirettamente, uno Stato membro o un gruppo di Stati membri quale luogo di prestazione di servizi bancari o finanziari in qualsiasi valuta.

Il presente regolamento fa salve le competenze delle autorità competenti degli Stati membri partecipanti a assolvere i compiti di vigilanza non attribuiti dal presente regolamento alla BCE, e i relativi poteri.

Il presente regolamento fa altresì salve le competenze delle autorità competenti o delle autorità designate degli Stati membri partecipanti ad applicare strumenti macroprudenziali non previsti da pertinenti atti del diritto dell’Unione, e i relativi poteri”.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Gli obbiettivi della relazione 'de Larsière' - 3. Gli obbiettivi del regolamento (UE) n. 1093\2010 che istituisce l'Autorità Bancaria Europea - 4. Il bilancio in chiaroscuro dell'attività EBA - 5. I nuovi principi in materia di vigilanza europea nelle proposte di regolamento della Commissione del 12 settembre 2012 - 6. I poteri normativi della BCE sotto il freno degli Stati membri - 7. Le relazioni della BCE con il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali. La responsabilità democratica nella vigilanza bancaria? - NOTE


1. Premessa

La crisi finanziaria, iniziata nel 2008 ed ancora in corso, ha portato come conseguenza una accesa discussione sul sistema della regolazione dei mercati finanziari e degli intermediari creditizi, ed una immane quantità di nuove regole, con forza diversa, adottate dagli ormai numerosissimi organismi sovranazionali con competenze in materia, organismi e regole peraltro, ancora in fase di profonda ridefinizione [1]. Il tratto comune di questo percorso, alle volte un po’ accidentato, è dato tuttavia dal progressivo trasferimento delle funzioni di regolazione e vigilanza sugli intermediari creditizi, dal livello nazionale al livello europeo [2]. Questo progressivo trasferimento è avvenuto prima attraverso il regolamento (UE) n. 1093 del 2010 che ha istituito l’Autorità Bancaria Europea (EBA), poi con il regolamento che attribuisce alla Banca Centrale Europea compiti in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e con la collegata proposta di modifica del regolamento 1093/20/0 che “armonizza” con questo i poteri dell’EBA (regolamento (UE) n. 1024/2013; regolamento (UE) n. 1022/2013). Il combinato disposto di questi due atti normativi avrà come effetto un quasi completo trasferimento delle funzioni regolatorie sugli enti creditizi dal livello interno al livello delle istituzioni europee EBA e BCE. Tuttavia i punti dubbi non mancano. Indipendentemente dalla questione “storica” relativa alla opportunità di trasferire la vigilanza bancaria alla istituzione dotata dei poteri macroeconomici, sulla quale economisti e giuristi discutono da sempre, sembra si sia voluto “compensare” la perdita di sovranità degli Stati con un recupero del controllo, da parte del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, sulle nuove funzioni di vigilanza bancaria. Il regolamento inoltre, pur essendo stato oggetto di accordo in seno al Coreper, non è stato in un primo momento approvato dal Parlamento perché non sufficientemente esplicito proprio sul tema della responsabilità della Banca Centrale, definita come democratica. Il che fa pensare alla sussistenza di divergenze di opinioni tra i principi che regolano la indipendenza della Banca centrale e le “aspettative” della politica. Esso è stato poi approvato a seguito di una negoziazione tra Parlamento e Banca Centrale finalizzato a garantire, attraverso un accordo [continua ..]


