Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

La Cassa depositi e prestiti: eredità storica e proiezioni future (di Andrea Averardi, Ricercatore di diritto amministrativo, Scuola IMT Alti Studi di Lucca. Abilitato alle funzioni di professore associato di diritto amministrativo.)


L’articolo, muovendo dalle trasformazioni che stanno interessando le forme dell’in­tervento dello Stato in economia, si sofferma sul ruolo della Cassa depositi e prestiti. Particolare attenzione viene data agli elementi di contesto economico-sociale che hanno determinato l’evoluzione della Cassa e sul problema dell’attuale idoneità della Cassa a far fronte alle sfide industriali poste dal nuovo ciclo economico post-pandemia.

Cassa depositi e prestiti: historical legacy and future scenarios

Moving from the transformations that are affecting the economic role of the State, the article focuses on the present functions and governance of the Cassa depositi e prestiti. Particular attention is given to the elements of the economic and social context that have determined the Cassa’s evolution and to the problem of the Cassa’s current suitability to meet the industrial challenges posed by the new post-pandemic economic cycle.

Key Words: Cassa depositi e prestiti – Industrial policy – State-owned enterprises – Economic role of the State – Next Generation EU

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Alle origini della moderna Cassa depositi e prestiti - 3. Le linee di intervento della Cassa depositi e prestiti tra conservazione e trasformazione - 4. Interessi pubblici e scelte d’impresa: il problema della governance della Cassa depositi e prestiti - 5. La Cassa depositi e prestiti tra finanziarizzazione del capitalismo e ritorno della questione industriale - 6. L’azionariato di Stato e la Cassa depositi e prestiti davanti alla sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza - NOTE


1. Premessa

La Cassa depositi e prestiti (Cdp) è l’istituzione finanziaria più longeva della storia del Paese, ed è anche quella che, nel faticoso incedere del capitalismo italiano contemporaneo, si sta affermando per il maggiore dinamismo [1]. In verità, dell’esistenza di un crescente peso finanziario e industriale della Cdp, anche fuori dal suo tradizionale compito di garantire credito alle amministrazioni, si avevano segnali chiari già da almeno un decennio [2]. Diverse evidenze, come, da ultimo, le operazioni di Cdp Equity con Aspi e Borsa Italiana e la creazione del Patrimonio Rilancio, mostrano, a ogni modo, un’intensi­ficazione e una diversificazione, ancora più marcata, dell’intervento pubblico in economia per il tramite della Cdp. Del resto, anche gli eventi causati dalla diffusione del Covid-19 stanno sollecitando nuove risposte pubbliche ad ampio spettro, volte a garantire il pieno funzionamento dello Stato sociale e l’equi­librato sviluppo dell’economia [3]. Non può dunque sorprendere che, in un contesto di crescente rilevanza del problema della selezione e dell’attuazione delle scelte economiche, per la Cdp si aprano diversi spazi di azione [4]. Il protagonismo della Cassa (a volte effettivo, a volte solo evocato) merita allora particolare attenzione. Ciò soprattutto osservando che la peculiare natura di tale istituto – un «centauro» tra pubblico e privato – reca con sé potenzialità, in termini di efficienza e libertà di movimento, quanto rischi, specie per ciò che concerne l’individuazione e la definizione trasparente degli obiettivi strategici e l’assunzione della responsabilità politica, ancor più che manageriale, per il perseguimento di essi [5].


2. Alle origini della moderna Cassa depositi e prestiti

L’attuale configurazione del gruppo Cdp è figlia essenzialmente del decreto-legge n. 269 del 2003, con cui essa è stata spogliata della veste pubblicistica, da ente pubblico economico, per essere trasformata in società per azioni, aperta al capitale privato delle fondazioni di origine bancaria, per una quota di minoranza rispetto a quella detenuta dal Ministero dell’economia [6]. Il più immediato effetto di questo mutamento, in parte anticipato da alcuni interventi degli anni subito precedenti [7], è stato senz’altro quello di far attribuire alla Cdp la natura di market unit, riallineando l’istituto alla francese Caisse des dépôts et consignations (Cdc) e alla tedesca Kreditanstalt für wiederaufbau (Kfw) e facendolo transitare, al di là delle perplessità espresse dalla giurisprudenza più sostanzialistica [8], fuori dal perimetro delle amministrazioni pubbliche [9]. Ciò ha imposto, tra l’altro, la necessità di procedere a una bipartizione delle aree di azione della società, prevedendo una gestione separata per le attività tradizionali di finanziamento alle amministrazioni pubbliche, svolte utilizzando le risorse del risparmio postale, che gode della garanzia dello Stato ed è sottoposta precisi vincoli amministrativi e politici [10], e una gestione ordinaria per il finanziamento delle infrastrutture e degli investimenti in servizi pubblici, in ricerca, in innovazione e nel patrimonio culturale, la quale trova la propria provvista nell’emissione di strumenti finanziari e senza garanzia dello Stato [11]. In questo modo, la Cdp, non più (almeno formalmente) «braccio armato» del Tesoro [12], ha potuto cominciare a fare ricorso a uno spettro di meccanismi di intervento nell’economia molto più variegato che in passato e ha iniziato a strutturarsi come holding di partecipazioni pubbliche [13], restando, in ogni caso, all’inter­no del perimetro delle norme europee sugli aiuti di stato e senza che le proprie passività, specie finanziarie, venissero conteggiate di default nel debito pubblico [14]. Allo stesso tempo, alla Cdp, che oggi ha acquisito lo status di istituto nazionale di promozione, è stata ritenuta applicabile la normativa sugli intermediari finanziari non bancari, pur svolgendo, di fatto, anche attività [continua ..]


