Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il trasporto locale non di linea fra tradizione e innovazione tecnologica. Anche la Corte Costituzionale si pronuncia (di Luca Belviso)


Corte Cost., 15 dicembre 2016, n. 265 – Pres. P. Grossi – Red. M. Cartabia – Regione Piemonte (avv. Rava) c. Presidente del Consiglio dei ministri (Avv. Generale dello Stato).

Giustizia costituzionale – Regolazione – Trasporto pubblico locale non di linea di persone – Taxi – Noleggio con conducente – Trasporto privato non di linea – Uber – Uberpop – Uberblack – Sharing economy – Car pooling – Ride sharing – Car sharing – Art. 117 Cost. – Riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni – Tutela della concorrenza – Trasporto locale.

È costituzionalmente illegittimo l’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e), Cost. In particolare, la disposizione impugnata definisce il novero dei soggetti abilitati a operare nel settore dei trasporti di persone, riservandolo in via esclusiva alle categorie abilitate a prestare i servizi di taxi e di noleggio con conducente. Definire quali soggetti siano abilitati a offrire talune tipologie di servizi è decisivo ai fini della configurazione di un determinato settore di attività economica: si tratta di una scelta che impone un limite alla libertà di iniziativa economica individuale ed incide sulla competizione tra operatori economici nel relativo mercato. Sicché, tale profilo rientra a pieno titolo nell’ampia nozione di concorrenza di cui al comma 2, lett. e), dell’art. 117 Cost., come tale rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Rispetto all’assetto delineato dalla legislazione statale in vigore, che risale nei suoi tratti essenziali al 1992, l’evoluzione tecnologica, e i cambiamenti economici e sociali conseguenti, suscitano questioni variamente discusse non solo nelle sedi giudiziarie, ma anche presso le autorità indipendenti e le istituzioni politiche, in seno all’Unione Europea, in molti degli Stati che ne fanno parte, nonché in numerosi altri ordinamenti in tutto il mondo. Nel contesto di un dibattito così animato, è comprensibile che si levi la domanda di un inquadramento giuridico univoco e aggiornato. È dunque auspicabile che il legislatore competente si faccia carico tempestivamente di queste nuove esigenze di regolamentazione.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 7-9 settembre 2015, depositato il 10 settembre 2015 e iscritto al n. 83 del registro ricorsi per l’anno 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)».

1.1.– L’impugnato art. 1 inserisce l’art. 1-bis nella citata legge reg. Piemonte n. 24 del 1995.

Quest’ultima, all’art.1, così recita: «1. La presente legge disciplina le competenze della Regione nel settore del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea su strada ai sensi della legge 15 gennaio 1992, n. 21. 2. Si intendono come tali i servizi che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare ed integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta. 3. Costituiscono servizi pubblici non di linea su strada: a) il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta e veicoli a trazione animale; b) il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta e veicoli a trazione animale».

Di seguito, l’art. 1-bis, inserito dalla disposizione censurata e rubricato «Esclusività del servizio di trasporto», dispone quanto segue: «1. Il servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità effettuata, di un autoveicolo con l’attribuzione di corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente dai soggetti che svolgono il servizio di cui all’articolo 1, comma 3, lettere a) e b). 2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 comporta l’applicazione delle sanzioni previste all’articolo 6, comma 2-bis». Il citato art. 6, comma 2-bis, introdotto dall’art. 2 della legge regionale n. 14 del 2015, fa riferimento alle sanzioni di cui agli artt. 85 e 86 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).

Ad avviso del ricorrente, la finalità della modifica normativa è riservare in via esclusiva l’attività di trasporto non di linea di persone ai servizi taxi e noleggio con conducente (NCC), mentre, prima della modifica, l’elencazione di cui all’art. 1 della legge regionale n. 24 del 1995 poteva essere interpretata come non tassativa.

