Rivista della Regolazione dei MercatiCC BY-NC-SA Commercial Licence E-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Contingentamento delle autorizzazioni per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente: dalla Corte di Giustizia un segnale verso la liberalizzazione del settore? (di Martina Sforna, Dottoranda di ricerca in diritto amministrativo, Università degli Studi di Padova)


La regolamentazione dell’accesso al mercato dei servizi taxi e noleggio con conducente è da anni oggetto di un acceso dibattito relativo all’opportunità di mantenere la previsione di una barriera all’ingresso ovvero di liberalizzare il settore. In questo contesto assume particolare rilevanza la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, la quale si è espressa sulla compatibilità della normativa del­l’Area Metropolitana di Barcellona, che prevede una autorizzazione aggiuntiva per l’esercizio dell’attività di NCC, nonché un importante contingentamento della stessa, con gli artt. 49 e 107 TFUE in tema di libertà di stabilimento e aiuti di Stato. Ciò premesso, il presente contributo si propone di analizzare i contenuti della pronuncia della Corte di Lussemburgo al fine di comprendere se possano esserci riflessi anche nell’ordinamento interno, non solo con riferimento al servizio NCC, ma anche a quello taxi.

Restriction of the authorizations for the exercise of private hire vehicle service: a signal from the Court of Justice towards liberalisation?

The regulation of market access of taxi and private-hire vehicle services has been object of debate for years as regards the opportunity to maintain an entrance barrier or to liberalize the sector. In this context the recent sentence of the Eu Court of Justice concerning the validity of a regulation of the Barcelona Metropolitan Area which calls for an ulterior authorization for the activity of PHV services and a relevant limitation of such activity with respect to articles 49 and 107 TFEU concerning freedom of establishment and State aid, is particularly relevant. Fixed that, this paper proposes to analyse the statement of the Luxembourg Court in order to comprehend if there can be consequences for the internal legal system, not only with reference to PHV services but also to taxi services.

Estratto

«60 L’articolo 49, primo comma, TFUE dispone che, nel quadro delle disposizioni contenute nel capo 2 del titolo IV della terza parte del Trattato FUE, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate.

61 Secondo una giurisprudenza costante, devono considerarsi restrizioni alla libertà di stabilimento tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno interessante l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE (sentenza del 7 settembre 2022, Cilevics e a., C-391/20, EU:C:2022:638, punto 61 nonché giurisprudenza ivi citata).

62 Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 51 a 55 delle sue conclusioni, da un lato, il requisito di un’autorizzazione specifica per l’esercizio dell’attività di servizi di NCC nell’agglomerato urbano di Barcellona, che si aggiunge all’autorizzazione nazionale richiesta per la fornitura di servizi di NCC urbani e interurbani, costituisce di per sé una restrizione all’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE, in quanto un simile requisito limita effettivamente l’accesso al mercato per qualsiasi nuovo arrivato (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2009, Hartlauer, C-169/07, EU:C:2009:141, punto 34; v. altresì, per analogia, sentenza del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital, C-390/99, EU:C:2002:34, punto 29).

63 Dall’altro lato, ciò vale anche per la limitazione del numero di licenze di siffatti servizi di NCC a un trentesimo del numero di licenze di servizi di taxi concesse per detto agglomerato urbano, la quale deve essere qualificata come restrizione alla libertà di stabilimento, dal momento che una limitazione del genere restringe il numero di prestatori di servizi di NCC stabiliti nell’agglomerato di cui trattasi.

64 Secondo una giurisprudenza costante, siffatte restrizioni alla libertà di stabilimento possono essere ammesse solo a condizione, in primo luogo, di essere giustificate da un motivo imperativo di interesse generale e, in secondo luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che esse siano idonee a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo (sentenza del 7 settembre 2022, Cilevics e a., C-391/20, EU:C:2022:638, punto 65 nonché giurisprudenza ivi citata).

[…] L’obiettivo di una corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico di un agglomerato urbano, da un lato, nonché quello della protezione dell’ambiente in un agglomerato siffatto, dall’altro, possono costituire motivi imperativi di interesse generale (v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna, C-400/08, EU:C:2011:172, punto 74, nonché del 30 gennaio 2018, X e Visser, C-360/15 e C-31/16, EU:C:2018:44, punti 134 e 135). 70 In secondo luogo, per costante giurisprudenza, invece, obiettivi di natura puramente economica non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una limitazione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato.

71 Nel caso di specie […] l’obiettivo di garantire la praticabilità economica dei servizi di taxi deve essere considerato, anch’esso, un motivo di natura puramente economica che non può costituire un motivo imperativo di interesse generale, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto precedente della presente sentenza. […] Solo gli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico, da un lato, nonché di protezione dell’ambiente, dall’altro, possono essere invocati, nel caso di specie, quali motivi imperativi di interesse generale per giustificare le misure di cui trattasi nel procedimento principale.».

Massime

1) L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non osta a una normativa, applicabile in un agglomerato urbano, che prevede, da un lato, che per esercitare l’attività di servizi di noleggio veicoli con conducente in tale agglomerato sia imposta un’autorizzazione specifica, che si aggiunge all’au­torizzazione nazionale richiesta per la fornitura di servizi di noleggio di veicoli con conducente urbani e interurbani, e, dall’altro, che il numero di licenze di siffatti servizi sia limitato a un trentesimo delle licenze di servizi di taxi concesse per detto agglomerato, purché tali misure non siano atte a implicare un impegno di risorse statali ai sensi di detta disposizione.

2) L’articolo 49 TFUE non osta a una normativa, applicabile in un agglomerato urbano, che prevede che per esercitare l’attività di servizi di noleggio veicoli con conducente in tale agglomerato sia imposta un’autorizzazione specifica, che si aggiunge all’autorizzazione nazionale richiesta per la fornitura di servizi di noleggio di veicoli con conducente urbani e interurbani, qualora tale autorizzazione specifica sia fondata su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che escludano qualsiasi arbitrarietà e che non costituiscano una duplicazione di controlli già effettuati nell’ambito della procedura di autorizzazione nazionale, ma che rispondano a esigenze specifiche di detto agglomerato.

3) L’articolo 49 TFUE osta a una normativa, applicabile in un agglomerato urbano, che prevede una limitazione del numero di licenze di servizi di noleggio veicoli con conducente a un trentesimo delle licenze di servizi taxi concesse per detto agglomerato, ove non sia dimostrato né che tale misura sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione degli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico di tale agglomerato nonché di protezione del suo ambiente né che essa non ecceda quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

Nota A Corte di Giustizia,  8 giugno 2023, Caua C-50/21

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La sentenza: fatti di causa e normativa rilevante - 3. Sulla compatibilità del contingentamento delle licenze con il regime degli aiuti di Stato - 4. Sulla violazione dell’art. 49 TFUE - 5. La disciplina interna del servizio NCC e i possibili riflessi della sentenza della CGUE - 6. Libertà di stabilimento e sostenibilità ambientale - 7. Notazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Una delle questioni più discusse in relazione alla disciplina del trasporto pubblico locale non di linea, il quale si concretizza nel servizio taxi e nel servizio di noleggio con conducente (nel prosieguo: «NCC») [1], è quella del contingentamento delle licenze e/o autorizzazioni necessarie per il loro esercizio. Invero, ai sensi dell’art. 8 della legge 7 febbraio 1992, n. 21 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea», sia l’eser­ci­zio del servizio taxi, sia quello di NCC, sono sottoposti al previo rilascio di un provvedimento amministrativo di competenza comunale: licenza per il primo, autorizzazione per il secondo [2].

Si tratta, dunque, di un sistema con barriere all’ingresso [3] che, con particolare riferimento al servizio taxi, è sempre stato giustificato dall’obiettivo di evitare l’insorgere di una concorrenza dannosa nel settore e, soprattutto, da quello di garantire un certo standard di qualità del servizio stesso. Si è, invero, osservato come «l’abolizione delle licenze determinerebbe un eccesso di concorrenza e in particolare un’ipotesi di concorrenza distruttiva […] in cui le grandi imprese con ampia disponibilità di capitali possono permettersi di praticare prezzi sottocosto per lungo tempo al solo scopo di estromettere i concorrenti dal mercato» [4].

D’altro canto, i sostenitori della liberalizzazione del settore hanno, però, criticamente osservato come il servizio di autotrasporto non di linea appaia connotato da un livello di qualità inferiore rispetto a quello che si registra nell’am­bito di mercati liberalizzati [5]. Inoltre, si può facilmente rilevare come questo sistema a “numero chiuso” abbia condotto alla nascita di un mercato secondario, quello delle licenze, il quale, pur essendo espressamente consentito dal­l’art. 9 della già citata legge 7 febbraio 1992, n. 21 [6], non risulta per nulla regolamentato. Ne consegue, secondo alcuni, lo sviluppo di rendite da posizione [7], le quali sarebbero dimostrate dai prezzi elevati che vengono praticati per la compravendita delle licenze [8]. Distorsioni della concorrenza nel mercato del servizio taxi sono state segnalate, a più riprese, anche dall’Antitrust, la quale già un ventennio fa aveva individuato, tra le cause che determinano una insufficiente apertura del mercato alla concorrenza, la inadeguata densità di taxi rispetto alla popolazione, dovuta anche a una forte resistenza degli operatori del settore all’aumento delle licenze [9].