3. Le linee di intervento della Cassa depositi e prestiti tra conservazione e trasformazione

Effettuare una perimetrazione ragionata della struttura e del raggio di azione del gruppo Cdp è un esercizio sempre più complesso, posto che l’ambito di operatività dell’istituto si muove solo in parte secondo linee stabili e che molte novità appaiono il frutto di accelerazioni legislative più o meno prevedibili [18]. In generale, l’ultimo piano industriale, anche tenendo conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile, tracciati a livello internazionale [19], individua quattro macro-aree di intervento, identificate, in modo abbastanza ampio, nel sostegno alle imprese, nel supporto alle infrastrutture, alla pubblica amministrazione e al territorio, nella gestione e valorizzazione delle grandi partecipazioni strategiche e, da ultimo, nello sviluppo della cooperazione internazionale [20]. Tra i campi indicati, l’attività trasversale di lending, intesa come sostegno tanto alle amministrazioni quanto alle piccole e medie imprese, continua a costituire, anche in termini quantitativi, un profilo centrale dell’azione della Cdp [21], ponendo quest’ultima utilmente accanto al sistema creditizio, le cui difficoltà, vista la natura stabilmente banco-centrica del capitalismo italiano, tendono a riflettersi negativamente su tutta l’economia nazionale [22]. La rilevanza di questa macro-area di azione della Cdp è stata d’altronde confermata dalle molteplici iniziative assunte per fronteggiare l’emergenza Covid-19, tra cui meritano di essere menzionate la rinegoziazione dei mutui, che ha coinvolto oltre settemila enti territoriali, nonché il finanziamento immediato, fino a due miliardi di euro, a supporto dei fabbisogni finanziari delle medie e grandi imprese per fornire loro una liquidità immediata, in attesa dell’av­vio operativo dei meccanismi di garanzia previsti dal decreto-legge n. 18 del 2020 (decreto «cura Italia») [23]. Non vi è dubbio, però, che la novità più marcata, sempre sul fronte del sostegno al sistema produttivo, è stata rappresentata dall’autorizzazione a Cdp, inserita nel decreto legge n. 34/2020 (decreto «rilancio»), a costituire un patrimonio destinato, denominato Patrimonio Rilancio, finanziato mediante apporti di beni e rapporti giuridici da parte del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) [24] e [continua ..]


4. Interessi pubblici e scelte d’impresa: il problema della governance della Cassa depositi e prestiti

Per quanto il punto venga tendenzialmente poco considerato, la fine del sistema delle partecipazioni statali [44] non ha affatto reso inattuale la questione dell’indirizzo e del coordinamento organico dell’azionariato pubblico [45]. Attualmente, il governo delle partecipazioni statali ha carattere «regolamentare» e non «istituzionale» [46]. Non esistono meccanismi stabili di programmazione e direzione delle partecipate statali [47], posto, ovviamente, che l’attività del Dipartimento del tesoro, quale socio pubblico [48], non può avere carattere gestionale, dovendo le scelte gestorie essere assunte, nel rispetto delle regole del codice civile, solo dagli amministratori [49]. Questo significa che le società in mano pubblica sono soggette, in pratica, a un’influenza indiretta dell’azionista statale, che si risolve essenzialmente nella nomina e nella revoca degli amministratori e nell’esercizio, su di essi, di una moral suasion informale [50]. A ciò va aggiunto che, in generale, il Ministero dell’economia tende a svolgere la propria funzione di socio pubblico in modo piuttosto conservativo, prestando attenzione soprattutto ai dividendi che può trarre dalle partecipazioni [51]. Ciò anche perché, oltre alle limitazioni imposte dal diritto comune, sussiste, per molte società in mano pubblica, una sovrapposizione tra i compiti di vigilanza e di regolamentazione, attribuiti a vari dicasteri, e quelli dell’azionista, propri del Dipartimento del tesoro, che porta a indebolire ulteriormente la posizione di quest’ultimo [52]. Il risultato è che, nell’ultimo trentennio, la gestione dell’azionariato pubblico è apparsa muoversi «senza linee definite» [53], scontando senz’altro il peso della prima stagione di privatizzazioni, nella quale «il linguaggio» della politica industriale non è stato di interesse prioritario per il legislatore [54]. Inevitabilmente, ciò trova corrispondenza nell’attività e nella governance della Cdp. Per un verso, infatti, il dinamismo della Cdp, agevolato dalla sua natura societaria e dall’essere fuori dal perimetro delle amministrazioni pubbliche, si è andato formando come contrappunto alla staticità (solo in parte impostagli dalle norme) con cui il [continua ..]