1.2.– La difesa dello Stato sostiene che il censurato art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015 contrasterebbe, sul piano sostanziale, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, «nella parte in cui assoggetta la legislazione anche regionale al rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario e al principio di concorrenza». «Sul piano formale prima ancora» sarebbe altresì violato l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella parte in cui riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «tutela della concorrenza».

1.2.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata, «pur in linea con quanto già stabilito dalla legge n. 21/1992 [legge 15 gennaio 1992, n. 21] “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”, eccede dalle competenze regionali».

La legge quadro statale da ultimo richiamata, «risalendo al 1992, appare inadeguata rispetto alle nuove possibilità di mobilità offerte dalle innovazioni tecnologiche e ulteriormente possibili in futuro»: segnatamente, i trasporti con tricicli elettroassistiti, diffusi nei centri storici; il car sharing («servizio che utilizza tecnologie satellitari e smartphone per effettuare la chiamata che rende disponibile il veicolo e per calcolare il corrispettivo dovuto»); il «c.d. servizio Uber» («servizio di trasporto attivo dal 2013 in Italia, a Roma e a Milano, che consente di prenotare un servizio alternativo al taxi, riservando l’automobile con autista tramite un sms o un applet, attivata da uno smartphone e con le stesse modalità di pattuire preventivamente il corrispettivo»).

La censurata normativa piemontese vieterebbe l’offerta di questi servizi innovativi sul territorio regionale, senza che neppure «sia possibile da parte dello Stato, della regione o degli enti locali una qualsiasi forma di disciplina» degli stessi servizi e di eventuali loro requisiti. Così facendo, la legge eccederebbe dalla competenza regionale in materia di «trasporto locale», la quale riguarderebbe le modalità amministrative e tecniche dell’offerta dei servizi di trasporto, per invadere la competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza»: sarebbe posta una barriera all’ingresso delle descritte offerte innovative nel «mercato dei servizi locali di trasporto non di linea su strada», incidendosi così sullo sviluppo attuale e futuro di tale mercato e, dunque, sulla concorrenza nell’ambito dello stesso. Da ciò deriverebbe la denunciata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

1.2.2.– Inoltre, «sul piano sostanziale», l’ostacolo, che la normativa in questione porrebbe allo sviluppo del mercato dei trasporti, appare, al ricorrente, «ingiustificato e sproporzionato rispetto ad ogni possibile declinazione degli interessi pubblici sottesi alla disciplina del trasporto in questione»: esso si tradurrebbe in un divieto radicale e, quindi, nella rinuncia a conoscere e regolare le possibilità consentite dall’evoluzione economica e tecnologica, «solo perché si tratta di forme non inquadrabili nelle modalità tipiche del servizio di taxi o di NCC». Pertanto, quand’anche riconducibile alla competenza legislativa regionale, la norma in questione sarebbe, per il suo contenuto, incompatibile con il «principio di concorrenza», il quale, secondo la difesa statale, consente condizionamenti del mercato solo se strettamente necessari e concretamente idonei al perseguimento di uno scopo, «che peraltro la restrittiva innovazione normativa in esame neppure chiarisce in che cosa consista».

2.– Con atto depositato il 19 ottobre 2015, si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente in carica, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

2.1.– La Regione eccepisce anzitutto che il ricorso è generico nel motivare le ragioni di illegittimità costituzionale, specialmente per l’omissione di ogni considerazione sul complessivo quadro normativo di riferimento: la disposizione impugnata sarebbe analoga a quanto già previsto dalla legge n. 21 del 1992, nonché da leggi di altre Regioni, che il Governo ha deciso di non impugnare. A tale ultimo proposito, si fa riferimento alla legge della Regione Liguria 31 marzo 2015, n. 9, recante «Modifiche alla legge regionale 19 dicembre 2014, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria (Legge finanziaria 2015)) e alla legge regionale 4 luglio 2007, n. 25 (Testo unico in materia di trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea)».

