Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

L'in house providing fra discrezionalità vincolata e autorganizzazione alla luce delle recenti riforme del legislatore (di Fabrizio Figorilli, Professore ordinario di diritto amministrativo, Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli studi di Perugia)


La recente riforma dei servizi pubblici locali rappresenta il primo intervento organico in materia dopo oltre un secolo dalla prima disciplina legislativa del settore. La scelta delle amministrazioni municipali con riferimento all’attivazione di servizi pubblici non obbligatori veniva tradizionalmente ricondotta alla categoria degli atti politici, per definizione caratterizzata da ampia discrezionalità non sindacabile in alcun modo se non in sede elettorale. Il dlgs. n. 201/2022, attraverso la previsione di parametri cui gli amministratori sono tenuti ad attenersi, riproponendo la necessità di motivare dettagliatamente le scelte effettuate soprattutto in un settore estremamente delicato quale quello degli affidamenti in house providing, sembra invertire tale tendenza, offrendo un canone interpretativo in grado di favorire un più corretto utilizzo delle risorse pubbliche. Nella stessa prospettiva andrebbe letto il principio di autorganizzazione, introdotto dal successivo codice dei contratti pubblici, approvato con d.lgs. n. 36/2023, allo scopo di non vanificare gli effetti positivi della riforma in materia di servizi pubblici locali.

In-house providing between constrained discretion and self-organization considering the legislature’s recent reforms

The recent reform of local public services represents the first organic intervention in the field in more than a century after the first legislative regulation of the sector. The choice of municipal administrations with reference to the activation of non-mandatory public services was traditionally classified as political acts, characterized by broad discretion that could not be reviewed in any way except in elections. Legislative Decree n. 201/2022, through the provision of parameters to which administrators are obliged to adhere, re-proposing the need to give detailed reasons for the choices made especially in an extremely delicate sector such as in-house providing, seems to reverse this trend, offering an interpretative canon capable of favoring a more correct use of public resources. In the same perspective should be read the principle of self-organization, introduced by the subsequent Public Contracts Code, approved by Legislative Decree n. 36/2023, in order not to nullify the positive effects of the reform on local public services.

SOMMARIO:

1. Considerazioni introduttive e contenuti dell’indagine - 2. Il tradizionale modo di ricostruire le determinazioni degli enti locali in materia di servizi pubblici - 3. L’attivazione e gestione dei servizi pubblici non obbligatori nella lettura della dottrina e negli oscillanti orientamenti della giurisprudenza - 4. La riduzione dei margini di discrezionalità degli enti locali nel disegno del d.lgs. n. 201/2022: verso una progressiva procedimentalizzazione delle decisioni delle autorità locali - 5. Il possibile rilancio del dibattito pubblico nel settore dei servizi pubblici locali - 6. Il modello in house quale conferma della tendenza in atto - 7. La (apparente) attenuazione dei nuovi parametri dettati in materia di in house attraverso la definizione del principio di autorganizzazione contenuta nel nuovo codice dei contratti pubblici - NOTE


1. Considerazioni introduttive e contenuti dell’indagine

Alla riforma introdotta con il d.lgs. n. 201/2022 sui servizi pubblici locali di rilevanza economica va riconosciuto sicuramente il merito di aver razionalizzato le disposizioni fin qui susseguitesi nell’arco di oltre centoventi anni, nel corso dei quali, dopo l’entrata in vigore della legge Giolitti, è sempre mancata una disciplina contenente un disegno organico della materia [1]. Per altro verso, merita segnalare come il legislatore abbia conseguito un non meno significativo risultato, consistente nella predisposizione di un testo non eccessivamente pesante, all’interno del quale però è possibile rintracciare i principi e le regole in grado di assicurare l’operatività del sistema del settore qui preso in considerazione. Di conseguenza, la nuova disciplina recentemente approvata dal Governo offre l’occasione per riprendere alcuni aspetti oggetto di riflessione costante tanto in sede di riflessione teorica che applicativa. In primo luogo, come si avrà occasione di rilevare, è profondamente ridisegnato il percorso che gli enti locali sono chiamati a seguire per istituire un servizio pubblico locale non ricompreso tra quelli imposti per legge dal nostro ordinamento. In passato tale momento aveva indotto la dottrina in maniera pressoché unanime a concentrarsi sulla maggiore o minore autonomia riconosciuta agli enti locali chiamati a gestire uno dei settori nevralgici dell’attività amministrativa, pervenendo a qualificare detto momento come espressione di scelte politiche, come tali sottratte a qualsivoglia forma di controllo, ad eccezione della verifica elettorale di esclusiva competenza delle rispettive comunità. Secondariamente, pur riconoscendo la sicura rilevanza del profilo da ultimo richiamato, appare opportuno spostare l’attenzione sulla discrezionalità riconosciuta all’autorità nelle varie fasi dell’istituzione, della regolazione e della scelta delle modalità di gestione dei servizi in parola. E ciò tanto alla luce delle disposizioni interne che comunitarie. Trattasi, come è possibile evincere fin da questi brevissimi accenni, di una tematica trasversale al cui interno è possibile rinvenire sufficienti indizi per rivisitare l’impostazione tradizionale sulla natura delle decisioni adottate e l’estensione dei margini di scelta di cui gode l’ente locale, tenuto conto [continua ..]


