Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Dimensioni “eccentriche” dell'impresa bancaria nell'era della sostenibilità (di Laura Ammannati, Professoressa di Diritto dell'economia – Università di Milano Statale)


L’articolo analizza i recenti mutamenti che hanno interessato il mercato finanziario e bancario prodotti dalla crescente rilevanza di fattori esogeni come, tra l’altro, il cambiamento climatico o la tutela dell’ambiente. Dopo aver ricordato le numerose fonti dell’Unione europea riguardo il finanziamento della transizione verde (la cd finanza sostenibile) e gli obblighi informativi degli operatori finanziari, lo scritto si concentra in particolare sulla trasformazione dell’attività bancaria ed i nuovi rischi conseguenti alla integrazione dei fattori Environmental, Social, Governance (ESG). Infine dà conto di alcune delle sfide che la banca deve affrontare per l’adeguamento della sua attività al requisito della sostenibilità.

“Eccentric” dimensions of banking in the age of sustainability

This article analyses recent changes in the financial and banking market due to the increasing relevance of exogenous factors such as climate change or environmental protection. First of all it describes the numerous EU sources on funding the green transition (the so called sustainable finance) and on the financial operators’ information duties. Moreover it focuses on the change of banking activity and the new risks resulting from integrating Environmental, Social, Governance (ESG) factors. Finally it debates some challenges which banks must face to adjust their activities to the sustainability requirement.

SOMMARIO:

1. Qualche elemento di contesto - 2. Attività bancaria e integrazione dei fattori ESG. Brevi cenni - 3. Un diverso modello di banca nella dimensione dell’economia sostenibile? - NOTE


1. Qualche elemento di contesto

1.1. In tempi recenti i mercati finanziari ed in particolare il sistema bancario sono stati influenzati in modo crescente da una serie di fattori esogeni, dalla pandemia al climate change, dai big data alla transizione verde ed alla economia sostenibile, che stanno generando situazioni impreviste e nuovi rischi. In questo contesto, oltre al ruolo dirompente dell’innovazione digitale (che non è oggetto di questo lavoro), è emerso come elemento onnicomprensivo il fattore ambientale che ormai attraversa ogni ambito della vita economica e sociale. Il rilievo che la qualità dell’ambiente ha assunto per la vita degli individui sta conducendo il bene ambientale verso il centro della dimensione normativa e regolatoria sottraendolo alla iniziale irrilevanza giuridica e politica. Ne è testimonianza il progressivo interesse dei legislatori costituzionali per l’ambiente (il fenomeno del c.d. environmental constitutionalism, come qualcuno lo ha definito) che ha condotto alla modifica costituzionale con l’inse­ri­mento della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali della Costituzione [1]. Si tratta certamente di una decisione di grande momento nonostante le non indifferenti critiche in merito alla superfluità della revisione stessa in quanto il suo contenuto fondamentale sarebbe stato già rintracciabile nella giurisprudenza costituzionale [2]. Comunque proprio dalla revisione costituzionale possiamo trarre due elementi fondamentali per l’economia del nostro discorso. Da una parte, la nuova versione dell’art. 9 della Costituzione con la definitiva assunzione dell’ambien­te a principio fondamentale introduce e valorizza anche il tema della responsabilità intergenerazionale. Così che “la costituzionalizzazione delle generazioni future recupera implicitamente tutto l’acquis legato allo sviluppo sostenibile” [3], dal momento che il principio ha origine dall’obiettivo di evitare lo scollamento tra gli interessi delle generazioni presenti e di quelle future. Come ricordato in tutta la letteratura su questi temi, il celebre “rapporto Brundland” del 1987 ha elaborato il concetto di “sviluppo sostenibile”, precisando che uno sviluppo è sostenibile se in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente [continua ..]


