Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Limiti soggettivi del giudicato di annullamento degli atti generali delle Autorità di regolazione (di Luigi Piscitelli e Alfredo Marra)


The paper aims to address a very significant problem in the practice of the Regulatory Authorities, namely the subjective limits of the res judicata by which the administrative judge quashes general acts. In the first part, after recalling the conceptual framework of the extension of the subjective effects of res judicata, the paper present an overview of case law about Tariff Acts of the Italian Authority for electricity gas and water services (Autorità per l’energia elettrica il gas e i servizi idrici) in order to highlight the characteristics of this specific category of regulating acts. The second part of the paper highlights the unresolved problematic issues, considering the appropriateness of rationalizing the appeals of this particular category of acts.

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SOMMARIO:

1. Posizione del problema - 2. Limiti soggettivi del giudicato di annullamento degli atti generali - 3. Limiti soggettivi del giudicato di annullamento di atti generali dell'AEEGSI - 3.1. Primo periodo regolatorio. Pluralità di decisioni giurisdizionali sul­l'atto generale e sorte degli appelli - 3.2. Secondo periodo regolatorio. Facoltà per l'amministrazione di e­stendere l'effetto dell’annullamento giurisdizionale - 3.3. Ancora sulla pluralità di decisioni giurisdizionali sull'atto generale e sulla sorte degli appelli - 4. Sulla inscindibilità degli atti di regolazione - 5. Successione e pluralità di impugnazioni del medesimo atto generale - 6. Pluralità di decisioni di annullamento di un unico atto generale, appellabilità e sorte degli appelli - 7. Alcuni rilievi conclusivi - NOTE


1. Posizione del problema

La delimitazione dell’ambito di efficacia soggettiva del giudicato di annullamento dei propri atti generali rappresenta un problema largamente presente nella prassi delle Autorità di regolazione. Ogni qual volta il giudice amministrativo annulli una delibera tariffaria o un atto generale con cui sono fissate le modalità operative nella gestione di un servizio, infatti, si pone per l’Autorità soccombente il problema di stabilire quale sia la portata del giudicato, non soltanto, com’è ovvio, nei confronti di coloro che lo hanno impugnato, ma anche, soprattutto, nei confronti di quanti, pur non avendo preso parte al giudizio, siano comunque destinatari dell’atto annullato [1].        Malgrado si tratti di un fenomeno di frequente accadimento, avente rilevanti implicazioni di ordine teorico e pratico, il tema non è stato oggetto finora di specifiche riflessioni da parte della dottrina. Probabilmente la carenza di studi sull’argomento è dovuta all’implicita convinzione che il problema degli effetti soggettivi del giudicato di annullamento degli atti generali delle Autorità di regolazione non presenti profili di specialità tali da giustificare una riflessione apposita. Ma, per quanto tale conclusione possa apparire a prima vista esatta, almeno con riferimento ai profili più squisitamente processuali del problema, vi sono comunque buone ragioni per occuparsi dell’argomento nella particolare prospettiva appena enunciata. Senza dimenticare, peraltro, che già sul piano generale le soluzioni elaborate dalla giurisprudenza in ordine agli effetti soggettivi del giudicato di annullamento di atti normativi e generali non sono esenti da contraddizioni e perplessità [2]. L’interesse specifico per l’argomento risiede principalmente nella particolare natura degli atti generali di regolazione e, più in generale, nelle peculiarità del fenomeno regolatorio. Al riguardo, com’è noto, vi è tra gli studiosi un vivace dibattito in ordine ai caratteri della regolazione e alla possibilità teorica di ricondurre i relativi poteri al paradigma classico del potere amministrativo discrezionale. Secondo una parte della dottrina, infatti, la funzione regolativa sarebbe irriducibile all’archetipo del potere discrezionale poiché «il suo tratto [continua ..]