2. Il tradizionale modo di ricostruire le determinazioni degli enti locali in materia di servizi pubblici

Si è appena accennato all’importanza che riveste il tema della discrezionalità all’interno della variegata materia dei servizi pubblici locali. Tuttavia, al fine di comprendere meglio la rilevanza di questi aspetti, occorre puntualizzare che il margine di scelta che ciascun ente è chiamato a compiere è stato tradizionalmente osservato in considerazione dei diversi passaggi che contribuiscono allo svolgimento di tale operazione. E ciò muovendo dal presupposto che la valutazione sull’entità e qualità della scelta discrezionale cambia a seconda del momento e del contesto in cui la stessa viene maturata. In altre parole, si è cercato di distinguere (mantenendoli rigorosamente separate) le differenti valutazioni che l’ente locale è chiamato a svolgere allorché l’opzione da esercitare riguardi l’attivazione di un servizio non obbligatorio ex lege, ovvero un’attività non ricompresa in tale categoria. È di tutta evidenza come nel primo caso ci si sia orientati nel solco consolidato della ben nota teoria gianniniana, secondo la quale la determinazione assunta dall’amministrazione è il frutto di una tipica ponderazione degli interessi in gioco [2]. Ed invero, proprio in tale prospettiva, l’autorità locale deve necessariamente prendere in considerare gli elementi che concorrono a determinare la migliore realizzazione del pubblico interesse attraverso l’at­ti­vazione di questo o quel servizio. Pertanto, tale scelta ben può rappresentare il momento più alto in cui l’autorità locale compie una precisa selezione di tutti gli aspetti idonei ad assicurare il migliore assetto degli interessi della comunità locale di riferimento, pervenendo così alla scelta finale. E ciò sotto vari profili. Sicuramente molto ampio si rivela il margine riservato all’autorità locale allorché decide di promuovere la realizzazione di un servizio pubblico non ricompreso tra quelli imposti dalla normativa vigente. È chiaro come una determinazione di questa portata comporti la precisa volontà di offrire alla comunità di cui è espressione (in virtù del mandato ricevuto dagli elettori) l’attivazione di un servizio sulla base di una precisa valutazione di opportunità svolta sulla scorta di una puntuale ricognizione [continua ..]


3. L’attivazione e gestione dei servizi pubblici non obbligatori nella lettura della dottrina e negli oscillanti orientamenti della giurisprudenza

Se, per un verso, la propensione a mettere in rilievo il tratto politico delle decisioni assunte dalle autorità locali in questo specifico settore appare difficilmente revocabile in dubbio, per altro verso tale conclusione ha alimentato notevoli incertezze, al punto da costituire un’ingiustificata protezione per scelte che si sono rivelate non sempre in linea con i canoni della legittimità, la cui osservanza è stata reclamata avanti al giudice amministrativo con esiti e suggestioni che meritano di essere riprese. Non è sicuramente questa la sede per affrontare un tema di così ampio respiro, quale quello della natura dell’atto politico e delle sue varianti, oggetto anche di recenti approfondimenti che ne hanno ancora una volta esaminato a fondo tutti gli aspetti, proponendo analisi e spunti di riflessione molto acuti ed interessanti [13]. Tuttavia, proprio il ruolo riconosciuto alla qualificazione delle scelte operate dall’ente locale al momento di attivare un servizio pubblico non imposto dalla legge [14], suggerisce qualche breve considerazione. Ed invero, come avremo modo di verificare nel prosieguo del presente contributo, la stessa giurisprudenza amministrativa si è limitata ad accettare detta conclusione (denotando un atteggiamento forse eccessivamente benevolo), magari per motivi che vanno al di là degli aspetti che qui interessano, più propriamente riconducibili alle difficoltà che il nostro sistema di giustizia amministrativa tuttora sconta in tema di ampiezza del sindacato del giudice amministrativo. A ciò si aggiungano le difficoltà, come è stato anche di recente notato in maniera assai persuasiva [15], derivanti da quegli orientamenti che fondano i propri convincimenti sulle diverse definizioni di atto politico, all’interno delle quali è difficile muoversi con agilità [16]. È questo il caso della distinzione tra atto politico, politico-discrezionale, discrezionalità politico-amministrativa [17], dove appunto l’unico criterio in grado di guidare l’interprete può essere rappresentato dall’esistenza o meno di regole che indichino con sufficiente prescrittività come il potere deve essere esercitato. In altre parole, la scelta politica si è sempre caratterizzata per il fatto che la stessa non è mai stata considerata come sottoponibile al [continua ..]


