Rivista della Regolazione dei MercatiCC BY-NC-SA Commercial Licence E-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Soft law nella regolazione dei mercati finanziari e tutela giurisdizionale (di Benedetta Celati)


Il fenomeno del pervasivo sviluppo della soft law nell’ambito dei meccanismi di regolazione dei mercati comporta molteplici riflessioni. Il presente contributo mira in particolare ad analizzare il ruolo degli atti di soft law nei mercati finanziari, andando a verificare come l’adozione di un approccio non formalista ma di tipo sostanziale possa rappresentare una soluzione per superare il trade-off tra la forza (di fatto) regolante degli stessi e la loro assoggettabilità al controllo del giudice. Dopo aver affrontato il tema della natura giuridica degli atti di diritto flessibile, l’indagine si concentra sull’apporto della giurisprudenza amministrativa francese al dibattito sull’am­mis­sibilità del ricorso contro tali strumenti. Vengono così messe in evidenza le conseguenze dal punto di vista sistematico del cosiddetto caso “Fairvesta”, anche operando una comparazione con l’approccio adottato dal giudice amministrativo italiano. Specifica attenzione viene poi dedicata alle strategie regolatorie che la decisione del Conseil d’État sembra far emergere.

Soft law in financial markets regulation and judicial protection

Regulatory authorities increasingly use soft law as a tool for carrying out their mission. This paper examines the role played by soft law instruments in financial markets and assumes that the trade-off between effectiveness and justiciability, occurring in this context, can be tackled by moving towards a more substantive approach, which challenges traditional legal categories. The analysis is based on a discussion of recent developments in French administrative case law concerning the admissibility of actions brought against moral suasion acts. The paper will first briefly present issues raised by soft law and its implications in financial markets. The following section will deal with the inclusion of soft law within the category of unilateral administrative acts. The subsequent sections will focus on French case law, with reference to the famous Fairvesta case, and on Italian case law on moral suasion measures, in an attempt to compare the two approaches. Different approaches and strategies of regulation through soft law resulting from the decision of the French Conseil d’État will be illustrated.

SOMMARIO:

1. Dalla modernità alla post-modernità giuridica: un nuovo paradigma oltre il modello di razionalità weberiana - 2. Principali questioni sollevate dagli strumenti di soft law - 2.1. La soft law nella regolazione dei mercati finanziari - 3. Implicazioni della riflessione sulla natura giuridica degli atti di soft law - 4. La questione della giustiziabilità alla luce degli sviluppi della giurisprudenza amministrativa tra ordinamento europeo e ordinamenti giuridici nazionali - 4.1. I recenti approdi del Conseil d’État - 4.2. Gli atti di moral suasion nell’interpretazione del giudice amministrativo italiano - 5. Giudice, regolati e regolatore: verso una lettura soggettiva e consequenzialista? - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Dalla modernità alla post-modernità giuridica: un nuovo paradigma oltre il modello di razionalità weberiana

Negli ultimi anni, la dottrina, sia italiana che straniera, ha dedicato particolare attenzione al tema del pervasivo sviluppo della soft law nell’ambito dei meccanismi di regolazione dei mercati [1]. Si è imposta, infatti, l’esigenza di dare un inquadramento sistematico a questa tipologia di atti, caratterizzati dal ricorso a formule flessibili, basate sulla tecnica discorsiva della raccomandazione e del consiglio, così come dell’interpretazione di quella che, per contrapposizione, viene definita la “hard law [2]. Il crescente uso degli stessi sembra attestare, rappresentandone il precipitato logico, l’evoluzione verso un nuovo paradigma – diverso dal modello di razionalità weberiana [3] sui cui si fonda il diritto moderno –, nel quale, all’interno della dialettica autorità-libertà, l’“autore­volezza carismatica” [4] del regolatore assume un valore determinante [5]. L’at­tività “comunicativa” di quest’ultimo, esercitata per mezzo della soft law, diviene così espressione di una vera e propria pratica regolatoria, la cui efficacia si fonda sulla capacità del diritto flessibile di rappresentare un “parametro di riferimento” – utile anche per determinare l’eventuale responsabilità dei destinatari in caso di non conformità – nonché di far leva sulla “reputazione” dei soggetti regolati [6].

Secondo Weber, l’elemento distintivo del diritto moderno (rectius: razionale) consisterebbe nella sua “calcolabilità” [7], ovvero nella possibilità, in esso contemplata, di prevedere in modo certo la regola applicabile al caso concreto [8]. Il rapporto tra potere legislativo e decisione politica è fondato su alcuni capisaldi come lo Stato di diritto e il principio di legalità [9], avendo il diritto razionale una funzione garantista di applicazione formale ed egualitaria della legge. Nello Stato moderno, pertanto, i rapporti con l’apparato burocratico si svolgono in base a regole prevedibili e, soprattutto, senza riguardo alla persona [10].

Il passaggio dalla modernità alla post-modernità [11] appare, invece, contraddistinto da una graduale erosione della razionalità formale [12] a vantaggio di una visione maggiormente pragmatica e sostanziale dell’azione amministrativa, oltre che di un ruolo sempre più attivo delle Corti [13]. Lo scenario così delineatosi è quello di una pluralità di attori istituzionali variamente implicati nel processo di creazione delle regole [14], con contestuale depotenziamento del principio di separazione dei poteri, altro caposaldo del diritto moderno. Tali considerazioni valgono particolarmente per il settore dei mercati finanziari, nel quale un alto tasso di incertezza – caratteristica strutturale dei medesimi – convive con un elevato dinamismo degli approcci regolatori. La regolazione della finanza e delle transazioni finanziare è soggetta ad una progressiva “esternalizzazione” nei confronti di processi decisionali inclusivi e negoziati [15], gestiti da operatori di mercato e da autorità indipendenti di regolazione, la cui indipendenza è sinonimo di garanzia ma anche di incerta legittimazione democratica [16]. Le autorità di regolazione e di vigilanza finanziaria fanno, peraltro, largamente uso della soft law, quale strumento di coordinamento e unificazione in un ambito non a caso definito, da autorevole dottrina, il «regno della soft regulation» [17].

Interessante è indagare l’effettività [18] degli atti di soft law a regolazione dei mercati finanziari. Si tratta di una qualità che corrisponde all’idoneità dei medesimi a porsi, pur in assenza del «crisma della giuridicità e dell’assistenza di una sanzione giuridica», come canoni di comportamento e a produrre effetti conformativi del reale [19]. Come sottolineato da illustre dottrina: «Effettività significa per l’appunto questo: un fatto è così azzeccato, è così congeniale agli interessi degli operatori economici che essi lo ripetono, lo osservano, e non perché sia uno specchio fedele di qualcosa che sta in alto ma perché ha in sé una forza (e, se vogliamo, una capacità persuasiva) che lo rende meritevole di osservanza e, quindi, di vita durevole» [20].

Ad essere “effettiva”, da un punto di vista normativo, è la “regola” veicolata da tali atti, che, guidando i comportamenti dei soggetti regolati, e venendo pertanto osservata e applicata, si dimostra capace di assicurare, in concreto, la protezione dell’interesse pubblico ritenuto degno di tutela dall’ordinamento, in questo caso il risparmio. Sotto siffatta prospettiva, l’effettività presuppone «una valutazione – ab externo – dell’effetto materiale alla luce del portato teleologico della norma e del fatto produttivo di effetti» [21].

La stessa rileva sul piano della giustiziabilità – recte: della tutela giudiziaria – da un duplice punto di vista: innanzitutto come capacità dell’ordinamento di proteggere le istanze del regolatore di perseguimento dell’interesse pubblico [22]; poi, come diritto dei soggetti lesi dagli atti adottati proprio al fine garantire il soddisfacimento di certi interessi, a vedersi riconosciuta la possibilità di ricorrere in giudizio, per ottenere adeguata tutela giurisdizionale nei confronti del pubblico potere [23].

Nel contributo si intende analizzare tale seconda declinazione del concetto di effettività, filtrata dal prisma della tutela del soggetto leso, andando a verificare come l’adozione di un approccio non formalista ma di tipo sostanziale, che sfida le tradizionali categorie del diritto positivo, possa rappresentare una soluzione per superare il trade-off tra la forza (di fatto) regolante degli atti di soft law e la loro assoggettabilità al controllo del giudice.

In tal senso, l’analisi dei recenti sviluppi della giurisprudenza amministrativa francese, riguardo all’ammissibilità dei ricorsi contro atti di “droit souple”, costituisce un importante riferimento ai fini del ragionamento che si intende intraprendere.

Saranno così brevemente illustrate le principali questioni sollevate dalla soft law, nonché le implicazioni della stessa nel settore dei mercati finanziari, per affrontare, poi, più approfonditamente il tema della natura giuridica degli atti di diritto flessibile, nonché del loro possibile inquadramento come provvedimenti amministrativi. Infine, sarà esaminata la posizione assunta in merito dal Consiglio di Stato francese, con riferimento specifico al cosiddetto caso “Fairvesta”, le cui conseguenze dal punto di vista sistematico verranno messe in evidenza anche operando una comparazione con l’approccio adottato dal giudice amministrativo italiano.


2. Principali questioni sollevate dagli strumenti di soft law

L’espressione “soft law”, com’è noto, venne coniata inizialmente nell’ambito del diritto internazionale [24] per descrivere atti che sebbene non abbiano forza giuridica vincolante [25] e contengano prescrizioni che non danno luogo a sanzioni in caso di inosservanza, non possono comunque essere considerati privi di rilevanza giuridica. L’anomalia, se così si può dire, di questi atti è rappresentata dal fatto che, nell’ordinamento, la “norma giuridica” è tradizionalmente la regola che disciplina i comportamenti umani, stabilendo diritti e obblighi dei consociati, secondo i canoni della autoritatività e dell’imperatività [26]. Tutto ciò che si discosta da tale postulato teorico rientra, pertanto, con diverse graduazioni, in un’altra categoria, quella più ampia e non tipizzata dei “fenomeni normativi” [27], della quale fanno parte anche gli atti di diritto “morbido” o flessibile. La normatività non si esaurisce, infatti, nella sola caratteristica della vincolatività degli effetti giuridici di un atto [28] ma si apre a un vasto strumentario, comprensivo anche dei meccanismi che orientano e condizionano le condotte mediante la predisposizione di prassi e di modelli comportamentali, sprovvisti, in quanto tali, dei caratteri della cogenza [29].

Nel 2013 [30], il Consiglio di Stato francese, riconoscendo l’importanza di siffatte modalità di estrinsecazione della normatività, ha scelto di dedicare loro un vero e proprio studio, nel quale fornisce una definizione del cosiddetto “droit souple”. Quest’ultimo coinciderebbe con una panoplia di strumenti che “assomigliano” alle norme giuridiche nella misura in cui sono volti a modificare o comunque a influenzare il comportamento dei destinatari, senza però creare diritti o obblighi [31], ovvero senza ampliare o restringere la sfera giuridica dei soggetti regolati.

Sempre su un piano definitorio, ovvero di delimitazione dei concetti, tre diverse tipologie di atti di soft law sono state individuate dalla dottrina [32], in relazione alla loro funzione: gli atti di pre-law, quali strumenti preparatori per successivi atti di carattere vincolante; quelli di post-law, ovvero gli atti interpretativi di strumenti giuridici vincolanti; gli atti di para-law, alternativi a strumenti giuridici vincolanti.

La tripartizione è stata concepita con specifico riferimento al diritto europeo, ma si attaglia anche al diritto nazionale. In effetti, questi atti vengono utilizzati negli ordinamenti giuridici dei diversi paesi membri in modo sia diretto che indiretto (mediante il rinvio al diritto europeo) [33], per plurime ragioni. In primo luogo, consentono di sperimentare e verificare l’opportunità di una norma prima ancora che la stessa divenga prescrittiva, partecipando, in tal modo, alla creazione di diritto positivo; al contempo sono un mezzo per “normare” anche laddove manchino poteri normativi veri e propri, ovvero ove manchi il potere di adottare norme di tipo vincolante; infine, vengono impiegati per implementare processi di graduale armonizzazione, coordinamento e unificazione.

In particolare, le autorità di regolazione [34] nell’esercizio della loro funzione regolatoria [35] usano sovente la soft law per dare corpo a concetti indeterminati collegati alle attività regolate [36], rispetto ai quali vengono così fornite delucidazioni, specialmente quando l’ordinamento ricorre alle c.d. clausole generali [37]. Il tema dell’effettività [38] emerge perché, anche se non vengono creati diritti e obblighi, diversamente da quello che accade con le norme giuridiche vincolanti, espressione di un diritto solido [39], positivo e di meccanismi di command and control, gli effetti prodotti da tali atti possono spesso essere considerati giuridici oltre che pratici.

Essi contengono infatti non un mero “flautus vocis” del regolatore bensì l’autorevole opinione qualificata di un soggetto influente [40], che a causa della propria competenza tecnica può efficacemente far leva, in maniera bidirezionale, sul fattore reputazionale [41] al fine di ottenere uno specifico risultato. L’in­fluenza (significativa) dell’autorità emanante è dunque l’elemento che determina, sulla base di un criterio di rilevanza giuridica assai soggettivo, perché calibrato sul rapporto che lega regolatore e regolati, la forza quasi imperativa dell’atto, che si fonda, in senso pragmatico e anti-formalista, più sulle conseguenze prodotte dal medesimo nella situazione concreta che sul suo oggetto.

Possiamo perciò utilmente evocare il concetto, di origine dottrinaria, di normatività graduata relativizzata [42], per mettere in evidenza come l’efficacia di un siffatto meccanismo regolatorio risieda proprio sul potere di persuasione del regolatore invece che sulla forza dell’impianto sanzionatorio.

In tal senso, la dottrina francese [43] si riferisce alla nozione di “consistenza” o “tonalità” del diritto per indicare la possibilità di una normatività mitigata, che può gradualmente diventare sempre più “densa”: viene così proposta una distinzione tra un diritto “vago” (droit flou), contraddistinto dalla flessibilità del suo con­tenuto, un diritto “morbido” (droit mou) e un diritto flessibile (droit doux) [44], ca­ratterizzati, questi ultimi, dalla flessibilità della loro forza (il primo in quanto diritto senza sanzione, il secondo in quanto diritto senza obblighi) [45].

Non avendo valore prescrittivo, la soft law non è considerata una fonte di diritto [46] strictu sensu, ma la sua effettività giuridica – legata all’idoneità del­l’atto a determinare l’azione dei soggetti a cui lo stesso è destinato – comporta la configurazione di un nuovo modello di produzione delle norme che merita di essere preso in considerazione.

La capacità di imporre regole, promuovendo o delineando dei veri e propri comportamenti da seguire, è allora fondamentale per determinare l’esistenza della soft law sul piano della giuridicità, essendo condizione per la sua rilevanza anche in termini di giustiziabilità [47], quale possibilità di controllo giurisdizionale delle diverse modalità di esercizio del potere.

Per l’interpretazione di queste nuove forme della normatività sembra, pertanto, più opportuno fare riferimento al concetto anglosassone di “regulatory space [48], nozione che «consente di inquadrare in un sistema unitario i rapporti formali e informali tra i vari attori pubblici e privati che partecipano al processo regolatorio [49]e che per così dire plasmano e “occupano” porzioni più o meno ampie di tale spazio» [50].


2.1. La soft law nella regolazione dei mercati finanziari

Come sottolineato nel primo paragrafo, le autorità di regolazione preposte alla supervisione e vigilanza dei mercati finanziari ricorrono ampiamente agli strumenti di soft law, svolgendo, oltre alle tradizionali funzioni di regolazione, anche un’intensa attività di tipo consultivo, collaborativo e orientativo nei confronti degli attori di mercato. La stessa viene implementata attraverso un insieme di atti riconducibili al concetto di “persuasione morale”, che, sebbene non siano coercitivi o accompagnati da sanzione in caso di mancata osservanza, orientano e influenzano il comportamento dei destinatari [51]. Concorrendo alla creazione di un modello standardizzato di comportamento che gli agenti tendono a seguire, gli stessi contribuiscono, in questo modo, alla riduzione delle a­sim­metrie informative – caratteristica “ontologica” dei mercati finanziari – corrispondenti alla disparità nella distribuzione delle informazioni tra emittente e investitori, tra investitori e intermediari e tra diversi investitori [52]. A questi ultimi deve dunque essere garantito un uguale accesso alle informazioni, al fine di assicurare la parità delle armi [53] e quindi l’osservanza delle logiche della concorrenza [54].

I mercati finanziari richiedono pertanto la periodica diffusione, relativamente a specifiche operazioni, di informazioni complete e affidabili, che riguardano gli strumenti scambiati e gli emittenti. L’efficienza informativa [55] è infatti una precondizione necessaria [56], poiché interviene, riducendolo, sul grado di incertezza che caratterizza il processo decisionale degli operatori [57].

L’informazione [58] – bene pubblico in senso economico [59] – «diventa una nuova area fondamentale del potere» [60] e le autorità amministrative, in forza di tale assunto, operano come riduttori delle asimmetrie, essendo strumentali a garantire i meccanismi fiduciari del mercato. Agli operatori economici viene così domandato di conformarsi a un particolare regime in termini di informazioni offerte al pubblico.

La Consob [61], autorità di regolazione nazionale, vigila sul rispetto di siffatta obbligazione informativa, per tutelare gli investitori [62] e garantire l’efficienza e la trasparenza [63] del mercato [64]. Essa previene i comportamenti opportunistici e le forme di speculazione abusive, ma realizza anche compiti di tipo collaborativo [65], mediante le proprie comunicazioni o raccomandazioni, che hanno una natura para-normativa [66], o attraverso risposte a specifiche domande [67] rivolte dagli operatori, che hanno natura para-giurisdizionale. Tale azione interpretativa, basata sull’autorevolezza dell’autorità emanante, tenta di fornire una maggiore chiarezza rispetto a concetti che potrebbero risultare criptici, raccomandando ai destinatari il giusto comportamento da tenere [68].