2. Limiti soggettivi del giudicato di annullamento degli atti generali

È noto che al giudicato amministrativo si estende analogicamente la regola stabilita dall’art. 2909 c.c. per il giudicato civile, in base alla quale il giudicato ha effetti soltanto tra le parti del giudizio, i loro eredi o aventi causa [12]. Conseguentemente, di norma, i terzi estranei al giudizio come non sono pregiudicati dalle statuizioni della sentenza allo stesso modo non possono avvantaggiarsene. La regola dell’efficacia inter partes del giudicato di annullamento soffre tuttavia – secondo la costante giurisprudenza, non solo amministrativa – di un’importante eccezione nel caso in cui l’annullamento colpisca talune «peculiari categorie di atti amministrativi, quali quelli aventi una pluralità di destinatari, contenuto inscindibile ed affetti da vizi di validità che ne inficino il contenuto in modo indivisibile per tutti i loro destinatari» [13]. Appartengono a tale categoria i regolamenti e, più in generale, gli atti normativi, nonché gli atti amministrativi generali e collettivi (contrapposti agli atti plurimi, cioè aventi una pluralità di destinatari, ma idealmente divisibili in una serie di autonomi provvedimenti riguardanti ciascun destinatario). In questi casi, dunque, stante la natura indivisibile degli effetti dell’atto annullato, la sentenza di annullamento non si limita a produrre effetti nei confronti delle sole parti del giudizio, ma deve estendersi necessariamente ultra partes o addirittura erga omnes, nel caso di atti normativi. La ratio di tale consolidata impostazione giurisprudenziale risiede nel fatto che la decisione giurisdizionale di annullamento di un atto a contenuto generale inscindibile, ovvero a contenuto normativo, non potrebbe produrre effetti circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto sostanzialmente e strutturalmente unitario che non può esistere per taluni e non esistere per altri. Pertanto, mentre nel caso di atti plurimi (divisibili) la sentenza di annullamento dispiega i propri effetti soltanto nei confronti del ricorrente vittorioso e l’amministrazione ha la facoltà (ma non l’obbligo) di estendere gli effetti del giudicato ai terzi estranei al giudizio per ragioni di parità di trattamento e compatibilmente con le proprie risorse economiche, dell’annullamento giurisdizionale [continua ..]


3. Limiti soggettivi del giudicato di annullamento di atti generali dell'AEEGSI

Chiarito, sia pure sinteticamente, il quadro concettuale elaborato dalla giurisprudenza per risolvere il problema dell’estensione dell’efficacia soggettiva del giudicato di annullamento, occorre ora verificare se le soluzioni costruite dal giudice sul piano generale trovino applicazione anche ai casi di annullamento di atti generali delle Autorità di regolazione. Si rende dunque opportuno a questo punto spostare il piano dell’analisi dal generale al particolare, esaminando il tema a partire dall’esposizione di alcuni casi concreti. Sarà possibile in tal modo cogliere dal di dentro delle fattispecie sottoposte all’attenzione del giudice il concreto atteggiarsi dei problemi relativi all’efficacia soggettiva del giudicato di annullamento. Com’è stato efficacemente sottolineato, infatti, «non è mai possibile (…) ridurre a semplice massima le concettualizzazioni presenti nell’elaborazione giurisprudenziale, perché la visuale del giudice è sempre condizionata dalle esigenze pratiche di disciplina poste nel caso concreto» [17]. Se si guarda, dunque, alla casistica giurisprudenziale qualche esempio interessante può essere offerto dal contenzioso relativo agli atti generali con i quali l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e i Servizi idrici definisce i criteri per la determinazione delle tariffe del gas e ai relativi provvedimenti applicativi. Ovviamente ciò non significa che il problema non si ponga, o non si possa porre in futuro, anche con riferimento alla prassi di altre Autorità di regolazione e così pure in riferimento ad altre tipologie di atti generali. Più semplicemente, la casistica in materia di annullamento di atti espressione di potestà tariffaria dell’AEEGSI che qui si prenderà in esame sembra poter costituire un terreno di prova idoneo ad offrire, pur con i dovuti adattamenti, utili indicazioni anche per altri settori regolati. La potestà tariffaria, infatti, rappresenta in questi casi un elemento qualificante della regolazione, in quanto la tariffa, dovendo rispondere ai criteri generali sanciti dall’art. 1 della legge n. 481/1995, rappresenta in certo senso il punto di equilibrio e di sintesi di tutti gli interessi in gioco riconducibili ai diversi soggetti coinvolti [18]. Per ragioni di chiarezza espositiva i casi giurisprudenziali [continua ..]