In questo contesto di acceso dibattito, centrale rilevanza è stata assunta anche dal c.d. “caso Uber [10]“, servizio di mobilità a contenuto tecnologico, emerso grazie al rapido sviluppo informatico e tecnologico degli ultimi anni [11]. Molteplici sono state, infatti, le pronunce dei giudici nazionali occasionate da ricorsi promossi da società che gestiscono i servizi di radio taxi e da associazioni di categoria del settore al fine di contestare la violazione della normativa in tema di concorrenza sleale da parte di Uber. In particolare, i Tribunali nazionali sono stati chiamati a inquadrare correttamente i servizi forniti da Uber nell’ambito dei servizi dell’intermediazione ovvero in quelli di trasporto e, di conseguenza, a individuare il regime normativo applicabile [12]. Sul punto è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea la quale, analogamente ai Tribunali nazionali, ha qualificato il servizio offerto da Uber Pop quale vero e proprio servizio di trasporto, escludendo una configurazione in termini di servizio della società dell’informazione o di servizio elettronico di intermediazione tra domanda e offerta [13].

Il tema del contingentamento delle licenze e/o autorizzazioni necessarie per l’esercizio del servizio deve, inoltre, essere valutato alla luce del diritto eurounitario, il quale, pur fondandosi sui principi della concorrenza, del libero accesso al mercato e della libera prestazione dei servizi, nonché sul divieto di aiuti di Stato che, ai sensi del secondo paragrafo dell’art. 106 TFUE, si applica anche alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, con riferimento al settore dei trasporti conduce a «una rilettura della politica delle liberalizzazioni» [14]. Invero, deve sottolinearsi come ai sensi del considerando 21 della c.d. direttiva servizi [15] «i servizi di trasporto, compresi i trasporti urbani, i taxi e le ambulanze nonché i servizi portuali, sono esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva». Tale sottrazione all’obbligo di dar vita a un mercato in concorrenza si giustifica, però, a condizione che «le regole di protezione dall’affermarsi del libero mercato mantengano la funzione di garantire quelle stesse finalità sociali che ne giustificano l’esclusione e non si trasformino in regole discriminatorie e sproporzionate» [16].

La questioni sottese al dibattito circa l’opportunità o meno di procedere alla liberalizzazione del settore dell’autotrasporto pubblico non di linea non possono, poi, prescindere da un confronto con le tematiche legate alla sostenibilità ambientale. Evidenti sono, infatti, gli impatti del settore dei trasporti sull’am­biente, a partire dal contributo dello stesso alla produzione di emissioni di CO2. Peraltro, come si evidenzierà più nel dettaglio nel prosieguo, non può sottacersi come lo sviluppo sostenibile [17] in generale, e la sostenibilità ambientale più nello specifico, rappresentino oggi il vero motore delle politiche europee e globali.

È nel contesto appena descritto che si inserisce e deve, quindi, essere analizzata la sentenza che in questa sede si commenta. Con essa, infatti, la Corte di Giustizia si è pronunciata, in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, in merito alla compatibilità di una normativa dell’Area Metropolitana di Barcellona (nel prosieguo: «AMB») che impone l’ottenimento di una licenza aggiuntiva per l’esercizio di servizi NCC nell’agglomerato urbano della città di Barcellona e limita il numero di licenze per il servizio medesimo a un trentesimo di quelle concesse per il servizio taxi nello stesso agglomerato, con gli artt. 49 e 107, paragrafo 1, TFUE. Nel dettaglio, la Corte di Lussemburgo ha da un lato escluso la violazione del regime degli aiuti di Stato e dall’altro ravvisato delle frizioni con la libertà di stabilimento. Ha ritenuto, infatti, incompatibile con l’art. 49 TFUE la limitazione delle licenze NCC a un numero pari a un trentesimo di quelle concesse per il servizio taxi, qualora non venga dimostrato che tale misura sia idonea a garantire obiettivi in tema di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico.

I principi di diritto enunciati nella pronuncia e relativi alla compatibilità delle misure di contingentamento delle licenze con la normativa sugli aiuti di Stato e sulla libertà di stabilimento possono considerarsi di estremo interesse anche per i riflessi che potrebbero avere sull’ordinamento nazionale, avendo la Corte descritto dei requisiti ben precisi affinché le stesse possano ritenersi legittime.


2. La sentenza: fatti di causa e normativa rilevante

La sentenza in esame origina dalla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ex art. 267 TFUE da parte della Corte superiore di giustizia della Catalogna nell’ambito di una controversia insorta tra una società che offre servizi di noleggio veicoli con conducente (Prestige and Limousine SL, in prosieguo: «P&L») e l’AMB. Nel dettaglio, la prima contestava la validità di una normativa dell’AMB, la quale impone l’ottenimento di una licenza per l’esercizio di servizi NCC nell’agglomerato urbano di Barcellona, ulteriore rispetto all’autorizzazione per la fornitura di servizi di NCC urbani e interurbani già prevista a livello nazionale, e limita il numero delle licenze medesime a un trentesimo delle licenze di servizi taxi concesse per lo stesso agglomerato urbano.

Quanto alla normativa nazionale sono apparsi rilevanti per la decisione gli artt. 48 e 91 della legge spagnola n. 16/1987 relativa alla regolamentazione dei trasporti terrestri (nel prosieguo: «LOTT») [18], l’art. 182 del Regio Decreto 1211/1990 di attuazione della legge sulla regolamentazione dei trasporti terrestri (nel prosieguo: «ROTT») [19], il Decreto NCC [20] e il regolamento di organizzazione dell’attività di trasporto urbano occasionale di passeggeri con conducente su veicoli fino a nove posti su percorsi rientranti nell’AMB (nel prosieguo: «RVCT») [21].

In particolare, deve, anzitutto, osservarsi come il Decreto NCC preveda al suo art. 1 che ai fini dell’esercizio dell’attività di NCC è necessario ottenere una autorizzazione per ogni veicolo che abiliti la fornitura del servizio. Tale autorizzazione, ai sensi dell’art. 4, abilita alla fornitura del servizio, tanto urbano quanto interurbano, in tutto il territorio nazionale.

Ai sensi della LOTT, poi, sebbene la concessione dell’autorizzazione al trasporto pubblico possa in generale essere negata solo in virtù del mancato possesso dei requisiti specifici imposti dalla stessa normativa, è possibile prevedere limitazioni regolamentari alla concessione di nuove autorizzazioni nel caso in cui l’offerta di trasporto pubblico di passeggeri con veicoli da turismo sia soggetta a limitazioni quantitative all’interno della comunità autonoma o in ambito locale. Lo stesso art. 48, al paragrafo terzo, dispone, inoltre, che qualora la proporzione fra il numero di licenze NCC della comunità di riferimento e quello delle autorizzazioni al trasporto di passeggeri su veicoli da turismo superi il rapporto di una delle prime ogni trenta delle seconde, è negata la concessione di nuove autorizzazioni NCC.

A livello locale, sulla base della normativa appena richiamata, il RVCT prevede, inoltre, ai fini dell’esercizio dell’attività di NCC, la concessione di una ulteriore autorizzazione da parte dell’AMB che si aggiunge alle altre già menzionate. Quanto alla determinazione del numero di autorizzazioni a fornire servizi di trasporto urbano occasionale di passeggeri con veicoli a NCC rilasciabili dall’Amministrazione di riferimento, l’art. 10 di detto regolamento dispone che spetta all’AMB fissare, in ogni momento, il numero massimo di autorizzazioni da rilasciare. Tale determinazione, si specifica, deve essere operata sulla base di diversi fattori quali il livello dell’offerta e della domanda attuali, le esigenze imposte dalle attività commerciali, industriali e turistiche. A dimostrazione della centralità delle questioni legate alla sostenibilità ambientale, tra questi fattori è espressamente ricompresa anche la valutazione circa la compatibilità dell’introduzione di nuove autorizzazioni con gli obiettivi di sostenibilità ambientale per quanto riguarda il traffico e la circolazione urbana. Due disposizioni aggiuntive contenute nel RVCT hanno, da ultimo, previsto che «in nessun caso il numero di autorizzazioni in vigore in un dato momento può superare il rapporto di una licenza di NCC ogni trenta licenze di taxi».