In particolare, ad avviso della resistente, in virtù della legge n. 21 del 1992, nonché delle pertinenti disposizioni del nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, segnatamente artt. 82 e 86), l’attività di trasporto di persone mediante autoservizi non di linea può essere svolta solo da soggetti in possesso di determinati requisiti, titolari di licenza taxi o di autorizzazione di NCC, in mancanza delle quali chi svolga tale servizio pone in essere una condotta vietata dalla normativa statale, prima ancora che da quella regionale e comunale. Questa normativa è intesa a tutelare interessi pubblicistici quali non solo la mobilità e la libera circolazione delle persone, ma anche la tutela della loro salute e della sicurezza, in modo da garantire un servizio sicuro, anche in periodo e orari in cui la domanda è meno intensa. Ciò giustifica la previsione di un «regime amministrato» ed è conforme a quanto previsto dall’art. 41 Cost.

2.2.– Inoltre, prosegue la resistente, il settore […] è espressamente escluso dal campo di applicazione di diversi interventi normativi di liberalizzazione, nazionali ed europei.

(omissis)

2.3.– In questo quadro si inserisce, ad avviso della resistente, la norma censurata, la quale «non introduce alcuna barriera all’ingresso, considerato che essa si limita a riprodurre una disposizione già insita nella disciplina vigente del settore del trasporto pubblico locale non di linea». La legge n. 21 del 1992 era stata già attuata dalla legge reg. Piemonte n. 24 del 1995, la quale detta disposizioni di dettaglio orientate a garantire le esigenze sociali di mobilità e la sicurezza dei passeggeri, attraverso il controllo di requisiti personali dei conducenti e garanzie di efficienza degli autoveicoli. La disposizione impugnata, precisando che solo gli esercenti del servizio taxi o NCC possono svolgere attività di trasporto pubblico non di linea, si limita a chiarire e ribadire quanto già previsto dalla legge statale, la quale, nell’interesse pubblico alla garanzia della sicurezza e dell’integrità degli utenti, impone che il servizio di trasporto possa essere effettuato solo da soggetti titolari di apposite licenze o autorizzazioni e in possesso di specifici requisiti.

2.4.– La disposizione censurata è parsa opportuna, prosegue la resistente, «in un momento in cui il fenomeno dell’abusivismo era cresciuto in maniera esponenziale». Infatti, le società olandesi Uber International Holding e Raiser Operations avevano ideato e organizzato un sistema (attivo anche in alcune città italiane) simile al radio-taxi, basato su un’applicazione attraverso la quale una persona, interessata a spostarsi da un luogo cittadino a un altro, poteva richiamare, attraverso il proprio dispositivo informatico mobile, un conducente privato con autoveicolo, disposto a effettuare il servizio di trasporto lungo il tragitto richiesto, a prezzi inferiori rispetto alle tariffe praticate dagli operatori professionali (in quanto i conducenti occasionali, ad avviso della resistente, non rispettano la normativa pubblicistica sul trasporto non di linea e, pertanto, non sono onerati dei costi conseguenti). A causa della disponibilità di questa applicazione, si sarebbe avuto un incremento dei soggetti che svolgevano il servizio taxi senza licenza, i quali in precedenza avevano minori possibilità di contatto con l’utenza. Poiché alcuni giudici di pace avevano annullato le sanzioni inflitte a questi soggetti, la Regione Piemonte, con l’art. 1-bis introdotto nella legge regionale n. 24 del 1995, ha inteso ribadire ciò che essa ritiene, in realtà, già previsto dalla legislazione vigente.