L’autorità è altresì coinvolta nel processo di distribuzione delle informazioni rilevanti all’interno del mercato [69], adempiendo a un importante ruolo di unificazione [70] con l’ausilio della soft law [71], che si dimostra essenziale in un simile contesto caratterizzato da fenomeni di ipertrofia normativa [72]. L’obiettivo del­l’uniformità è poi anche quello perseguito dagli standard globali predisposti dalla IOSCO, a livello internazionale, e dall’ESMA, a livello europeo, i cui atti di diritto flessibile – diretti ad autorità nazionali o ad attori di mercato –, sono volti a dare luogo a un processo di standardizzazione sovranazionale del sistema [73]. L’ESMA, in particolare, emana orientamenti (rivolti a tutte le autorità competenti o a tutti gli istituti finanziari) e formula raccomandazioni (indirizzate a una o più autorità competenti o a uno o più istituti finanziari) per «istituire prassi di vigilanza uniformi, efficienti ed efficaci nell’ambito del SEVIF e per assicurare l’applicazione comune, uniforme e coerente del diritto dell’Unio­ne» [74]. Si prevede altresì che i destinatari di tali atti debbano compiere “ogni sforzo” per conformarvisi, confermando, entro due mesi dall’emanazione dei medesimi, se siano e meno conformi o intendano conformarsi, dando adeguata motivazione dell’eventuale decisione di non procedere in tal senso. Siffatta previsione assume sul piano fattuale un valore quasi vincolante con riguardo, ancora una volta, all’elemento (para-sanzionatorio) reputazionale [75]: l’ESMA ha infatti il dovere di pubblicare l’informazione secondo cui l’autorità competente non si è conformata o non intende conformarsi agli orientamenti o alla raccomandazione, ma ha anche il potere di decidere, caso per caso, di pubblicare le ragioni fornite da quest’ultima relativamente alla sua mancata conformità. Altro meccanismo di regolazione flessibile utilizzato dall’ESMA per promuovere approcci e prassi comuni in materia di vigilanza sono le risposte alle domande poste da qualsiasi persona fisica o giuridica, comprese le autorità competenti e le istituzioni e gli organi dell’Unione, su questioni di tipo interpretativo o applicativo con riferimento alle disposizioni degli atti legislativi, dei relativi atti delegati e di esecuzione, degli orientamenti e delle raccomandazioni. Le risposte, che non sono vincolanti, costituiscono però un “parametro di riferimento” per gli operatori di mercato, venendo pubblicate sul sito web dell’autorità [76].

L’esercizio del potere regolatorio, soprattutto nel caso della regolazione dei mercati finanziari, sembra quindi chiaramente connesso a una dimensione comunicativa di scambio e confronto tra regolatori e soggetti regolati. Da tale “dialogo” scaturiscono conseguenze di tipo pratico di notevole importanza, che dipendono dalla relazione che lega le due parti (soggetto che adotta l’atto e destinatari) e dal modo in cui l’atto viene formulato, ovvero da quello che con termine anglosassone si definisce il “wording”. La vincolatività di fatto che viene così a configurarsi rischia però di non essere controbilanciata da un’ade­guata tutela sul piano giurisdizionale, essendo il controllo dei giudici sovente impedito proprio dalla non impugnabilità dello strumento [77].

La diffusione di atti finalizzati alla collaborazione, ovvero rispondenti ad una funzione di tipo “commendatorio” [78], viene pertanto, da un lato, ritenuta basilare per il contributo che essi forniscono alla regolarità e sicurezza del mercato [79], dal­l’altro, considerata perniciosa perché foriera di insicurezza sul piano giuridico [80].

Dalla natura non (formalmente) vincolante di questi strumenti conseguono infatti alcuni importanti problemi applicativi, tra i quali figura, come abbiamo visto, l’impossibilità, molte volte, di ricorrere in giudizio avverso i medesimi [81]. Sotto tale aspetto, una delle questioni più rilevanti sollevate dall’informalità, che concerne la flessibilità sia dei contenuti che dei meccanismi di adozione del­l’atto, coinciderebbe con l’assenza, per queste fattispecie normative, delle ga­ranzie formali e sostanziali di norma assicurate dallo Stato di diritto [82]. L’ado­zione di procedure di tipo partecipativo, quali lo svolgimento di consultazioni pubbliche, o finalizzate a raccogliere i contributi degli stakeholders, così come di analisi ex ante costi-benefici – strumenti entrambi ascrivibili alla c.d. better regulation –, parrebbe rappresentare, in questo senso, un potenziale contrappeso rispetto alle carenze evidenziate. Siffatti meccanismi trovano attuazione sia nell’ordinamento europeo sia in quello interno. Nel primo caso, ad esempio, la normativa stabilisce che raccomandazioni e orientamenti del­l’ESMA siano sottoposti a consultazioni pubbliche e ad analisi costi-benefici in base a una valutazione di opportunità effettuata dall’Autorità, che tiene conto del principio di proporzionalità ma deve altresì adeguatamente motivare l’eventuale scelta di non procedere con le consultazioni [83]. Anche i pareri forniti alle Autorità competenti al fine di creare prassi uniformi in materia di vigilanza possono essere resi oggetto di meccanismi consultivi o di analisi preventiva di costi-benefici, che vengono attivati, secondo il dettato normativo, in base alla formula «se del caso» [84].

Queste previsioni sono frutto di modifiche del regolamento istitutivo del­l’ESMA intervenute nel 2019 [85] e sembrano pertanto doversi salutare con favore, in quanto dimostrazione del riconoscimento, da parte del legislatore europeo, dell’importanza dei modelli procedimentali fondati sulla trasparenza e sulla condivisione delle decisioni tra regolatore e regolati [86]. Per quanto attiene invece al nostro ordinamento, la Consob segue, del resto, da tempo la prassi di sottoporre le proprie comunicazioni interpretative alla procedura formale di notice and comment, con la quale viene realizzata una vera e propria consultazione degli operatori interessati sul testo da adottare [87]. Inoltre, il regolamento concernente i procedimenti per l’adozione di atti di regolazione generale, emanato nel 2016 [88], ha stabilito espressamente che l’Autorità sia “tenuta” a porre in consultazione lo schema delle proprie raccomandazioni, qualora esse abbiano contenuto generale [89].

La soft law sembrerebbe dunque beneficiare, grazie all’attivazione di simili procedure partecipative, di un meccanismo di conformazione diffusa [90], soluzione certamente virtuosa sul piano dell’efficacia regolatoria (dal momento che offre la possibilità di conoscere e realizzare le effettive esigenze del mercato e dei suoi operatori) ma che appare non del tutto sufficiente se valutata nel­l’ottica del soddisfacimento del bisogno di tutela dei soggetti regolati rispetto al potere esercitato dall’autorità mediante gli atti di regolazione flessibile.

Alla luce delle considerazioni sin qui sviluppate, diviene, quindi, alquanto dirimente riflettere sulla natura giuridica di tali atti, per capire, segnatamente, se possano essere considerati alla stregua di provvedimenti amministrativi, seguendo un’interpretazione ampia della nozione. Ciò comporterebbe, infatti, la loro assoggettabilità al controllo giurisdizionale, soprattutto quando gli atti di soft law sono idonei a produrre effetti diretti nella sfera giuridica dei destinatari.


3. Implicazioni della riflessione sulla natura giuridica degli atti di soft law

Nello Stato di diritto, l’esigenza di assicurare la legittimità dell’azione dei pubblici poteri è soddisfatta dalla possibilità di ottenere adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dagli stessi adottati. Risulta in tal senso fondamentale poter identificare questi ultimi come atti provvedimentali amministrativi, definiti dalla dottrina quali «strumenti di giuridicizzazione dell’attività amministrativa in una logica di garanzia» [91]. Tramite la nozione di atto amministrativo viene, infatti, limitato il potere della pubblica amministrazione, che si trova ad essere soggetta alla regola del diritto [92].

Gli atti di soft law, rappresentando una sorta di area grigia, pongono non poche questioni problematiche a questo riguardo: non rientrano nello schema tradizionale dell’azione amministrativa autoritativa, che, in quanto imperativa, consente all’amministrazione di creare unilateralmente, modificare o estinguere i rapporti giuridici con altri soggetti mediante l’atto amministrativo. Que­st’ultimo s’impone ai destinatari senza, contro o a prescindere dal loro consenso, trattandosi di un’espressione del pubblico interesse [93], e mediatamente anche degli interessi privati. La soft law, invece, non è coercitiva ma coincide, semmai, con il risultato di un’attività “cooperativa” [94]. Se tale caratteristica sem­bra astrattamente compatibile con una lettura più ampia della nozione di provvedimento amministrativo – poiché la natura unilaterale dell’atto non impedisce ad altri soggetti di contribuire all’elaborazione dello stesso – la non coercibilità degli strumenti di diritto flessibile si presenta però come un limite ai fini dell’auspicata interpretazione estensiva. Questi possono tuttavia dare luogo, come sottolineato, a conseguenze simili, in termini di incisività e lesività, a quelle prodotte dai tradizionali atti amministrativi, anche se a prevalere non è la componente autoritativa-prescrittiva [95] ma quella persuasiva-sollecitatoria [96].

Nell’ordinamento italiano, il dibattito dottrinale rimane aperto sul punto, a partire dal presupposto della natura atipica di simili atti [97], ascrivibili in senso ampio all’attività di regolazione. Secondo un criterio di tipo sostanziale-fun­zionale, si tende così ad assimilarli a strumenti amministrativi di tipo normativo, i regolamenti [98], se hanno contenuto generale e astratto, o a strumenti so­stanzialmente e formalmente amministrativi se, invece, hanno un contenuto di tipo puntuale.

La giurisprudenza, per parte sua, non sembra risolvere il dubbio. In un caso del 2006 [99], il giudice amministrativo, riferendosi alla Consob, ha stabilito che la Commissione, in quanto autorità di regolazione, opera attraverso vari atti: «alcuni normativi, altri definiti atti amministrativi generali, altri ancora semplicemente di “moral suasion”» [100]. Questi ultimi, sebbene non corrispondano ad uno specifico potere previsto dalla legge, sono espressione del ruolo svolto dall’autorità nella sua area di competenza. Da questo punto di vista, le comunicazioni e i comunicati di tal tipo, adottati nello svolgimento della funzione regolatoria, non sarebbero soggetti a controllo giurisdizionale. Una soluzione che mostra i propri limiti alla luce del fatto che gli stessi possono anche avere effetti rilevanti nella sfera giuridica dei soggetti destinatari, talvolta con valenza limitativa, palesandosi dunque come dotati di notevole capacità lesiva.

Considerarli, invece, alla stregua di atti provvedimentali amministrativi, in sen­so ampio, aprirebbe alla possibilità, coerente con i principi dello Stato di di­ritto, di una loro giustiziabilità [101], quando se ne riconosca l’idoneità a influenzare in maniera significativa i comportamenti dei destinatari (effetti c.d. pratici).

Un contributo allo sviluppo del diritto parrebbe in tal senso essere fornito dalle recenti evoluzioni della giurisprudenza amministrativa francese. Siffatto avanzamento giurisprudenziale operato dai giudici d’Oltralpe è significativo anche per l’ordinamento giuridico italiano e per il dibattito dottrinale interno [102], dato il fondamentale compito svolto dal giudice amministrativo di elaborazione dei principi generali, cuore ed essenza dello stesso diritto amministrativo [103]. Del resto, come autorevolmente lumeggiato dalla dottrina [104], questi ultimi ven­gono a esistenza proprio grazie alla giurisprudenza che, secondo un processo circolare, se ne avvale non solo per risolvere le controversie ma anche per introdurre nuove regole o nuove tipologie di azione.

Tale ragionamento è a maggior ragione valido se si considera il fatto che sul diritto flessibile manca una presa di posizione chiara da parte del legislatore, che, in questo modo, offre alle Corti la possibilità di svolgere un vero e proprio ruolo di supplenza [105]. Ne consegue una grande espansione della discrezionalità giudiziaria, sia per quanto attiene alla decisione di ammettere il ricorso contro atti di soft law sia con riguardo al valore giuridico che i giudici riconoscono ai medesimi [106].


4. La questione della giustiziabilità alla luce degli sviluppi della giurisprudenza amministrativa tra ordinamento europeo e ordinamenti giuridici nazionali

Nell’ordinamento europeo, il tema della giustiziabilità della soft law è stato affrontato in particolare con riguardo alla questione dell’ammissibilità del ricorso di annullamento contro gli atti rientranti in tale categoria.

Relativamente all’azione di annullamento, l’art. 263 TFUE [107] stabilisce, infatti, che la Corte di Giustizia esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni [108] o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Nel novero degli atti suscettibili di ricorso giurisdizionale sono altresì da includere – in forza dell’adesione ad un approccio sostanzialistico – anche gli atti c.d. atipici e/o non nominati [109], formalmente non vincolanti, ma in grado comunque di esercitare effetti giuridici diretti o indiretti [110].

Con la crisi finanziaria e poi economica esplosa alla fine del primo decennio degli anni duemila, alcune istituzioni hanno dato prova di un grande interventismo avvalendosi proprio di questa tipologia di atti. Tra di esse figura specificamente la Banca Centrale Europea (BCE), che è ricorsa ampiamente alla soft law, nonché a “semplici” strategie comunicative, al fine di imprimere i propri indirizzi di policy [111]. Celebre è in tal senso la lettera inviata il 5 agosto 2011 da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi al Governo italiano [112], atto caratterizzato da un alto grado di informalità accompagnato però da un altrettanto elevato livello di incisività de facto [113], dato l’importante “effetto conformativo” esercitato dal medesimo sull’ordinamento italiano.

Il ruolo proattivo della BCE, agevolato dall’impiego di atti di regolazione flessibile [114], è stato poi rafforzato dall’esigenza di fornire rapide ed efficaci risposte per salvaguardare la tenuta della moneta unica, messa in pericolo dal­l’acuirsi dalla crisi. Segnatamente, è da ascriversi a tale necessità l’annuncio, non privo di conseguenze, della decisione di adottare un programma denominato Outright Monetary Transactions (OMT), effettuato dall’istituto di Francoforte, nel settembre 2012, attraverso la pubblicazione di un comunicato stampa [115] che non si è mai tradotto in alcun atto formale [116]. Il caso risulta emblematico poiché, come sottolineato dalla stessa BCE, la sola esternazione della volontà di procedere alla realizzazione di un programma di operazioni di mercato aperto – avvenuta mediante la diffusione del comunicato stampa – è bastata, di per sé, per ottenere l’obiettivo prefissato, ovvero ristabilire il meccanismo di trasmissione della politica monetaria [117] e l’unicità della medesima.

La comunicazione pubblica della BCE sembra dunque rappresentare, in questo senso, un vero e proprio strumento non convenzionale di politica monetaria [118], la cui rilevanza giuridica è stata peraltro riconosciuta proprio sul piano giurisdizionale. La Corte di Giustizia ha infatti ammesso la ricevibilità di un rinvio pregiudiziale vertente sul programma OMT, presentato, ai sensi dell’art. 267 TFUE [119], dal Tribunale costituzionale federale tedesco, che era stato adito con vari ricorsi finalizzati a contestare la compatibilità dello stesso con la Costituzione tedesca [120]. I giudici europei nella loro pronuncia riscontravano la legittimità di tale programma alla luce dei Trattati [121], senza però entrare nel merito della definizione della natura giuridica del comunicato stampa con il quale lo stesso veniva annunciato [122]. Essi hanno infatti evitato di rispondere all’obiezione secondo cui l’atto non sarebbe stato produttivo di effetti giuridici nei confronti di terzi – e dunque non avrebbe potuto essere oggetto di un rinvio pregiudiziale di validità, in quanto mancante dei requisiti di ricevibilità stabiliti dall’art. 263 TFUE per i ricorsi di annullamento –, qualificando il ricorso piuttosto come un rinvio pregiudiziale di interpretazione [123].

Come sottolineato in dottrina, sebbene risulti pacifico che un simile atto abbia prodotto degli effetti in termini fattuali, consistiti nell’inveramento delle conseguenze attese sui mercati finanziari, più complessa appare invece la questione della definizione della loro giuridicità, ovvero della loro coincidenza col cambiamento di una «certa situazione giuridica in conseguenza di una mutata realtà ordinamentale» [124].

Infine, con riferimento all’impugnabilità degli atti atipici, in un altro significativo caso, il Tribunale dell’Unione europea ha giudicato ricevibile un ricorso per annullamento proposto, ai sensi dell’art. 263 TFUE, dal Regno Unito nei confronti di un atto formalmente non vincolante della BCE: il c.d. “quadro di riferimento per le politiche di sorveglianza dell’Eurosistema”, pubblicato online il 5 luglio 2011 [125], al fine di descrivere il ruolo dell’Eurosistema nella sorveglianza dei «sistemi di pagamento, di compensazione e di regolamento» [126]. L’atto, con il quale la BCE interveniva sulla localizzazione delle controparti centrali che regolano le transazioni in euro, stabilendone un requisito di ubicazione all’interno di uno Stato membro dell’Eurosistema, oltre una certa esposizione creditizia [127], è stato ritenuto impugnabile in considerazione di alcune sue specifiche caratteristiche. Il medesimo sarebbe stato infatti idoneo a produrre effetti giuridici in base al suo tenore letterale, al contesto nel quale si iscriveva, alla sua sostanza nonché alla luce delle intenzioni dell’autorità emanante. In particolare, per i giudici sarebbe stata fondamentale, ai fini dell’accoglimento del ricorso, la percezione dell’atto impugnato da parte dei destinatari: pur in assenza di obblighi formali e malgrado la denominazione prescelta dall’autore, le autorità di regolazione nazionali lo avrebbero infatti “percepito” come obbligatorio, con conseguenze potenzialmente lesive degli interessi delle controparti centrali non rispondenti ai criteri formulati nel quadro di riferimento.

I fattori chiave per valutare l’elemento della percezione risiederebbero nella pubblicità dell’atto e nella sua formulazione letterale (c.d. wording), che avrebbe carattere “imperativo” e non meramente indicativo. Il caso è stato accolto dal Tribunale anche nel merito [128].

Anche a livello nazionale, la giurisprudenza amministrativa degli Stati mem­bri si è trovata ad affrontare la questione, ammettendo la possibilità del controllo giurisdizionale e della ricevibilità del ricorso per ottenere l’annul­la­mento di atti non giuridicamente vincolanti.

Come sottolineato supra, infatti, gli strumenti di soft law, sia nel diritto interno che in quello europeo, nonostante la loro natura non cogente, possono esercitare un’influenza determinante sul comportamento dei destinatari, sollevando in tal senso il problema di come garantire a chi subisce una lesione della propria posizione soggettiva il diritto a essere tutelato. La soluzione proposta dal Consiglio di Stato francese sul punto appare degna di grande attenzione [129].


