Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Il d.lgs. n. 201/2022 e il riordino dei servizi pubblici locali: un inquadramento (di Paola Chirulli, Professoressa di Diritto amministrativo presso Sapienza Università di Roma)


Il contributo intende offrire un inquadramento della riforma dei servizi pubblici locali introdotta dal d.lgs. n. 201/2022, mettendone in luce gli aspetti più innovativi, con particolare riferimento al rapporto tra servizio pubblico, mercato e iniziative private. L’articolo si sofferma sulle nuove responsabilità dell’ente locale nelle scelte di istituzione e di gestione dei servizi e sull’accresciuto peso della regolazione, dei controlli di efficienza e di trasparenza della gestione.

The legislative decree No. 201/2022 and the reform of local services of general economic interest: an overview

The article is aimed at offering an overview of the reform of local services of general economic interest enacted by l. d. No. 201/2022, by highlighting its main innovations and achievements, with specific focus on the relationship between public service, the market and private initiatives. To this end, it focuses on the new responsibilities of local authorities in establishing services and their management and on the increasing role of regulation, efficiency and transparency.

SOMMARIO:

1. Il d.lgs. di riordino e la sua genesi - 2. Il perimetro della riforma - 3. Servizio pubblico locale, concorrenza per il mercato e sussidiarietà - 4. Il servizio pubblico locale in un’ottica di efficacia ed efficienza. Il ruolo della regolazione - 5. Trasparenza e accountability - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Il d.lgs. di riordino e la sua genesi

In tempi rapidi e senza troppo clamore, in attuazione della delega contenuta nella legge concorrenza 2021 [1], con il d.lgs. 23 dicembre 2022 n. 201 si è concluso il processo di lenta e sofferta codificazione di una disciplina generale dei servizi pubblici locali, oggetto nel recente passato di ripetuti tentativi di riforma [2] e resa più urgente dalla necessità di dare attuazione alle misure del PNRR [3]. Sul fallimento dei precedenti disegni di riordino, alcuni di portata solo parziale e disorganica, aveva pesato il nodo irrisolto e controverso delle “liberalizzazioni” [4], che ha portato, com’è noto, anche a un referendum [5] e a pronunce della corte costituzionale [6]. Pur non essendo in discussione l’autonomia dell’ente locale nell’individuare i servizi pubblici da istituire e nell’utilizzare lo strumento dell’autoproduzione, ampiamente riconosciuta dalla disciplina eurounitaria [7], il dibattito in passato si è soprattutto concentrato sulle forme di gestione più che sulla precisazione del perimetro dei servizi pubblici locali rispetto alle attività liberamente svolte dai privati. La vicinanza della materia ai bisogni più essenziali della collettività – si pensi al servizio idrico – ma anche la differenza tra le varie tipologie di servizio e la rispettiva offerta attuale e potenziale presente sul mercato – è certamente alla base delle difficoltà di dettarne una disciplina unitaria, che presuppone una definizione del servizio pubblico e soprattutto dei rapporti tra pubblico e privato, nonché tra pubblico e mercato. Non è un caso che, pur affrontando il tema di fondo dell’istitu­zio­ne/assunzione del servizio, e dunque della perimetrazione delle attività di servizio pubblico locale, già il disegno di riordino pensato nel 2016 in attuazione della c.d. legge Madia, muovesse dalla premessa di non radicalizzare l’alter­nativa tra liberalizzazione o gestione pubblica del servizio. Sotto questo profilo, il testo in esame prospetta una serie scalare di alternative tra le quali spetta all’ente locale scegliere, individuando i principi e le regole che debbono guidare il processo decisionale e che ne rappresentano al tempo stesso il parametro di legittimità. Compatibilmente con l’obiettivo di dettare una [continua ..]


2. Il perimetro della riforma

Il legislatore delegato ha agito all’interno di un perimetro, che è quello dei servizi di interesse economico generale, la cui rilevanza per il mercato e per la concorrenza contribuisce a giustificare il titolo statale della disciplina di riordino della materia insieme alla disciplina delle funzioni fondamentali degli enti locali [8]. Anche per questo, del tutto condivisibilmente, non ha tentato di dettare una definizione originale del servizio pubblico locale [9], facendo propria la nozione di servizio generale di rilevanza economica [10], in coerenza del resto con quanto più volte precisato sul punto non solo dalla Commissione europea [11] ma anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale [12] e del Consiglio di Stato [13]. Nella definizione contenuta nell’art. 2, infatti, precisandone la natura economica di rilevanza anche comunitaria, riferita alla suscettibilità di erogazione dietro corrispettivo economico su un mercato, il testo contempla quale elemento indefettibile del servizio pubblico l’esistenza di un fallimento del mercato, riferendosi ai servizi che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o che sarebbero offerti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza [14]. Da questo punto di vista, il testo appare coerente con i criteri di delega, e segnatamente con quello che imponeva in primis il rispetto della tutela della concorrenza, e dei principi e dei criteri dettati dalla normativa dell’Unione Europea e dalla legge statale. Per quanto riguarda invece l’aggettivo pubblico che caratterizza il servizio locale, il decreto ne precisa in più punti la finalizzazione alla soddisfazione dei bisogni delle collettività locali [15], anch’esso criterio di delega, insieme all’assi­cu­ra­zione di condizioni di accessibilità fisica ed economica, di continuità, universalità e non discriminazione, e di assicurazione dei migliori livelli di qualità e di sicurezza, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale e territoriale [16]. Dall’art. 10 del decreto emerge inoltre una nozione di servizio pubblico locale dal perimetro mobile e dinamico [17], disancorata dalla dicotomia oggettiva/soggettiva, che risponde, tra l’altro, alla [continua ..]