La disposizione regionale non vieta che nel servizio taxi possano essere introdotte applicazioni informatiche (in luogo del sistema radio-taxi), né esclude dal mercato ogni innovazione per un migliore soddisfacimento della domanda di trasporto, ma ribadisce – anche a vantaggio degli addetti ai controlli – che i relativi servizi devono essere resi nel rispetto della normativa pubblicistica. Nemmeno il descritto servizio Uber potrebbe paragonarsi a forme di condivisione del trasporto su strada, quali il car sharing: in questi ultimi casi, l’autista esegue il tragitto per interesse proprio e, in genere, condivide con gli altri viaggiatori il costo di carburante e pedaggi, sicché non si tratta di uso del veicolo nell’interessi di terzi e non trova applicazione l’art. 82 cod. strad. Nel caso di Uber, invece, l’autista non ha alcun interesse personale a raggiungere il luogo indicato dall’utente e, senza la richiesta di costui, non effettuerebbe lo spostamento. Pertanto, questo servizio non solo non garantisce la sicurezza dei trasportati, ma nemmeno genera vantaggi per la collettività in termini di riduzione dell’in­quinamento o del consumo energetico, stimolando al contrario l’uso dei mezzi privati, in contrasto con l’interesse pubblico alla programmazione e regolazione della mobilità e all’incentivazione dell’utilizzo dei mezzi pubblici.

Considerato in diritto

(omissis)

2.– La censura riferita all’art. 117, primo comma, Cost. è inammissibile (omissis).

3.– Deve invece essere respinta l’eccezione di inammissibilità relativa alla censura riferita all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (omissis).

4.– In questi termini, la questione è fondata.

4.1.– Il contenuto dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015, l’intito­lazione di quest’ultima («Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo»), i lavori preparatori (Consiglio regionale del Piemonte, II Commissione in sede legislativa, sintesi della seduta n. 41 del 18 giugno 2015) e le stesse argomentazioni difensive della Regione Piemonte concorrono univocamente a dimostrare che la disposizione in questione è stata approvata in considerazione della recente emersione di talune forme di trasporto di persone a chiamata, rese possibili dalla diffusione di nuovi strumenti tecnologici, a proposito delle quali sono stati sollevati, da varie prospettive, problemi di compatibilità con la vigente legislazione statale in tema di autoservizi pubblici non di linea. La difesa regionale si è concentrata sui servizi di trasporto a chiamata mediante applicazioni informatiche e, a tale riguardo, ha fatto precipuo riferimento alle pronunce di alcuni giudici di pace, relative a sanzioni amministrative applicate a chi offriva tali servizi; nonché, nel corso dell’udienza, all’ordinanza 2 luglio 2015 del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa “A”, che ha ritenuto sleale la concorrenza praticata da alcuni gestori di piattaforme informatiche nei confronti dei tradizionali operatori del settore dei trasporti non di linea di persone.

4.2.– In particolare, la disposizione impugnata prende posizione in merito a un aspetto cruciale della problematica in esame, dato che definisce il novero dei soggetti abilitati a operare nel settore dei trasporti di persone con le nuove modalità consentite dai supporti informatici, riservandolo in via esclusiva alle categorie abilitate a prestare i servizi di taxi e di noleggio con conducente.

La portata normativa della disposizione impugnata si desume inequivocabilmente, sia dalla rubrica dell’articolo: «[e]sclusività del servizio di trasporto»; sia dalla piana lettura del testo: «[i]l servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità effettuata, di un autoveicolo con l’attribuzio­ne di corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente dai soggetti che svolgono il servizio di cui all’art. 1, comma 3, lettere a) e b)», della legge reg. Piemonte n. 24 del 1995, vale a dire il servizio di taxi e di autonoleggio con conducente.

4.3.– Definire quali soggetti siano abilitati a offrire talune tipologie di servizi è decisivo ai fini della configurazione di un determinato settore di attività economica: si tratta di una scelta che impone un limite alla libertà di iniziativa economica individuale e incide sulla competizione tra operatori economici nel relativo mercato. Sicché, tale profilo rientra a pieno titolo nell’ampia nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost., la quale (ex plurimis, sentenza n. 125 del 2014) include sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese pregiudizievoli per l’assetto concorrenziale dei mercati; sia le misure di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, riducendo i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche, in particolare le barriere all’entrata, e al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese.

Del resto, proprio in merito al trasporto di viaggiatori mediante noleggio (di autobus) con conducente, questa Corte ancora di recente ha chiarito che rientra nella competenza legislativa esclusiva statale per la tutela della concorrenza definire i punti di equilibrio fra il libero esercizio di attività siffatte e gli interessi pubblici con esso interferenti (sentenza n. 30 del 2016).