4.1. I recenti approdi del Conseil d’État

Nel 2016, il Conseil d’État si è trovato a esaminare, con la sentenza sul caso Fairvesta international GMBH [130], un ricorso depositato da una società tedesca, la Fairvesta International, insieme ad altre società appartenenti al Gruppo omonimo [131], contro tre comunicati dell’Autorité des marches financiers [132] (d’ora in avanti AMF), pubblicati sul sito web di quest’ultima, nella sezione dedicata agli avvertimenti rivolti agli investitori [133]. I ricorrenti chiedevano ai giudici l’annullamento di tali atti [134] e un risarcimento per i danni economici e di immagine generati dai medesimi.

La questione dirimente riguarda, pertanto, la natura giuridica dei comunicati emanati dall’AMF, con i quali venivano invitati i risparmiatori a tenere una serie di comportamenti prudenti al fine di compiere scelte ben ponderate.

In base al quarto comma dell’art. L621-18 del Code monétaire et financier [135], l’AMF, che è un’autorità amministrativa indipendente investita della vigilanza sui mercati finanziari [136], può rendere pubbliche le osservazioni che si trova a dover rivolgere a un emittente o comunque tutte le informazioni che ritiene necessario vengano diffuse. Tale attività di comunicazione è una delle modalità con cui l’autorità di regolazione svolge il proprio compito istituzionale di assicurare la protezione del risparmio e la trasparenza del mercato [137]. A tal fine, l’AMF può redigere altresì dei pareri che prendono la forma di avvertimenti aventi come destinatari determinati operatori di mercato oppure i risparmiatori in generale [138], volti a segnalare l’esistenza di pratiche rischiose e irregolari, che concernono qualsiasi tipo di investimento offerto al pubblico in Francia, non solo quelli proposti dagli operatori soggetti alla sua supervisione. Questi atti, che esprimono l’opinione dell’autorità su un tema specifico e un particolare caso, una volta pubblicati [139], assumono una portata generale: da un lato, agiscono come strumento di prevenzione, atto a scongiurare l’in­ve­rarsi di determinate condotte da parte dei destinatari; dall’altro, indicando a soggetti che si trovano nella medesima situazione il giusto comportamento da tenere, contribuiscono alla definizione dei principi che sovraintendono la disciplina dei mercati finanziari.

Con la decisione sul caso Fairvesta, il Conseil d’État ha deciso di estendere il proprio controllo giurisdizionale [140] ai comunicati stampa dell’AMF – atti di soft law molto utilizzati nell’ambito della regolazione finanziaria –, di cui ha inteso esaminare la legalità [141], tenuto conto della loro natura e delle loro caratteristiche, così come del potere discrezionale del soggetto che li ha adottati.

Un tale scelta, ispirata ad una logica di pragmatismo, contribuisce ad un avanzamento sul piano del diritto, con riferimento al cambiamento che la stessa determina rispetto alla forte tradizione che lega, nell’ordinamento francese, la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo solo a determinati tipi di atti, ovvero quelli “decisori”, che stabiliscono obblighi o diritti.

Nel diritto francese, gli atti amministrativi si distinguono infatti in atti di tipo decisorio e non decisorio [142], intendendosi per i primi quegli atti che sono idonei a incidere sull’ordinamento giuridico e che, per tale motivo, possono essere impugnati [143].

L’evoluzione verso il nuovo approccio “sostanzialistico” è avvenuta però gradualmente, perché il Conseil d’État aveva già accettato, nel corso degli anni, di esaminare la legalità di talune forme atipiche di intervento pubblico, indipendentemente dalla loro capacità di modificare l’ordinamento giuridico, come le direttive [144] o le linee guida. Queste ultime, in particolare, vengono impiegate dalla pubblica amministrazione per definire gli orientamenti generali sul­l’eser­cizio del potere discrezionale [145], ovvero per fornire indicazioni sulle modalità di estrinsecazione della propria condotta. Sono considerate atti opponibili e invocabili in sede giurisdizionale, in quanto, per l’amministrazione possono costituire una base di riferimento per motivare e giustificare le proprie decisioni, mentre, per gli amministrati, possono rappresentare un mezzo di cui avvalersi nei confronti sia dell’amministrazione, al fine di ottenere una decisione favorevole o per contestare una decisione già presa, sia del giudice, per opporsi ad atti amministrativi fondati su di esse.

Lo stesso vale anche per le cosiddette “circolari normative” [146] o le “circolari interpretative imperative” [147]. In tutti questi casi, ciò che rileva è il contenuto dell’atto dal quale deriva la sua forza normativa, intesa come capacità di determinare l’azione dei soggetti a cui lo stesso è destinato.

La sentenza del 2016, che segna un momento di ulteriore fondamentale svolta, si fonda su due principali assunti: taluni atti di soft law – raccomandazioni, pareri, avvertimenti e dichiarazioni – adottati dalle autorità di regolazione possono contenere precetti generali e imperativi o prescrizioni individuali, la cui mancata osservanza può essere poi sanzionata dal regolatore [148] e in tal senso devono poter essere impugnati; essi possono essere altresì contestati in giudizio qualora siano idonei a produrre effetti significativi, soprattutto di tipo economico, o siano volti a influenzare il comportamento dei loro destinatari [149].

La prima affermazione implica che gli atti di soft law e la non adesione a quanto da essi prescritto siano un presupposto della sanzione, ragione per la quale il ricorso contro gli stessi viene ammesso.

Per quanto attiene alla seconda, invece, il controllo giurisdizionale è connesso all’influenza – che deve essere significativa [150] – esercitata dagli atti di diritto flessibile sugli operatori di mercato. Nella sentenza sul caso Fairvesta, si sottolinea come la pubblicazione dei comunicati da parte dell’AMF abbia causato, in termini fattuali, una drastica riduzione nella sottoscrizione dei prodotti di investimento venduti dalla società tedesca in Francia. Facendo leva sulle conseguenze economiche dei medesimi, il giudice amministrativo francese ha così elaborato un nuovo criterio giudiziale per permettere l’accesso alla giustizia a chi ha subito una lesione della propria posizione soggettiva.

Tale nuovo parametro su cui si fonda l’adattamento del controllo giurisdizionale all’evoluzione delle tecniche amministrative, è stato nuovamente utilizzato nell’ambito di una sentenza pronunciata nel luglio 2019, nella quale il Conseil d’État ha applicato la «giurisprudenza Fairvesta» a un altro tipo di atto di diritto flessibile [151]. In questo caso, però, i significativi effetti pratici, in forza dei quali il ricorso veniva ammesso, non riguardavano gli aspetti economici bensì la reputazione del destinatario – un deputato della Repubblica – ovvero le conseguenze arrecate sull’immagine pubblica di quest’ultimo dalla pubblicazione dell’atto impugnato [152].

Sono molte le questioni che rimangono aperte, come ad esempio il problema dell’attualità del danno: il giudice deve infatti basarsi sugli effetti che l’atto è suscettibile di determinare, dunque su una proiezione futura delle conseguenze dallo stesso prodotte sulla sfera giuridica dei destinatari oppure operare in un contesto di pregiudizio ormai conclamato? Tale questione si riflette sui termini per ricorrere, che dovrebbero decorrere, secondo l’impostazione tradizionale, dal momento della pubblicazione della comunicazione. Nell’ambito di un ricorso basato sugli effetti di un atto, però, non si tratta tanto di valutare la conoscenza di quest’ultimo da parte dei suoi destinatari, quanto di consentire agli interessati di definire le conseguenze (significative) che esso produce sulla loro sfera di interessi.

Inoltre, si osserva che il ricorso a categorie metagiuridiche, quale è la categoria degli “effetti significativi”, sta diventando sempre più rilevante, anche sul piano delle decisioni giurisdizionali. Tale fenomeno sembra rappresentare una delle diverse manifestazioni dell’affermazione «dell’irrazionalismo nell’or­di­na­mento dello stato di diritto» che sarebbe invece «improntato sostanzialmente a criteri di razionalità» [153].


4.2. Gli atti di moral suasion nell’interpretazione del giudice amministrativo italiano

Come in Francia, anche in Italia i giudici amministrativi hanno pronunciato sentenze significative sugli strumenti di diritto flessibile adottati dalle autorità di regolazione nei mercati finanziari. In particolare, si può fare riferimento ad un caso del 2002 [154], nel quale una determinazione della Consob, di cui è stata data notizia con un comunicato stampa, finalizzata a informare il mercato sull’orientamento regolatorio dell’autorità, è stata considerata come un atto autonomamente impugnabile. Segnatamente, la stessa è stata ritenuta capace di incidere sulla sfera degli interessi dei soggetti destinatari, essendo simile, per il suo contenuto valutativo, a un’espressione di giudizio (racchiudente per lo più valutazioni di discrezionalità tecnica) ed esercitando, proprio in ragione di tale contenuto di accertamento, una considerevole influenza sui rapporti economici.

L’attenzione dei giudici si concentra sull’esigenza di tutela giurisdizionale [155] espressa dagli attori di mercato. Data la particolare credibilità e autorevolezza che competenza tecnica e ruolo istituzionale le conferiscono, l’operato della Consob sarebbe assistito da una presunzione di legittimità e correttezza, che genera nei destinatari degli atti dalla stessa adottati un legittimo affidamento.

Nella sentenza viene così stabilito che alcune attività riconducibili alla c.d. “persuasione morale” del regolatore sono espressione di supremazia pubblicistica, nonché strumenti con i quali questi contribuisce a creare certezza giuridica e pertanto a influenzare il mercato. Gli operatori sono di fatto “vincolati” dalle indicazioni dell’autorità di regolazione, che è depositaria della loro fiducia. Tale conclusione è essenziale per il TAR al fine di affermare l’esistenza di un potenziale danno sulla cui base ammettere il ricorso contro gli atti di soft law, che contengono e veicolano, a causa dell’autorevolezza e della competenza tecnica dell’autorità che li adotta, un punto di vista particolarmente influente e imparziale (ovvero neutrale), coerente con la funzione istituzionale ad essa attribuita dalla legge (artt. 5 e 91 del TUF).

In un caso precedente, il giudice amministrativo aveva esaminato un atto che conteneva una risposta dell’autorità a un esposto inviato dal ricorrente, riguardante l’interpretazione di un articolo del TUF [156]. Anche in questa occasio­ne, l’atto di diritto flessibile – una comunicazione della Consob – veniva con­siderato, in senso ampio, un atto amministrativo, adottato nell’esercizio di un potere amministrativo [157]. Infatti, anche se veniva riconosciuta la natura non vincolante dello strumento, si riteneva determinante ai fini di tale inquadramento il riscontro dell’idoneità di quest’ultimo a incidere sulla sfera giuridica dei regolati [158].

In un’altra pronuncia, l’interesse pubblico perseguito dalle autorità di regolazione – per la Consob, la tutela dei risparmiatori nei mercati finanziari – veniva riconosciuto come intrinsecamente legato all’interesse obiettivo al rispetto della legalità, a salvaguardia di valori costituzionali (ad esempio la tutela del risparmio) [159]. Gli strumenti di soft law contribuirebbero, in forza di tale lettura, a proteggere gli investitori, orientandoli e aiutandoli ad acquisire una maggiore consapevolezza [160], valore che riveste una somma importanza in questo tipo di mercati caratterizzati dalla presenza di transazioni rapide e continue [161]. Il controllo operato dal giudice amministrativo è volto ad assicurare che l’au­to­rità, nello stabilire le regole per gli attori di mercato, rispetti però anche le regole preordinate al corretto svolgimento della propria funzione [162].

La qualificazione, da parte della Consob, di fatti e rapporti che accadono e si instaurano nel mercato e dei parametri da cui tale qualificazione viene desunta, costituisce, infine, una regola alla quale la stessa autorità si deve attenere nel futuro e nella quale possono giustificatamente riporre affidamento sia gli operatori strettamente interessati sia tutti gli altri soggetti del mercato [163].

Nell’ordinamento italiano, la giurisprudenza sembra dunque valorizzare il concetto “supremazia pubblicistica” – che corrisponde alla funzione di vigilanza [164] – per sancire la potenziale incisività degli atti di persuasione morale, e pertanto la possibilità di ricorrere contro i medesimi.

Stabilire un criterio risulta fondamentale anche per evitare il rischio di un’eccessiva relativizzazione che andrebbe a rendere sempre più incerto lo scenario. Tale esigenza di chiarezza si impone ancora di più a seguito della creazione del Sistema europeo di vigilanza finanziaria nonché dell’Unione bancaria, che hanno reso la soft law europea il riferimento imprescindibile per la regolazione dei mercati finanziari. Le autorità domestiche si trovano oggi a dover sovente “recepire” quanto già stabilito da atti di diritto flessibile delle autorità europee [165], i quali finiscono così per plasmare le regole del gioco.

Talvolta però i “precetti” in essi contenuti paiono confliggere con alcuni principi cardine della nostra costituzione economica e segnatamente con la tutela del risparmio e del credito. Emblematica è a questo riguardo la nota vicenda della raccomandazione dell’European Banking Authority (EBA) del 2011, relativa alle esigenze di ricapitalizzazione delle banche [166], che richiedeva alle stesse di rafforzare la propria posizione patrimoniale, costituendo, entro breve tempo, un buffer di capitale eccezionale e temporaneo [167]. Siffatta previsione ha suscitato diverse critiche [168], in particolare da parte dell’Asso­ciazione bancaria italiana (ABI) [169], che ha rilevato la potenziale perniciosità dell’imposizione di una maggiore patrimonializzazione degli enti creditizi, con riguardo alla congiuntura economica e dunque ai riflessi sull’economia reale. I medesimi avrebbero avuto, infatti, a causa della ricapitalizzazione, grandi difficoltà a continuare a erogare credito, con conseguente accentuazione del rischio di recessione per il paese [170].

Qui la “supremazia pubblicistica” che sorregge l’atto di soft law è rafforzata dallo specifico assetto istituzionale e normativo venutosi a creare in risposta alla crisi finanziaria [171], che vede l’EBA investita del potere di emanare orientamenti e raccomandazioni accompagnati da un vero e proprio onere di adeguamento salvo giustificata motivazione da parte delle autorità nazionali [172]. Risulta pertanto fondamentale rendere possibile l’impugnazione di tali atti, data la loro forte capacità impositiva [173].

L’ABI, com’è noto [174], ha in quel caso rinunciato a proporre ricorso alla Corte di Giustizia avverso la raccomandazione, dopo aver ritenuto non praticabile la strada dell’impugnazione presso la Commissione di ricorso delle autorità di vigilanza europee [175].

Altra significativa vicenda è rappresentata dalla Comunicazione del 2013 sul settore bancario, con la quale la Commissione europea ha sancito che il ricorso ai fondi di garanzia dei depositanti può costituire un aiuto di Stato, nel caso di loro utilizzo finalizzato al sostegno degli enti creditizi in difficoltà (dunque con funzione diversa da quella istituzionale di rimborso dei depositi) [176]. Le previsioni contenute in tale atto di soft law, dichiarato non vincolante dalla Corte di Giustizia [177], si sono dimostrate idonee a limitare la piena attuazione di quanto stabilito dalla direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi. Quest’ultima, atto invece giuridicamente vincolante [178], riconosce, infatti, espressamente l’ammissibilità di un loro intervento sia in via preventiva, al fine di impedire il deterioramento delle crisi bancarie, sia nella fase di liquidazione coatta amministrativa.

Il forte restringimento dei margini di azione degli schemi assicurativi, che l’atto della Commissione comporta, compromette di fatto la possibilità per gli stessi di agire, proponendosi come strumento di preservazione della fiducia collettiva nel sistema bancario, in funzione di salvaguardia della stabilità finanziaria [179] e del risparmio.

Nei due casi descritti siamo di fronte ad atti che per la particolare autorevolezza dell’autorità emanante (e per le altre ragioni viste supra), risultano assai “effettivi” quanto a grado di osservanza da parte dei destinatari mentre sembrano, su altro piano, arrecare un vulnus, nella misura in cui, per una sorta di “eterogenesi dei risultati”, rendono meno effettiva la protezione di alcuni interessi tutelati dall’ordinamento.

Emerge ulteriormente, anche sotto questo profilo, l’importanza del controllo giurisdizionale volto a porre sotto esame l’esercizio del potere, anche se, in assenza di una visione chiara di sistema, la questione della qualificazione dell’efficacia giuridica degli atti di soft law, continuerà a dipendere da un’analisi caso per caso [180], dando luogo, in questo modo, a equilibri solo precari e temporanei [181].


5. Giudice, regolati e regolatore: verso una lettura soggettiva e consequenzialista?

Se compariamo i due approcci giurisprudenziali, quello francese e quello italiano, possiamo osservare che entrambi riguardano la natura del potere esercitato in concreto dall’autorità di regolazione. La recente giurisprudenza amministrativa francese, però, sembra esplorare questioni aggiuntive.

In particolare, ciò che appare emergere dall’analisi della decisione del Conseil d’État è lo sviluppo di una “griglia di lettura” fondata su “fattori di tipo soggettivo” [182], quali l’impatto economico dell’atto adottato dal regolatore [183] – lo strumento di soft law – sul destinatario – i soggetti regolati [184]. È quindi ravvisabile una trasformazione di non poco conto, nella misura in cui, secondo tale prospettiva, la relazione tra regolatore e soggetti regolati diviene fondamentale, essendo i secondi al centro dell’attenzione del giudice [185].

L’impostazione della giurisprudenza amministrativa italiana fa leva an­ch’es­sa sull’impatto dell’atto sui destinatari, nei termini della loro legittima aspettativa, ma rimane altresì legata al concetto di “supremazia pubblicistica”, collegata all’esercizio di poteri amministrativi, dal quale origina l’autorevolezza – nel senso legale-razionale di Weber – dell’autorità di regolazione.

In entrambi i casi, la giustiziabilità dell’atto, dal momento che consente di valutare la sua legittimità e aderenza ai principi di diritto, deve essere accolta con favore, essendo fondamentale per rendere la soft law coerente e conciliabile con i valori di fondo del nostro sistema [186].

La prospettiva sostanziale e soggettiva delineata dai recenti sviluppi della giurisprudenza amministrativa francese appare però riflettere una tendenza che merita di essere approfondita con ulteriori e più ampie considerazioni.