Il ROTT contiene, infine, la disciplina dell’attività di NCC al fine di differenziarla dal servizio taxi. È infatti previsto che i veicoli coperti dalle autorizzazioni NCC possano circolare solo qualora procedano a eseguire un servizio precedentemente prenotato, non potendo, invece, circolare sulle vie pubbliche alla ricerca dei clienti. Infine, la normativa afferma come gli esercenti attività di NCC non siano tenuti all’osservanza di tariffe predeterminate in via amministrativa, potendo applicare prezzi liberamente a condizione che vengano messe a disposizione del pubblico le relative informazioni.

Ciò premesso con riferimento alla normativa nazionale e locale in rilievo, può procedersi con l’analisi delle questioni sottoposte in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte catalana alla Corte di Giustizia. Nel dettaglio, il giudice del rinvio, dopo aver rilevato che i taxi e i veicoli NCC appaiono essere in concorrenza tra loro nella fornitura di servizi di trasporto urbano di passeggeri e dopo aver descritto le principali analogie e differenze tra le due attività [22], mostra dei dubbi con riferimento alla compatibilità delle previsioni del RVCT con le disposizioni del diritto dell’Unione. In particolare, dubita della compatibilità con gli artt. 49 e 107, paragrafo 1, TFUE del regime di “doppia autorizzazione” cui sono sottoposti i veicoli NCC operanti nell’area urbana di Barcellona, nonché della limitazione delle stesse autorizzazioni a un trentesimo di quelle rilasciate per l’esercizio del servizio taxi prevista dalla normativa locale in attuazione della facoltà offerta dall’art. 48 par. 3 della LOTT.

Invero, nonostante l’AMB abbia dedotto a sostegno di tale regime «il fatto che i servizi di NCC comprometterebbero la praticabilità economica dei servizi di taxi, eserciterebbero nei loro confronti una concorrenza sleale e condurrebbero a un uso intensivo delle vie di comunicazione», la Corte catalana ha rilevato come non sia possibile addurre delle considerazioni di natura meramente economica a giustificazione delle citate misure di contingentamento delle autorizzazioni NCC. In altri termini, al giudice del rinvio sembra di poter individuare lo scopo essenziale della normativa dell’AMB unicamente nella salvaguardia e protezione degli interessi economici del settore taxi, in contrasto con la normativa unionale. Infatti, sebbene l’AMB abbia addotto, a giustificazione di tale limitazione, anche motivazioni legate all’uso intensivo delle vie di comunicazione e alla protezione dell’ambiente, secondo il giudice del rinvio la stessa avrebbe omesso di ponderare l’effetto che i servizi di NCC possono produrre sulla riduzione dell’uso delle automobili private.            Inoltre, le considerazioni ambientali addotte dall’Amministrazione trascurerebbero le tecniche esistenti idonee a garantire la fornitura dei veicoli a basso o nullo impatto ambientale. Infine, lo stesso giudice non comprende come sia possibile qualificare come non inquinante la flotta taxi, senza però fornire le ragioni in base alle quali tale qualificazione non sarebbe estensibile anche alla flotta dei veicoli NCC.

Per tali ragioni vengono sottoposte all’attenzione della Corte di Lussemburgo due questioni: la prima, volta ad accertare la compatibilità con la normativa in tema di libertà di stabilimento e aiuti di Stato delle disposizioni nazionali, legislative e regolamentari, che limitano le autorizzazioni NCC a una ogni trenta licenze taxi; la seconda, volta a indagare la conformità con i medesimi parametri unionali della previsione di una seconda autorizzazione nonché di requisiti aggiuntivi per i veicoli NCC che prestino servizi urbani, sebbene in assenza di alcuna ragione plausibile.


3. Sulla compatibilità del contingentamento delle licenze con il regime degli aiuti di Stato

La Corte di Giustizia, dopo aver ritenuto la domanda di pronuncia pregiudiziale ricevibile [23], nel merito si è, dapprima, pronunciata sulla questione relativa alla compatibilità della normativa locale con il regime degli aiuti di Stato [24].

Al fine di rispondere al quesito, la Corte ha ripercorso, anzitutto, le condizioni necessarie affinché una misura possa essere qualificata come “aiuto di Stato” ai sensi del par. 1 dell’art. 107 TFUE. Si tratta di quattro differenti condizioni, le quali devono essere tutte soddisfatte in maniera cumulativa.

In primo luogo deve trattarsi di un intervento che sia effettuato dallo Stato o, comunque, mediante risorse statali [25]. Al proposito, «non è necessario che l’aiuto assuma la forma di un materiale trasferimento di risorse finanziarie a fa­vore dell’impresa beneficiaria, potendo esso consistere anche in una rinuncia a un introito da parte dello Stato membro» [26]. Quanto alla seconda condizione richiesta, è necessario che l’intervento sia idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo deve trattarsi di una misura che conceda un vantaggio selettivo al suo beneficiario [27]. Da ultimo, è necessario che l’aiuto concesso falsi o minacci di falsare la concorrenza. Anche tale aspetto risulta, infatti, pacifico nella giurisprudenza della Corte [28].

Rammentati tali presupposti, la Corte, senza incertezza alcuna, conclude nel senso che la normativa oggetto di rinvio non viola il regime degli aiuti di Stato. Invero, né il requisito dell’autorizzazione ulteriore a quella già prevista a livello nazionale da richiedere all’AMB, né la limitazione del numero di siffatte licenze a un trentesimo di quelle concesse per l’esercizio del servizio taxi, implicano prestazioni positive a beneficio delle imprese che forniscono servizio taxi. Del pari, le stesse non conducono nemmeno ad alleviare gli oneri che ge­neralmente gravano sui bilanci delle medesime imprese. Non risulta, poi, che tali due previsioni normative comportino una diminuzione del bilancio statale ovvero l’insorgenza di un rischio economico concreto di oneri gravanti sul medesimo bilancio.

Per queste ragioni, la Corte risponde alla prima delle due questioni sollevate asserendo che «l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, non osta a una normativa, applicabile a un agglomerato urbano, che prevede, da un lato, che per esercitare l’attività di servizi di NCC in tale agglomerato sia imposta una autorizzazione specifica, che si aggiunge all’autorizzazione nazionale richiesta per la fornitura di servizi di NCC urbani e interurbani, e, dall’altro, che il numero di licenze di siffatti servizi sia limitato a un trentesimo delle licenze di servizi taxi concesse per detto agglomerato, purché tali misure non siano atte a implicare un impegno di risorse statali ai sensi di detta disposizione».


4. Sulla violazione dell’art. 49 TFUE

Dopo aver escluso qualsivoglia violazione del regime degli aiuti di Stato, il Consesso europeo procede con l’esame delle questioni relative all’art. 49 TFUE. Questo, collocato nel Titolo IV del TFUE dedicato alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, riconosce il diritto di stabilimento a tutti gli operatori economici dell’Unione mediante la previsione del divieto di operare delle restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di altro Stato membro. Specifica, inoltre, che tale libertà di stabilimento «importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare società ai sensi dell’art. 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini […] [29]».

Al proposito, deve rammentarsi come, secondo costante giurisprudenza della stessa Corte giudicante, sono considerate restrizioni alla libertà di stabilimento e, quindi, vietate, «tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno interessante l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE» [30].

Ciò premesso, la Corte procede con l’obiettivo di comprendere se il requisito dell’autorizzazione specifica, da un lato, e quello della limitazione del numero delle licenze NCC, dall’altro, costituiscano o meno delle restrizioni all’esercizio del diritto di stabilimento incompatibili con il citato art. 49 TFUE. Al proposito, essa concorda con le conclusioni dell’avvocato generale, per cui si tratta, effettivamente, di restrizioni [31]. Invero, con la prima previsione si limita l’accesso al mercato per qualsiasi nuovo arrivato e con la seconda si restringe il numero dei prestatori di servizi di NCC nell’agglomerato di Barcellona. Si chiede, quindi, se le stesse possano o meno considerarsi ammesse e, quindi, rispettose della normativa eurounitaria.

Al riguardo, essa ricorda come affinché limitazioni del genere possano considerarsi legittime, è necessario che siano giustificate da un motivo imperativo di interesse generale e, ulteriormente, che siano rispettose del principio di pro­porzionalità.

Quanto all’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, la Corte ravvisa come nel caso di specie le finalità perseguite dal RVCT sono quella di garantire la qualità, la sicurezza e l’accessibilità dei servizi taxi nell’agglomerato urbano di Barcellona per tramite del mantenimento di un “equilibrio adeguato” tra il numero di prestatori di tale servizio e i prestatori dei servizi di NCC; nonché quello di garantire una corretta gestione del trasporto e dello spazio pubblico e, infine, quello di proteggere l’ambiente.

Con riferimento al primo obiettivo, si ribadisce, infatti, come il servizio taxi debba essere preservato in quanto considerato un servizio di interesse generale [32]. Al proposito, l’AMB aveva, altresì, rilevato come la crescente concorrenza da parte degli esercenti attività NCC avrebbe minacciato la praticabilità economica del servizio taxi, così da rendersi necessaria la previsione di forme di equilibrio tra le due attività.