3.1. Primo periodo regolatorio. Pluralità di decisioni giurisdizionali sul­l'atto generale e sorte degli appelli

Vengono dunque anzitutto in rilievo una serie di pronunce nelle quali il Consiglio di Stato ha confermato l’impostazione sopra sintetizzata in ordine agli effetti del giudicato di annullamento. In tali sentenze, infatti, il giudice amministrativo ha affermato che il giudicato di annullamento avente ad oggetto un atto di natura generale e indivisibile quale la regolamentazione dei criteri di determinazione delle tariffe per l’attività di distribuzione del gas ha effetto erga omnes. Conseguentemente, il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse gli appelli proposti dall’Autorità volti a censurare le sentenze del TAR Lombardia che avevano annullato la delibera, stante il passaggio in giudicato di altre sentenze del medesimo TAR pronunciate nei confronti di diversi ricorrenti, ma aventi ad oggetto i medesimi atti [19]. Con tali decisioni il TAR Lombardia aveva infatti annullato la delibera del­l’AEEGSI n. 237/2000, nella parte in cui, ai fini della determinazione del vincolo sui ricavi di distribuzione (VRD), stabiliva che – per il primo periodo di regolazione (quadriennio 2000-2004) – il costo del capitale investito rilevasse e­sclusivamente attraverso criteri parametrici (e non invece sui dati concreti della singola gestione) nonché nella parte in cui prevedeva che, nel caso di servizio svolto in forma associata per più Comuni, i singoli vincoli per il ricavo distribuzione e per il ricavo vendita al dettaglio fossero riferiti a ciascuna località e non all’ambito tariffario complessivamente inteso (non considerando che i costi riconosciuti per singole località, sommati insieme, sono inferiori al costo risultante per l’ambito tariffario complessivamente considerato) [20]. In ottemperanza alle pronunce relative a tale profilo, l’Autorità ha successivamente introdotto una procedura di calcolo del capitale investito di tipo «individuale», fondata sul metodo del costo storico rivalutato, cui potevano accedere gli esercenti che disponevano di dati concreti. In particolare, con la delibera n. 170/2004, relativa al secondo periodo di regolazione (2004-2008), veniva lasciata alle imprese la scelta tra metodo parametrico e metodo individuale (ossia basato sui costi effettivamente sostenuti), i cui modi di applicazione sono stati poi definiti con la delibera n. [continua ..]


3.2. Secondo periodo regolatorio. Facoltà per l'amministrazione di e­stendere l'effetto dell’annullamento giurisdizionale

Malgrado – come visto nel paragrafo precedente – la deliberazione dell’Autorità n. 170/2004 avesse passato indenne il sindacato di legittimità del giudice amministrativo il problema dei limiti soggettivi del giudicato di annullamento veniva nuovamente a porsi all’inizio del secondo periodo regolatorio. Infatti, anteriormente all’adozione della delibera n. 171/2005 – che, come detto, ha definito i modi di applicazione del metodo individuale – alcune società operanti nel settore del gas proponevano, con riguardo al sistema parametrico, istanze alla AEEGSI di rideterminazione del VRD per l’anno termico 2003/04 (rientrante nel primo periodo regolatorio e valore base di calcolo del VRD per il periodo successivo) considerando l’ambito tariffario nel suo complesso. L’Autorità respingeva le istanze presentate ritenendo che soltanto gli esercenti in possesso di dati concreti per il calcolo dei costi di capitale, secondo il metodo di calcolo individuale, avrebbero potuto determinare il vincolo sui ricavi di distribuzione riguardo all’ambito tariffario complessivamente inteso. Le suddette Società impugnavano quindi i dinieghi dell’Autorità e il giudice amministrativo accoglieva i ricorsi affermando l’illegittimità della motivazione dei detti provvedimenti poiché «la ratio che giustifica il computo dei costi di ge­stione per ambito tariffario complessivo (e non per sommatoria delle singole località) non è scalfita dalla circostanza che i costi di capitale siano calcolati con il metodo parametrico, conseguendone altrimenti l’effetto per cui le società titolari di gestioni associate possono avere riconosciuti i costi obiettivamente sostenuti soltanto se adottano il metodo individuale, con disparità di trattamento tra gli esercenti a seconda che utilizzino il metodo parametrico o individuale, che invece la stessa delibera n. 170 del 2004 presenta come alternativi ed equivalenti» [22]. Alla luce di queste sentenze altre società di distribuzione del gas proponevano all’AEEGSI istanza di rideterminazione del VRD per il periodo antecedente al secondo periodo regolatorio, incidente su tale periodo, e quindi per il detto secondo periodo, in modo che la regola che, in caso di gestioni associate, limitava il calcolo [continua ..]