L’AMF, nell’esempio analizzato, utilizza i suoi poteri “de facto” per regolare i potenziali comportamenti degli investitori, cercando di orientarli in modo da garantire il raggiungimento dell’obiettivo generale della regolazione: la tutela del risparmio. Per fare questo, ricorre al droit souple, che risulta così legato al­la sua missione regolatoria. L’atto di dritto flessibile si trova dunque a svolgere un ruolo di tipo latamente “pedagogico”, avendo il compito di invitare i risparmiatori, più in generale, a essere prudenti prima di compiere degli investimenti o farsi coinvolgere in operazioni rischiose, anche quando queste ultime non sono soggette alla disciplina normativa sulla cui osservanza il regolatore è chiamato a vigilare [187].

In tal senso, è stato inferito in dottrina che al centro dell’analisi non vi dovrebbe essere la soft law bensì il concetto di soft power, e ciò sembrerebbe emergere proprio con riguardo al caso Fairvesta [188]. Secondo tale interpretazione, i poteri flessibili o leggeri esercitati in quella circostanza dall’AMF potrebbero infatti essere ricondotti ad un’altra nozione di origine anglosassone, elaborata nell’ambito delle c.d. scienze comportamentali: il nudging o nudge (a seconda che si prediliga il verbo o il sostantivo) [189]. Trattasi di un sistema di in­centivi non economici volto a indirizzare il comportamento degli attori di merca­to [190], senza ricorrere alle più tradizionali forme della regolazione “command-based [191], ovvero alla coercizione diretta. Le strategie regolatorie di que­sto tipo incidono sulle scelte dei soggetti regolati basandosi sulla psicologia, sull’economia comportamentale e sui risultati di studi neuroscientifici [192] relativi al comportamento, le norme sociali e gli errori cognitivi – ovvero quegli errori che impediscono agli individui di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono [193] –, cercando di neutralizzarne l’influenza negativa [194]. Siffatta lettura fondata sul collegamento tra poteri flessibili e nudging mostra però alcune criticità, dal momento che la peculiarità di quest’ultimo non risiede tanto nell’as­sen­za di coercizione (come nel caso della soft law), quanto invece nella capacità delle re­gole di sfruttare (nel caso del nudging vero e proprio) dei bias com­porta­men­tali o di aiutare i propri destinatari a superarli. A quest’ultimo riguardo si parla di empowerment [195], educative nudging [196] o means paternalism [197].

L’attenzione rivolta all’influenza sul comportamento dei destinatari della regolazione, al di là dei concetti dell’economia comportamentale, però implica anche altre considerazioni di tipo extra-giuridico.

Una regolazione efficiente [198] dovrebbe, del resto, essere aperta a diverse logiche per quanto attiene agli strumenti e alle strategie regolatorie.

Partendo proprio dalla relazione tra regolatore e attori di mercato e dall’im­patto soggettivo delle misure di regolazione sui destinatari della regolazione, al­cuni studi, fondandosi sull’analisi linguistica e la teoria degli atti di linguaggio, si sono recentemente focalizzati sulla dimensione comunicativa della rego­lazione dei mercati finanziari [199]. Le questioni linguistiche veicolate dagli stru­menti di soft law, da tale prospettiva, divengono parte integrante dell’ap­proccio regolatorio [200]. Le parole del regolatore sono concepite come atti “perlo­cutori” o performativi, ovvero atti del linguaggio che sono finalizzati a produrre degli effetti [201].

Lo studio dell’impatto delle parole sulle pratiche dei consociati rientra nel­l’am­bito della sociologia economica – che si concentra sulle conseguenze endogene negative e positive delle interdipendenze e interazioni tra regole di mercato e pratiche degli attori di mercato – che può fornire interessanti spunti di riflessione. Nel caso Fairvesta, infatti, i comunicati dell’AMF possono essere interpretati come atti perlocutori, dal momento che il giudice li ha ritenuti capaci di incidere sul comportamento dei soggetti regolati, nonché idonei a produrre effetti significativi, specialmente di tipo economico.

Ciò che rileva è il legame tra il modo in cui l’atto è stato formulato e l’in­ten­sità delle sue conseguenze, infatti, le strutture linguistiche e le formule utilizzate dal regolatore divengono elementi chiave per verificare il grado di coercitività e vincolatività riconducibile all’atto amministrativo [202].

 Giova sottolineare, a tale riguardo, che, nel campo degli studi giuridici, sono state introdotte, già da tempo, le c.d. “norme costitutive”, tributarie di due di­versi approcci teorici sorti nell’ambito dell’analisi del linguaggio: la distinzione tra regole regolative e regole costitutive e lo studio degli enunciati performativi [203]. Questi ultimi coincidono con gli enunciati che producono appunto il fat­to di cui parlano, ovvero non si limitano a descrivere la realtà ma sono in gra­do di modificarla. Essi sembrano poter assumere una loro utilità nello studio di quelle norme giuridiche che, almeno formalmente, appaiono non avere un significato prescrittivo.

Infine, la soft law nei mercati finanziari può essere anche analizzata come strumento per implementare strategie regolatorie non solo avendo riguardo al suo impatto rispetto alle decisioni degli attori di mercato, ma anche alla sua idoneità a plasmare le regole di organizzazione interna di questi ultimi. Gli strumenti di diritto flessibile andrebbero così a fornire un quadro di riferimento per la definizione dei sistemi di gestione e di controllo, secondo delle modalità di tipo adattativo. Nell’ordinamento italiano, un esempio di ciò è rappresentato dalle linee guida della Consob sulla gestione delle informazioni privilegiate e sulle raccomandazioni d’investimento, di attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di abusi di mercato (MAR) [204]. Esse servono a illustrare agli operatori come comportarsi nel processo di gestione di tali informazioni, al fine di agevolarli nell’operazione di rendere le loro procedure di organizzazione interna conformi alle esigenze di public disclosure. Tale strumento è finalizzato a realizzare una rassegna delle disposizioni normative e regolamentari relative agli abusi di mercato, onde orientare gli operatori fornendo loro una sorta di manuale operativo, ovvero un possibile prototipo di riferimento, da una parte basato su disposizioni cogenti e dall’altra su indicazioni della Consob.

Le linee guida, per loro espressa previsione, non hanno carattere prescrittivo e, se disattese, non implicano di per sé una violazione della disciplina. Ciò significa che la compliance con gli obblighi stabiliti dal diritto europeo e sovranazionale può essere realizzata anche in modi diversi rispetto a quelli suggeriti dal regolatore. L’adozione di comportamenti alternativi non è in sé sanzionabile, dato che quello che conta è l’effettivo rispetto delle prescrizioni del regolamento MAR. Al contempo, la mancanza di un’adeguata risposta organizzativa rende, però, più probabile per gli operatori la tenuta di un comportamento non in linea con le regole in esso stabilite. I destinatari della regolazione sono pertanto “vincolati” in base ad una logica di coerenza piuttosto che di conformità [205].


6. Considerazioni conclusive

Il ricorso agli atti di soft law nei mercati finanziari solleva molte questioni problematiche. Nel contributo si è cercato di approfondire la complessità del fenomeno attraverso l’analisi del rapporto tra l’effettività di tali atti, quale capacità di influenzare dal punto di vista pratico (ma di conseguenza anche giuridico) le relazioni di mercato, e la giustiziabilità, quale possibilità di ricorrere in giudizio avverso i medesimi. Recenti sviluppi della giurisprudenza amministrativa sembrano invero rimettere in discussione il trade-off a lungo profilatosi tra questi due concetti. Un’interpretazione sostanzialistica del diritto flessibile, infatti, creando le condizioni per l’assoggettabilità di quest’ultimo al controllo giurisdizionale parrebbe tracciare un solco nel segno di una maggiore coerenza con i principi dello Stato di diritto.

Solo in questo modo, del resto, possono essere valorizzate le potenzialità della soft law quale efficace strumento di regolazione. Per un’autorità amministrativa può infatti risultare preferibile passare per la via dell’adesione piuttosto che della cogenza, sostituendo la pubblicazione di un parere all’imposizione di una sanzione. Una simile scelta strategica, per essere davvero tale, non deve però celare altri intenti, ovvero rappresentare un mezzo per aggirare il formalismo delle procedure che sono invece richieste dall’attivazione di un meccanismo sanzionatorio [206]. La soft law inoltre svolge, come sottolineato supra, un importante compito di coordinamento e dunque di unificazione del sistema. In tale ottica, la stessa, nel significato di post-law e para-law, contribuirebbe alla certezza del diritto [207], essendo funzionale alla standardizzazione delle regole, ovvero alla definizione, in una logica di complementarità, dell’ordine pubblico economico [208].

L’ammissibilità del ricorso giurisdizionale fondata sulla valutazione degli effetti che si verificano nella sfera degli interessi dei destinatari dell’atto impugnato è stata elaborata, nell’ordinamento giuridico francese, in base a una formula estremamente flessibile: prendendo in considerazione le conseguenze “soprattutto” di natura economica degli atti di droit souple.

Tutto ciò emerge come indice dell’affermazione, nel diritto, di un approccio di tipo consequenzialista, corrispondente alla necessità di tutela espressa all’interno di un mercato concorrenziale, secondo lo schema regolatorio [209] tale per cui l’autorità garantisce il rispetto delle regole della concorrenza a beneficio degli attori di mercato e dei consumatori. Autorevole dottrina interpreta una simile tendenza come il frutto del «passaggio da un ordine “naturale” ad un ordine costruito del mercato» nel quale l’efficienza di quest’ultimo «diviene un obiettivo politico in grado di giustificare addirittura il superamento della sovranità nazionale». In questo scenario, definito emblematicamente “epoca ordoliberale”, il legislatore sarebbe indotto a una produzione normativa frenetica e i giudici si trasformerebbero in «funzionari di un corpo amministrativo investito del compito di approssimare la realtà quanto più possibile al modello della concorrenza perfetta» [210].

Rispetto a tale assetto, sarebbe allora opportuno chiedersi se, un giorno, il giudice si troverà a basare le proprie decisioni anche su altri parametri [211], quali potrebbero essere ad esempio gli effetti di tipo sociale e ambientale di siffatta tipologia di atti, e chiedersi altresì, chi, in tal caso, tra i differenti portatori di interessi, avrà il diritto di ricorrere [212]. Questa considerazione risulta giustificata alla luce del processo di graduale potenziamento del ruolo delle Corti, anche in quanto garanti dei diritti e dell’unità e coerenza interna dell’or­di­namento, data l’assenza di una chiara opzione legislativa sui valori predominanti del sistema. Il giudice si trova, infatti, a condividere con l’autorità amministrativa il compito di stabilire e identificare i principi giuridici su cui si regge l’ordinamento, spesso mutuandoli dal diritto europeo [213]. Questi ultimi rivestono un ruolo sempre più rilevante, poiché, a causa della loro flessibilità e duttilità, si adattano ai casi concreti, anche se ciò comporta una minore prevedibilità del processo decisionale. Il loro uso contribuisce alla creazione di un approccio al diritto più fluido, facilitando un’osmosi tra ordini giuridici, ovvero tra sistemi di common law e di civil law, nonché la trasposizione di standard e criteri decisionali che derivano dall’ordinamento sovranazionale ed europeo [214].

Si osserva che una simile impostazione implica, però, una forte convergenza verso una regolazione prevalentemente market-oriented, o, per dirla con una terminologia meno anglosassone, verso una economia (sociale) di mercato fortemente concorrenziale [215], di matrice ordoliberale ovvero dominata «dalla neoliberale [216], e ben poco solidale, esaltazione della competitività» [217].

Se si considera la soft law uno strumento di regolazione, diviene quindi determinante individuare il quadro all’interno del quale essa viene elaborata, risultando, altresì, fondamentale garantire il rispetto e l’applicazione dei principi costituzionali. Questo anche al fine di evitare di incorrere nel pericolo di un diritto unicamente legato alle ragioni dell’efficienza, non prodotto dal dibattito tra le forze politiche in Parlamento [218]. In dottrina si evoca a tale riguardo il concetto (inquietante) di “depoliticizzazione del diritto” [219], legato a una dinamica di neutralizzazione del conflitto basata sulla «cupa religione del tecnicismo» [220] e sul conseguente spostamento del baricentro dalle questioni distributive a quelle allocative.

La medesima riflessione può essere fatta a fortiori se teniamo conto del fatto che spesso le regole poste dalle autorità di regolazione sono originate dagli standard imposti da quegli stessi mercati che esse sono tenute a regolare. L’intervento regolatorio è infatti sempre la conseguenza di una scelta, derivando da una specifica visione del mercato.

I mercati finanziari, in questo senso, risultano emblematici poiché sono regolati nei termini della microeconomia neoclassica e della teoria delle scelte razionali – sebbene mitigata e influenzata dall’economia comportamentale –, con un’attenzione precipuamente rivolta al comportamento dell’agente razionale, ovvero enfatizzando il carattere impersonale delle forze di mercato [221].

Una regolazione efficace dovrebbe, però, discernere le reali dinamiche dei mercati, andando oltre l’immagine presentata dai modelli teorici. Nel contesto dei mercati finanziari, del resto, possono essere considerate anche altre prospettive. Una lettura alternativa è ad esempio quella offerta dalla cosiddetta “concezione sociale del mercato”, che fornisce lo spunto per un’analisi sistematica dei meccanismi dei mercati finanziari, dei loro elementi istituzionali, sociali e tecnologici, dando attenzione alle interdipendenze che vi sono tra gli operatori, nonché agli effetti endogeni e imprevedibili che la regolazione può avere [222].

I recenti approdi della giurisprudenza amministrativa in materia di giustiziabilità degli atti di soft law mostrano che ogni evoluzione o cambiamento nell’approccio regolatorio e nelle strategie di regolazione deve essere sempre realizzato all’interno di una precisa cornice di valori, che è quella dello Stato democratico di diritto con le sue garanzie costituzionali.

Rimane adesso da capire se il ruolo di supplenza svolto dalle Corti nel­l’in­ter­pretare la funzioni e gli effetti della sotf law rappresenti, anch’esso, uno dei molteplici aspetti della trasformazione del sistema giuridico attualmente in corso – destinato a evolvere secondo equilibri episodici [223] e in base a una logica di valorizzazione della normatività intrinseca dei casi concreti [224] – oppure se un intervento del legislatore, volto a regolare tali fenomeni, sarà in grado, prima o poi, di invertire la tendenza.

L’intervento chiarificatore del legislatore risulterebbe necessario anche nel­l’ot­tica di contribuire alla sedimentazione di un modello di tutela giurisdizionale coerente e univoco, capace di scongiurare qualsiasi deriva verso periglio­se prospettive di rifeudalizzazione del diritto e della società [225].

Infine, sembra doveroso riflettere sul fatto che non è al giudice che può essere demandato il compito, che spetterebbe alle aule parlamentari, di operare una razionalizzazione del sistema. Questo, almeno, se si vuole evitare di correre il rischio che la «riparazione dell’irrazionalità» giunga gradualmente a sconfinare «in inaccettabili dilatazioni della capacità di intervento giudiziale che alla lunga conducono al gouvernement des juges» [226].


NOTE

[1] Secondo l’ampia definizione adottata dall’Ocse, per regolazione deve intendersi «the diverse set of instruments by which governments set requirements in enterprises and citizens»specificando poi che: «Economic regulations intervene directly in market decisions such as pricing, competition, market entry, or exit», OCSE, Report on Regulatory Reform: Synthesis, Parigi, 1997, p. 6. La letteratura sull’argomento è estremamente vasta e comprende approcci dottrinari diversi, tendenti in molti casi a includere, con riferimento precipuo alla dottrina italiana, la materia antitrust nella nozione di regolazione. Ex multis, cfr. M. D’ALBERTI, Riforma della regolazione e sviluppo dei mercati in Italia, in G. TESAURO-M. D’ALBERTI (a cura di), Regolazione e concorrenza, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 171 ss.; D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Una introduzione, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 75; A. ZITO, voce Mercati (regolazione dei), in Enc. dir., Annali III, Giuffrè, Milano, 2010, p. 805 ss. In altri casi, si è cercato invece di offrire una lettura più circoscritta del concetto, facendolo coincidere con gli interventi delle autorità amministrative indipendenti titolari di poteri regolatori, cfr. S. CASSESE, Regolazione e concorrenza, in G. TESAURO-M. D’ALBERTI (a cura di), op. cit. p. 12; ID., Dalle regole del gioco al gioco con le regole, in Merc. conc. reg. ., 2, 2002, p. 266. Per una ricostruzione delle accezioni di regolazione nella teoria economia e nella scienza politica, cfr. A. LA SPINA-G. MAJONE, Lo Stato regolatore, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 23 ss. Sul tema, cfr. anche R. BALDWIN-M. CAVE-M. LODGE, Understanding Regulation. Theory, Strategy and Practice, Oxford University Press, Oxford, 2012; C. COGLIANESE-R.A. KAGAN, Regulation and Regulatory Processes, Ashgate, Aldershot, 2007; G. MARCOU, La notion juridique de régulation, in AJDA, 7, 2006, p. 347 ss.; N. RANGONE, voce Regolazione, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. V, Giuffré, Milano, 2006. p. 5057 ss.; M. DE BENEDETTO, La qualità della funzione regolatoria: ieri, oggi e domani, in www.historiaetius.eu, 9, 2016, p. 1 ss.; P. LAZZARA, La regolazione amministrativa: contenuto e regime, in Dir. amm., 2, 2018, p. 337 ss. Sulla distinzione tra social ed economic regulation, cfr. A. OGUS, Regulation. Legal Form and Economic Theory, Clarendon Press, Oxford, 1994.

[2] Sulla “durezza” come caratteristica genetica del diritto, cfr. M.R. MARELLA, Metti un po’ di softness nell’hard law. A proposito di donne, diritto e nuove forme regolative, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Giappichelli, Torino, 2009, p. 101 ss.

[3] La distinzione più comune è quella tra razionalità secondo il fine (Zweckrationalität) e razionalità di valore (Wertrationalität). Cfr. M. WEBER, Il lavoro intellettuale come professione. Due saggi, Einaudi, Torino, 1966. La prima consiste nella capacità di formulare un giudizio di convenienza tra i fini e di adeguatezza tra i mezzi; la seconda postula invece fini assoluti e non comparabili.