4. La riduzione dei margini di discrezionalità degli enti locali nel disegno del d.lgs. n. 201/2022: verso una progressiva procedimentalizzazione delle decisioni delle autorità locali

Il testo predisposto dalla Commissione incaricata di redigere uno schema di d.lgs. di riordino della disciplina che qui interessa [30], unitamente a quello poi approvato in Consiglio dei Ministri nel dicembre scorso, possono rappresentare il punto di approdo finale di un lungo percorso evolutivo che ha caratterizzato gli interventi del legislatore negli ultimi decenni (soprattutto a partire dalla significativa ridefinizione dell’ordinamento degli enti locali ad opera della legge n. 142/1990). Il merito principale di tali proposte sta nell’offrire all’interprete una precisa chiave di lettura dei principi e delle regole di una disciplina (finalmente) organica della materia, delle modalità di organizzazione e di gestione dei servizi pubblici, contribuendo così a ridefinire i contorni entro i quali l’amministrazione può muoversi una volta maturata la decisione di assumere un servizio ritenuto necessario per la collettività. Come meglio avremo modo di verificare, anche con riferimento alla nuova disciplina dei c.d. affidamenti in house, è proprio in tale direzione che si è venuta affermando la volontà di predeterminare a monte le opzioni riservate alle autorità locali, riducendo quell’ampia discrezionalità che in passato aveva rappresentato un ombrello protettivo per scelte eccessivamente libere. Sotto questo profilo, di sicuro interesse si presentano quelle disposizioni che indicano, con inequivocabile chiarezza, l’iter logico giuridico che l’ente locale è tenuto ad osservare sia con riferimento alla decisione volta ad attivare un pubblico servizio di natura non obbligatoria, sia in ordine alla scelta delle relative modalità di gestione. Limitandoci per il momento ad esaminare il primo aspetto, la nuova disciplina ipotizzata dalla Commissione di studio già conteneva una direttiva estremamente chiara, in grado di circoscrivere sensibilmente lo spazio valutativo riconosciuto in passato all’autorità procedente, fonte di quelle distorsioni in precedenza criticate. Ed invero, laddove la possibilità di istituire servizi di interesse economico generale diversi da quelli già previsti dalla legge «in esito ad apposita istruttoria, avviata anche su istanza di cittadini e imprese, da cui risulti, sulla base di un effettivo confronto tra le diverse soluzioni possibili» [31], è di tutta [continua ..]


5. Il possibile rilancio del dibattito pubblico nel settore dei servizi pubblici locali

In questa prospettiva, non meno rilevanti si presentano i riferimenti contenuti alla partecipazione del cittadino, in linea con la ratio che sta alla base della riforma, volta ad assicurare in via prioritaria la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici locali. Tale attenzione sembra potersi ricavare tanto sul piano generale, attraverso inviti specifici indirizzati alle autorità locali [34], quanto offrendo la possibilità, nel corso del procedimento finalizzato ad istituire un servizio pubblico non obbligatorio per legge, di sottoporre la determinazione dell’ente «a consultazione pubblica prima della sua adozione» [35]. I precisi riferimenti appena richiamati mettono bene in evidenza le reali intenzioni che hanno guidato la penna del legislatore [36]. Ed infatti, come già si è avuto modo di sottolineare, l’obiettivo cui tende l’intera disciplina mette al centro dell’azione degli enti locali l’interesse dei cittadini/utenti, favorendo l’istitu­zione di servizi pubblici di qualità ed efficienti. Pertanto, la partecipazione che si intende assicurare si pone come uno strumento concreto per il conseguimento di tale ambizioso risultato. Allo stesso tempo, se si condividono le considerazioni che precedono, l’in­terrogativo che a questo punto ci si deve porre riguarda quale forma di partecipazione possa risultare più idonea per raggiungere detti obiettivi. Sul punto va subito chiarito come la natura della funzione attribuita agli enti locali, così come le situazioni soggettive che vengono in rilievo in tale genere di procedimenti, non consentono di applicare le regole dettate dagli artt. 7 ss. della legge n. 241/1990. Ed invero l’idea che emerge dai riferimenti presenti nelle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 201/2022, è quella di una partecipazione in senso ampio [37], o come già in passato è stato chiarito da un’autorevolissima dottrina, di tipo democratico [38]. Nel nostro caso, sembrano pertanto delinearsi scenari in grado di superare la tradizionale visione del coinvolgimento dei soli titolari di interessi giuridicamente qualificati, favorendo la massima inclusività dei soggetti coinvolti dall’azione amministrativa in corso di svolgimento in quanto appartenenti ad una determinata comunità territoriale [39]. Sul piano concreto, lo strumento [continua ..]