La Corte osserva allora come, per costante giurisprudenza, se, da un lato, le finalità di corretta gestione del trasporto, del traffico, dello spazio pubblico e del­l’ambiente, possono costituire motivi imperativi di interesse generale, dal­l’altro, «obiettivi di natura puramente economica non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una limitazione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato» [33]. Una motivazione del genere non può, pertanto, essere invocata al fine di giustificare il mantenimento di un equilibrio tra le due modalità di trasporto urbano non di linea menzionate.

Questa considerazione, peraltro, non risulta scalfita dal fatto che il servizio taxi nell’ordinamento spagnolo venga qualificato come «servizio di interesse generale». In merito a ciò, la Corte afferma, infatti, che, da un lato, le qualificazioni nazionali non incidono sulla valutazione della ricorrenza di un motivo imperativo di interesse generale ai sensi del diritto europeo e, dall’altro, che dagli elementi contenuti nel fascicolo a disposizione della Corte non si evincerebbe che i prestatori di servizi di taxi siano incaricati della gestione di un servizio di interesse economico generale (in prosieguo: «SIEG») ex art. 106, par. 2, TFUE.

A tal proposito, l’organo giudicante, richiamando sua precedente giurisprudenza [34], ricostruisce i tratti che consentono di ritenere che un servizio rivesta un interesse economico generale. In primo luogo è necessario che «detto interesse presenti caratteri specifici rispetto a quello di altre attività della vita economica. Inoltre, può essere qualificato come SIEG un servizio la cui fornitura costituisca adempimento di specifici compiti d’interesse pubblico affidati al prestatore dello Stato membro interessato» [35]. Ciò premesso, secondo la Corte, il fatto che la prestazione del servizio taxi risulti fortemente regolamentata non consente di dimostrare né che esso presenta caratteri specifici rispetto a quelli di altre attività economiche, né che una missione specifica di servizio pubblico sia stata affidata agli esercenti il servizio taxi da parte di atti di esercizio del potere che risultino precisi sul punto.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte asserisce come soltanto gli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico, dello spazio pubblico e di protezione dell’ambiente potrebbero essere invocati come motivi imperativi di interesse generale a giustificazione delle limitazioni introdotte alla prestazione del servizio NCC. Diversamente, l’obiettivo puramente economico di garantire la praticabilità economica del servizio non può essere addotto a giustificazione delle limitazioni suddette.

Muovendo, poi, al giudizio di proporzionalità la Corte svolge valutazioni differenti in relazione alle due tipologie di limitazione introdotte dalla normativa locale oggetto di rinvio. Con riferimento alla previsione di una autorizzazione specifica ulteriore rispetto a quella nazionale da richiedere all’AMB, essa rileva come regimi di previa autorizzazione amministrativa possono essere giustificati qualora siano noti in anticipo e non risultino discriminatori. Inoltre, evidenzia come non possa considerarsi necessaria ai fini del conseguimento dello scopo perseguito un provvedimento che integri, in sostanza, la duplicazione di altri controlli già effettuati nel contesto di altre procedure. Infine, richiamando un precedente arresto [36], ricorda come procedure di previa autorizzazione potranno ritenersi necessarie solo nei casi in cui i controlli a posteriori si rivelino inefficaci perché tardivi.

Calando tali principi nel caso di specie, la Corte ritiene, dunque, che il requisito della previa autorizzazione, oltre a essere idoneo a conseguire gli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico, dello spazio pubblico e di protezione dell’ambiente, sia anche giustificato dal fatto che un controllo a posteriori non apparirebbe efficace. Spetterà, poi, ovviamente, al giudice del rinvio verificare se l’autorità competente abbia esercitato correttamente il potere discrezionale conferitole. Lo stesso giudice dovrà, inoltre, verificare che la concessione di tale autorizzazione specifica non integri la duplicazione di altra procedura già effettuata nel contesto dello Stato membro.

Quanto, invece, al profilo della limitazione delle licenze di servizi di NCC a un trentesimo delle licenze di servizi taxi, la Corte di Giustizia evidenzia come non emergano elementi idonei a dimostrare come tale misura possa concorrere a garantire gli obiettivi prima citati di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico, nonché di protezione dell’ambiente. A sostegno dell’affermazione, richiama anche le argomentazioni addotte dalla P&L considerato che le stesse non sono state oggetto di confutazione né da parte dell’AMB, né del governo spagnolo. In particolare, si trattava delle considerazioni per cui i servizi di NCC concorrerebbero nella riduzione dell’utilizzo del­l’automobile privata, nonché nel conseguimento dell’obiettivo di una mobilità efficiente e inclusiva in considerazione del loro alto livello di digitalizzazione e flessibilità. Non risulterebbe, poi, coerente invocare i problemi di stazionamento sulle vie pubbliche, posto che gli esercenti servizi di NCC devono, ai sensi del RVCT disporre di una propria rimessa.

Ecco, quindi, che la Corte concorda con il rilievo per cui «la limitazione delle licenze di servizi di NCC a un trentesimo delle licenze di servizi taxi non risulta idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico» [37]. I medesimi obiettivi possono, del resto, essere conseguiti per tramite di misure meno restrittive. Anche in questo caso sarà, poi, il giudice del rinvio a dover verificare se sia o meno dimostrato che misure meno restrittive non consentano di conseguire gli obiettivi perseguiti.

Alla luce di tutte le considerazioni esposte, la Corte dichiara che l’art. 49 TFUE non osta alla normativa che prevede l’imposizione di una autorizzazione specifica che si aggiunge a quella nazionale per la fornitura di servizi di NCC, purché la stessa sia fondata su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo e che non costituisca la duplicazione di altri procedimenti. Lo stesso articolo osta, invece, alla normativa che limita il numero delle licenze di servizi di NCC a un trentesimo delle licenze di servizi taxi concesse per il medesimo agglomerato urbano, se non è dimostrato che tale misura sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, gli obiettivi prima menzionati di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico, nonché di protezione dell’ambiente e che la stessa non ecceda quanto necessario per conseguire tali obiettivi.


5. La disciplina interna del servizio NCC e i possibili riflessi della sentenza della CGUE

La sentenza in commento, nei contenuti sin qui descritti, si presenta di particolare interesse anche con riguardo ai possibili risvolti sull’ordinamento interno. Ci si deve chiedere in particolare, se, nel contesto di dibattito che tutt’ora caratterizza il settore dell’autotrasporto non di linea italiano [38], la stessa possa essere letta come un segnale verso la liberalizzazione dello stesso.

Invero, come osservato, con essa la Corte ha dichiarato l’illegittimità di quelle normative che fissano un numero massimo di licenze NCC rilasciabili se giustificate dalla motivazione di dover preservare la praticabilità economica del servizio taxi, ovverosia il reddito dei tassisti o il valore delle licenze, apparendo ciò in contrasto con il diritto di libertà di stabilimento sancito dall’art. 49 TFUE. Limitazioni del genere possono, invece, secondo la Corte di Lussemburgo, ritenersi ammissibili solo se imposte al fine di conseguire obiettivi generali quali quelli della buona gestione dei trasporti, del traffico o dello spazio pubblico e della protezione dell’ambiente e soltanto ove appaiano proporzionate. Quanto alla protezione dell’ambiente, si ricorda, però, come nel caso di specie, sulla scia di quanto sostenuto dal giudice del rinvio, la Corte abbia ritenuto che l’Amministrazione locale non avesse in concreto dimostrato come la mancata limitazione delle licenze NCC a un trentesimo di quelle taxi avrebbe potuto avere ricadute negative sull’ambiente.

La pronuncia si inserisce, dunque, pienamente nell’ambito dell’annoso dibattito sulle liberalizzazioni dei servizi di autotrasporto pubblico non di linea, caratterizzato dalla compresenza di istanze opposte: quella degli utenti che desidererebbero un mercato del trasporto locale non di linea più aperto e flessibile, in modo da condurre a un abbattimento dei prezzi e a un incremento della qualità del servizio e quella degli operatori del settore che appaiono, invece, propensi a tutelare la posizione da loro già ricoperta nel mercato [39]. La sentenza rileva, inoltre, con riferimento ai rapporti intercorrenti tra prestatori di servizi NCC e prestatori di servizi taxi.

Quanto al profilo relativo all’imposizione di barriere all’ingresso per l’esercizio dei servizi di autotrasporto pubblico non di linea, si deve rilevare come la Corte non abbia giudicato illegittimo il sistema autorizzatorio in sé, ma solo alcune delle motivazioni poste alla base della limitazione del numero di licenze. Di conseguenza, la stessa non ha in realtà preso una posizione netta a favore della liberalizzazione del settore.

Ad ogni modo, dirompente appare il principio di diritto per cui la praticabilità economica del servizio taxi non può essere addotta a fondamento delle limitazioni del numero delle licenze di NCC rilasciabili.