[4] Weber, analizzando la questione della legittimazione del potere, enuclea tre diverse forme di autorità: quella tradizionale, quella carismatica e quella legale, che egli definisce appunto “legale-razionale”. Quest’ultima si realizza quando il potere poggia sulla legalità di ordinamenti statuiti e sul diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitarlo (potere legale) in base ad essi. Cfr. M. WEBER, Economia e società, vol. I, Einaudi, Torino, 1999. Cfr. anche A. RONCAGLIA, L’età della disgregazione. Storia del pensiero economico contemporaneo, Laterza, Roma-Bari, 2019.

[5] Sembra potersi utilmente evocare la distinzione romana tra potestas e auctoritas, richiamata in P. ROSANVALLON, La legittimità democratica. Imparzialità, riflessività, prossimità, Rosenberg & Sellier, Torino, 2015, pp. 138-139, per sottolineare, con riferimento alle autorità amministrative indipendenti, l’esistenza di una regolazione politica non legata solo al riconoscimento di una relazione di tipo gerarchico tra poteri. In particolare, Rosanvallon, per avvalorare questa riflessione, cita il giurista tedesco Mommsen secondo il quale: «l’auctoritas è meno di un ordine e più di un consiglio: è un consiglio che ci si può difficilmente dispensare dal seguire», cfr. T. MOMMSEN, Le Droit public romain, tomo VII, De Boccard, Paris, 1891, p. 232. Sul concetto di auctoritas in relazione, invece, alla figura dei giudici, cfr. E. NAVARRETTA, Costituzione, Europa e diritto privato. Effettività e «drittwirkung» ripensando la complessità giuridica, Giappichelli, Torino, 2017, pp. 170-171.

[6] Gli effetti positivi o negativi di una comunicazione istituzionale dell’autorità di regolazione, motivata da ragioni di trasparenza, sulla reputazione di una società possono essere molto più importanti rispetto a quelli di un atto di hard law. Il solo fatto di mettere in evidenza dei comportamenti “scorretti” o eventuali carenze di determinati soggetti, conduce questi ultimi a modificare la propria condotta. Tale pratica regolatoria, invalsa nei mercati finanziari e fondata sulla “reputazione” o trasparenza, viene definita, con termine anglosassone, “sunshine regulation”. Sul punto cfr. L. DUTHEILLET DE LAMOTHE-G. ODINET, Un recours souple pour le droit souple, in AJDA, 13, 2016, p. 718.

[7] Cfr. N. IRTI, Calcolabilità weberiana e crisi della fattispecie, in Riv. dir. civ., 5, 2014, p. 987 ss.; F. DENOZZA, In viaggio verso un mondo re-incantato? Il crepuscolo della razionalità formale nel diritto neoliberale, in Osservatorio del diritto civile e commerciale, 2, 2016, p. 420; A. SCIARRONE ALIBRANDI, La certezza del diritto dell’economia tra attività del regolare e attività del giudicare, in Analisi giur. econ., 2, 2018, p. 276. Sul tema, cfr. anche A. CARLEO (a cura di), Calcolabilità giuridica, Il Mulino, Bologna, 2018.

[8] Ogni decisione giuridica concreta è l’applicazione di un principio giuridico astratto a una fattispecie concreta, M. WEBER, Economia e società, vol. II, Einaudi, Torino, 1999, p. 17.

[9] Strettamente correlati, dato che nello Stato di diritto tutti i poteri sono soggetti alla legge, la cui applicazione è separata e indipendente dalla sua produzione, su cui cfr. C. SALVI, Diritto postmoderno o regressione premoderna?, in Eur. dir. priv., 3, 2018, p. 872. Con il principio di legalità la razionalità esce dalla «filosofia dello Stato» ed entra nel diritto positivo e specificamente nel diritto amministrativo, cfr. F. MERUSI, La legalità amministrativa. Altri sentieri interrotti, Il Mulino, Bologna, 2012, p. 63.

[10] Per queste riflessioni, cfr. N. IRTI, Un diritto incalcolabile, Giappichelli, Torino, 2016, p. 34 ss. Risale a Weber l’idea che la formazione della burocrazia, cioè un insieme organizzato di persone che lavorano a titolo professionale per le pubbliche amministrazioni, abbia costituito il nucleo essenziale per la nascita dei moderni Stati costituzionali in Europa, cfr. sul punto F. MANGANARO, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, in Dir. amm., 4, 2019, p. 743.

[11] La flessibilità del diritto post-moderno implica la sua capacità di adattarsi all’evoluzione del reale, cfr. J. CHEVALLIER, Vers un droit post-moderne ? Les transformations de la régulation juridique, in RDP, 3, 1998, p. 679 ss. Cfr. anche E. PICOZZA, Teorie postmoderne del diritto e diritto amministrativo, in E. FOLLIERI-L. IANNOTTA (a cura di), Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2010, p. 203 ss.; M. RAMAJOLI, Diritto amministrativo e postmodernità, in R.E. KOSTORIS (a cura di), Percorsi giuridici della postmodernità, Il Mulino, Bologna, 2017, p. 199 ss. L’A. sottolinea come nel diritto amministrativo, pre-modernità, modernità e post-modernità coesistano. Si veda inoltre P. GROSSI, Introduzione al Novecento giuridico, Laterza, Roma-Bari, 2012.

[12] Sul punto cfr. F. DENOZZA, In viaggio verso un mondo re-incantato? Il crepuscolo della razionalità formale nel diritto neoliberale, cit., p. 419. L’autore si domanda se un diritto come quello attuale, che sembra essere diventato sostanzialmente incalcolabile, si muova ancora nell’alveo della modernità, stia tornando al mondo incantato del premoderno o avanzi piuttosto verso un irrazionalismo postmoderno.

[13] Cfr. in tal senso C. SALVI, Diritto postmoderno o regressione premoderna?, cit., p. 868. L’Autore parla di «“giudice legislatore”, con il suo portato di soggettivismo interpretativo», analizzando quello che egli definisce il nesso tra la fenomenologia giuridica del postmoderno e l’odierna struttura neoliberista del capitalismo. I caratteri della fenomenologia giuridica postmoderna sarebbero riassumibili in: diversificazione delle fonti, legislazione sovrabbondante e deforme, giurisprudenza creativa. Sul punto cfr. anche M. RABITTI, Il ruolo della Corte di Giustizia nel diritto dell’economia, in Analisi giur. econ., 2, 2018, che afferma che «L’epoca in cui viviamo è caratterizzata da mutamenti significativi che incidono sul rapporto tra regolazione (specie dei mercati) e interpretazione delle regole, a tutto favore del ruolo della giurisprudenza che, specie se di grado superiore, diviene il principale artefice del diritto».

[14] Con conseguente intensificarsi della produzione delle regole, cfr. S. VOGEL, Freer markets, more rules, Cornell University Press, Ithaca, NY, 1996.

[15] Il concetto di negoziazione differisce da quello di deliberazione: il primo indica, infatti, un meccanismo transattivo riguardante interessi individuali, laddove il secondo si riferisce alla ricerca dell’interesse generale. La negoziazione delle regole, al pari del policentrismo regolatorio, può dare luogo ad una scarsa qualità delle stesse, cfr. per questi temi M. DE BENEDETTO-M. MARTELLI-N. RANGONE, La qualità delle regole, Il Mulino, Bologna, 2011.

[16] Cfr. sul punto F. MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti. Un romanzo quasi giallo, Il Mulino, Bologna, 2000. Per le autorità amministrative indipendenti si è soliti ritenere che la legalità procedurale (o legittimazione procedimentale) conferisca loro la caratteristica della democraticità. Per quanto attiene, invece, ai profili di legittimità istituzionale, la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali ha elaborato, nel 1997, un progetto organico di riforma costituzionale, che non ha poi avuto seguito, nel quale si prevedeva l’inserimento in Costituzione di una serie di norme specifiche sulle Autorità amministrative indipendenti. Tali disposizioni avrebbero fornito una risposta ai dubbi sollevati da coloro che ritengono che la Costituzione del 1948, fondata sul principio della responsabilità ministeriale (art. 95), non consenta l’istituzione di apparati amministrativi non collegati al Governo o a un qualche ministero di riferimento, sul punto cfr. M. CLARICH, Le autorità indipendenti nello “spazio regolatorio”: l’ascesa e il declino del modello, in Dir. pubbl., 3, 2004, p. 1043.

[17] Cfr. M. RAMAJOLI, Self regulationsoft regulation hard regulation nei mercati finanziari, in questa Rivista, 2, 2016, p. 60 ss. L’autrice sottolinea come la soft law possa essere interpretata quale una delle molteplici espressioni della soft regulation, intesa come tecnica regolatoria atta a evitare una regolazione intrusiva a vantaggio di una regolazione più flessibile. 

[18] Cfr. A. ZOPPINI, L’effettività in-vece del processo, in G. GRISI (a cura di), Processo e tecniche di attuazione dei diritti. Omaggio a Salvatore Mazzamuto a trent’anni dal convegno palermitano, Jovene, Napoli, 2019, p. 53. L’autore sottolinea come, trasposta nel prisma della normatività, l’effettività assuma un’accezione distinta dall’efficacia – che è l’attitudine di un fatto o di un atto a produrre effetti giuridici – o dall’efficienza – che attiene al rapporto di economicità tra mezzi impiegati e risultati raggiunti. Sul punto cfr. N. IRTI, Significato giuridico dell’effettività, Editoriale Scientifica, Napoli, 2009.

[19] Cfr. A. ZOPPINI, op. cit., pp. 53-54. Sul tema Cfr. N. RANGONE, Tools for effective law: a focus on nudge and empowerment, in Conc. merc., 24, 2017, p. 195 ss.; N. IRTI, op. ult. cit.; A. CATANIA, Diritto positivo ed effettività, Editoriale Scientifica, Napoli, 2009; ID. (a cura di), Dimensioni dell’effettività. Tra teoria generale e politica del diritto, Giuffrè, Milano, 2005; G. GAVAZZI, voce Effettività (principio di), in Enc. giur., vol. XII, Treccani, Roma, 1989; P. PIOVANI, Il significato del principio di effettività, Giuffrè, Milano, 1953.

[20] P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., 5, 2002, p. 158.

[21] Cfr. ZOPPINI, op. cit., p. 54. Si riferisce al principio di effettività come esigenza di far corrispondere norma e fatto M. LIBERTINI, Le nuove declinazioni del principio di effettività, in Eur. dir. priv., 4, 2018, p. 1071 ss.

[22] La Corte di cassazione ha qualificato il principio di effettività della tutela in giudizio, di cui all’art. 24 della Costituzione repubblicana, come regola-cardine dell’ordinamento costituzionale. Si tratta del diritto «ad un rimedio adeguato al soddisfacimento del bisogno di tutela di quella specifica, unica, talvolta irripetibile situazione sostanziale di interesse giuridicamente tutelato». Cfr. Cass., sez. I civ., 4 giugno 2015, n. 11564; Cass., sez. III civ., 17 settembre 2013, n. 21255. Sul punto cfr. G. VETTORI, Controllo giudiziale del contratto ed effettività delle tutele. Una premessa, in Persona e mercato, 3, 2014, p. 102.

[23] Quella che viene definita la tutela contro la lesione di posizioni soggettive dei singoli, cfr. A. SCIARRONE ALIBRANDI, La certezza del diritto dell’economia tra attività del regolare e attività del giudicare, cit., p. 282.

[24] Cfr. R.J. DUPUY, Droit déclaratoire et droit programmatoire: de la coutume sauvage à la soft law, in L’élaboration du droit international public, Colloque de Toulouse, Société Française de Droit International, Pedone, Paris, 1975; R.R. BAXTER, International Law in “Her Infinite Variety”, in Int. Comp. Law Q., 4, 1980, p. 549 ss.

[25] Cfr. R.J. DUPUY, op. cit.; A.D. ROBILANT, Genealogies of soft law, in Am. J. Comp. L., 3, 2006, p. 499 ss.

[26] Per la concezione imperativistica della norma giuridica, cfr. J. AUSTIN, The Province of Jurisprudence Determined, J. Murray, London, 1832.

[27] La categoria delle norme giuridiche è infatti più ampia di quella delle regole giuridiche. Una regola è una norma ma non tutte le norme sono regole. Queste ultime sono caratterizzate dall’essere generali, obbligatorie e passibili di sanzione in caso di non ottemperanza. Ciò che invece accomuna tutte le norme è il loro essere al contempo strumento di guida e di controllo dell’agire sociale. Cfr. C. THIBIERGE, Au cœur de la norme. La tracé et la mesure, in L’égalité, APD, Dalloz, vol. 51, 2008, p. 352 ss. Secondo Dworkin, le norme giuridiche si dividono in regole e principi. La differenza tra i due concetti si fonda su una distinzione logica. Le regole sono norme di condotta che sollevano l’alternativa del “tutto o niente”, dell’osservanza o inosservanza; i principi, invece, forniscono delle ragioni per decidere in un senso o in un altro, sono standard morali informatori e generatori delle regole e sono dichiarati e non creati dal giudice. Cfr. R. DWORKIN, Taking Rights Seriously, Duckworth, London, 1977, p. 24 ss.

[28] Cfr. B. PASTORE, “Soft law”, gradi di normatività, teoria delle fonti, in Lavoro e dir., 1, 2003, p. 5 ss.; per una posizione critica riguardo alla natura non vincolante della soft law, cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, in questa Rivista, 2, 2016, pp. 33-35.

[29] Cfr. G. VISENTINI, Lezioni di teoria generale del diritto, Cedam, Padova, 2000, pp. 34-35. L’autore sottolinea come il diritto si fondi su un sistema di regole la cui mancata osservanza è sanzionabile. Sul carattere di norma giuridica come derivato dal fatto che il potere statale obbliga i suoi organi a farla rispettare ricorrendo alla coazione esterna, cfr. R. VON JHERING, Lo scopo del diritto, Einaudi, Torino, 1972, p. 243.

[30] Conseil d’ÉtatÉtude annuelle 2013, Le droit souple, La Documentation française. Cfr. J. RICHARD-L. CYTERMANN, Le droit souple : quelle efficacité, quelle légitimité, quelle normativité ?, in AJDA, 33, 2013, p. 1884.

[31] Segnatamente, gli atti di droit souple secondo il Conseil d’État debbono possedere tre caratteristiche cumulative: avere ad oggetto l’obiettivo di orientare i soggetti cui sono destinati, suscitando nella misura del possibile, meccanismi di adesione; non creare diritti o obblighi; presentare, per il loro contenuto e modo di elaborazione, un grado di formalizzazione e di strutturazione che li rende somiglianti alle norme giuridiche.

[32] Per questa classificazione di tipo funzionale, con specifico riferimento al sistema giuridico europeo, cfr. L. SENDEN, Soft law in European Community law, Hart publishing, Portland, 2004.

[33] Cfr. G. MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, in questa Rivista, 2, 2016, p. 1.

[34] Tali autorità sono concepite come un vettore per facilitare la transizione da un’economia diretta dallo Stato a un’economia di mercato, in modo coerente con il processo di integrazione europea.

[35] Nelle aree tecniche ed economiche, la migliore regolazione è quella che si fonda sulle specificità del settore regolato, in una sorta di schema di legittimazione dal basso, cfr. J. CHEVALLIER, Les autorités administratives indépendantes et la régulation des marchés, in Justices. Revue de droit processuel, 1, 1995, p. 81 ss.; F. MERUSI-M. PASSARO, Le autorità indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2003.

[36] Cfr. C. BRESCIA MORRA, La regolamentazione delle attività finanziarie in Europa. Il ruolo delle Autorità, in Analisi giur. econ., 2, 2002, p. 535 ss.; G. MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, cit., p. 3.

[37] Quali la «sana e prudente gestione», a cui la giurisprudenza ha riconosciuto la natura di clausola generale o di concetto giuridico indeterminato; cfr. TAR Lazio, I, Roma, 9 agosto 2005, n. 6157, p. 29..

[38] Sull’effettività e sul suo rapporto con la validità, cfr. R. MENEGHELLI, Il problema dell’effet­tività nella teoria della validità giuridica, Cedam, Padova, 1964; P. GROSSI, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, in G. ALPA (a cura di), Paolo Grossi: alla ricerca dell’ordine giuridico, Laterza, Roma-Bari, 2011, p. 29 ss.

[39] In opposizione al concetto di diritto “solubile”, cfr. J-G BELLEY, Le droit soluble. Contributions québécoises à l’étude de l’internormativité, LGDJ, coll. «Droit et Société», Paris, 1996.

[40] Nel suo rapporto del 2013, il Conseil d’État affermava : «Il y a identité de fonction entre le droit dur et le droit souple. Tous les deux ont pour objet d’influencer le comportement de leur destinataire».

[41] Sia dei destinatari sia della stessa autorità di regolazione, che gode, proprio a causa della sua competenza tecnica, di un certo grado di affidamento nei confronti del pubblico e dunque di una legittimazione di tipo “reputazionale”.

[42] Cfr, P. WEIL, Towards Relative Normativity in International Law?, in AJIL, 3, 1983, p. 413 ss. Affermano che «l’effettività di una regola è una questione di grado e il grado entra nella definizione dell’effettività, costituendone un aspetto saliente» M. DE BENEDETTO-N. RANGONE, La questione amministrativa dell’effettività: regole, decisioni e fatti, in Dir. pubbl., 3, 2019, p. 769.

[43] Cfr. C. THIBIERGE, Le droit souple. Réflexions sur les textures du droit, in RTD civ., 2003, p. 599 ss.

[44] La trilogia «droit mou, doux, flou» è stata elaborata per la prima volta da M. DELMAS-MARTY, Le mou, le doux et le flou sont-ils des garde-fous ?, in J. CLAM-G. MARTIN (a cura di), Les transformations de la régulation juridique, LGDJ, Paris, 1998, p. 209 ss. Cfr. anche D. COSTA, La normatività graduata in diritto amministrativo francese: le linee direttrici, in Annuario Aipda 2015. Le fonti del diritto amministrativo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016, p. 187 ss.

[45] Tali atti sarebbero caratterizzati dall’adesione piuttosto che dalla conformazione da parte dei soggetti regolati.