5. La Cassa depositi e prestiti tra finanziarizzazione del capitalismo e ritorno della questione industriale

Nell’ultimo trentennio, sulla spinta europea e anche in ragione delle degenerazioni clientelari e delle storture degli anni Settanta e Ottanta, la legittimazione della programmazione economica e della politica industriale è stata messa in forte discussione, per poi essere quasi del tutto esclusa [70]. Ne è conseguita un’attenzione dominante verso l’efficienza statica dei mercati, perseguita soprattutto con politiche di liberalizzazione e di tutela della concorrenza, a scapito del ricorso a un approccio combinatorio, capace di includere anche l’obiettivo dell’aumento dell’efficienza dinamica, da raggiungere soprattutto tramite politiche strutturali di promozione mirata dell’innovazione [71]. La presenza pubblica nell’economia ha dunque mutato, in modo tutt’altro che superficiale, i suoi tratti ma non è andata comunque scomparendo [72]. Lo testimonia il fatto che le principali grandi imprese nazionali restano a controllo pubblico [73], nonché la circostanza che, lo Stato, oltre a finanziare assiduamente le attività produttive, è chiamato, di continuo, a intervenire, in via emergenziale, per salvare imprese in crisi [74]. Il capitalismo italiano, insomma, è andato a occupare, sempre più chiaramente, una posizione che, da tempo, era stata identificata come mediana tra il «capitalismo guidato» francese e quello «ordinato» tedesco e il cui tratto essenziale si rinviene in una presenza, quantitativa e qualitativa, rilevante della mano pubblica, senza che tuttavia l’impronta statale si risolva in una volontà di programmare e dirigere esplicitamente i percorsi della produzione e dei servizi [75]. Nel consolidarsi di questo assetto del capitalismo italiano, dominato da una pervasiva compresenza di una disciplina di condizionamento e di promozione delle attività economiche, in assenza di un disegno di guida organico, la Cdp ha giocato un ruolo crescente e vieppiù multiforme [76]. La Cassa si è mossa in coerenza con i cambiamenti strutturali che hanno investito i mercati e i termini della loro regolazione pubblica, innovando e agendo validamente, come si è sopra ricordato, da banca istituzionale di investimento e da catalizzatore dello sviluppo infrastrutturale, secondo un modello comune ai principali Stati europei e in un’ottica di modernizzazione [continua ..]


6. L’azionariato di Stato e la Cassa depositi e prestiti davanti alla sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza

L’arrivo dei fondi del piano Next Generation EU e l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbero costituire un’occasione preziosa per modellare un moderno profilo della Cassa depositi e prestiti, inserendola all’interno di una nuova visione dell’intervento pubblico in economia che, come è stato sottolineato, non declini più l’idea di rilevanza strategica in rapporto al percorso di specializzazione guidato dai mercati [99]. In questo scenario, va però rimarcato che un perfezionamento delle funzioni e una ridefinizione delle regole di governance della Cdp difficilmente potrebbero essere efficaci se non coincidessero con l’elaborazione di un moderno campionario di mezzi politica industriale e con un ripensamento complessivo dell’orga­nizzazione dell’azionariato statale, anche a livello amministrativo [100]. Invero, il Pnrr, a una prima lettura, non pare offrire una visione d’insieme chiara né delle future strategie di politica industriale, né del ruolo che, all’in­terno di esse, potrebbero giocare le società pubbliche [101]. Sarebbe un grave errore, tuttavia, ritenere che le sei «missioni» previste nel piano [102] possano essere declinate in una logica strettamente orizzontale, ricorrendo a molteplici progetti di spesa [103], senza individuare le principali traiettorie tecnologiche da imprimere all’industria, i settori sui quali fare leva e i compiti e le responsabilità dei molti attori istituzionali, tra cui la Cdp [104] e le società in mano pubblica, chiamati a dare attuazione alle policies attorno a cui far crescere il sistema delle imprese [105]. Un nodo fondamentale resta allora quello di restituire centralità all’indirizzo e al monitoraggio istituzionale delle imprese pubbliche, liberando anche la Cdp da compiti che appaiono più la stratificazione di scelte dettate da contingenze e ideologie passate e che spingono l’istituto fuori dal suo terreno di sviluppo ideale, che è essenzialmente quello tipico delle banche di promozione [106]. Esperienze estere a cui guardare non mancano, a partire da quella francese dell’Agence des Partecipations de l’Ètat (Ape) [107]. Questa potrebbe utilmente essere presa in considerazione, con i necessari adattamenti, e sempre tenendo conto della [continua ..]


NOTE