Quanto ai possibili riflessi di tale pronuncia sull’ordinamento interno si deve muovere dalla considerazione per cui, come già anticipato, anche l’esercizio del servizio di NCC è caratterizzato dalla previsione di un regime di contingentamento amministrativo. Ai fini dell’espletamento dell’attività di NCC è, infatti, necessario ottenere una autorizzazione amministrativa [40] che, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 21/1992, viene rilasciata a seguito di concorso pubblico dal­l’amministrazione comunale di riferimento [41].

Tale regime differisce, però, da quello relativo al servizio taxi. Invero, mentre gli esercenti del servizio taxi necessitano della titolarità di una licenza personale, riferita a un singolo mezzo e non cumulabile con altre licenze, coloro che svolgono il servizio di NCC devono munirsi di una autorizzazione amministrativa che deve essere rilasciata dal Comune in cui il richiedente ha la sede operativa e che, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 21/1992, può essere cumulata con altre autorizzazioni per servizi di NCC, nonché, qualora rilasciata per l’esercizio dell’attività per mezzo di natanti, anche con la licenza per il servizio taxi. Inoltre, il servizio di NCC non deve essere necessariamente svolto personalmente dal titolare dell’autorizzazione, potendo questi esercitarlo anche per tramite di altri soggetti, quali ad esempio i dipendenti dell’impresa.

Deve poi evidenziarsi come rispetto all’autoservizio di noleggio con conducente non rilevano i requisiti propri del servizio pubblico, quali la doverosità della prestazione, il rispetto di tariffe predeterminate in via amministrativa nonché i requisiti di continuità, regolarità, qualità e parità di condizioni nell’ero­ga­zione. Al contrario, è stato messo in luce come con riferimento al servizio di NCC «risultano presenti elementi più propriamente tipici dei servizi privati, quali la maggiore presenza in aree sfornite di tali servizi, il maggior confort dei mezzi, la maggiore privacy sui mezzi, l’autonomia nella pianificazione degli spostamenti» [42].

Ciò posto, deve rilevarsi come non appaia seriamente in discussione la previsione di tale regime di contingentamento amministrativo con riferimento alle autorizzazioni necessarie per l’esercizio del servizio di NCC. Di recente, infatti, anche il Consiglio di Stato si è espresso nel senso che l’attività in questione non risulta liberalizzata, ma soggetta ad autorizzazione [43]. Peraltro, come già osservato, anche la c.d. direttiva Bolkestein esclude espressamente le attività di trasporto dal suo ambito di applicazione. Il mantenimento di tale regime di accesso all’esercizio del servizio rappresenta poi uno dei principi fondamentali del Protocollo di intesa siglato tra il Ministero dei Trasporti e alcune associazioni rappresentative degli esercenti dei servizi taxi e NCC [44].

Sul modello di concorrenza relativo al settore dell’autotrasporto con NCC si è di recente espressa anche la Corte costituzionale [45], chiamata a pronunciarsi in sede di giudizio in via principale sulla riforma intervenuta in tema di autotrasporto non di linea nel 2018 [46]. Nello specifico, con tale sentenza, che ha condotto alla declaratoria di illegittimità costituzionale della previsione di cui all’art. 10-bis, comma 1, lett. e) del d.l. n. 135/2018, il quale aveva modificato l’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992, stabilendo l’obbligo a carico dei vettori di NCC di rientrare presso la propria sede o rimessa al termine di ogni servizio [47], la Consulta ha espresso delle considerazioni sia sul regime concorrenziale sia sulla differenziazione tra il servizio taxi e quello di NCC.

In particolare, ha respinto la censura sollevata con riguardo al comma 6 dell’art. 10-bis citato, il quale vieta il rilascio di nuove autorizzazioni per l’eser­cizio del servizio di NCC fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale delle imprese del settore, introdotto al comma 3 dell’ar­ti­co­lo medesimo. La Consulta ha, quindi, escluso la sussistenza di una irragionevole restrizione della concorrenza a vantaggio dei titolari delle licenze taxi – per i quali tale divieto temporaneo di rilascio delle licenze non opera – in quanto «la diversità – per modalità di svolgimento, regime tariffario, ambito di operatività, rapporti con l’utenza, eccetera – dei due tipi di autoservizi pubblici non di linea e la loro necessaria reciproca distinzione, a cui presidio sono poste proprio le misure in esame – compresa quella dell’iscrizione nel registro informatico in via di predisposizione – escludono che la politica delle licenze adottata per uno di essi possa determinare vantaggi o pregiudizi per l’altro» [48].

Ecco, dunque, che coerentemente con quanto ora affermato dalla Corte di Giustizia, la Consulta aveva già ben evidenziato la necessità di distinguere nettamente le due tipologie di autotrasporto non di linea. Ne deriva un ulteriore argomento a sostegno della non limitabilità del numero delle autorizzazioni per l’esercizio del servizio NCC al fine di garantire la praticabilità economica del servizio taxi. Ciò avrà immediato rilievo per le amministrazioni comunali, le quali fanno a volte segnalare la pratica di limitare il numero delle licenze taxi o autorizzazioni NCC rilasciabili a beneficio della posizione economica degli operatori già in attività [49]. I Comuni appaiono, del resto, più facilmente esposti alle pressioni esercitate dalla categoria dei tassisti, interessati a preservare il valore delle loro licenze. Per questo, peraltro, è stato osservato come sarebbe auspicabile affidare il compito di predeterminare il numero di licenze rilasciabili all’Autorità dei Trasporti, anziché agli enti locali, in quanto decisamente meno esposta a tali pressioni [50].

Ciò posto, si precisa come sebbene la pronuncia che qui si commenta riguardi specificamente la limitazione delle autorizzazioni per l’esercizio dei servizi di NCC, ci si sta riferendo anche alle licenze taxi. Infatti, i principi di diritto nella stessa espressi interessano le limitazioni di qualsivoglia tipologia di prov­vedimenti autorizzatori che possono costituire restrizioni all’esercizio della libertà garantita dall’art. 49 TFUE, comprese le licenze necessarie per l’eser­cizio del servizio di taxi.

Per tale motivo, peraltro, taluno ha ritenuto come la sentenza possa arrivare a mettere in discussione l’intero il sistema oggi vigente per il rilascio delle licenze e/o autorizzazioni per l’autotrasporto pubblico non di linea [51]. Invero, un tipo di sistema a numero chiuso quale quello italiano, alla luce di quanto affermato nella sentenza che qui si commenta, sarebbe da considerarsi anticompetitivo qualora giustificato soltanto da motivi di natura economica. Solo motivi di interesse generale e il rispetto del principio di proporzionalità possono, invero, giustificare limitazioni del genere. Tra i primi rientrano, come descritto, quello di garantire una corretta gestione del trasporto, del traffico, dello spazio pubblico nonché la protezione dell’ambiente. Diversamente, l’obiettivo di garantire la praticabilità economica del servizio taxi, nonostante lo stesso costituisca un servizio di interesse generale, va considerato come un motivo di natura prettamente economica che, quindi, non può essere invocato al fine di giustificare il mantenimento di un equilibrio tra le due modalità di trasporto urbano.

Si ritiene, inoltre, che anche ulteriori previsioni contenute nella legge n. 21/1992, differenti dalla limitazione del numero delle licenze rilasciabili ma, comunque, costituenti misure restrittive della concorrenza, potrebbero essere poste in discussione a margine del principio di diritto enunciato dalla Corte europea. Si pensi, ad esempio, alla previsione di cui al secondo comma dell’art. 8 per cui la licenza e l’autorizzazione debbano essere necessariamente riferite a un singolo veicolo. Anche queste non potranno essere giustificate dall’esi­genza di garantire la praticabilità economica del servizio o il valore delle licenze stesse.


6. Libertà di stabilimento e sostenibilità ambientale

Come osservato, tra i motivi imperativi di interesse generale che possono essere addotti a giustificazione delle limitazioni alla libertà di stabilimento protetta dall’art. 49 TFUE la Corte di Lussemburgo contempla anche la protezione dell’ambiente. Si ricorda, del resto, come la stessa normativa locale del­l’AMB preveda che la fissazione del numero massimo di autorizzazioni rilasciabili debba determinarsi tenendo conto, tra gli altri fattori, della compatibilità dell’introduzione di nuove autorizzazioni con gli obiettivi di sostenibilità ambientale per quanto riguarda il traffico e la circolazione urbana [52].