[46] È stato sostenuto in dottrina che la natura di fonte di diritto apparterrebbe unicamente alla hard law, R. BIN, Soft law, no law, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Giappichelli, Torino, p. 31 ss.; per una interpretazione diversa, cfr. B. PASTORE, “Soft law”, gradi di normatività, teoria delle fonti, cit., p. 5 ss., che include la soft law nel novero delle fonti di diritto; cfr. anche A. ALGOSTINO, La soft law comunitaria e il diritto statale: conflitto fra ordinamenti o fine del conflitto democratico?, in Costituzionalismo.it, 3, 2016, p. 255 ss., che sostiene che la soft law sia, dal punto di vista pratico, una fonte del diritto.

[47] Cfr. sul punto B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 34. Secondo l’autrice la soft law è soprattutto regola che s’impone per la sua capacità di guidare il comportamento: «Non a caso, è proprio in questa veste che essa si presenta sul piano della giuridicità, attirando l’attenzione dell’operatore del diritto, del legislatore e del giudice, chiamati a farsi interpreti della domanda di giustizia non solo quando formulata contro la soft law, ma anche quando formulata sulla base della soft law (in particolare, perché invocata dai beneficiari della regola di comportamento non sempre coincidenti con i destinatari della stessa)».

[48] Cfr. L. HANCHER-M. MORAN, Organizing regulatory space, in R. BALDWIN-C. SCOTT-C. HOOD (a cura di), A reader on regulation, Oxford University Press, Oxford, 1998, p. 271 ss.

[49] Quale dinamica che comprende la produzione del diritto, la sua attuazione e applicazione in chiave di effettività Cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 37.

[50] Cfr. M. CLARICH, Per uno studio sui poteri normativi della Banca d’Italia, in Banca impresa soc., 1, 2003, p. 39 ss.; ID., Le autorità indipendenti nello “spazio regolatorio”: l’ascesa e il declino del modello, in Dir. pubbl., 3, 2004, p. 1035 ss.

[51] Cfr. F. DURANTE, L’attività di moral suasion della Consob, in Notiziario giuridico telematico, 2004.

[52] Cfr. A. PERRONE, Servizi di investimento e tutela dell’investitore, in Banca, borsa, tit. cred., 1, 2019, p. 1.

[53] La parità delle armi nel mercato concorrenziale corrisponderebbe al principio costituzionale della eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, comma 2, della Costituzione italiana.

[54] Cfr. TAR Lazio, Roma, I, 10 aprile 2002, n. 3070 e TAR Lazio, Roma, I, 26 novembre 2002, n. 10709.

[55] Sulla base del presupposto dell’efficienza “massima” dei mercati, una nuova informazione è ritenuta avere un impatto determinante sul prezzo degli strumenti finanziari, cfr. per tale impostazione efficientista B.G. MALKIEL-E.F. FAMA, Efficient capital markets: a review of theory and empirical work, in Journal of Finance, 2, 1970, p. 383 ss.

[56] Cfr. N. PECCHIOLI, Consob e poteri commendatori di conformazione e unificazione del mercato, in M. CAFAGNO-F. MANGANARO (a cura di), A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana. Studi. L’intervento pubblico nell’economia, vol. V, Firenze University Press, Firenze, p. 531.

[57] Ibidem. Segnala, invece, i limiti della «regolamentazione dell’informazione» quale strumento per garantire in concreto la chiarezza per gli investitori, M. PASSALACQUA, Il diritto del rischio nei mercati finanziari: prevenzione, precauzione ed emergenza, Cedam, Padova, 2012, p. 254.

[58] L’informazione è soggetta a una disciplina speciale, dovuta alla specificità dei beni scambiati nonché alla rilevanza dei mercati finanziari per lo sviluppo delle economie di mercato, cfr. R. COSTI, Informazione e mercato finanziario, in L’informazione nell’economia e nel diritto, suppl. al n. 1, 1990, p. 309 ss.; ID., Il mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010; i mercati finanziari essendo “luogo” di scambio di beni immateriali sono, più di altri settori, definiti dalla regolazione, cfr. R.H.K VIETOR, Regulation-Defined Financial Markets: Fragmentation and Integration in Financial Services, in S.L. HAYES (a cura di), Wall Street and Regulation, Harvard Business School Press, Boston, 1987, p. 7 ss.

[59] In quanto bene non esclusivo e non rivale.

[60] Cfr. A. PREDIERI, Lo Stato come riduttore delle asimmetrie informative nella regolazione dei mercati finanziari, in AA.VV., Mercato finanziario e disciplina penale, Giuffré, Milano, 1993, p. 64 ss.; ID., Premessa ad uno studio sullo Stato come produttore delle informazioni, in Studi in onore di G. Chiarelli, Giuffré, Milano, 1974, p. 1642 ss.

[61] La Consob è stata istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216 ed è stata dotata di personalità giuridica e di piena autonomia con la legge n. 281/1985. La sua attività è rivolta alla tutela degli investitori, all’efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato mobiliare.

[62] Art. 5, comma 1, lett. b), TUF.

[63] La trasparenza è un requisito centrale che implica la libertà di scelta delle società che intendono offrire investimenti, così come degli investitori e dei risparmiatori che valutano e acquistano tali prodotti. Il paradigma di trasparenza, che presuppone il modello neoclassico di agente economico razionale orientato alla massimizzazione dell’utilità individuale, mostra però i propri limiti con riferimento alla crescente consapevolezza di una realtà caratterizzata dalla presenza di errori cognitivi da parte degli agenti. Alla luce di tale consapevolezza, con l’emanazione della direttiva MiFID II e del regolamento (UE) n. 600/2014 (c.d. «MiFIR») sono stati rafforzati i poteri di intervento delle autorità di vigilanza in termini “paternalistici”. Cfr. A. PERRONE, Servizi di investimento e tutela dell’investitore, cit., p. 3. Sui limiti cognitivi nei mercati finanziari, cfr. anche M. PASSALACQUA, Il diritto del rischio nei mercati finanziari: prevenzione, precauzione ed emergenza, cit.

[64] Disciplina degli emittenti, art. 91 TUF.

[65] Cfr. M. RESCIGNO, La Consob: un legislatore-giudice “dimezzato”?, in Stato mer., 1, 2001, p. 107 ss.

[66] Cfr. F. DURANTE, L’attività di moral suasion della Consob, cit. L’autore sottolinea la natura para-normativa di questi atti, che sono spesso generali ed astratti.

[67] Per la cui funzione, cfr. la Comunicazione Consob n. DIS/97012083 del 28 novembre del 1997.

[68] Cfr. A. MINTO, Brevi riflessioni sul rapporto tra precedente giurisprudenziale e funzione ‘paragiudiziale’ dell’autorità amministrativa nella disciplina dei mercati finanziari, in Ricerche Giuridiche, I (1), parte II, Ed. Cà Foscari, Venezia, 2012, p. 166.

[69] L’autorità è legata al contesto economico e istituzionale specifico da una sorta di flusso bidirezionale: è al contempo emittente e destinataria di informazioni relative al mercato.

[70] Cfr. M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1981.

[71] Cfr. N. PECCHIOLI, op. cit., p. 530 ss.

[72] Cfr. G. MINERVINI, Il controllo del mercato finanziario. L’alluvione delle leggi, in Giur. comm., 1, 1992, p. 5.

[73] Cfr. M. RAMAJOLI, Self regulation, soft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit., p. 68.

[74] Cfr. art. 16 del regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/77/CE della Commissione, come modificato dal regolamento (UE) n. 2019/2175. Per l’analisi di tali strumenti, cfr. M. VAN RIJSBERGEN, On the Enforceability of EU Agencies’ Soft Law at the National Level: The case of the European Securities and Markets Authority, in Utrecht Law Review, 5, 2014, p. 120 ss. Lo stesso avviene con l’EBA, nel settore bancario. Cfr. regolamento (UE) n. 1093/2010 regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione.

[75] Viene seguita la tecnica di enforcement c.d. di “naming and shaming”. Per questi aspetti nonché sull’adesione basata su meccanismi reputazionali cfr. F. VELLA, Gli assetti organizzativi del sistema dei controlli tra mercati globali e ordinamenti nazionali, in Banca impresa soc., 2, 2001, p. 358.

[76] Cfr. artt. 16, par. 3, e 29, par. 2, del regolamento (UE) n. 1095/2010, cit.

[77] Non configura, invece, un limite l’elevato tecnicismo della materia, come dimostrato dal fatto che, specie in alcuni ambiti, quali l’antitrust o la regolazione energetica, il sindacato del giudice risulta essere assai penetrante, anche in presenza di questioni altamente tecniche. Con riferimento al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche, cfr. S. TORRICELLI, Per un modello generale di sindacato sulle valutazioni tecniche: il curioso caso degli atti delle autorità indipendenti, in Dir. amm., 1, 2020, p. 97 ss. Cfr. anche Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2016, n. 162; Cons. Stato, VI, 15 luglio 2019, n. 4990.

[78] Cfr. F. CAPRIGLIONE-G. MONTEDORO, voce Società e borsa (Commissione nazionale per le), in Enc. dir., vol. VI, Giuffrè, Milano, 2002, p. 1022 ss.

[79] Cfr. R. RORDORF, La Consob come autorità indipendente nella tutela del risparmio, in Foro it., 5, 2000, p. 148.

[80] La sicurezza giuridica si fonda sulla prevedibilità delle qualificazioni ed è un elemento nodale dello Stato di diritto. L’insicurezza sul piano giuridico, in questo ambito, deriva principalmente dall’incertezza riguardo alla portata di tali atti: i destinatari sono lasciati nel dubbio di trovarsi di fronte a un atto che crea diritti ed obblighi oppure a un semplice atto di soft law. In tal senso, risulta fondamentale che l’autorità emanante proceda alla loro adozione rimanendo sempre all’interno del proprio perimetro di competenze. La legittimità dei medesimi dipende inoltre dalle modalità di adozione dell’atto che devono rispondere a logiche di trasparenza e di inclusione delle parti coinvolte.

[81] Cfr. M. RAMAJOLI, Self regulation, soft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit., p. 54; l’autrice sottolinea che la regolazione flessibile presenta un problema di giustiziabilità piuttosto che di effettività.

[82] La soft law rappresenta un processo di produzione del diritto che non segue le procedure formali tipiche delle istituzioni costituzionali di governo, R. BIN, Soft law, no law, cit., p. 31 ss.

[83] Si veda l’art. 16, par. 2, del regolamento (UE) n. 1095/2010, cit.

[84] Si veda l’art. 29, par. 2, del regolamento (UE) n. 1095/2010, cit., che reca: «L’Autorità effettua, se del caso, consultazioni pubbliche sui pareri di cui al paragrafo 1, lettera a), nonché sugli strumenti pratici e di convergenza di cui al presente paragrafo. Se del caso, essa ne analizza i potenziali costi e benefici. Dette consultazioni e analisi sono proporzionate rispetto alla sfera d’applicazione, alla natura e all’impatto dei pareri o degli strumenti. Ove opportuno, l’Autorità richiede altresì consulenza al gruppo delle parti interessate nel settore degli strumenti finanziari e dei mercati».

[85] Il riferimento è al regolamento (UE) n. 2019/2175 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), il regolamento (UE) n. 1094/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), il regolamento (UE) n. 1095/2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), il regolamento (UE) n. 600/2014, sui mercati degli strumenti finanziari, il regolamento (UE) n. 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento, e il regolamento (UE) n. 2015/847, riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi.

[86] Un simile risultato di “co-decisione” si realizza in particolare nei casi in cui il testo finale dell’atto risulta modificato e integrato in modo significativo dai contributi e le osservazioni dei soggetti consultati, su cui cfr. S. MORETTINI, Il soft law nelle Autorità indipendenti: procedure oscure e assenza di garanzie?, in Osservatorio sull’Analisi di Impatto della Regolazione, luglio 2011, paper disponibile al link http://www.osservatorioair.it/wp-content/uploads/2011/08/Paper_
Morettini_SoftLaw_luglio2011.pdf
, p. 29.

[87] La Consob pubblica sul proprio sito web il testo provvisorio dell’atto. Ai soggetti interessati viene così concesso un periodo di tempo per inviare osservazioni, proporre integrazioni o modifiche da apporre al medesimo. Queste ultime verranno a loro volta rese pubbliche sul sito dell’Autorità, in un’ottica di massima trasparenza. La Consob infine fornisce un resoconto dell’esito della consultazione. Per la disciplina della procedura di consultazione, si veda l’art. 5 della delibera Consob n. 19654 del 5 luglio 2016.

[88] Cfr. Delibera della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, 5 luglio 2016, n. 19654 (in G.U., 3 agosto 2016, n. 180), recante Adozione del regolamento concernente i procedimenti per l’adozione di atti di regolazione generale ai sensi dell'articolo 23 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 e successive modificazioni.

[89] Queste ultime, come gli atti di regolazione generale ai quali è destinato il regolamento, sono soggette anche ad analisi di impatto della regolamentazione.

[90] La locuzione viene impiegata da N. PECCHIOLI, op. cit., p. 540.

[91] Cfr. R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Giappichelli, Torino, 2017, p. 6. Gli autori fanno riferimento al fatto che la nozione di provvedimento amministrativo incorpora sin dall’origine due significati distinti: da un lato è espressione dell’autorità che esercita un pubblico potere, dall’altro è sinonimo di giuridicizzazione di quest’ultimo e dunque di garanzia. La garanzia, a sua volta, può essere intesa in senso duplice come possibilità di tutela giurisdizionale ma anche come tensione verso il perseguimento degli interessi della collettività.

[92] Ivi, p. 7. Il riferimento è alla concezione di atto amministrativo elaborata dal giurista Otto Mayer, il più importante amministrativista tedesco.

[93] Cfr. M.S. GIANNINI, voce Atto amministrativo, in Enc. dir., vol. IV, Giuffré, Milano, 1959, p. 157 ss.

[94] Cfr. M. RAMAJOLI, Soft law e ordinamento amministrativo, in Diritto Amministrativo, 1, 2017, p. 147 ss.

[95] Cfr. P. AMSELEK, L’évolution générale de la technique juridique dans les sociétés occidentales, in RDP, 1982, p. 275 ss. L’autore riflette sull’evoluzione dell’ordinamento verso una direzione giuridica non autoritaria delle condotte umane, legata all’adesione più che all’obbedienza al potere da parte dei soggetti destinatari dell’atto.

[96] Cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2017, p. 96. Gli atti di soft law sono comunque mezzi a servizio dell’azione amministrativa, secondo la visione che si concentra più sulla loro funzione che sulla loro forma.

[97] Cfr. M. MAZZAMUTO, L’atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2015, p. 684 ss.

[98] Trattasi, come noto, di atti che regolano in astratto i rapporti giuridici, innovando, in tal modo, l’ordinamento giuridico.

[99] TAR Lazio, Roma, I, 9 maggio 2006, n. 3367.

[100] Per l’uso di tali strumenti e della tecnica della persuasione morale nell’ordinamento finanziario, cfr. F. CAPRIGLIONE, Fonti normative, in ID. (a cura di), L’ordinamento finanziario italiano, Cedam, Padova, 2010, p. 42.

[101] Cfr. M. RAMAJOLI, Self regulationsoft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit. p. 71.

[102] Dato il forte legame storico tra i due ordini amministrativi.

[103] Il diritto amministrativo non è passato attraverso un vero e proprio processo di codificazione, collocandosi, in un certo senso, prima della vera modernità giuridica, sul punto cfr. M. RAMAJOLI, Diritto amministrativo e postmodernità, cit., p. 206.

[104] Cfr. Ivi, p. 208.

[105] Cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 51. L’autrice sottolinea che tanto meno il legislatore si farà carico di governare la soft law, tanto più il suo ingresso sul piano della normatività e della giuridicità dipenderà dalle Corti e dalla loro capacità di interpretare al meglio le dinamiche che in esso si svolgono. Sulla «esigenza urgente di supplenze […] alla quale […] corrisponde un ruolo tutto nuovo per il giurista e, specialmente, per il giudice», cfr. P. GROSSI, Il giudice civile. Un interprete, in Riv. dir. proc. civ., 2016, p. 1144.

[106] Si fa qui riferimento alla possibilità di considerare un atto di soft law come fonte normativa di diritti ed obblighi per i consociati o quale ratio decidendi della decisione.

[107] Il controllo della legittimità degli atti dell’Unione garantito dalla Corte di Giustizia in forza dei Trattati riposa, secondo giurisprudenza costante, su due procedimenti giurisdizionali complementari: il ricorso di annullamento di cui agli artt. 263 e 277 TFUE; il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE. Cfr. sentenza 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 66) e sentenze 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23; 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, EU:C:2002:462, punto 40, nonché 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 92.

[108] In base all’art. 292 TFUE: «Il Consiglio adotta raccomandazioni. Delibera su proposta della Commissione in tutti i casi in cui i trattati prevedono che adotti atti su proposta della Commissione. Delibera all’unanimità nei settori nei quali è richiesta l’unanimità per l’adozione di un atto dell’Unione. La Commissione, e la Banca centrale europea nei casi specifici previsti dai trattati, adottano raccomandazioni».

[109] Si tratta di atti non rientranti nell’elenco degli atti espressamente previsti dall’art. 288 TFUE. In dottrina è stato sottolineato come atipici sarebbero più propriamente gli atti che si discostano, per «natura, caratteri ed effetti», dalla tipologia dell’atto al quale sono ricondotti, o del quale presentano (alcune) caratteristiche, cfr. A. ALGOSTINO, La soft law comunitaria e il diritto statale: conflitto fra ordinamenti o fine del conflitto democratico?, cit., p. 273.

[110] Cfr. sul punto E. MOSTACCI, La soft law nel sistema delle fonti: uno studio comparato, Cedam, Padova, 2008.

[111] Si rinvia a J. ALBERTI, The justiciability of ECB ‘soft’ measures against the financial crisis, in federalismi.it, 7, 2018, p. 2 ss.

[112] Lettera della Banca Centrale Europea al Governo italiano del 5 agosto 2011, a firma di J.C. Trichet e M. Draghi.

[113] Su cui A. ALGOSTINO, La soft law comunitaria e il diritto statale: conflitto fra ordinamenti o fine del conflitto democratico?, cit., p. 256.

[114] Si tratterebbe della cosiddetta “regulation by information”, su cui cfr. G. MAJONE, The New European Agencies: Regulation by Information, in Journal Eur. Publ. Pol., 2, 1997, p. 262 ss.

[115] European Central Bank, Press release, Technical features of Outright Monetary Transactions, 6 September 2012, disponibile al link: https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2012/html/
pr120906_1.en.html
.

