Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Sindacato del giudice amministrativo e atti regolatori dell'AEEGSI (di Carlo Mariani)


  

SOMMARIO:

1. Premessa: la difficoltà del sindacato sul potere regolatorio dell'AEEGSI - 2. Il parametro legislativo: gli obiettivi del potere regolatorio - 3. L'eccesso di potere: le figure sintomatiche utilizzate per sindacare la scelta tecnica - 4. L'accesso al fatto - 5.La legalità formale nel potere regolatorio. La partecipazione e il dovere di motivazione - 6. Il riflesso della specialità del potere regolatorio sul potere sanzionatorio - 7. L'esecuzione del giudicato sul potere regolatorio - 8. Conclusioni - NOTE


1. Premessa: la difficoltà del sindacato sul potere regolatorio dell'AEEGSI

Come è noto, tratto caratteristico del potere di regolazione del mercato posto in capo all’AEEG [1], e più in generale alle Authorities operanti nei servizi di pubblica utilità, è la scarsa pregnanza del principio di legalità sostanziale che ne guida l’esercizio [2]. Ciò ha comportato la centralità dell’opera ricostruttiva della giurisprudenza nella definizione dello statuto del potere in questione, che nel corso degli anni si è concentrata su tre principali problematiche, ovverosia: il fondamento del potere regolatorio, il ruolo della partecipazione procedimentale nella definizione della scelta regolatoria (come contraltare alla caduta della legalità sostanziale), l’intensità del sindacato esercitabile dal G.A. Il primo aspetto è stato affrontato soprattutto nei primi anni di operatività dell’Autorità, quando, in ragione della vaghezza della norma attributiva del potere, le censure dei regolati si appuntavano prevalentemente sull’insussisten­za del potere di intervento [3]. L’esame della giurisprudenza recente mostra invece come tale questione non sia più di stretta “attualità”, mentre invece risulti molto più spesso invocata dagli operatori l’irragionevolezza delle regole costruite dall’AEEGSI per rendere efficiente il mercato energetico (c.d. regolazione pro-concorrenziale). Sennonché, in tale ambito il largo margine di discrezionalità concesso al­l’Au­torità e la tecnicità dell’oggetto della regolazione rendono in qualche modo difficoltoso il sindacato giurisdizionale; problematicità accentuata dal fatto che la giurisprudenza pare non abbia ancora preso una posizione chiara in ordine all’in­quadramento (quantomeno tendenziale) dell’attività regolatoria nelle categorie classiche della discrezionalità amministrativa o della discrezionalità tecnica [4]. Ciò premesso, si è ritenuto di interesse esaminare alcuni recenti arresti pretori al fine di cogliere le tendenze in atto nella giurisprudenza amministrativa relativamente ai margini di censurabilità del potere di regolazione del mercato energetico.


2. Il parametro legislativo: gli obiettivi del potere regolatorio

L’art. 1 della legge 14 novembre 1995, n. 481 detta una serie di principi di massima che devono ispirare l’esercizio della funzione regolatoria delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Vengono infatti utilizzate espressioni vaghe quali la necessità di garantire «la promozione della concorrenza e dell’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità» nonché «adeguati livelli di qualità dei servizi in condizioni di economicità e redditività» e di definire «un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti». Nonostante la norma attributiva del potere regolatorio lasci tale ampio margine di manovra, il G.A. mostra di utilizzare i detti principi legislativi al fine di sindacare la corrispondenza agli stessi della scelta regolatoria compiuta dal­l’AEEGSI. Ed infatti in un caso di determinazione di una componente tariffaria, il giudice ha rilevato che la soluzione adottata dall’Autorità contrastava con il surrichiamato obiettivo legislativo di garantire nel contempo l’efficienza nella produttività e un’adeguata redditività per imprese. In tal senso, veniva in particolare stabilito che la misura dei costi riconosciuti in tariffa dovesse corrispondere agli effettivi costi sostenuti dalle imprese, in virtù dei principi di trasparenza, certezza, non discriminazione sanciti dal suddetto art. 1 della legge n. 481/1995; nella specie l’Autorità, nella definizione dei costi riconosciuti, aveva invece valorizzato dati meramente previsionali e relativi ad alcuni soltanto degli operatori presenti nel mercato [5]. Un ulteriore interessante dato che si rileva sempre in ordine al rapporto tra obiettivi legislativi e potere regolatorio è che, nel caso in cui le norme legislative impongano in maniera vincolata un determinato parametro tecnico, il G.A. ritiene che manchi in capo all’Autorità qualsiasi potestà di modificare o integrare il detto parametro stabilito, anche se la medesima ritenga l’integrazione funzionale al miglior raggiungimento dell’obiettivo dell’efficienza del mercato. Così è stato stabilito ad esempio in una vertenza riguardante l’impugna­zione di una delibera con la quale l’Autorità aveva specificato, rendendolo più [continua ..]