Ciò è di per sé sufficiente ad attestare la fondatezza della censura dedotta nei confronti dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015.

5.– È noto che, rispetto all’assetto delineato dalla legislazione statale in vigore, che risale nei suoi tratti essenziali al 1992, l’evoluzione tecnologica, e i cambiamenti economici e sociali conseguenti, suscitano questioni variamente discusse non solo nelle sedi giudiziarie, ma anche presso le autorità indipendenti e le istituzioni politiche, per la pluralità degli interessi coinvolti e i profili di novità dei loro intrecci. Del resto, con riguardo ad alcune modalità di trasporto a chiamata mediante applicazioni informatiche, interrogativi analoghi a quelli oggi posti a questa Corte sono attualmente in discussione anche in seno all’Unione europea, in molti degli Stati che ne fanno parte, nonché in numerosi altri ordinamenti in tutto il mondo. Nel contesto di un dibattito così animato, relativo a fenomeni la cui diffusione è grandemente agevolata dalle nuove tecnologie, è comprensibile che, soprattutto dalle aree metropolitane più direttamente interessate, si levi la domanda di un inquadramento giuridico univoco e aggiornato.

È dunque auspicabile che il legislatore competente si faccia carico tempestivamente di queste nuove esigenze di regolamentazione.

Nondimeno, tenuto conto dell’oggetto dell’odierno giudizio e dei suoi limiti, dirimente per questa Corte non può che essere il puro e semplice rilievo che la disposizione regionale censurata tocca un profilo attinente alla concorrenza, come tale rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, che del resto riflette la dimensione (quanto meno) nazionale degli interessi coinvolti.

6.– Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale impugnata, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivi­smo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)»;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 117, comma primo, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2016.

   

SOMMARIO:

1. Servizio taxi e servizio di noleggio con conducente fra obblighi di servizio pubblico e logiche di mercato - 2. Il trasporto urbano non di linea e le nuove sfide della sharing economy - 3. La vicenda: la sentenza della Corte Costituzionale n. 265-2016 - 4. L'avvento di Uber in Italia e le problematiche giuridiche sottese ai servizi Uberblack e Uberpop - 5. Verso il 'trasporto privato non di linea' - 6. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Servizio taxi e servizio di noleggio con conducente fra obblighi di servizio pubblico e logiche di mercato

Il trasporto locale non di linea di persone costituisce un mercato fortemente regolato. All’interno di esso si rilevano, tradizionalmente, il servizio taxi e il servizio di noleggio con conducente (NCC), ambedue previsti e disciplinati dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 [1]. Secondo l’impostazione dell’art. 41 Cost., la regolazione del mercato, e dunque l’interesse ad organizzare il servizio in modo autoritativo, trova il suo fondamento nell’esigenza di coordinare e indirizzare a fini sociali l’attività economica [2]. E nel caso in esame, in particolare, i programmi e i controlli che caratterizzano il mercato di riferimento intendono assicurare la (più ampia) libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e tutti quei diritti rispetto ai quali la mobilità funge da presupposto, oltre che la sicurezza stradale e l’incolumità dei passeggeri. Preliminare a qualsiasi riflessione sul tema è l’analisi delle regole fondamentali dei servizi taxi e NCC delineate dalla legge quadro testé citata. Il servizio taxi si rivolge ad un’utenza indifferenziata, cioè a chiunque ne faccia richiesta e senza obbligo di preventiva prenotazione; costituisce un c.d. servizio di piazza, con stazionamento dei veicoli in luogo pubblico (presso le apposite piazzole di sosta) e con possibilità di fermata anche sulla pubblica via; le modalità del servizio e le tariffe sono predeterminate amministrativamente dal Comune che rilascia la licenza d’esercizio al conducente; l’inizio del servizio, coincidente con il prelevamento dell’utente, avviene nell’area comunale di riferimento. All’interno di quest’ultima, inoltre, la prestazione del servizio, a favore dell’utente che la richiede, è obbligatoria [3]. Il servizio NCC, invece, si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la rimessa, e cioè presso la sede organizzativa del vettore, apposita richiesta di prenotazione per una determinata prestazione di trasporto. Il servizio non è reperibile sulla pubblica via e ciò si deduce dal fatto che: lo stazionamento dei veicoli deve avvenire obbligatoriamente all’interno della rimessa, con conseguente divieto di sosta su piazza; la rimessa, situata nel territorio del Comune che rilascia l’autoriz­zazione, non costituisce [continua ..]