3.3. Ancora sulla pluralità di decisioni giurisdizionali sull'atto generale e sulla sorte degli appelli

Un altro gruppo di pronunce è relativo a un atto generale (deliberazione n. 248 del 29 dicembre 2004) con il quale l’AEEGSI aveva rivisitato il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale ai clienti finali del mercato vincolato. Con tale atto l’Autorità aveva, tra l’altro, reso obbligatoria l’introduzione nei contratti, anche quelli di compravendita di gas all’in­grosso, di una clausola di salvaguardia volta a fissare un limite all’au­mento dei prezzi del gas nel caso di rincari del costo del petrolio. Con la stessa deliberazione veniva anche disposta la revisione del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso, con aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas a decorrere dal primo trimestre del 2005. La deliberazione n. 248/2004 veniva quindi impugnata da numerosi operatori e il TAR della Lombardia, con una pluralità di decisioni di pressoché identico contenuto, ritenendo fondate alcune delle censure dedotte, disponeva l’annullamento della succitata delibera. Le sentenze di primo grado, tuttavia, venivano impugnate dall’Autorità dinanzi al Consiglio di Stato. In particolare, per quanto di interesse in questa sede, nei giudizi di impugnazione delle sentenze di primo grado n. 3716/2005 e n. 3718/2005, la sesta Sezione del Consiglio di Stato, con due distinte ordinanze, dichiarava improcedibili gli appelli proposti dall’AEEGSI, per tardività del deposito, e rimetteva all’Adunanza Plenaria la decisione circa l’ammissibilità, rispettivamente, dell’appello e dell’opposizione di terzo proposti da alcune associazioni di consumatori che non erano state parti nel giudizio di primo grado [25]. L’Adunanza Plenaria, a sua volta, si è pronunciata con le sentenze dell’11 gennaio 2007, nn. 1 e 2, risolvendo in senso negativo entrambe le questioni sottoposte al suo esame. Sebbene queste pronunce non attengano direttamente al problema degli effetti soggettivi del giudicato, vi è un passaggio della sentenza n. 2/2007 che merita di essere qui sottolineato. Il giudice amministrativo, infatti, sia pure incidentalmente, sembrerebbe condividere la tesi sostenuta dai terzi opponenti in ordine al venir meno per essi dell’interesse alla decisione. Questi ultimi, infatti, chiedevano che venisse dichiarata da parte [continua ..]