6. Il modello in house quale conferma della tendenza in atto

Il d.lgs n. 201/2022 contiene spunti meritevoli di attenzione, come già incidentalmente accennato, anche per quanto attiene l’importante tematica delle modalità di gestione dei servizi pubblici, individuando dei criteri che gli enti locali devono considerare allorché sono chiamati a pronunciarsi su tale delicata questione. Va subito detto che trattasi di un logico corollario di quanto fin qui affermato in ordine alla fase che precede l’istituzione del servizio pubblico nei termini sopra ripercorsi. Più precisamente, tra gli aspetti da considerare, al fine di comprendere la ratio sottesa alla riforma, colpisce l’indicazione puntuale degli elementi che necessariamente devono essere valutati dall’ente locale per deliberare la modalità di gestione ritenuta più idonea, e con essa la «definizione del rapporto contrattuale» [49]. Trattasi, in buona sostanza, di una serie di parametri estremamente precisi ed esaustivi, in grado di tracciare il percorso che l’autorità locale è tenuta ad osservare pere individuare il tipo di gestione ritenuto più idoneo allo svolgimento di un determinato servizio. Tutto ciò si traduce in una valutazione preliminare (all’avvio della procedura di affidamento) che gli enti locali sono chiamati ad effettuare espressamente, alla luce dei «… risultati della eventuale gestione precedente e del medesimo servizio sotto il profilo della finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati» [50], fornendone adeguato riscontro in sede di motivazione [51]. Ed è proprio su questo decisivo aspetto che il legislatore ha ritenuto di dover ancora una volta insistere richiedendo, con riferimento alla disciplina degli affidamenti in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea, «una qualificata motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio, illustrando anche sulla base degli atti e degli indicatori di cui agli artt. 7, 8 e 9, i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, all’impatto sulla finanza pubblica, nonché agli obiettivi di universalità, [continua ..]


7. La (apparente) attenuazione dei nuovi parametri dettati in materia di in house attraverso la definizione del principio di autorganizzazione contenuta nel nuovo codice dei contratti pubblici

Nell’arco di qualche mese, dopo la pubblicazione del d.lgs n. 201/2022, il Governo ha licenziato il testo del nuovo Codice dei contratti pubblici [65], all’in­terno del quale è previsto il principio della c.d. auto-organizzazione. Ed è proprio alla luce di tale recente riforma che la discussione intorno all’in house ha ripreso improvvisamente vigore. Lo spunto in tale direzione sembra discendere dalla differente impostazione scelta dal legislatore per affrontare in questa sede – così come già avvenuto in occasione della precedente disciplina del 2016 [66] – il tema degli affidamenti diretti, sia pure in una prospettiva diversa rispetto a quanto sostenuto dal precedente Codice dei contratti, oggi espressamente abrogato dalle nuove disposizioni. L’elemento di maggior discontinuità, secondo la lettura riservata a questa tematica da parte dei primi commentatori [67], sembra rappresentato dalla mancata riproposizione della qualificazione dell’in house providing nei termini prospettati dall’art. 192, d.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale l’autoproduzione costituirebbe una deroga ai principi contenuti nei Trattati e nelle direttive in materia di appalti di rango comunitario. E ciò facendo leva su un passaggio della Relazione illustrativa di accompagnamento – predisposta dalla Commissione speciale istituita dai vertici di Palazzo Spada, con il compito di predisporre il progetto del nuovo codice – laddove si evidenzia che proprio attraverso l’art. 7 si può realizzare «un piano di tendenziale parità» [68] tra le due modalità di affidamento del servizio locale. Senza con questo smentire quanto autorevolmente scritto dal gruppo incaricato che ha preparato il testo, poi definitivamente trasfuso nel d.Lgs n. 36/2023, la struttura della disposizione in parola non può essere utilizzata come lo strumento attraverso il quale giustificare una prassi largamente osservata dagli enti locali e recentemente illustrata in un rapporto redatto dalla Corte dei conti [69]. Al contrario, una lettura attenta del dato normativo non contiene sufficienti elementi a sostegno dell’orientamento sopra ricordato, e ciò sotto vari profili che qui merita solo incidentalmente evidenziare. In primo luogo, i principi puntualmente declinati nelle prime disposizioni del nuovo Codice, ed espressamente [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2023