2. Attività bancaria e integrazione dei fattori ESG. Brevi cenni

Potremmo a questo punto chiederci quale ruolo può svolgere la banca e quali obiettivi si prefigurano per la sua attività nel quadro di una transizione verso un’economia sostenibile. In effetti il fatto che la banca sia in grado di far fluire fondi verso determinati settori ed anche di condizionare i soggetti finanziati definisce, almeno in parte, il suo ruolo nel promuovere il passaggio del­l’economia alla sostenibilità. A questo proposito mi pare utile ricordare alcune iniziative internazionali, anche queste fondate sui principi di trasparenza e reporting, come la Task Force on Climate-related Financial Disclosure (TCFD) istituita dal Financial Stability Board (FSB) già nel 2015 con l’obiettivo principale di analizzare i rischi finanziari legati ai cambiamenti climatici e incoraggiare la consapevolezza e la trasparenza delle imprese finanziarie in merito a questi stessi rischi. La Task Force ha elaborato una serie di raccomandazioni divenute nel tempo un punto di riferimento a livello internazionale per migliorare la coerenza, la qualità e la comparabilità delle informazioni divulgate dalle istituzioni pubbliche e private con la definizione di una global baseline per la rendicontazione di sostenibilità. E più di recente il Network of Central Banks for Greening the Financial System (NGFS) ha elaborato raccomandazioni, linee guida e scenari climatici, per promuovere da parte di banche centrali, supervisori e operatori di mercato l’integrazione dei fattori climatici e ambientali nelle rispettive attività e procedure di gestione del rischio [25]. E ancora potremmo ricordare, senza pretese di completezza, il documento dell’OECD su ESG Investing and Climate Transition pubblicato nel 2021 così come l’Interim Report del FSB del 2022 e inoltre, nello stesso anno, il Report pubblicato dalla piattaforma FinanceMap su Finance and Climate Change [26]. Peraltro in questa fase iniziale di transizione verso la sostenibilità le banche sembrano incoraggiate dalle stesse autorità di settore ad adottare un nuovo modello di business che ha come presupposto e come obiettivo politiche di investimento secondo criteri ESG, cioè ad incentrare su questi e sui rischi bancari connessi la prospettiva di un “riposizionamento strategico” [27]. Riguardo la posizione delle autorità può aver senso rileggere il [continua ..]


3. Un diverso modello di banca nella dimensione dell’economia sostenibile?

Al di là delle brevi osservazioni sulla trasformazione dell’attività bancaria a seguito della inevitabile integrazione dei fattori ESG restano da porre alcune domande più generali ma cruciali al fine di inquadrare anche la posizione della banca in un ‘mondo’ in trasformazione laddove ogni ambito dell’economia deve fare i conti con interessi e valori ulteriori, per così dire ‘incongrui’ rispetto al­l’insieme degli interessi tradizionalmente coinvolti. Pur limitandoci a qualche rapida incursione su questo terreno, possiamo innanzitutto ricordare il dibattito in corso, in particolare a seguito delle iniziative promosse dalla Commissione europea e da alcune autorità nazionali, sul tema della integrazione degli obiettivi ambientali nella politica antitrust. Inoltre, di recente, sono frequenti le critiche verso una politica della concorrenza incentrata unicamente sulla efficienza economica a favore di un approccio finalizzato a perseguire obiettivi non solo economici come lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente o l’equità sociale [34]. Detto questo è comunque diffusa la convinzione che il tema del rapporto tra tutela della concorrenza e sostenibilità ambientale debba essere discusso con molta attenzione, sebbene, nell’ottica di un bilanciamento tra i diversi interessi, sia accettata l’idea che l’applicazione della disciplina antitrust non può trascurare la necessaria trasformazione del sistema produttivo finalizzata alla sostenibilità della crescita economica. In questo contesto si riconosce come la promozione di soluzioni innovative finalizzate ad obiettivi di sostenibilità può richiedere una qualche forma di cooperazione tra imprese anche concorrenti tra loro. Tuttavia questi meccanismi di cooperazione presentano rischi di violazione delle norme antitrust, in particolare dell’art. 101 del TFUE [35]. D’altra parte anche chi ritiene che tra concorrenza e sviluppo sostenibile il rapporto non sia necessariamente conflittuale auspica che siano messi in atto interventi regolatori in grado di ridurre la rilevanza della cooperazione tra imprese concorrenti senza negare il suo ruolo come “complemento” dell’inter­ven­to pubblico [36]. Di fronte alle sfide poste dal principio della sostenibilità così come da altri interessi pubblici la [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2023