4. Sulla inscindibilità degli atti di regolazione

Per quanto la giurisprudenza richiamata nei paragrafi precedenti non si discosti dagli orientamenti dominanti sul tema dell’efficacia dell’annullamento giurisdizionale degli atti generali, meritano di essere segnalati alcuni aspetti. Un primo rilievo attiene alla caratterizzazione degli atti impugnati, sotto il profilo che interessa il nostro tema. È noto che l’estensione ultra partes degli effetti della sentenza di annullamento, che la giurisprudenza riconosce in presenza di una variegata tipologia di atti amministrativi con pluralità di destinatari, è legato al carattere «inscindibile» degli stessi. Non vi è però omogeneità di impostazione nella identificazione del significato o, meglio, dell’oggetto della inscindibilità, che giustifica l’effetto esteso della decisione di annullamento. A seconda dei casi infatti può rilevare l’indivisibilità dell’atto, del suo contenuto, dei suoi effetti o del vizio che lo inficia [27]. Nel caso degli atti di regolazione la giurisprudenza, coerentemente con il rilievo dottrinale per il quale la indivisibilità dell’atto o degli effetti o del vizio non è che «la conseguenza di una indivisibilità che sta a monte, cioè l’indivisibilità del potere e della regola che lo regge e che il giudice accerta» [28], si mostra decisa nel ritenere la inscindibilità carattere legato alla natura stessa del potere esercitato, affermando che «gli atti con cui un’autorità amministrativa indipendente disciplina le modalità di esercizio di poteri di vigilanza e controllo sul settore di attività oggetto di regolazione presentano un carattere ontologicamente inscindibile, rappresentando l’espressione di una volontà unitaria da parte dell’autorità, la quale provvede in modo funzionalmente non frazionabile nei confronti di un complesso di interessi considerati non singolarmente, bensì come componenti di una platea unitaria ed indivisibile» [29]. Questa impostazione mette in evidenza il carattere necessariamente infrazionabile della decisione, sul piano oggettivo e funzionale, ed individua nell’u­nitarietà della volizione, in un contesto di interessi complesso e pur destinato ad una pluralità di soggetti, uno dei caratteri tipici del [continua ..]


5. Successione e pluralità di impugnazioni del medesimo atto generale

Una seconda questione, messa in luce dalla rassegna giurisprudenziale che precede, che si intreccia con quella della estensione delle decisioni di annullamento di atti generali di regolazione, riguarda la problematica che nasce nel caso di pluralità di impugnazioni avverso il medesimo atto. Questa possibilità, che evidentemente non si verifica nelle sole impugnazioni di atti generali, appare normale e frequente nel caso che interessa, in considerazione della pluralità di soggetti coinvolti unitariamente dall’atto generale, ma autonomamente ed ugualmente legittimati alla contestazione di quest’ultimo. Come si è visto dall’analisi della giurisprudenza sopra richiamata, non è agevole individuare i criteri che governano il concorso di impugnazioni del medesimo atto generale, soprattutto se si considera lo svolgimento della controversia nei due gradi di giudizio. Le stesse ragioni che inducono a riconoscere un effetto ultra partes alle decisioni di annullamento degli atti generali, imporrebbe un coordinamento che, per quanto possibile, contenga la possibilità di pronunce contrastanti o anche semplicemente di sfasamento dei tempi e degli ambiti di produzione degli effetti, soprattutto nel campo della regolazione, per i motivi ai quali si è accennato nei paragrafi iniziali. In realtà, una prima razionalizzazione dei diversi processi sul medesimo oggetto è offerta dai principi generali che regolano l’azione nel processo di impugnazione. Può leggersi in questa prospettiva il tema della procedibilità di una impugnativa avverso un atto generale già annullato su ricorso di un diverso interessato. È noto che in questi casi la giurisprudenza ritiene improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso proposto contro un atto generale già annullato in altro giudizio, proprio in considerazione del dispiegarsi ultra partes degli effetti dell’annullamento giurisdizionale. Dal punto di vista del concorso delle impugnazioni, si dovrebbe concludere che, dopo la pubblicazione della prima sentenza di annullamento dell’atto generale, non vi potrebbe essere un secondo annullamento dello stesso atto [32]. In questo senso la regola dell’improcedibilità del ricorso successivo diviene anche criterio di razionalizzazione del concorso di impugnazioni. Va verificato se il secondo ricorrente, che vede [continua ..]