2. Gli obbiettivi della relazione 'de Larsière'

Non v’è dubbio che quando mercati largamente regolati, come il mercato finanziario e creditizio, falliscono in maniera così eclatante come dal 2008 ad oggi, i colpevoli non sono solamente gli attori del mercato, ma anche le regole e i regolatori [4]. Se tuttavia incolpare attori, regole e regolatori è abbastanza facile (anche perché le accuse sono spesso piuttosto semplici e generiche), è invece complicato stabilire regole nuove e istituire nuovi regolatori. Gli attori del mercato finanziario e creditizio nel mondo hanno infatti caratteristiche tra loro profondamente diverse (basti pensare alle banche commerciali e quelle di investimento, nell’ambito delle banche commerciali quelle esclusivamente o principalmente retail rispetto a quelle corporate, ecc.). Inoltre tra gli attori dell’industria gli intermediari creditizi sono probabilmente i soggetti maggiormente prociclici e quindi difficilmente regolabili, perché legati a filo doppio al ciclo economico. Essi tendono ad inondare il mercato di liquidità quanto l’economia è in crescita e a restringere radicalmente tale liquidità nei periodi di recessione. Del resto già Guido Carli, in una famosa lezione a Basilea nel 1976 (la normativa di riferimento era allora la legge bancaria del 1936) un pò scherzosamente affermava che la ragione principale della diffusa antipatia verso le banche, stava nel fatto che esse si erano appropriate della sovranità monetaria, allargando eccessivamente il credito in periodi espansivi per poi restringerlo, del pari eccessivamente, in periodi recessivi. [5] Se non ci era riuscita la legge bancaria del 1936 a contenere questa tendenza, che aveva una impostazione dirigistica, basata sulla segmentazione del mercato, non sarà facile che vi si possa riuscire oggi, con un livello di globalizzazione finanziaria infinitamente più articolato di allora e con banche tendenzialmente universali. Detto questo non v’è dubbio che i modelli di vigilanza nazionali non sono riusciti a stare al passo con la globalizzazione finanziaria e, per quello che riguarda l’Europa, la crisi ha evidenziato gravi lacune in materia di cooperazione, coordinamento, e applicazione uniforme del diritto dell’Unione. Per questa ragione il Parlamento europeo aveva esortato più volte ad adottare un sistema europeo di vigilanza [continua ..]


3. Gli obbiettivi del regolamento (UE) n. 1093\2010 che istituisce l'Autorità Bancaria Europea

Cercando di attuare questi principi nel 2010 fu approvato il regolamento istitutivo della Autorità Bancaria Europea (EBA) [7]. Questo regolamento non aveva allora la funzione di trasferire la vigilanza prudenziale dal livello nazionale al livello europeo, ma, assai più limitatamente, solamente o principalmente di armonizzare a livello europeo la normativa prudenziale sugli intermediari creditizi. Muovendo da queste basi il regolamento istitutivo dell’EBA si prefiggeva quattro obbiettivi prioritari: a) l’introduzione di norme tecniche di regolamentazione in materia di servizi finanziari allo scopo di dotare l’Unione europea di un corpo unico di norme applicabili in egual maniera dalle autorità di vigilanza nazionali. Le norme tecniche di regolamentazione sono definite come «di carattere tecnico, non implicano decisioni strategiche o scelte politiche e il loro contenuto è limitato dagli atti legislativi su cui si basano». Per usare categorie interne di diritto pubblico tali norme sembrano assai simili ai regolamenti governativi integrativi di cui all’art. 17 della legge n. 400/1988, il cui potere innovativo è più ampio rispetto alla mera esecuzione della norma. b) L’ introduzione di norme tecniche di attuazione. Esse sono invece definite come norme di carattere tecnico che non implicano decisioni strategiche o scelte politiche e lo scopo del loro contenuto è quello di determinare le condizioni di applicabilità degli atti legislativi. Ancora una volta, usando categorie interne, esse sembrano assimilabili ai regolamenti di esecuzione, la cui discrezionalità è invece limitata. c) Nei settori non coperti da norme tecniche di regolamentazione e di attuazione attribuire alla autorità il potere di formulare orientamenti e raccomandazioni sull’applicazione del diritto dell’unione. d) Istituire un meccanismo che permetta all’autorità di trattare i casi di mancata o errata applicazione del diritto dell’unione. e) Attribuire all’autorità il potere di imporre alle autorità nazionali di vigilanza l’adozione di misure specifiche per rimediare ad una situazione di emergenza. Queste finalità sembrano a prima vista configurare l’autorità come un ente di regolazione normativa, deputata principalmente all’introduzione di regole prudenziali [continua ..]