3. L'eccesso di potere: le figure sintomatiche utilizzate per sindacare la scelta tecnica

Come si è già accennato, la giurisprudenza amministrativa stenta a trovare un disegno preciso allo statuto dell’attività regolatoria. L’atteggiamento di deferenza del G.A. nei confronti del potere di regolazione del mercato dell’AEEGSI è stato in passato giustificato sul presupposto che «le funzioni dell’autorità non sono di valutazione e di giudizio meramente tecnico, ma di regolazione del mercato» [7]. Sembrerebbe quindi che il G.A. consideri l’attività regolatoria non un’attività di giudizio, seppur tecnico, bensì una vera e propria potestà discrezionale volta a definire le regole per il miglior funzionamento del mercato, guidata da criteri tecnici. In altre pronunce si legge tuttavia che «gli atti dell’Autorità (…) sono normalmente espressione di valutazioni tecniche e conseguentemente suscettibili di sindacato giurisdizionale, in applicazione di criteri intrinseci al settore che viene in rilievo» [8]. Sta di fatto che, al di là delle classificazioni, tale ruolo di “dominio del settore” riconosciuto in capo all’AEEGSI genera anche nella giurisprudenza recente una sorta di timidezza nell’esercizio del sindacato giurisdizionale. Ciò almeno sembra ricavarsi da recenti affermazioni di principio secondo le quali «le valutazioni compiute dall’Autorità nell’ambito dell’esercizio dei propri poteri di regolazione sono connotate da ampia discrezionalità che il giudice amministrativo può sindacare solo nel caso in cui l’Autorità stessa abbia effettuato scelte che si pongono in contrasto con quello che può essere definito principio di ragionevolezza tecnica. Non è consentito, infatti, al giudice amministrativo – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – sostituire proprie valutazioni a quelle effettuate dall’Autorità, ed è, pertanto, necessario che le parti interessate deducano l’esistenza di specifiche figure sintomatiche dell’eccesso di potere mediante le quali dimostrare che la determinazione assunta si pone in contrasto con il suddetto principio di ragionevolezza tecnica» [9]. Da tale affermazione di principio può ricavarsi che la giurisprudenza amministrativa, se da un lato ritiene che [continua ..]


4. L'accesso al fatto

L’esame della giurisprudenza consente di cogliere altresì una certa ritrosia del G.A. a procedere ad una verifica diretta dei fatti posti a fondamento della detta scelta regolatoria dell’AEEGSI. Questo atteggiamento si ricava ad esempio nella già citata sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 24 gennaio 2014, n. 265. In particolare in tale controversia l’AEEGSI, nell’esercizio del potere di determinare i parametri della tariffa di vendita del gas da applicare da parte degli operatori del settore ai clienti finali facenti parte del servizio di tutela [18], aveva diminuito un coefficiente corrispondente ai costi di approvvigionamento nel mercato all’ingrosso dei suddetti operatori. Nello specifico, dall’istruttoria compiuta dall’Autorità (attraverso la richiesta di informazioni a 18 operatori che approvvigionano il 90% delle forniture di gas destinate al servizio di tutela) risultava che gli esercenti la vendita per il servizio di tutela erano in grado di approvvigionarsi a condizioni economiche anche sensibilmente inferiori a quelle di cui alla componente relativa alla commercializzazione all’ingrosso. Ciò posto, il TAR ha ritenuto che l’azione dell’Autorità fosse in contrasto con l’art. 1 della legge n. 481/1995, nella parte in cui prescrive all’Autorità di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nel settore di riferimento nel rispetto delle “condizioni di economicità e di redditività”, sulla base del fatto che «non vi sarebbero elementi concreti e verificabili in forza dei quali ritenere che in relazione al periodo considerato sia dalla delibera, sia dalle successive determinazioni impugnate con ricorsi per motivi aggiunti, i costi degli operatori per l’approvvigionamento del gas si siano effettivamente ridotti in misura corrispondente a quella che deriva dall’applicazione del coefficiente K». Tale impostazione si riscontra anche nella già citata sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 24 giugno 2014, n. 1648, nella quale il G.A. ha affermato l’insussistenza dei presupposti di fatto (ossia l’aumento dei costi per gli utenti e la presenza di rischi per il sistema elettrico) posti a base della delibera di modifica dei prezzi di sbilanciamento, in virtù delle circostanze che «nel [continua ..]