[116] Il programma, che non ha mai avuto effettiva attuazione, avrebbe autorizzato il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) ad acquistare sui mercati secondari titoli del debito pubblico di Stati membri della zona  euro, qualora  fossero state soddisfatte talune condizioni.

[117] Si tratta del modo in cui gli impulsi monetari della BCE influenzano l’economia.

[118] Sull’importanza delle comunicazioni strategiche per la politica monetaria delle banche centrali, cfr. A.S. BINDER-M. EHRMANN-M. FRATZSCHER-J. DE HANN-D.-J. JANSEN, Central Bank Communication and Monetary Policy. A Survey of Theory and Evidence, in Journal of Economic Literature, 4, 2008, p. 910 ss. Sul punto sono interessanti anche le riflessioni concernenti il c.d. potere di esternazione del Presidente della BCE, su cui P. COSTA, Il ruolo del presidente della banca centrale europea tra finzione tecnica e realtà politica, in Costituzionalismo.it, 2, 2016, p. 72 ss.

[119] Alla Corte veniva chiesto di pronunciarsi sulla validità del programma OMT rispetto alla eventuale violazione del divieto di finanziamento monetario ex art. 123 TFUE, nonché di valutare se gli acquisti di titoli dovessero essere considerati atti di politica economica o monetaria (con riguardo agli artt. 119 e 127 TFUE, nonché degli artt. 17-24 dello Statuto SEBC-BCE). Cfr BVerfG, 2 BvR 2728/13 vom 14.1.2014, Absatz-Nr. (1-105), disponibile al link: http://www.
bverfg.de/entscheidungen/rs20140114_2bvr272813en.html
.

[120] La legittimità del programma OMT veniva contestata in Germania, mediante la presentazione di nuovi motivi di ricorso nell’ambito della causa, già instaurata dinanzi al Tribunale costituzionale tedesco, sulla legittimità del c.d. Fiscal Compact e del Meccanismo europeo di Stabilità. La contestazione era fondata sulla presunta lesione del potere del Bundestag in materia di bilancio e sul fatto che il rischio di inflazione insito nell’acquisto di titoli di Stato sarebbe stato idoneo a pregiudicare l’obiettivo della stabilità dei prezzi.

[121] Sentenza della Corte Giust., 16 giugno 2015, Gauweiler e altri contro Deutscher Bundestag, causa C-62/14. La Corte giudicava che il programma di acquisto di titoli di Stato sui mercati secondari non avrebbe ecceduto le attribuzioni della BCE in materia di politica monetaria e né violato il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri.

[122] Nella sua analisi, l’Avvocato generale aveva inquadrato l’atto come programmatico, perché volto a stabilire le caratteristiche generali di un programma generale di azione di un’istitu­zione dell’Unione. Lo stesso avrebbe però avuto anche un’influenza decisiva sulla situazione giuridica di terzi, caratteristica che giustificherebbe l’adozione di un approccio antiformalistico ai fini della sua qualificazione come «atto». Conclusioni dell’Avvocato generale Pedro Cruz Villalón, presentate il 14 gennaio 2015, pt. 76.

[123] Sul punto si veda T. TRIDIMAS-N. XANTHOULIS, A legal analysis of the Gauweiler case. Between Monetary Policy and Constitutional Conflict, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 1, 2016, p. 22.

[124] Cfr. J. ALBERTI, Un calabrone può trasformarsi in ape? Le conclusioni dell’Avvocato generale nel caso OMT, in Eurojus.it, 18 febbraio 2015, p. 6.

[125] Documento disponibile al link: https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/eurosystemover
sightpolicyframework2011en.pdf?d16ddcdeed4e9dfa58bf467626bdbbab
.

[126] Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione), 4 marzo 2015, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord contro Banca centrale europea, causa T‑496/11.

[127] La BCE prevedeva l’applicazione di tale politica di localizzazione per le controparti centrali che in media avessero avuto un’esposizione creditizia giornaliera netta di più di cinque miliardi di euro in una delle principali categorie di prodotti espressi in euro.

[128] Il Tribunale annullava l’atto impugnato riscontrando che la BCE non avrebbe avuto la competenza necessaria per regolamentare l’attività dei sistemi di compensazione titoli.

[129] È nota l’influenza del diritto amministrativo francese, e segnatamente della dottrina amministrativa francese dell’eccesso di potere, sulla formulazione degli artt. 263 ss. TFUE.

[130] CE, Assemblée, 21 mars 2016, Société Fairvesta International GmbH et autres. Si trattava, per la verità, di due casi trattati lo stesso giorno dal Conseil d’ÉtatCE Ass., mars 21, 2016, n. 390023, Société NC NumericableCE Ass., mars 21, 2016, n. 368082, Société Fairvesta International GmbH et autres.

[131] Fairvesta Europe AG e Fairvesta Europe AG II, con sede in Liechtenstein, nonché Fairvesta Vermögensverwaltung International AG.

[132] L’autorità è stata istituita con la loi n° 2003-706 du 1er août 2003 de sécurité financière, unificando e razionalizzando tre precedenti organismi: il Conseil des marchés financiers, la Commission des opérations de bourse e il Conseil de discipline de la gestion financière.

[133] Denominata per questo “Mises en garde”, sotto la voce “Epargne info service”.

[134] In particolare, il primo dei comunicati era finalizzato a mettere in guardia i risparmiatori dai pericoli insiti in una serie di investimenti – non disciplinati dalla normativa francese applicabile agli strumenti finanziari – proposti in Francia dalla società tedesca, in maniera (stando alle parole del regolatore) molto attiva e poco oculata, ovvero senza illustrare adeguatamente i rischi per i potenziali investitori. La società Fairvesta non era peraltro né autorizzata a prestare in Francia servizi di investimento o consigli in materia finanziaria, né abilitata a svolgere attività di intermediazione creditizia o finanziaria. Per poter proporre al pubblico i suoi prodotti, que­st’ul­tima non era dunque tenuta alla redazione, altrimenti necessaria, di un documento informativo controllato e autorizzato dall’AMF. L’autorità interveniva pertanto, con i suoi comunicati, “semplicemente” per invitare i risparmiatori a tenere una serie di comportamenti prudenti al fine di compiere scelte ben ponderate, sottolineando in ogni caso la propria disponibilità a fornire, su richiesta dei risparmiatori, informazioni più approfondite. Un successivo comunicato attirava nuovamente l’attenzione sulle proposte di investimento, ritenute pericolose, effettuate da Fairvesta, sottolineando però, in una nota a piè di pagina, che oltre a tali investimenti immobiliari, altre due società del gruppo, domiciliate in Liechtenstein, Faiversta Europe AG e Fairversta Europe AG II, emettevano obbligazioni autorizzate dall’autorità di vigilanza di tale paese; l’ultimo comunicato, infine, trattava dei prodotti proposti online da Fairvesta.

[135] Art. L621-18 Code monétaire et financier: «L’Autorité des marchés financiers peut porter à la connaissance du public les observations qu’elle a été amenée à faire à un émetteur ou les informations qu’elle estime nécessaires».

[136] Art. L621-1 Code monétaire et financier: «L’Autorité des marchés financiers, autorité publique indépendante dotée de la personnalité morale, veille à la protection de l’épargne investie dans les instruments financiers et tous autres placements donnant lieu à appel public à l’épargne, à l’information des investisseurs et au bon fonctionnement des marchés d'instruments financiers. Elle apporte son concours à la régulation de ces marchés aux échelons européen et international».

[137] J.J. DAIGRE, Une nouvelle source du droit, le communiqué ? A propos d’un communiqué de la COB du 4 mai 1999, J.C.P. éd., Actualités, 1999, p. 1277 ss.

[138] In tal caso, i comunicati dell’AMF non sono decisioni individuali di cui all’art. L621-30 del Code monétaire et financier, perché non sono indirizzati a o una o più persone precisamente individuabili ma agli investitori in generale. Nelle sue conclusioni, presentate al Tribunal des conflits, adito dal Conseil d’État al fine di dirimere la questione della giurisdizione sul caso Fairvesta, il Rapporteur public Bertrand Dacosta, afferma che tali strumenti possano essere inquadrati nella categoria delle cosiddette décisions d’espèce, un tipo di atti “atipici” definiti come «ni réglementaires ni individuels». Cfr. Tribunal des conflits, 16 novembre 2015, n. 4026, Société Fairvesta International et autres c/ Autorité des marchés financiers, che ha dichiarato che la giurisdizione apparteneva al giudice amministrativo e segnatamente del Conseil d’État (Article R311-1 comma 4 del Code de justice administrative). Su quet’ultimo punto, cfr. Conclusions de Mme Suzanne Von Coester, Rapporteur Public, n° 368082, 368083, 368084, Société Fairvesta International GMBH et autres. Assemblée séance du 4 mars 2016, lecture du 21 mars 2016, p. 3.

[139] Tale prassi viene seguita dall’AMF, senza che né il codice né il regolamento generale ne facciano menzione.

[140] Si tratta del recours pour excès de pouvoir. In Francia, il ricorso per eccesso di potere è il contenzioso della legalità degli atti amministrativi, laddove la violazione di legge corrisponde al concetto di «violazione della norma di diritto». Esso è pertanto sinonimo di «ricorso di annullamento» e si contrappone al c.d. recours de plein contentieux.

[141] Questo tipo di controllo giurisdizionale viene svolto nel caso di recours pour excés de pouvoir, volto a ottenere l’annullamento dell’atto impugnato. Il giudice deve esaminare i vizi suscettibili di incidere sulla legalità di quest’ultimo, tendendo conto della sua natura e delle sue caratteristiche, così come del potere discrezionale dell’autorità emanante. Nel controllo di legalità si distingue tra legalità interna e legalità esterna. Tale distinzione è presente anche nel diritto europeo.

[142] Cfr. Article L200-1 Code des relations entre le public et l’administration: «Pour l’application du présent livre, on entend par actes les actes administratifs unilatéraux décisoires et non décisoires. Les actes administratifs unilatéraux décisoires comprennent les actes réglementaires, les actes individuels et les autres actes décisoires non réglementaires. Ils peuvent être également désignés sous le terme de décisions, ou selon le cas, sous les expressions de décisions réglementaires, de décisions individuelles et de décisions ni réglementaires ni individuelles».

[143] CE 27 mai 1987, “Laboratoire Goupil”; CE, 27 settembre 1989, S.A. Chopin, S.A.R.L. Editions de Mirandol et Société Presse Mailing Service c/ CNIL, T; CE, 4 octobre 1996, Conseil interprofessionnel du vin de Bordeaux et autres; CE, 13 juillet 2007, Société « Editions Tissot »; CE, 12 october 2009, Société Glaxosmithkline Biologicals et Société Laboratoire Glaxosmithkline, T; CE, 11 octobre 2012, Société ITM entreprises, p. 359 ; CE, 11 octobre 2012, Société Casino Guichard Perrachon.

[144] Cfr. M. WALINE, L’autolimitation du pouvoir discretionnaire par des directives, in Rev. dr. pub. et sc. pol. en France et à l’étranger, 1971, p. 1229 ss.; cfr. anche M. MAZZAMUTO, L’atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, cit., p. 705.

[145] CE, n. 78880, 11 décembre 1970, Crédit foncier de France. Cfr. M. CLIQUENNOIS, Que reste-t-il des directives? A propos du vingtième anniversaire de l’arrêt «Crédit Foncier de France», in AJDA, 1992, p. 3 ss. L’autore sostiene che la direttiva abbia «un certo valore giuridico, infra-regolamentare ma superiore alla circolare interpretativa», ovvero sia un atto «ibrido, camaleonte, dalla natura giuridica incerta».

[146] CE, 29 janvier 1954, Institution Notre-Dame du Kreisker.

[147] CE, 18 décembre 2002, Mme Duvignières. Nella sentenza, il Conseil d’État opera una distinzione tra circolari imperative e non imperative. Le prime sarebbero delle false circolari, poiché, imponendo una linea di condotta da tenere, avrebbero in realtà natura di veri e propri atti amministrativi decisori suscettibili di essere impugnati con recours pour excès de pouvoir.

[148] Tale assunto era già stato elaborato nella giurisprudenza precendente del Conseil d’État: cfr. CE, 11 octobre 2012, n. 357193, Société Casino; CE, 17 juillet 2013, n. 360100, Comité des constructeurs français d’automobiles.

[149] Nel caso di specie l’avvertimento pubblicato dall’autorità è volto ad influenzare il comportamento degli investitori, ai quali è destinato, ma finisce per produrre importanti conseguenze di tipo economico per la società Fairvesta. Sulla base di tale presupposto, il Conseil d’État ha successivamente pronunciato un’altra sentenza riguardante lo strumento delle linee guida, col quale le autorità di regolazione definiscono le condizioni del loro operare, in accordo con il potere fornito loro dalla legge, cfr. CE, 13 decembre 2017, n. 401799.

[150] Ai fini dell’ammissibilità del ricorso conta infatti l’intensità degli effetti, misurata nel caso concreto.

[151] CE, 19 juillet 2019, Mme Le Pen, n° 426389. L’atto impugnato consisteva in particolare in una delibera, priva di carattere decisorio, adottata dall’Haute autorité pour la transparence de la vie publique, autorità istituita dalla loi n° 2013-907 du 11 octobre 2013 relative à la transparence de la vie publique. La delibera riguardava la dichiarazione dei redditi della deputata Marine Le Pen, che veniva giudicata non esaustiva, inesatta e non veritiera, e veniva resa pubblica unitamente alla medesima. La domanda di annullamento dell’atto contenuta nel ricorso veniva poi rigettata dai giudici.

[152] Il parere espresso dall’autorità nella delibera impugnata, per quanto privo di effetti giuridici così come di natura sanzionatoria, veniva ritenuto comunque rilevante a causa della sua pubblicazione, unitamente alla dichiarazione riguardante la situazione patrimoniale del destinatario. In particolare, all’atto veniva attribuita la capacità di produrre effetti significativi nella sfera giuridica di quest’ultimo, in specie di tipo reputazionale, idonei a influenzare il comportamento delle persone (ovvero degli elettori) alle quali l’autorità si indirizza. La delibera, secondo i giudici, ha una rilevanza giuridica perché la sua pubblicazione potrebbe ledere l’immagine pubblica del ricorrente agli occhi dei suoi elettori. 

[153] Cfr. E. FORSTHOFF, Il vincolo alla legge e al diritto, 1959, trad. it. in Stato di diritto in trasformazione, Giuffré, Milano, 1973, p. 240; cfr. anche N. IRTI, Capitalismo e calcolabilità giuridica, in Riv. società, 2015, p. 1801 ss.

[154] TAR Lazio, Roma, I, 30 ottobre 2002, n. 10709; Cons. Stato, VI, 11 luglio 2003, n. 4142.

[155] Il controllo giurisdizionale di legittimità è previsto dall’art. 113 della Costituzione italiana per tutti gli atti amministrativi.

[156] Ina-Generali, Consiglio di Stato ordinanza n. 1924/1999. Il ricorso aveva ad oggetto l’allora art. 35, lett. c), del regolamento n. 11971/1999 e la comunicazione della Consob n. 990719/1999.

[157] Un potere reso effettivo dalla sanzione prevista dall’art. 192 TUF, cfr. TAR Lazio nell’ordinanza 21 ottobre 1999, n. 2964.

[158] Cfr. M. RESCIGNO, La Consob: un legislatore-giudice “dimezzato”?, cit., p. 107 ss.

[159] Sul punto cfr. TAR Lazio, Roma, I, 10 aprile 2002, n. 3070, pp. 29-30.

[160] I giudici si riferiscono in particolare una «certezza giuridica di tipo notiziale che […] presenta la caratteristica di essere giuridicamente affidante (nel senso che gli operatori e gli investitori sono autorizzati a riporvi affidamento), alla stessa stregua di quanto accade nella comune vita sociale per le certezze legali assistite da fede privilegiata», cfr. TAR Lazio, Roma, I, 30 ottobre 2002, n. 10709, p. 16.

[161] L’efficacia degli atti di diritto flessibile ha una rilevanza giuridica, secondo il giudice, perché essi servono a diffondere, come risultato dell’esercizio dei poteri di regolazione e vigilanza, informazioni complete e attendibili relative agli strumenti finanziari e agli emittenti, sulle quali gli investitori basano le proprie decisioni e orientano i propri comportamenti.

[162] TAR Lazio, Roma, I, 10 aprile 2002 n. 3070, p. 32.

[163] Ivi, p. 24.

[164] Cfr. A. SEGNI, I mercati dei valori mobiliari, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di Dir. Amm., Giuffré, Milano, 2000, p. 2941 ss.

[165] Il riferimento è a quanto stabilito dall’art. 16, par. 3, del regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, cit. Si veda ad esempio, in tal senso, l’avviso Consob del 3 giugno 2019, avente ad oggetto la conformità agli Orientamenti emanati dall’ESMA in materia di gestione dei conflitti di interessi delle controparti centrali, nel quale si comunica che la Consob e la Banca d’Italia, quali autorità competenti per la vigilanza sulle controparti centrali italiane, si conformano agli “Orientamenti sulla gestione dei conflitti di interessi delle controparti centrali” emanati dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), integrandoli nelle rispettive prassi di vigilanza. Cfr. anche le Linee Guida per le banche Less Significant italiane in materia di gestione di crediti deteriorati, pubblicate dalla Banca d’Italia il 30 gennaio 2018. Esse sono coerenti con la “Guidance to banks on non performing loans”, rivolta alle banche Significant, pubblicata dalla BCE nell’ambito del Meccanismo di Vigilanza Unico.

[166] EBA Recommendation on the creation and supervisory oversight of temporary capital buffers to restore market confidence (EBA/REC/2011/1), London, 8 December 2011.

[167] Tale da portare, entro la fine di giugno 2012, il coefficiente patrimoniale in termini di Core Tier 1 ad un livello almeno pari al 9%, tenuto conto dell’effetto di una valutazione prudente delle esposizioni al rischio sovrano, coerente con i prezzi di mercato al 30 settembre 2011 (c.d. sovereign buffer). Cfr. Banca d’Italia, Rapporto finale sull’adempimento della Raccomandazione EBA sul capitale delle banche, 3 ottobre 2012.