2. Il trasporto urbano non di linea e le nuove sfide della sharing economy

Il mercato testé descritto acquisisce oggi nuova luce ed interesse, presentandosi come denso di profili problematici, a causa delle nuove sfide sorte con la sharing economy [12]. Con l’avvento dell’economia della condivisione, in particolare, si afferma “un sistema economico nel quale beni e servizi sono condivisi fra privati, gratuitamente o in cambio di una somma di denaro, tipicamente attraverso internet” [13]. Diverse sono le novità che l’economia della share reca con sé. Innanzitutto, si passa dal tradizionale acquisto e consumo proprietario alla condivisione e all’accesso temporaneo a beni e servizi. Inoltre, il modello dello scambio fra imprenditore e privato lascia spazio all’intermediazione di un’impresa fra domanda e offerta di beni e servizi fra privati. Ultimo tassello è, infine, l’inno­vazione tecnologica, la presenza di piattaforme online che consentono, prima, l’intermediazione, poi, la condivisione [14]. Numerosi e sempre in aumento sono i settori economici trasformati dalla sharing economy. Fra di essi, com’è noto, anche la mobilità urbana non di linea, con privati disponibili a condividere la propria automobile e/o la propria attività di guida a favore di altri privati  [15]. L’attività di intermediazione, presupposto per la successiva condivisione, viene esercitata, di norma, da operatori economici di recente costituzione – fra cui il gruppo Uber – che, con le loro applicazioni software mobile (apps), scaricabili su smartphone, mettono in contatto diretto i privati che esprimono il bisogno di mobilità con altri privati disposti a soddisfare tale esigenza. Il diretto rapporto fra privati ha però creato tensioni in un mercato pressoché dovunque, e anche in Italia, fortemente regolato e controllato da professionisti. Le regole che caratterizzano il mercato del trasporto locale non di linea, peraltro, sono state messe in crisi non solo dall’erogazione non professionale dei servizi, ma anche dall’utilizzo delle piattaforme online di intermediazione ad opera (di una parte più avanguardista) dei professionisti medesimi, desiderosi di svincolarsi da alcuni vincoli ritenuti, alla luce del progresso tecnologico, oramai obsoleti. Forti sono stati gli scontri sociali che [continua ..]


3. La vicenda: la sentenza della Corte Costituzionale n. 265-2016

Con ricorso in via principale il Presidente del Consiglio dei Ministri solleva direttamente innanzi alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14. Al di là del complesso quadro normativo sotteso alla fattispecie [16], la Regione Piemonte introduce, con la disposizione citata, un principio di esclusività nell’erogazione dei servizi di mobilità locale non di linea di persone, riservando tali prestazioni, ora, in via esclusiva, ai titolari di licenza taxi o di autorizzazione NCC, in contrapposizione al precedente regime in cui anche soggetti diversi potevano erogare il servizio. Tale limite alla libertà d’impresa è – per il ricorrente – contrario ai dettami della Costituzione. Secondo lo Stato, infatti, la disposizione censurata contrasta: sul piano formale, con l’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., nella parte in cui riserva alla competenza legislativa esclusiva statale la “tutela della concorrenza”; sul piano sostanziale, con l’art. 117, comma 1, Cost., in forza del quale anche la legislazione regionale deve rispettare i principi dell’ordinamento comunitario, fra cui il principio di concorrenza. Quanto alla prima censura, lo Stato ricorda di avere competenza legislativa esclusiva in materia di “tutela della concorrenza”, pur avendo le Regioni competenza legislativa esclusiva residuale in materia di “trasporto locale”. In base a tale ripartizione, le Regioni possono determinare le modalità (amministrative e tecniche) con cui il servizio di trasporto debba essere erogato, senza che ciò comporti, però – com’è invece evidentemente avvenuto, per lo Stato, nel caso di specie – un’invasione della sfera di competenza legislativa statale relativa alla tutela dell’assetto concorrenziale del mercato. La Regione Piemonte, infatti, nello specificare le modalità dell’offerta, pone una barriera all’ingresso al mercato per tutti i servizi di trasporto urbano non di linea diversi dai servizi taxi e NCC, in particolare impedendo l’offerta dei nuovi servizi di mobilità resi possibili dall’evoluzione tecnologica (fra cui i servizi di Uber). E la scelta regionale di non regolare, bensì di vietare, e dunque limitare [continua ..]