Ciò induce a svolgere delle brevi considerazioni relative al tema della sostenibilità ambientale e al suo rapporto con la libertà di stabilimento e la tutela della concorrenza [53]. Invero, di fronte all’emergenza climatica e ambientale dichiarata dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul Green Deal del 15 gennaio 2020 [54], il perseguimento di obiettivi legati alla sostenibilità ambientale è divenuto elemento assolutamente centrale nell’ambito delle attuali politiche sia unionali che globali [55]. Del resto, ciò appare particolarmente evidente proprio con riferimento al settore dei trasporti, il quale risulta responsabile di circa un quarto del totale delle emissioni di gas a effetto serra in Europa [56]. Infine, deve rammentarsi come la stessa sentenza in commento ha evidenziato come la protezione dell’ambiente possa rientrare tra i motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare delle restrizioni alla libertà di stabilimento [57].

Ciò appare del resto coerente con le osservazioni di chi ha evidenziato come l’attuale politica della concorrenza non debba essere proiettata solo nel senso di raggiungere l’efficienza economica, dovendosi invece perseguire «un approccio multi-purpose riguardo l’interpretazione e l’enforcement delle norme a tutela della concorrenza, in base al quale essa verrebbe concepita come strumento per il perseguimento di una pluralità di obiettivi (non solo economici), tra i quali l’equità sociale, lo sviluppo sostenibile e quindi anche la tutela dell’ambiente» [58]. Ecco, dunque, che ormai da più parti si sostiene la necessità di abbandonare un approccio puramente economico del diritto della concorrenza, a beneficio di una integrazione, tra le altre, delle tematiche ambientali [59].

Si ritiene quindi che, con specifico riferimento al tema delle licenze e/o autorizzazioni per l’autotrasporto pubblico non di linea, possano argomentarsi due conseguenze opposte. Nel dettaglio, da un lato potrebbe sostenersi come il sistema del contingentamento amministrativo relativo ai servizi taxi e NCC possa essere derogato al fine di favorire modalità di trasporto più sostenibili. Invero, l’utilizzo dei servizi taxi e NCC rientra nell’ambito del fenomeno della sharing mobility o mobilità condivisa [60], considerata sin dal c.d. Decreto Ronchi del 1998 [61] una misura da incentivare per la riduzione delle emissioni inquinanti. In tal modo si potrebbe ridurre, infatti, il numero dei veicoli in circolazione, considerato che i singoli cittadini eviterebbero di acquistare un veicolo proprio. Inoltre, i veicoli elettrici appaiono più diffusi proprio tra quelli adibiti a taxi e NCC rispetto ai restanti. Per questo si comprende come molti Paesi promuovano le esperienze di mobilità condivisa così da consentire l’adozione di modelli di spostamento meno impattanti per l’ambiente e per la salute dei cittadini.

Dall’altro lato, sono state però manifestate delle preoccupazioni legate alla promozione di sistemi di mobilità condivisa come il servizio di NCC o i fenomeni di car-sharing. In particolare, si è sottolineato come l’implementazione di tali modalità di trasporto potrebbe rendere molto più semplice per le persone viaggiare con l’automobile e, quindi, disincentivare l’utilizzo del trasporto pubblico di linea nonché delle forme di mobilità dolce, quali la bicicletta o anche il muoversi a piedi [62]. A livello empirico è stato al proposito osservato come l’introduzione di servizi di ridesharing come Uber all’interno delle città abbia causato un aumento del traffico urbano e degli incidenti automobilistici. Invero, è stato rilevato come tali forme di trasporto attraggono coloro i quali erano soliti spostarsi tramite il trasporto pubblico di linea (tram, autobus, metropolitane etc.) con ciò incrementandosi il numero dei veicoli in circolazione e, quindi, anche i livelli di emissioni di CO2 [63].

Di conseguenza, le questioni legate alla sostenibilità ambientale diverrebbero ragioni idonee a giustificare il contingentamento amministrativo e cioè le restrizioni alla libertà di stabilimento nel settore dell’autotrasporto non di linea al fine di salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini.

Certo è che i dibattiti legati alla liberalizzazione dei servizi taxi e NCC non possono ormai prescindere da considerazioni legate alla sostenibilità ambientale, dovendosi abbandonare tutti gli approcci puramente economici e legati in maniera esclusiva al diritto della concorrenza. Del resto, l’art. 11 TFUE dispone come gli obiettivi generali dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’am­biente debbano essere integrati in tutte le politiche europee, compresa quella della concorrenza, nella prospettiva di promuovere in particolare lo sviluppo sostenibile [64].


7. Notazioni conclusive

Nonostante le osservazioni di coloro che hanno accolto la pronuncia come un chiaro segnale a favore della liberalizzazione del settore dell’autotrasporto non di linea e, in particolare, del servizio di NCC, si ritiene di essere ancora lontani da una completa liberalizzazione del settore. Le recenti sentenze del Consiglio di Stato e della Consulta citate [65] dimostrano, infatti, una costante fermezza nel senso della permanenza di un contingentamento amministrativo.

Ciò non toglie, tuttavia, che alla luce di tale sentenza eventuali misure limitative predisposte dalle autorità locali o dallo stesso Legislatore, sebbene formalmente giustificate dall’esigenza di salvaguardare motivi di interesse generale, possano essere censurate qualora nascondano la reale volontà di proteggere gli interessi economici del settore taxi.

La stessa sentenza, inoltre, può ricoprire un ruolo di primo piano in una prospettiva de iure condendo, apparendo comunque chiaro il segnale da essa emerso a favore della concorrenza. Il recentissimo intervento del Legislatore per far fronte alle carenze del sistema di trasporto taxi su gomma [66] unito al continuo blocco del rilascio delle autorizzazioni NCC nelle more della piena operatività del Registro Informatico Pubblico Nazionale NCC e Taxi [67], dimostrano, del resto, come siano assolutamente vive le esigenze di intervento e riforma nel settore. In particolare, con riferimento al servizio di NCC, continua a lamentarsi il blocco del rilascio di nuove autorizzazioni in ragione della mancata effettiva attuazione del Registro citato, nonché l’operatività di alcune disposizioni che potrebbero apparire in contrasto con i principi concorrenziali. Ci si riferisce, nel dettaglio, alle disposizioni che limitano l’attività dei prestatori di servizi NCC su base territoriale, come già evidenziato anche dall’AGCM nel 2017, «in modo da garantire una piena equiparazione dal lato dell’offerta tra gli operatori dotati di licenza taxi e quelli dotati di autorizzazione NCC e facilitare lo sviluppo di forme di servizio più innovative e benefiche per i consumatori» [68].

Esigenze di riforma del settore si manifestano anche a causa dell’emer­sio­ne di nuove modalità di prestazione dei servizi di trasporto in ragione del­l’espo­nenziale sviluppo tecnologico e informatico degli ultimi anni. Ci si riferisce non solo al già menzionato fenomeno Uber, ma anche alle nuove modalità di organizzazione dello stesso servizio taxi (es. MyTaxi [69]), nonché alle varie applicazioni della sharing mobility. In particolare, con tale ultima espressione si fa riferimento, in modo generico, «a tutte quelle diverse modalità di trasporto attraverso le quali lo spostamento di persone da un luogo all’al­tro è realizzato tramite l’impiego di mezzi non di appartenenza del soggetto stesso, bensì in condivisione con altri individui» [70], grazie all’impiego di piattaforme di collaborazione.

Non può, dunque, ignorarsi come, in un quadro di regole sostanzialmente invariato, la tecnologia dell’informazione abbia avuto un impatto pervasivo nel settore della mobilità e dei trasporti. Ne deriva, in una prospettiva de iure condendo, la necessità di predisporre soluzioni giuridiche nuove, che siano in grado di regolare l’innovazione e, di conseguenza, prevenire e risolvere eventuali conflitti. Invero, «le nuove tecnologie hanno reso fragile il quadro regolatorio preesistente, esponendo la l. n. 21 del 1992 all’eccezione di anacronismo, nonché di portata restrittiva» [71]. Essa, infatti, non rappresenta uno strumento idoneo a gestire i contrapposti interessi in gioco, quali quello relativo al libero esercizio dell’attività economica e alla protezione di interessi pubblici in tema di trasporti. Sarebbe, cioè, auspicabile una definizione dei possibili modelli di gestione dei fenomeni di mobilità condivisa, nonché forme di sostegno pubblico alle stesse e, ove necessario, la previsione di obblighi di servizio pubblico in modo coordinato con la regolamentazione delle tradizionali forme di trasporto pubblico non di linea.

Peraltro, oltre allo sviluppo di tali nuove modalità di prestazione dei servizi di trasporto nell’alveo della sharing mobility, non può non farsi cenno ai rivoluzionari cambiamenti che si prospettano nel settore dell’industria automobilistica e che potrebbero condurre a una radicale riconfigurazione dei sistemi di mobilità. Si sta facendo, in particolare, riferimento ai c.d. veicoli a guida autonoma, ovverosia ai veicoli che, sfruttando tecnologie di connessione, «sono in grado di captare e comunicare dati dall’ambiente esterno, dalle infrastrutture viarie e dagli altri veicoli […] e di rielaborarli al fine di sostituirsi al conducente nell’espletamento parziale o totale di determinate funzioni di guida» [72]. Nonostante i vantaggi in termini sia di sicurezza stradale sia di sostenibilità ambientale che potrebbero derivare dalla diffusione di tali veicoli, evidenti sono gli ostacoli di natura normativa. Ad oggi è, infatti, assente un adeguato quadro normativo che consenta di sciogliere le questioni relative, ad esempio, alla tutela dei dati personali recepiti e utilizzati dai veicoli o, anche, alle decisioni di natura etica che il software potrebbe dover assumere in determinate situazioni.