[168] Cfr. J-S. MESONNIER-A. MONKS, Did the EBA Capital Exercise Cause a Credit Crunch in the Euro Area?, Banque de France Working Paper n. 491, 2014 disponibile in https://ssrn.com/
abstract=2451019 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn
.

[169] Cfr. Audizione del Presidente dell’ABI, Avv. Giuseppe Mussari, presso la VI Commissione (Finanze e Tesoro) del Senato dell’8 febbraio 2012, disponibile in http://www.senato.it/docu
menti/repository/commissioni/comm06/Indagini%20conoscitive/Aud_Mussari_BasileaIII_Senato_
8feb2012.pdf 
e pubblicata in Bancaria, 2, 2012, p. 2 ss. L’ABI criticava altresì la modalità con cui la raccomandazione era stata adottata, senza cioè passare da consultazioni preventive o analisi d’impatto delle norme.

[170] Sul punto cfr. G. CERRINA FERONI, Verso il Meccanismo Unico di Vigilanza sulle Banche. Ruolo e prospettive dell’European Banking Authority (EBA), in federalismi.it, 17, 2014.

[171] L’art. 6 della direttiva 36/2013/UE prescrive agli Stati membri di assicurare che «le autorità competenti facciano tutto il possibile per attenersi agli orientamenti e alle raccomandazioni emanati dall’EBA conformemente all’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 e per rispondere alle segnalazioni e raccomandazioni elaborate dal CERS a norma dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1092/2010».

[172] Sul punto M. LAMANDINI, Il diritto bancario dell’Unione, in R. D’AMBROSIO (a cura di), Scritti sull’Unione Bancaria, Quaderni di Ricerca Giuridica della Banca d’Italia, n. 81, luglio 2016.

[173] A tale riguardo si veda il ricorso presentato al Conseil d’État dalla Fédération bancaire française (FBF) per chiedere l’annullamento del parere dell’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR), emanato in data 8 settembre 2017, con il quale la stessa dichiarava di volersi conformare agli orientamenti dell’EBA del 26 marzo 2015 sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio. Il Conseil d’État accoglieva il ricorso, ritenendo la FBF legittimata a ricorrere perché il parere dell’ACPR avrebbe avuto per effetto quello di incentivare le banche a modificare in maniera significativa le proprie prassi in materia di governance. Per misurare la lesività dell’atto veniva utilizzato infatti il criterio elaborato dalla giurisprudenza Fairvesta. Il giudizio veniva poi sospeso per rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, cfr. CE, 4 déc. 2019, Fédération bancaire française, n° 415550.

[174] Cfr. M. SIMONCINI, Nuovi regolatori e vecchi principi nel diritto dell’UE: poteri e limiti delle autorità europee di vigilanza finanziaria, in F. LANCHESTER (a cura di), Parlamenti nazionali e Unione europea nella governance multilivello: atti del Convegno, Roma-Camera dei Deputati, 12-13 maggio 2015, Giuffré, Milano, 2016, p. 441 ss.

[175] Stando a una interpretazione formalistica, l’impugnazione sarebbe preclusa dalla natura dell’atto, mera raccomandazione e non decisione Cfr. M. RAMAJOLI, Self regulationsoft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit., n. 54, p.71.

[176] Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1 °agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario»), punti 63 e 64.

[177] Corte Giust., Grande sez., 19 luglio 2016, C-526/14, Kotnik e altri. Si trattava di una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Corte costituzionale slovena nel novembre 2014.

[178] Sulle conseguenze di una simile rigida disciplina introdotta dalla Commissione con un atto di soft law e sui rapporti tra quest’ultimo e la direttiva 2014/49/UE, cfr. A. ARGENTATI, I salvataggi di banche italiane e l’Antitrust europeo, in Merc. conc. reg., 1, 2016, pp. 127-128.

[179] Cfr. F. CIRAOLO, Il finanziamento «esterno» delle risoluzioni bancarie. Tra tecniche normative e diritto vivente, Cedam, Padova, 2018, p. 282. Sul tema del ruolo degli schemi di garanzia dei depositi nelle procedure di crisi, sia consentito il rinvio a B. CELATI, Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi: divieto di aiuti di stato e principio di proporzionalità, in Riv. dir. banc., 2, 2020, p. 293 ss.

[180] Cfr. F. CAPRIGLIONE-G. MONTEDORO, voce Società e borsa (Commissione nazionale per le), cit., p. 1022 ss.

[181] Cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 51.

[182] Un approccio di tal tipo ricorda quella che illustre dottrina descrive come l’intrinseca decostruzione del diritto amministrativo, cfr. F. MERUSI, Sentieri interrotti della legalità. La decostruzione del diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, p. 27.

[183] L’idoneità a produrre effetti significativi, specialmente di tipo economico, condizionando notevolmente i comportamenti dei soggetti regolati.

[184] È sulla base dell’impatto sulla sfera giuridica dei soggetti regolati che il Giudice valuta la condizione di interesse diretto, personale e definito a ricorrere contro l’atto di soft law.

[185] A. ROUYÈRE, Soft law in the hands of the courts, in Montesquieu Law Review, 5, 2017, p. 3 ss. Su tale tendenza alla soggettivizzazione del ricorso per l’annullamento degli atti amministrativi, cfr. J-F SIRINELLI, La subjectivisation du recours pour excès de pouvoir, in RFDA, 3, 2016, p. 529 ss.

[186] M. RAMAJOLI, Self regulation, soft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit., p. 71.

[187] La giurisprudenza amministrativa francese sembra basarsi sulla teoria dei poteri impliciti; per l’interpretazione flessibile delle regole che conferiscono poteri alle autorità amministrative indipendenti, M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 345 ss.

[188] R. BISMUTH, Fairvesta d’un autre point de vue – « Une réflexion sur ce que soft law » veut dire, in P. DEUMIER- J-M. SOREL, Regards croisés sur la soft law en droit interne européen et international, Paris, LGDJ, 2018, p. 253 ss.

[189] Cfr. R.H. THALER-C.R. SUNSTEIN, Nudge. Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness, Yale University Press, Yale, 2008.

[190] Cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 97, che inserisce nello stesso paragrafo dedicato agli sviluppi recenti della regolazione soft law e paternalismo libertario.

[191] Su nudge e soft regulation cfr. S. VALAGUZZA, Nudging pubblico vs. pubblico: nuovi strumenti per una regolazione flessibile di ANAC, in questa Rivista, 1, 2017, p. 91 ss.

[192] Cfr. E. PICOZZA-L. CAPRARO-V. CUZZOCREA-D. TERRACINA, Neurodiritto. Una introduzione, Giappichelli, Torino, 2011.

[193] Cfr. C.R. SUNSTEIN, The Ethics of Nudging, in Yale J. on Reg., 2, 2015, li definisce “behavioural market failures”.

[194] Sui rischi e i limiti delle “nudge strategies”, R. BALDWIN-M. CAVE-M. LODGE, Understanding Regulation: Theory, Strategy, and Practice, cit.; F. DI PORTO-N. RANGONE, Cognitive-Based Regulation: New Challenges for Regulators?, in federalismi.it., 20, 2013; cfr. N. RANGONE, Tools for effective law: a focus on nudge and empowerment, cit., p. 195 ss.

[195] Cfr F. DI PORTO-N. RANGONE, Behavioural Sciences in Practice: Lessons for EU Policymakers, in A. ALEMANNO-A.-L. SIBONY (a cura di), Nudge and the Law: A European Perspective?, Hart, Oxford, 2015, p. 30 ss.

[196] Cfr. C.R. SUNSTEIN, The Ethics of Nudging, cit.

[197] Su cui A. VAN AAKEN, Constitutional Limits to Nudging: A Proportionality Assessment, in A. KEMMERER-C. MÖLLERS-M. STEINBEIS-G. WAGNER (a cura di), Choice Architecture in Democracies, Exploring the Legitimacy of Nudging, Hart and Nomos, Oxford/Baden-Baden, 2017, p. 199 ss.

[198] In una logica di responsive regulation, la conformazione dovrebbe essere ottenuta mediante la persuasione piuttosto che facendo leva su ispezioni e sanzioni, cfr. I. AYRES-J. BRAITHWAITE, Responsive Regulation: Transcending the Deregulation Debate, Oxford: Oxford University Press, 1992; N. RANGONE, Tools for effective law: a focus on nudge and empowerment, cit., p. 195 ss.

[199] Cfr. T. KIRAT-F. MARTY-H. BOUTHINON-DUMAS-A. REZAEE, Quand dire c’est réguler. Discours et communication de l’Autorité des marchés financiers, in Économie et institutions [En ligne], 25, 2017, pp. 1-25. Gli autori sottolineano che l’analisi linguistica è entrata nella ricerca economica con riferimento specifico alle comunicazioni della Banca Centrale Europea, trascurando gli atti delle autorità di regolazione finanziaria.

[200] Sull’analisi linguistica e il diritto, cfr. S. VALAGUZZA, Nudging pubblico vs. pubblico: nuovi strumenti per una regolazione flessibile di ANAC, cit., p. 91 ss.

[201] Si possono distinguere due tipi di atti linguistici: gli atti illocutori, realizzati dicendo qualcosa e producendo dei meri effetti interni; gli atti perlocutori, che si realizzano proprio in ragione di quanto è stato detto e che producono così degli effetti esterni.

[202] Sul punto, cfr. G. MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, cit., p. 3. 

[203] Nel primo caso il riferimento è a Searle, nel secondo a Austin. Quest’ultimo distingueva gli enunciati performativi, che eseguono un’azione, da quelli meramente “constativi”, che si limitano a descrivere una determinata azione. Cfr. J. SEARLE, Expression and Meaning: Studies in the Theory of Speech Acts, Cambridge University Press, Cambridge, 1979; J.L. AUSTIN, Performative Utterances, in ID., Philosofical Papers, Clarendon Press, Oxford, 1961. Sul punto, cfr. F. RICCOBONO, Norma giuridica, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di Dir. Amm., Giuffré, Milano, 2000, p. 3805.

[204] La soft law addiviene così uno strumento per coordinare i rapporti tra pubblici poteri, M. RAMAJOLI, Self regulationsoft regulation hard regulation nei mercati finanziari, cit., p. 67.

[205] Cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 36. La conformità o compliance può essere definita come «the panoply of behavioural and attitudinal responses that individuals and firms make to regulation», cfr. N. RANGONE, Tools for effective law: a focus on nudge and empowerment, cit., p. 195 ss.

[206] Cfr. Conclusions de Mme Suzanne Von Coester, Rapporteur Public, n° 368082, 368083, 368084, Société Fairvesta International GMBH et autres. Assemblée séance du 4 mars 2016, lecture du 21 mars 2016, p. 8. Nelle conclusioni si sottolinea come la sanzione possa essere considerata alla stregua di un fallimento della regolazione.

[207] G. MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, cit., p. 5. L’Autore definisce la soft law un non diritto che concorre alla certezza del diritto

[208] Cfr. M. PASSALACQUA, Soft Law per la regolazione del mercato dei contratti pubblici, in Conc. merc., 2017, p. 186. L’Autrice sottolinea la funzione unificante svolta dalla soft law nell’ordine pubblico economico, con specifico riferimento al settore dei contratti pubblici.

[209] Si tratterebbe della regolazione c.d. “condizionale”, nella quale l’autorità amministrativa è tenuta a vigilare sul rispetto di regole di condotta poste da una norma a carico di privati a beneficio di altri privati. Cfr. N. PECCHIOLI, Consob e poteri commendatori di conformazione e unificazione del mercato, cit., p. 528. Siffatta impostazione risulta coerente con l’idea che sia compito del diritto creare il mercato “ottimale”, cfr. C. SALVI, Diritto postmoderno o regressione premoderna?, cit., p. 878.

[210] Cfr. L. NIVARRA, Dalla «crisi» all'«eclissi»: ovvero, da un paradigma all’altro, in Eur. dir. priv. , 3, 2017, p. 809. L’A. sottolinea a fortiori che «Nell’epoca che ha segnato il trionfo del paradigma ordoliberale è accaduto che alla giurisdizione venisse assegnato una missione, quella, appunto, di contribuire al raggiungimento di soglie sempre più elevate di efficienza del mercato». Si tratterebbe dell’affermazione di un modello di società basata sulle libertà individuali, nel quale la politica del diritto sarebbe fondata sull’integrazione economica, sulla rimozione delle disparità di trattamento nel commercio e sulla libera circolazione dei capitali. Sembra potersi evocare a tal proposito la nozione di. “governamentalità neoliberale”, locuzione coniata da Foucault, con riferimento alla estensione pervasiva del ragionamento economico a tutti i settori pubblici, secondo una tendenza alla valorizzazione del principio di efficienza, in senso precipuamente economico. Una simile impostazione “neoliberale” chiederebbe allo Stato di fare propria la logica del mercato divenendone lo strumento di realizzazione. Cfr. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano, 2005, pp. 65 e 264 ss.

[211] Con il caso CE, 19 juillet 2019, Mme Le Pen, n° 426389 vi è già stata del resto una prima forma di sconfinamento oltre il perimetro dei meri interessi economici.

[212] Il Conseil d’État utilizza infatti l’avverbio “notamment”, ovvero in particolare, specialmente, per indicare gli effetti degli strumenti di soft law, cfr. sul punto L. FOLLIOT LALLIOT, Le droit souple saisi par ses effets économiques, in Les conséquences économiques des actes des autorités de régulation, Conférence de la Chaire Gouvernance et Régulation organisée en coopération avec le Centre de Recherche en Droit Public de l’Univesité Paris-Ouest Nanterre La Défense, Université Paris-Dauphine, 28 giugno 2016, p. 13.

[213] Cfr. M. PASSALACQUA, Soft Law per la regolazione del mercato dei contratti pubblici, cit., p. 194.

[214] Una regolazione basata sui principi incide sul processo decisionale, provocando lo spostamento del sistema giuridico verso l’affermazione di un nuovo e diverso principio ordinante, altro rispetto al principio di legalità, cfr. A M. ANTONIOLI, La sostenibilità dello sviluppo tra principi del diritto, proceduralizzazione, eticità e crescita economica, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1, 2017, p. 17 ss.

[215] Cfr. Art. 3, par. 3, TUE.

[216] Per la riconduzione a unità di ordoliberalismo e noeoliberalismo cfr. A. SOMMA, Economia sociale di mercato e scontro tra capitalismi, in F. MACARIO-M.N. MILETTI (a cura di), La funzione sociale nel diritto privato tra XX e XXI Secolo, RomaTre Press, Roma, 2017, p. 189 ss. Sullo stile giuridico neoliberale F. DENOZZA, Regole e mercato nel diritto neoliberale, in M. RISPOLI FARINA-A. SCIARRONE ALIBRANDI-E. TONELLI (a cura di), Regole e mercato, vol. 2, Giappichelli, Torino, 2017, p. XV ss. L’A. sottolinea come, secondo una logica del diritto neoliberale, l’emanazione di norme apparentemente idonee ad accrescere la protezione di soggetti considerati deboli coincida con un generalizzato aumento delle disuguaglianze, ovvero con un indebolimento dei più deboli. Viene fatto in particolare l’esempio del diritto antitrust, nel quale la teoria del consumer welfare avrebbe espulso dalle finalità della disciplina ogni istanza legata a obiettivi di natura sociale e politica.

[217] Cfr. F. DENOZZA, In viaggio verso un mondo re-incantato? Il crepuscolo della razionalità formale nel diritto neoliberale, cit., p. 444.

[218] Cfr. M.R. MARELLA, op. cit., p. 101 ss., per un interessante spunto di riflessione sul contributo dell’analisi redistributiva in questo ambito.

[219] Sul punto si sottolinea che la politicità è un elemento sempre presente e si cela anche dietro l’appello a leggi di natura o competenze tecniche. Le soluzioni normative nascono dal conflitto politico e generano nuovi conflitti. Si esprime in questi termini N. IRTI, Per una teoria della norma giuridica, in ID., Un diritto incalcolabile, cit., p. 187.

[220] Cfr. A. SOMMA, Verso il postdiritto? Fine della storia e spoliticizzazione dell’ordine economico, in Politica del diritto, 1, 2018, p. 94. L’A. evoca C. SCHMITT, L’epoca delle neutralizzazioni e delle spoliticizzazioni (1929), in ID., Le categorie del politico, Il Mulino, Bologna, 2015, p 167 ss.

[221] Cfr. B. TONOLETTI, Il mercato come oggetto della regolazione, in questa Rivista , 1, 2014, pp. 19-20. L’Autore collega questo approccio alla scelta di abbandonare la vigilanza strutturale per la supervisione prudenziale.

[222] Cfr. J. BLACK, Seeing, knowing, and regulating financial markets: moving the cognitive framework from the economic to the social, in LSE Law, Society and Economy Working Papers, 2013. Ricorda, del resto, Denozza come siano i legami sociali, che esistono tra i singoli soggetti prima e al di fuori delle singole transazioni, a definire le transizioni possibili e la maggiore o minore convenienza delle medesime. Gli effetti delle transazioni effettivamente concluse rifluiscono, attraverso questo insieme di legami, in un processo che può modificare sia il senso di questi ultimi che delle transazioni. L’immagine è quella di un network nel quale ogni nodo è capace di provocare modifiche nella situazione di tutti coloro che occupano gli altri nodi dello stesso, cfr. F. DENOZZA, Regole e mercato nel diritto neoliberale, in M. RISPOLI FARINA-A. SCIARRONE ALIBRANDI-E. TONELLI (a cura di), op. cit., p. XL.

[223] Per il riferimento al concetto di “equilibri episodici”, cfr. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un’analisi comparata, cit., p. 51.

[224] Il riferimento è alla c.d. funzione nomotetica, di costruzione della regola del caso di specie, devoluta al giudice. Al caso concreto e alle informazioni da esso ricavabili si assegna il compito di «illuminare l’enunciato legislativo». Sulla normatività intrinseca dei casi concreti, cfr. Cfr. L. IANNOTTA, La giuridicità del caso concreto, in Dir. proc. amm., 2-3, 2013, p. 620.

[225] Su cui cfr. A. SUPIOT, Homo Juridicus, Mondatori, Milano, 2006. Cfr. anche M. DE CAROLIS, Il neoliberalismo, la crisi e la rifeudalizzazione della società, in Politica e società, 1, 2016, p. 73 ss.

[226] Cfr. G. SEVERINI, La sicurezza giuridica e la razionalità amministrativa, in federalismi.it, 23, 2019, p. 11.