5.La legalità formale nel potere regolatorio. La partecipazione e il dovere di motivazione

Come noto, la funzione di regolazione dei mercati è caratterizzata da una fase di partecipazione procedimentale che assume valenza sostanziale, e ciò per plurime ragioni. In primo luogo, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto di poter superare il deficit di legalità sostanziale e di legittimazione democratica, non solo, come visto, potenziando il sindacato sull’eccesso di potere, ma anche valorizzando gli aspetti relativi alla c.d. legalità procedimentale. In tal senso la giurisprudenza ha infatti sancito che «la caduta del valore della legalità sostanziale sia compensata da un rafforzamento della legalità procedurale, sottoforma di garanzia del contraddittorio» [22]. Da un’altra parte la partecipazione delle imprese consente di recuperare la democraticità dell’Autorità dal basso, prevedendo appunto una condivisione della decisione coi regolati. In tal senso la partecipazione diventa dunque titolo di legittimazione dell’agire di un’Amministrazione di fatto slegata dal circuito democratico [23]. In terzo luogo, l’importanza specifica della partecipazione nel settore deriva dalla circostanza che le informazioni necessarie per le decisioni tecniche sono spesso possedute solo dagli operatori; vieppiù una visione sull’impatto della regolazione può aversi solamente una volta consultato il mercato stesso [24]. Tuttavia, per avere una prospettiva dell’effettiva consistenza che assume la partecipazione nel sistema regolatorio, al di là delle dichiarazioni di principio, occorre analizzare come viene declinata tale dichiarata centralità del contraddittorio. A tal proposito, può osservarsi innanzitutto che il principio in parola può assumere una effettiva valenza sostanziale solo ove la doglianza della mancata o insufficiente attivazione delle garanzie procedimentali non venga assorbita in caso di accoglimento di motivo attinente alla erroneità della scelta tecnica. Invero la ridefinizione del criterio tecnico in base alle coordinate fissate dal giudice necessita in ogni caso, e a maggior ragione, dell’apporto partecipativo all’origine pretermesso. Tale ragionamento trova in effetti riscontro positivo in alcuni recenti pronunciamenti, ove risulta l’accoglimento, accanto al motivo di censura della scelta tecnica, del motivo sulla violazione del [continua ..]


6. Il riflesso della specialità del potere regolatorio sul potere sanzionatorio

A presidio del rispetto dei propri provvedimenti regolatori, la legge attribuisce all’AEEGSI poteri sanzionatori verso gli operatori economici del settore [32]. In recenti pronunce si trova affermato che tale potere sanzionatorio posto a valle del potere di regolazione dell’Autorità partecipa della specialità di que­st’ultimo. Specialità che, nel particolare caso, viene tradotta nell’inapplicabilità della legge 24 novembre 1981, n. 689 in ordine agli aspetti non specificamente regolati dalla disciplina di settore. Infatti, in una controversia originatasi dall’impugnazione un provvedimento sanzionatorio emanato dall’AEEGSI per mancata applicazione di un coefficiente tariffario da parte di un operatore del settore della distribuzione e fornitura dell’energia elettrica ai clienti del mercato vincolato, il Consiglio di Stato ha sancito la non applicabilità ai procedimenti sanzionatori dell’Autorità del termine perentorio di novanta giorni dall’accertamento dell’infrazione per la contestazione stabilito dall’art. 14, legge n. 689/1981 [33]. Gli argomenti a sostegno della decisione sono due. In primo luogo viene evidenziato che i procedimenti sanzionatori del­l’AEEGSI sono disciplinati dal D.P.R. 9 maggio 2001, n. 244 [34], il quale pone una dettagliata disciplina del procedimento, dalla fase prodromica, istruttoria e partecipativa, fino all’esito finale e non prevede una scansione delle varie fasi, e relativi termini, corrispondente o analoga a quella di cui alla legge n. 689/1981. A tale argomento si aggiungono poi più sostanziali e fondamentali considerazioni. Viene infatti affermato che l’intervento sanzionatorio dell’AEEGSI «non perde la caratteristica primaria ed essenziale, de futuro, di regolazione pubblica di attività economiche private in un particolare mercato richiesta per la tutela delle condizioni di concorrenza» ragion per cui «è fuor di luogo riferirvi un procedimento finalizzato invece alla mera retribuzione sanzionatoria de praeterito di comportamenti individuali, qual è quello del Capo I della l. n. 689 del 1981». Si sostiene inoltre che «l’accertamento della violazione è frutto di una sequenza procedimentale nella quale l’attività accertativa non [continua ..]