3. Servizio pubblico locale, concorrenza per il mercato e sussidiarietà

Il fulcro della riforma viene centrato sul momento dell’istituzione del servizio, che rappresenta il primo punto di contatto con i bisogni da soddisfare, e che precede funzionalmente oltre che temporalmente la scelta delle modalità di gestione. Il decreto disegna un modello scalare composto da tre livelli di servizi, oltre a quelli che vengono sufficientemente prestati dal mercato e dalle autonome iniziative dei cittadini, e che non rientrano nel perimetro dei servizi pubblici. L’istituzione di un servizio pubblico, che segna il passaggio del servizio dallo status di attività economica liberamente svolta sul mercato a quello di prestazione connotata da aspetti di doverosità, sia per l’ente istitutore, sia per i privati che ne prendono in carico la gestione, è soggetto a una ponderata valutazione, di cui l’ente deve dare atto in una relazione articolata. La scelta dell’ente locale, pur avendo carattere politico-amministrativo, deve essere adeguatamente motivata sulla base di parametri oggettivi, e dunque non è espressione di discrezionalità pura. In tale ambito, fermi restando i servizi già previsti dalla legge, l’amministra­zione potrà optare tra: servizi non necessari, che l’ente locale decide di non istituire, poiché l’offerta libera esistente è sufficiente a garantire la soddisfazione dei cittadini, ma per i quali può promuovere vantaggi economici e misure di sostegno (art. 11); servizi che vengono ritenuti necessari e dunque istituiti, per i quali tuttavia non vengono attribuiti al gestore diritti esclusivi o speciali, né vi è altra forma di selezione dei soggetti abilitati, ma possono essere imposti obblighi di servizio pubblico a uno o più operatori; servizi necessari, per i quali vengano previsti motivatamente diritti speciali o esclusivi (art. 13), ovvero il perseguimento dell’interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, e per i quali sono disciplinate le modalità di gestione e di affidamento (art. 14). Diversificato è dunque il modo in cui il servizio pubblico intercetta il libero mercato e l’offerta autonoma dei cittadini organizzati, ben potendo essere gestito con modalità che, pur assicurando i requisiti di accessibilità, di continuità di qualità del [continua ..]


4. Il servizio pubblico locale in un’ottica di efficacia ed efficienza. Il ruolo della regolazione

Altra importante direttrice della riforma, che ne costituisce un aspetto di potenziale novità [33], è la previsione di misure volte a garantire – indipendentemente dalla modalità di gestione prescelta – la costante efficacia ed efficienza dei servizi. L’obiettivo viene perseguito attraverso l’introduzione di disposizioni trasversali rispetto alle singole scansioni del ciclo di vita del servizio e che sono innanzitutto di tenore anche, ma non solo, organizzativo. Il primo istituto è quello che prevede l’incentivazione dell’aggregazione tra comuni sia all’interno della città metropolitana, sia attraverso un dimensionamento di ambiti più ampi di quello del singolo ente locale. Per quanto riguarda invece gli incentivi, il testo rinvia a un decreto ministeriale, prontamente emanato a fine aprile 2023: ma sul tema si rinvia al contributo di Monica Delsignore. Un profilo determinante per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal­l’art. 3, è dato dall’esistenza e dal buon funzionamento di un adeguato sistema di regolazione [34]. La nuova disciplina, in coerenza con quanto espressamente previsto anche dalla legge di delega [35], punta in modo marcato su questo aspetto delineando agli articoli un quadro regolatorio composito, che poggia sulla distinzione tra servizi a rete e non a rete, già previsto nella disciplina vigente ma che viene qui ribadito ed espressamente articolato [36]. Per i servizi a rete – ciascuno dei quali peraltro presenta le sue peculiarità – può individuarsi un sistema “ascensionale” che dal livello locale, a sua volta diversamente configurato, si collega a quello nazionale che fa capo alle autorità centrali di regolazione, ARERA per i servizi ambientali ed energetici, ART per il trasporto pubblico locale. Se il decreto conferma e rafforza le competenze centralizzate delle autorità di regolazione per i servizi a rete, lascia un ruolo complementare ma residuale agli enti locali, che trovano definiti in un atto di fonte centrale (ministero delle imprese e del made in Italy) i costi di riferimento dei servizi, lo schema tipo di piano economico-finanziario, gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi, nonché gli schemi di bandi di gara e di contratti tipo. Resta ai singoli enti (o alle loro aggregazioni) un potere [continua ..]