4. Il bilancio in chiaroscuro dell'attività EBA

In una valutazione di sintesi può dirsi che il modello seguito per la istituzione dell’EBA non pare essere quella dell’autorità di regolazione indipendente. In primo luogo il potere di normazione che normalmente costituisce l’essenza della regolazione, non è attribuito all’autorità ma bensì alla Commissione, rispetto alla quale l’autorità svolge una funzione sostanzialmente di consulenza tecnica. In secondo luogo la vigilanza è svolta dalle autorità nazionali, rispetto alle quali l’autorità non si pone in posizione sovraordinata. Solo nella situazione di emergenza l’autorità ha un potere diretto nei confronti dell’intermediario, che tuttavia si configura come una sorta di potere sostitutivo nella ipotesi in cui l’autorità nazionale a sua volta non adempia. In terzo luogo l’autorità non è dotata di un proprio potere sanzionatorio, che invece caratterizza le autorità di regolazione. Questo modello appare del resto conforme con gli esiti finali della relazione “de Larsière”, che accentuava la necessità di un adeguamento della regolamentazione e delle pratiche regolamentari e contabili, unitamente ad un adeguamento comune delle procedure di vigilanza, principalmente allo scopo di rendere uniformi le regole e le prassi di vigilanza a livello europeo. Ciò doveva essere propedeutico alla revisione del modello entro tre anni, cosa che avrebbe dovuto portare ad un successivo rafforzamento dei poteri di vigilanza in un quadro normativo ormai comune. L’attività dell’autorità in questi anni, probabilmente condizionata dall’emergenza, non si è invece concentrata sul rendere uniforme norme e prassi di vigilanza. In effetti l’EBA, dotata di molti poteri di coordinamento e di armonizzazione e di pochi di intervento diretto, ha deciso di utilizzare con forza quei pochi, ed in particolare l’art. 23 che le consente di avviare gli stress test nei confronti delle banche europee, formulando poi raccomandazioni alle autorità nazionali per risolvere i problemi rilevati. Su questa base, come noto, sono stati determinate le carenze di capitale delle banche europee basandosi sulla valutazione, mark to market, dei titoli di Stato detenuti in portafoglio. È ben noto che questa decisione ha creato qualche [continua ..]


5. I nuovi principi in materia di vigilanza europea nelle proposte di regolamento della Commissione del 12 settembre 2012

Con le due proposte di regolamento, sulle quali il Coreper aveva trovato l’accordo definitivo il 18 di aprile del 2013, è stato fatto un ulteriore rilevante passo in avanti verso un sistema unico di vigilanza [12]. La prima proposta introduce un meccanismo di vigilanza unico in capo alla BCE, per permettere che la normativa sui servizi finanziari sia applicata in egual modo agli enti creditizi degli Stati membri e che gli enti creditizi “siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale” (considerando n. 10). La seconda proposta di regolamento interviene invece sul regolamento n. 1093\2010 istitutivo dell’EBA, allo scopo di rafforzarne la missione di armonizzare a livello europeo la normativa prudenziale in tema di enti creditizi attraverso un unico corpus di norme sui servizi finanziari. L’attribuzione dei compiti di vigilanza alla BCE avverrebbe proprio in quanto «banca centrale della zona euro dotata di ampie competenza in materia economica e di stabilità finanziari»e poiché «in molti Stati membri la competenza della vigilanza bancaria è già appannaggio della banca centrale» (considerando n. 11). Come si diceva nella premessa, in questa sede non si tratterà della questione, ampiamente dibattuta sia dai giuristi che dagli economisti, circa l’opportunità della attribuzione alle banche centrali delle competenze in materia di vigilanza bancaria, degli ipotetici conflitti, e delle possibili interconnessioni tra vigilanza prudenziale e politiche macroeconomiche. Certamente la relazione “de Larsière” non prefigurava questo modello e d’altronde l’EBA non è apparsa avere quella legittimazione, struttura organizzativa e autorità, per mettere d’accordo tutti gli Stati membri su di una così rilevante cessione di sovranità. Più limitatamente ci soffermeremo su di una rapida descrizione del modello, con attenzione principalmente ai nuovi poteri normativi attribuiti alla BCE in quanto autorità di vigilanza, e al circuito della responsabilità prefigurato nel nuovo testo regolamentare. In estrema sintesi può dirsi che la BCE è titolare di poteri di vigilanza nei confronti di tutti gli enti creditizi salvo che nei confronti degli enti meno significativi [13]. Nei [continua ..]