7. L'esecuzione del giudicato sul potere regolatorio

L’esame della giurisprudenza evidenzia infine un duplice ordine di problemi in relazione all’esecuzione delle sentenze di annullamento dei provvedimenti regolatori, ovverosia la consistenza dell’effetto confermativo e i poteri sostitutivi del giudice dell’ottemperanza. Quanto al primo aspetto, la natura della norma attributiva di potere, che come detto pone vincoli di mero indirizzo, nonché la concezione di una sorta di competenza esclusiva dell’AEEGSI di regolare il mercato energetico, sembrano determinare una certa evanescenza della regola sulla modalità del riesercizio del potere enunciata (o ricavabile) nella sentenza di annullamento. In tal senso sembra infatti ragionare la VI sezione del Consiglio di Stato nella sentenza 8 luglio 2014, n. 3465 [35]. Trattasi di giudizio per l’ottemperanza della sentenza con la quale il Consiglio di Stato, in parziale riforma della sentenza di primo grado [36] ha accolto il ricorso della società ricorrente attiva nel settore di produzione di energia da fonti rinnovabili contro la delibera di determinazione del costo evitato del combustibile (“CEC”) necessario per la determinazione del prezzo incentivante di cui alla delibera CIP-6/92 (in sostanza la ricorrente lamentava una erronea determinazione del CEC che si ripercuoteva sulla misura del prezzo incentivante ad essa società spettante). Il giudicato affermava come principio di diritto la necessità di determinazione del CEC sulla base dei costi di mercato, da desumersi dal mercato del gas naturale fornito alle centrali termoelettriche, secondo criteri dettati dalla sentenza medesima [37]. Nel respingere il ricorso il G.A. ha affermato che le prescrizioni del giudicato di annullamento non dovessero intendersi come «rigidamente prescrittive in ordine alle modalità attraverso le quali individuare il prezzo di riferimento (anche perché un siffatto contenuto avrebbe esulato dai confini propri del vaglio esercitabile dal giudice amministrativo nei confronti dell’esercizio di un’attività regolatrice connotata da lata discrezionalità tecnica)» e che non fosse possibile attribuire al suddetto principio di diritto «un significato tale da aver imposto all’Autorità, in sede di riesercizio del potere, un preciso vincolo nel quomodo, sino a [continua ..]


8. Conclusioni

Lo scorcio giurisprudenziale che si è proposto mostra come sussistano ancora diverse problematiche irrisolte in ordine al rapporto tra potere regolatorio dell’AEEGSI (ed in generale delle Authorities la cui missione è regolamentare un mercato) e sindacato giurisdizionale. Ciò, come evidenziato, pone una certa ambiguità nelle affermazioni di principio del G.A. in ordine alla classificazione dell’attività in questione, ambiguità che si scarica poi sulle decisioni concrete. Si assiste infatti ad uno spettro di pronunce che in alcuni casi contengono un sindacato sulla mera correttezza logica della decisione, in altri casi invece valorizzano canoni penetranti e vicini al merito, quali i principi di non discriminazione e proporzionalità. La tensione tra la volontà di non invadere il terreno dell’Autorità e la necessità di verificare la legalità del suo agire si riscontra in tutta la sua evidenza in merito al tema dell’esecuzione del giudicato, dove ad affermazioni vaghe sul peso conformativo dei criteri dettati si somma un certo imbarazzo (nel caso specifico evitato [43] sull’esercizio di poteri sostitutivi del G.A. Si coglie tuttavia lo sforzo del giudice, nelle sentenze che si sono esaminate, di effettuare un sindacato attraverso alcune selezionate figure sintomatiche, in qualche modo congegnali al contesto di riferimento (ovvero il mercato), secondo una concezione già evidenziata in dottrina [44]. Sotto altro punto di vista, il G.A. in alcune pronunce mostra effettivamente un’attenzione particolare al rispetto del principio del contradditorio nella formulazione della disciplina regolatoria, nella consapevolezza che la regola corretta è innanzitutto quella costruita insieme agli operatori di settore, depositari delle necessarie informazioni sul funzionamento del mercato; dunque la possibilità di esprimere un giudizio sulla ragionevolezza della soluzione adottata passa in primis attraverso il rigoroso rispetto del confronto procedimentale. Quest’ultimo aspetto, unitamente all’evidenziato tentativo del G.A. in alcune decisioni di esemplificare la soluzione corretta dal punto di vista della ragionevolezza tecnica, manifestano il fenomeno proprio della regolazione del mercato «come disciplina non solo in divenire, ma addirittura da costruire, che [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2015