5. Trasparenza e accountability

Il decreto di riordino chiude il cerchio rafforzando gli istituti di accountability dell’ente locale durante l’intero ciclo di vita dei servizi, a partire dalla decisione di istituire un servizio, da adottare con delibera adeguatamente motivata, e dalla scelta delle modalità di gestione, che deve sempre essere accompagnata da una relazione, che si sofferma sui criteri di convenienza economica oltre che sulle motivazioni giuridiche, e che deve separatamente motivare anche il quantum delle compensazioni previste per gli obblighi di servizio pubblico. A istituti già noti, come la carta dei servizi, la cui efficacia è rafforzata dai correlati obblighi di trasparenza dei gestori e dalla generalizzazione dei rimedi non giurisdizionali in favore degli utenti, si affiancano specifiche disposizioni in merito alla vigilanza e ai controlli sulla gestione, che poggiano sugli obblighi informativi previsti a carico del gestore (art. 28), alle verifiche periodiche sula situazione gestionale dei servizi pubblici locali (art. 30), alle pubblicazioni e alle altre misure di trasparenza previste dall’art. 31 e che riguardano tutti gli atti che accompagnano il ciclo di vita della gestione del servizio. La disciplina si completa con l’istituzione della piattaforma della trasparenza presso l’ANAC, autorità il cui ruolo appare rafforzato, forse in connessione con l’inserimento della riforma nel più ampio ambito del PNRR, mentre è venuto meno il controllo preventivo che in precedenza era previsto in capo all’AGCM, che potrà comunque esercitare i suoi poteri officiosi di segnalazione e di enforcement e alla quale comunque gli enti locali potranno rivolgere quesiti in via consultiva. Il legislatore delegato, sotto questi profili, ha tenuto fede a quanto prescritto dalla legge delega, la quale aveva richiesto il rafforzamento delle misure di trasparenza sull’intero ciclo di svolgimento dei servizi pubblici, anche in relazione ai contratti di servizio e la razionalizzazione della disciplina concernente le modalità di partecipazione degli utenti e il rafforzamento dei loro strumenti di tutela [44]. Non trascurabile, infine, è l’accresciuta possibilità di sottoposizione delle delibere degli enti locali al controllo giurisdizionale, cui non dovrebbero mancare parametri di sindacato nelle numerose previsioni che assoggettano le scelte a oneri rafforzati di [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Nel complesso, l’operazione di riordino svolta dal Governo ha dato luogo alla stesura di un testo equilibrato, che ha volutamente evitato rotture con la disciplina preesistente e innovazioni radicali, ma che ha posto le basi per un esercizio dell’autonomia degli enti locali coerente con la loro legittimazione democratica e con la tutela dei valori della sussidiarietà e della libertà di iniziativa economica privata. Nel complesso le scelte del Governo appaiono coerenti, pur lasciando agli enti locali l’attuazione delle disposizioni e dunque in concreto il maggiore o minore ricorso alle varie modalità di gestione contemplate e all’istitu­zione di eventuali ulteriori servizi, il cui perimetro è di difficile immaginazione, anche perché fortemente legato al quadro differenziato delle singole realtà locali. Ad un indubbio ampliamento dell’ambito di scelta degli enti locali fa da contraltare il dovere di cercare soluzioni che siano il più possibile compatibili con la necessità di garantire efficienza, economicità e qualità dei servizi prestati al pubblico, e di darne atto con decisioni motivate e supportate da evidenze tecniche ed economiche. Il margine di manovra delle amministrazioni locali appare temperato dall’accresciuto ruolo della regolazione di livello centrale, che introduce un elemento di pressione esterna finalizzato a rendere uniforme e maggiormente accountable il quadro di disciplina amministrativa e gestionale dei servizi. Nel prevedere un salto di qualità nella disciplina del servizio pubblico locale, quella introdotta con il decreto 201/2022 è una riforma che presuppone un’amministrazione locale evoluta, capace di effettuare complesse analisi economiche e sociali, e di tradurle in schemi giuridici adeguati, da applicare seguendo continuamente l’andamento della gestione e mettendo le comunità di riferimento in grado di partecipare a un monitoraggio attivo delle modalità di gestione dei servizi. L’attuazione della riforma richiederà inoltre una continua osservazione della realtà locale per cogliere bisogni emergenti e per canalizzarne la soddisfazione nel più adeguato strumento di gestione. Essenziale, per assicurare la riuscita del modello, è un dialogo aperto con le comunità, non solo per monitorare il livello di autosufficienza dei servizi prestati in [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2023