4. L'avvento di Uber in Italia e le problematiche giuridiche sottese ai servizi Uberblack e Uberpop

Ma l’avvento di Uber, gruppo societario statunitense attivo dal 2013 anche in Italia, sconvolge il mercato della mobilità urbana non di linea. La start-up Uber offre un servizio tecnologico di intermediazione, tramite un’applicazione software mobile (app), scaricabile su smartphone, fra la domanda e l’offerta di trasporto. Quest’ultimo, dunque, non è direttamente erogato da Uber, che si limita ad instaurare, con l’omonima app, un contatto diretto fra colui che richiede e colui che è disposto ad offrire il servizio di mobilità. Coloro che intendono assumere la veste di autisti (drivers) e di utenti scaricano l’applicazione, si registrano alla piattaforma online divenendo membri della community, accedono alla medesima, si geo-localizzano reciprocamente con sistema satellitare GPS, infine si incontrano per la prestazione concordata. I primi erogano il servizio. I secondi ne usufruiscono, dietro pagamento, con carta di credito, di un corrispettivo. Quest’ultimo viene determinato da Uber con un algoritmo automatizzato e secondo il meccanismo del surge pricing, con un prezzo che cresce (fino al 500%) all’aumentare della domanda. Il pagamento, inoltre, viene anche mediato da Uber, che, dapprima, introita l’intero importo, in seguito, trattenuta una parte (circa il 20%) quale compenso per i servizi di competenza, provvede ad accreditare al driver la restante quota (circa l’80%). Al termine della corsa, i trasportati valutano gli autisti (e viceversa) e Uber, in presenza di valutazioni al di sotto di una certa soglia, può decidere di disattivare i drivers (e gli utenti) [24]. Ma la modalità con cui Uber opera sul mercato solleva non poche questioni giuridiche. Problematiche, queste ultime, che sono diverse a seconda dello specifico servizio offerto dal gruppo, eterogenee fra loro e diffuse in buona parte dei Paesi nei quali il gruppo è attivo [25]. Il focus del presente lavoro sarà limitato all’ordinamento giuridico nazionale e ai problemi che il sistema-Uber genera sulla competizione e sul rispetto delle regole che caratterizzano il mercato del trasporto locale non di linea. I nodi problematici convergono verso un unico interrogativo di fondo, che attiene alla natura dei servizi effettivamente [continua ..]