NOTE

[1] Ai sensi del secondo comma dell’art. 1 della L. 7 febbraio 1992, n. 21 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea», infatti, «costituiscono autoservizi pubblici non di linea: a) il servizio taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale; b) il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, velocipede, natante e veicoli a trazione animale».

[2] Sulla distinzione tra gli atti amministrativi della autorizzazione e della licenza si veda A. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1989, pp. 623 ss.; E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2007, p. 322. Nello specifico, secondo tale dottrina le licenze consentirebbero lo svolgimento di determinate attività previa valutazione discrezionale circa la rispondenza all’interesse pubblico che, nell’ambito di un quadro programmatorio che comporti il contingentamento delle attività di quel tipo, una nuova attività del genere venga svolta o meno. Dunque, nel caso delle licenze, la discrezionalità dell’Ammini­stra­zione non investe semplicemente la valutazione dei requisiti, come invece avviene per le autorizzazioni, ma addirittura l’opportunità dell’esercizio dell’attività. Sullo stesso tema A. Sandulli, Notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, in Studi in onore di Emilio Crosa, Tomo II, Giuffrè, Milano, 1960, pp. 1513 ss. In tale scritto l’A utore afferma che le licenze «si differenziano dai provvedimenti meramente autorizzativi proprio perché espandono la sfera giuridica del soggetto in uno spazio che non rientra nel suo ambito giuridico istituzionale, e la cui conquista rappresenta perciò un vero e proprio accrescimento di tale ambito». Anche B. Cavallo, Provvedimenti e atti amministrativi, in G. Santiniello (diretto da), Trattato di diritto amministrativo. Vol. III, Cedam, Padova, 1993, pp. 95 ss. evidenzia come i provvedimenti autorizzativi denominati licenze espri­mano un più ampio esercizio discrezionale del potere da parte della amministrazione agente, potendo la ponderazione degli interessi investire anche il merito «quando importa il c.d. esame del bisogno, cioè la verifica dell’opportunità di rilasciare il “permesso”, in cui consiste la legittimazione all’esercizio dell’attività vietata». Ciò che accomuna le varie specie di autorizzazioni è, quindi, il peculiare rapporto tra interesse pubblico e interesse privato, nel senso che «con i provvedimenti autorizzatori viene perseguito l’in­te­resse privato in quanto non contrastante con l’interesse pubblico» assumendo l’interesse privato il ruolo di interesse principale. In questo senso anche M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Vol. II, Giuffrè, Milano, 1993, p. 614 il quale afferma che «il sacrificio del­l’interesse privato è da contenere nel minimo indispensabile che comporta un’adeguata tutela degli interessi pubblici». Sulla discrezionalità come potere di ponderazione comparativa di più interessi R. Villata-M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, Giappichelli, Torino, 2017, pp. 95 ss.

[3] Al proposito è stato evidenziato come «solo la licenza (non l’autorizzazione) è considerata atto amministrativo idoneo a consentire lo svolgimento di un servizio di interesse pubblico, che viene rilasciato in base alle necessità locali e alla domanda di mercato, secondo un sistema cosiddetto “a numero chiuso”» (R. Lobianco, Trasporto di persone e assetto giuridico della nuova mobilità urbana, Giuffrè, Milano, 2022, p. 41).

[4] P. Tullio, Da uber ai robotaxi: spunti comparatistici per una riforma degli autoservizi pubblici non di linea, in Dir. trasporti, 2019, p. 411.

[5] In tal senso, C. Bentivogli-M. Calderini, Il servizio di taxi in Italia: ragioni e contenuti di una riforma, in Ec. e pol. ind., 2007, pp. 181 ss.

[6] Invero, il citato art. 9 afferma che «la licenza per l’esercizio del servizio di taxi e l’autorizza­zione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente sono trasferite, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata, purché iscritta nel ruolo di cui all’art. 6 ed in possesso dei requisiti prescritti, quando il titolare stesso si trovi in una delle seguenti condizioni: a) sia titolare di una licenza o di autorizzazione da cinque anni; b) abbia raggiunto il sessantesimo anno di età; c) sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo della patente di guida».

[7] Così si esprimono C. Bentivogli-M. Calderini, op. cit., p. 183.

[8] Nelle grandi città italiane, infatti, il prezzo di acquisto di una licenza si può aggirare anche intorno ai 200.000 euro come rilevato da C. Bentivogli, Il servizio taxi e noleggio con conducente dopo la riforma Bersani, in Banca d’Italia Questioni di economia e finanza, 2008, pp. 21 ss.

[9] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, segnalazione del 26 gennaio 2004, AS277, Distorsioni della concorrenza nel mercato del servizio taxi, in www.agcm.it. In particolare, la stessa rilevava che «sebbene la normativa vigente attribuisca ai Comuni la competenza in ordine alla determinazione del numero dei veicoli da adibire al servizio di taxi, e quindi ad incrementare eventualmente le licenze a fronte di un’insufficienza dell’offerta, tale facoltà incontra una forte resistenza da parte degli operatori del settore, favorevoli al mantenimento delle restrizioni quantitative. Va osservato che tali comportamenti trovano fondamento nell’elevato costo che gli operatori già attivi sul mercato hanno sostenuto per l’acquisto di una licenza da altri soggetti. Infatti, benché le licenze siano state originariamente rilasciate gratuitamente da parte delle autorità pubbliche, le stesse sono state sovente alienate sulla base di valori economici, di volta in volta crescenti in termini reali, circostanza questa che, di per sé, riflette la scarsità del numero delle licenze, ovvero del numero di taxi attualmente in circolazione. In questo contesto, il valore della licenza rappresenta un asset il cui valore economico assume particolare rilievo al momento della rivendita della licenza stessa da parte del fornitore del servizio, mentre ogni emissione di nuove licenze comporta necessariamente una riduzione del valore di quelle originariamente rilasciate. In tal senso, il timore che un incremento del numero delle licenze possa determinare una riduzione del valore di mercato delle stesse, nonché una riduzione dei ricavi attesi, spiega le resistenze dei fornitori del servizio di taxi a fronte di interventi, da parte delle Amministrazioni locali, volti a favorire una maggiore apertura del mercato».

[10] Si tratta, nello specifico, di una società fondata negli Stati Uniti nel 2009 che ha introdotto, nell’ambito del mercato dei servizi di trasporto, una applicazione software, tramite la quale gli utenti, entrando in contatto con i vettori, possono prenotare e, quindi, usufruire di una prestazione di trasporto che risponda alle loro necessità (potendo, infatti, scegliere i punti di partenza e destinazione, le caratteristiche del veicolo etc.). Per approfondimenti sulla natura e sulle tipologie dei servizi offerti da Uber si veda R. Lobianco, Servizi di mobilità a contenuto tecnologico nel settore di trasporto di persone con conducente: brevi riflessioni sulla natura giuridica del fenomeno Uber, in Resp. civ. prev., 2018, pp. 1046 ss.

[11] In questi termini si esprime R. Lobianco, Trasporto di persone, cit., p. 194.

[12] Trib. Milano 25 maggio 2015, dopo aver inquadrato i servizi prestati da Uber Pop come servizi di trasporto terzi dietro corrispettivo, ha accertato la concorrenza sleale posta in essere ex art. 2598 comma 3 c.c. da parte della piattaforma Uber Pop e degli autisti ad essa affiliati a causa dell’utilizzo dei mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale e della violazione di norme pubblicistiche. Per approfondimenti si veda O. Salvetti, Applicazione UBER POP, servizio pubblico di trasporto non di linea e concorrenza sleale per violazione di norme pubblicistiche, in Resp. civ., 14 marzo 2016. Dello stesso tenore anche Trib. Milano 9 luglio 2015, in Foro.it, con nota di B. Calabrese, Applicazione informatica di trasporto condiviso e concorrenza sleale per violazione di norme pubblicistiche, in Giur. comm., 2017, p. 202. Rileva l’Autore, in particolare, come Uber Pop «proprio per l’affermata natura di servizio integrato di trasporto comparabile al tradizionale servizio taxi, risulta prestato in assenza delle relative licenze imposte dalla legge; conseguentemente, l’offerta sul mercato di tale servizio integrato costituisce una diretta violazione delle relative norme pubblicistiche; da ultimo, tale attività imprenditoriale abusiva non può che generare, da un lato, indebito vantaggio a chi la esercita e, dall’altro lato, pregiudizio agli operatori regolari, dovendo pertanto essere inibita, nel pieno riscontro di fumus boni iuris e periculum in mora, quale atto di concorrenza sleale». Ad analoghe conclusioni è giunto anche Trib. Roma 7 aprile 2017 che ha disposto l’inibizione alle parti resistenti di porre in essere il servizio di trasporto pubblico non di linea con l’uso della app Uber Black e delle analoghe app Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van, qualificando come sleale l’attività da loro posta in essere in ragione del contrasto con le norme pubblicistiche da cui deriva loro una posizione di indebito vantaggio (non dovendo essi, rispetto al servizio taxi, soggiacere a tariffe predeterminate dalle autorità amministrative e, rispetto al servizio NCC, sottostare all’obbligo di rimessa nel Comune che ha concesso l’autorizzazione). Infine, anche Trib. Torino 24 marzo 2017 si è pronunciato sul tema, affermando che l’attività prestata da Uber costituisce un sistema misto, caratterizzato in parte dalla prestazione di trasporto pubblico non di linea e in parte dalla prestazione di servizi propri della società dell’informazione.