6. I poteri normativi della BCE sotto il freno degli Stati membri

Nell’esercizio dei poteri di vigilanza la BCE applica, in primo luogo, la normativa comunitaria. Tuttavia se la normativa è composta da direttive o da regolamenti che lasciano opzioni agli Stati membri, la BCE deve applicare anche la legislazione degli Stati membri. Si tratta di un caso, probabilmente unico, in cui un organismo sovranazionale comunitario non è tenuto ad applicare solo il diritto comunitario ma anche il diritto dei singoli Stati membri. Questo deriva evidentemente dai compiti di vigilanza attribuiti alla BCE sugli enti creditizi. Questi ultimi infatti non debbono rispettare solo la normativa comunitaria ma anche quella nazionale attuativa, cosicché sarebbe monca una vigilanza che si attenesse solamente alla normativa comunitaria senza considerare anche quella applicativa. Se questo è logico in astratto, il vero problema tuttavia è determinare a quale livello deve fermarsi l’applicazione del diritto nazionale da parte della BCE. È ben noto infatti che in tema di vigilanza prudenziale, oltre a fonti primarie che recepiscono la normativa comunitaria, vi sono fonti di vario tipo di provenienza delle autorità di regolazione nazionali (dai regolamenti alle istruzioni di vigilanza) che regolano la vigilanza prudenziale nei diversi Stati membri. In via prospettica il modello vorrebbe che queste fonti fossero progressivamente sostituite dalle norme tecniche di regolazione e di attuazione emanate dall’EBA, ma sin tanto che ciò non avviene è abbastanza logico che la BCE debba attenersi anche alla normativa prodotta dalle varie autorità di regolazione. Il potere regolamentare proprio della BCE è invece tendenzialmente limitato, e può essere esercitato solo nella misura in cui ciò sia necessario per organizzare o precisare le modalità di assolvimento dei propri compiti. A questo principio fa eccezione il potere della BCE di impartire alle autorità nazionali competenti, regolamenti, orientamenti o istruzioni generali nel caso degli enti non sottoposti alla sua vigilanza (gli enti creditizi meno rilevanti). A prescindere da questo caso particolare la BCE non è dotata di un proprio potere normativo poiché questo spetta all’EBA (o meglio alla Commissione con l’intervento tecnico dell’EBA). Questo meccanismo regolatorio, che in apparenza avrebbe una sua coerenza (l’EBA produce le norme mentre [continua ..]


7. Le relazioni della BCE con il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali. La responsabilità democratica nella vigilanza bancaria?

Una ulteriore spia della «paura» degli Stati di perdere il controllo sulla vigilanza prudenziale delle banche è la parte del regolamento che tratta della «responsabilità e relazioni» (art. 20) della BCE nell’esercizio della vigilanza prudenziale. Così come gli Stati non sono estranei alla produzione delle norme, altrettanto non vorrebbero rimanere estranei nel momento della applicazione di queste norme da parte della Banca centrale europea. Il problema di coniugare indipendenza con responsabilità (politica non giuridica) ricorda però la quadratura del cerchio ed è un tema antico. Tanto è vero che chi non crede che le autorità possano essere realmente indipendenti è portato a pensare, con Carl Schmitt, che ogni decisione è politica e il trasferimento di decisioni ai tecnici conduce “non ad una neutrale oggettivizzazione, ma invece alla politicizzazione partitica di entità finora neutrali”. [15] Mentre chi crede nella possibilità di autorità tecniche indipendenti vorrebbe accentuare tutti meccanismi di deresponsabilizzazione – politica – di queste. Nel caso di specie la proposta di regolamento riafferma da una parte in modo forte la indipendenza della BCE, dei membri del consiglio di vigilanza e del comitato direttivo, che operano «senza chiedere né ricevere istruzioni da parte di istituzioni od organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri o da altri soggetti pubblici e privati», stabilendo anche che «le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, i governi degli Stati membri e qualsiasi altro organo rispettano detta indipendenza» (art. 19), mentre la norma successiva prevede invece che «la BCE risponde al Parlamento europeo e al Consiglio dell’attuazione del presente regolamento in conformità al presente capo». Se tuttavia la BCE risponde al Parlamento e al Consiglio – cioè ad organi politici – rischia di diventare difficile mantenerne la indipendenza e l’autonomia. I successivi artt. 20 e 21 cercano in effetti un equilibrio, fortemente instabile, tra indipendenza e responsabilità, per consentire alle istituzioni politiche di controllare in qualche modo le scelte generali di vigilanza. La prima norma è per la verità tradizionale e tipica delle autorità [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2014