6. Pluralità di decisioni di annullamento di un unico atto generale, appellabilità e sorte degli appelli

Più complesse sono le questioni, in parte affrontate dalla giurisprudenza esaminata nella rassegna che precede, legate ai riflessi della pluralità di decisioni di annullamento di un atto generale sul tema della loro appellabilità e della sorte degli appelli. Anzitutto merita di essere considerata l’affermazione del Consiglio di Stato, nelle decisioni in rassegna, che dichiara improcedibili per difetto sopravvenuto di interesse gli appelli proposti dall’Autorità avverso sentenze del TAR che avevano annullato atti generali, laddove nel frattempo fossero passate in giudicato altre sentenze del TAR non impugnate ed aventi ad oggetto i medesimi atti. Viene in questo modo riaffermato, nella sostanza, il principio che l’annulla­mento dell’atto propaga i suoi effetti oltre l’ambito del rapporto dedotto nel primo giudizio, sicché è impossibile rimettere in discussione la questione della legittimità dei contenuti precettivi di un atto «definitivamente annullato erga omnes». In questo caso, chi resiste all’appello dell’Amministrazione beneficia della preclusione processuale che deriva dalla improcedibilità della impugnazione, stante la definitività di una pronuncia di annullamento dell’atto generale, resa in un giudizio promosso da altro ricorrente; l’Amministrazione è tenuta a riconoscere che l’annullamento del proprio atto generale ha effetto anche nei confronti di rapporti ancora contestati che su di esso si fondano. Questa regola, peraltro, va confrontata con un diverso principio richiamato proprio con riferimento agli atti generali dell’Autorità e per il quale, di fronte ad una pluralità di decisioni di annullamento del medesimo atto inscindibile, quest’ultimo dovrebbe ritenersi ritornato in vita (erga omnes) a seguito della riforma anche di una soltanto delle decisioni di primo grado, con effetto «non soltanto per l’appellante a cui favore risultava emanata la sentenza», qualora le impugnazioni si fondassero sui medesimi motivi [44]. La possibilità di «riemersione» dell’atto annullato da una pluralità di sentenze anche in base ad una sola decisione di riforma in appello potrebbe infatti non apparire del tutto coerente con la conclusione della improcedibilità dell’appello dopo il passaggio in [continua ..]


7. Alcuni rilievi conclusivi

Sulla tematica esaminata rilevano e si intrecciano infatti profili diversi. Se il tema dell’estensione ultra partes degli effetti delle pronunce che riguardano gli atti generali è legato agli aspetti sostanziali del regime di questi ed alla conformazione dei poteri amministrativi, le problematiche poste dal concorrere di una pluralità di giudizi e di pronunce sullo stesso oggetto quando questo è un atto generale, richiamano altre questioni, che mostrano la difficoltà di garantire una soluzione impeccabile nell’ambito dei principi del processo amministrativo. Secondo il tradizionale orientamento, l’effetto esteso, sul piano soggettivo, dell’annullamento dell’atto generale è coerente con l’efficacia tipica degli atti dei quali si discute, che si conserva nelle vicende che li riguardano. La concatenazione è in sé lineare: l’atto amministrativo ha effetti generali; la decisione di annullamento (giurisdizionale o amministrativa), che partecipa dello stesso carattere costitutivo del primo atto, ha anch’essa effetti generali; la pronuncia di annullamento dell’annullamento produce effetti non dissimili, ripristinando, con effetto erga omnes, l’efficacia dell’atto generale “riemerso”. Nel caso di pluralità di impugnazioni in sede giurisdizionale aventi ad oggetto lo stesso atto generale, l’effetto esteso delle pronunce di annullamento deve confrontarsi con i caratteri del processo amministrativo e delle decisioni del giudice amministrativo, ed in particolare, nell’ottica che interessa, con le questioni che riguardano il regime delle preclusioni processuali e la stabilità della pronuncia di annullamento (e che, con molta approssimazione, si possono ricondurre al tema del giudicato). Ma le soluzioni risentono del carattere specifico dell’oggetto dei giudizi. In effetti, nelle vicende processuali richiamate, abbiamo visto che l’annulla­mento dell’atto generale produce effetti nei processi non ancora conclusi contro lo stesso atto, rendendo prive di oggetto le impugnazioni di altri soggetti, che debbano essere decise dopo il primo annullamento o comunque soddisfacendo l’interesse che le giustifica. In sé, però, questa conclusione è la conseguenza del mero fatto dell’annullamento e non dei caratteri tipici della decisione giurisdizionale (e [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2015