5. Verso il 'trasporto privato non di linea'

Nella parte finale della decisione in commento, la Consulta chiede un celere intervento normativo al legislatore. Come evidenzia la Corte, infatti, “rispetto all’assetto delineato dalla legislazione statale in vigore, che risale nei suoi tratti essenziali al 1992, l’evoluzione tecnologica, e i cambiamenti economici e sociali conseguenti, suscitano questioni variamente discusse non solo nelle sedi giudiziarie, ma anche presso le autorità indipendenti e le istituzioni politiche […] in seno all’Unione Europea, in molti degli Stati che ne fanno parte, nonché in numerosi altri ordinamenti in tutto il mondo. Nel contesto di un dibattito così animato […] è comprensibile che si levi la domanda di un inquadramento giuridico univoco e aggiornato. È dunque auspicabile che il legislatore competente si faccia carico tempestivamente di queste nuove esigenze di regolamentazione”. Il monito della Corte Costituzionale, come si vedrà, non rappresenta un caso isolato. Del resto, come emerge dalla pronuncia in epigrafe, il suo intervento si inserisce in un ampio dibattito, che vede coinvolte le autorità amministrative indipendenti, in particolare l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), il Consiglio di Stato, gli organi politici, la magistratura ordinaria e amministrativa e le istituzioni dell’Unione Europea. Discussione, questa, che, peraltro, attenendo sostanzialmente alla regolazione giuridica della sharing economy, e dunque ad un sistema economico oramai globalmente diffuso, si rileva in una moltitudine di ordinamenti. Di seguito le indicazioni offerte dai protagonisti di questa “tavola rotonda”. L’AGCM ha più volte lamentato una scarsa apertura alla concorrenza del mercato dei trasporti urbani non di linea, notoriamente resistente ad ogni tentativo di liberalizzazione a causa della strenua opposizione degli operatori tradizionali [32]. Spesso, e anche recentemente, l’AGCM ha anche proposto modifiche normative volte ad aumentare la competizione all’interno del predetto mercato  [33], con scarsa recezione, però, dei decisori pubblici, sordi al grido di cambiamento. Ma qualcosa sembra stia mutando. I cambiamenti socio-economici e l’innovazione tecnologica hanno aperto il mercato di riferimento alle [continua ..]


6. Riflessioni conclusive

In questo contesto ricco di prese di posizione, sull’orizzonte di un intervento normativo che ancora stenta a decollare, entrano in gioco quelle Regioni, come il Piemonte (ma, a ben vedere, anche la Liguria), che hanno deciso di risolvere le problematiche descritte in maniera drastica, vietando del tutto l’offerta da parte dei nuovi operatori economici. Ma la decisione di frenare legislativamente la diffusione di queste nuove piattaforme non viene condivisa dal Giudice delle leggi, essendo riconducibile ad un intervento accelerato, oltre che, probabilmente, non sufficientemente meditato, che sconfina dalla competenza legislativa regionale per invadere quella statale. La pronuncia esaminata, infatti, come già visto, ruota attorno ai confini della “tutela della concorrenza”, materia trasversale di competenza legislativa esclusiva statale, che rappresenta, a ben vedere, un contenitore dal perimetro non definito. Ne costituisce riprova il cospicuo contenzioso relativo alla ripartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni giunto all’attenzione della Consulta, adita in via principale. Lo stesso art. 41 Cost., dall’analisi del quale viene messo in luce che la tutela della concorrenza non coincide con la libertà di iniziativa economica privata, ma piuttosto appare come la sintesi e il punto di equilibrio fra la stessa e i diversi interessi che sono espressione di utilità sociale, non aiuta a darne una rigorosa definizione [46]. La Corte Costituzionale, dal canto suo, non ha mai risolto il problema definitorio, limitandosi ad adottare, in base ad un approccio prettamente casistico, un’interpretazione progressivamente estensiva di tale materia [47], quasi a bilanciare l’attribuzione alla competenza regionale di materie chiave per lo sviluppo economico [48]. E la tendenza ermeneutica della Consulta si rileva con evidenza proprio in quelle decisioni in cui il Giudice delle leggi censura, sulla base degli effetti concretamente esplicati, le barriere all’ingresso nel mercato poste da disposizioni di legge regionale, pur ascrivibili alla sfera delle attribuzioni della Regione [49]. Casistica diffusa, questa, rinvenibile anche nella fattispecie de qua, caratterizzata, come già visto, dalla riconduzione nella materia di “tutela della concorrenza” di una disposizione regionale, relativa al “trasporto locale”, che intende definire [continua ..]


NOTE