[13] Corte Giust., Grande sezione, 20 dicembre 2017, causa C-434/15. In particolare, la CGUE, era stata chiamata a pronunciarsi in merito all’esatta qualificazione del servizio offerto da Uber Pop, piattaforma elettronica che consentiva a chiunque fosse in possesso di una autovettura e della patente di guida di offrire un servizio di trasporto a pagamento, al fine di far accertare che le attività prestate dalla Uber Systems Spain costituissero concorrenza sleale. Per approfondimenti D. Tega, La Corte di giustizia qualifica i servizi offerti da Uber, federalismi.it, 31 gennaio 2018; E. Raffiotta, Trasporti pubblici non di linea e nuove tecnologie: il caso Uber nel diritto comparato, in Munus, 2016, p. 75; P. Manzini, Uber tra concorrenza e regolazione del mercato, in Dir. trasp., 2017, p. 79; A. Somma, Il caso Uber. Mercati amministrati e disciplina del trasporto pubblico non di linea, in E. Mostacci-A.Somma (a cura di) Il caso Uber – La sharing economy nel confronto tra common law e civil law, Egea, Milano, 2016, p. 228.

[14] V. Giomi, Vecchi e nuovi spazi legislativi per il servizio NCC dopo il vaglio della Consulta: un’occasione per riflettere, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2020, p. 633.

[15] Direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein).

[16] V. Giomi, Vecchi e nuovi spazi legislativi per il servizio NCC, cit., p. 633.

[17] La prima comparsa dello “sviluppo sostenibile” nell’ambito del diritto internazionale si ebbe con il rapporto Brundtland che lo definì come «uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri» (Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, Our common Future, 1987). Con la dichiarazione di Rio de Janeiro della Conferenza delle Nazioni Unite del 1992 lo sviluppo sostenibile è divenuto, poi, a tutti gli effetti il cardine del sistema internazionale di tutela dell’ambiente. Per approfondimenti sul principio dello sviluppo sostenibile si vedano C. Videtta, Lo sviluppo sostenibile. Dal diritto internazionale al diritto interno, in R. Ferrara-C.E. Gallo (a cura di), Trattato di diritto dell’ambiente. Le politiche ambientali, lo sviluppo sostenibile e il danno, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 221-269; F. Fracchia, Il principio dello sviluppo sostenibile, in G. Rossi (a cura di), Diritto dell’ambiente, Giappichelli, Torino, 2011, p. 425.

[18] Ley 16/1987 de Ordenaciòn de los Transportes Terrestres del 30 luglio 1987.

[19] Real Decreto 1211/1990 por el que se aprueba el Reglamento de la Ley de Ordenaciòn de los Transportes Terrestres del 28 settembre 1990.

[20] Orden FOM/36/2008 por la que se desarrolla la secciòn segunda del capìtulo IV del tìtulo V, en materia di arreindamiento de vehìculos con conductor, del Reglamento de la Ley de Ordenaciòn de los Transportes Terrestres, aprobado por Real Decreto 1211/1990, de 28 de septiembre, del 9 gennaio 2008.

[21] Reglamento de ordenaciòn de la actividad de transporte urbano discrecional de viajeros con conductor en vehìculos de hasta nueve plazas que circula ìintegramente en el àmbito del Area Metropolitana de Barcelona del Consejo Metropolitano del Area Metropolitana de Barcelona del 26 giugno 2018.

[22] Nello specifico, il giudice del rinvio sottolinea come entrambe le attività siano soggette al rilascio di autorizzazioni concesse in numero limitato. A differenza del servizio taxi, però, l’attività di NCC non è soggetta a tariffe predeterminate in via amministrativa, ma a un sistema di prezzi concordati. Inoltre, la Corte rileva che «a differenza dei taxi, i veicoli NCC non potrebbero utilizzare le corsie riservate agli autobus, non disporrebbero di fermate sulla via pubblica e non potrebbero prendere clienti direttamente sulla via pubblica ove la fornitura del servizio non sia stata previamente convenuta». Quanto all’impossibilità di utilizzo delle corsie riservate agli autobus da parte dei conducenti NCC a differenza degli esercenti servizio taxi, si segnala la sentenza della Corte Giust. del 14 gennaio 2015, causa C-518/13, che ha statuito come non sia qualificabile come aiuto di stato la previsione che autorizza i taxi londinesi a circolare sulle corsie riservate agli autobus, a differenza dei veicoli NCC, dal momento che ciò non implica un dispendio di risorse statali.

[23] In particolare, con riferimento alle eccezioni di irricevibilità sollevate dall’AMB, la Corte rileva sia come la decisione di rinvio contenga elementi sufficienti a comprendere il contesto di diritto e di fatto della controversia principale, sia come la circostanza che un organo giurisdizionale supremo nazionale si sia già pronunciato su una controversia analoga non rientra tra le ipotesi di irricevibilità delle questioni pregiudiziali. Infine, quanto all’asserita rilevanza solo nazio­na­le della questione, la Corte rileva come il ricorso della P&L si inserisce in un insieme di quindici ricorsi diretti all’annullamento del RVTC, uno dei quali proposto tramite piattaforme internazionali a dimostrazione che si tratta di disposizioni di diritto nazionale che si trovano applicazione anche con riguardo a cittadini di altri Stati membri dell’Unione.

[24] Sul tema degli aiuti di Stato si vedano, tra gli altri, C. Pinotti, Gli aiuti di Stato alle imprese nel diritto comunitario della concorrenza, Giuffrè, Padova, 2000, p. 744; M. Orlandi, La disciplina degli aiuti di Stato, in A. Tizzano (a cura di) Il diritto privato dell’Unione europea, Giappichelli, Torino, 2006, p. 1050; G. Luchena-S. Prisco (a cura di), Aiuti di Stato tra diritto e mercato, Aracne, Roma, 2007, p. 168; A. Pisapia, Aiuti di Stato: profili sostanziali e rimedi giurisdizionali, Cedam, Padova, 2010, p. 240; E.B. Liberati-M. De Focatiis-A. Travi, Gli aiuti di Stato, Cedam, Padova, 2021, p. 308.

[25] Rientrano nel concetto di aiuti di Stato sia le prestazioni positive, come le sovvenzioni, sia le differenti misure che in qualche modo conducano a un alleggerimento degli oneri che generalmente gravano sul bilancio di una impresa. Si veda, al proposito, Corte Giust., 14 gennaio 2015, Eventech, causa C-518/13, punto 33. Nello stesso senso, Corte Giust., 24 gennaio 2013, Frucona Kosice, causa C-73/11, punto 69; Corte Giust., 1 dicembre 1998, Ecotrade, causa C-200/97, punto 34.

[26] L. Daniele, Diritto del mercato unico europeo, Giuffrè, Milano, 2006, p. 253. In questo senso sono stati considerati come aiuti di Stato sia le misure integranti la concessione di una agevolazione fiscale soltanto a specifiche imprese (Corte Giust., 15 marzo 1994, Banco Exterior de Espana, causa C-387/92), sia l’intervento di fissazione di prezzi di favore per determinati beni pubblici (Corte Giust., 2 febbraio 1998, Van der Kooy, cause riunite 67,68,70/85).

[27] Non risultano, invece, vietati, gli interventi che siano diretti a favorire lo sviluppo generale delle imprese. Con riferimento alla selettività, E.B. Liberati-M. De Focatiis-A. Travi, op. cit. affermano come «secondo la Commissione per valutare l’esistenza di una «selettività materiale» (o «di fatto») occorre svolgere un giudizio articolato in tre fasi: a) individuare il sistema di riferimento; b) verificare se la misura costituisce una deroga a tale sistema; c) controllare, infine, se la deroga sia giustificata alla luce dei consueti parametri valutativi (sussistenza di un interesse generale; se la deroga sia proporzionata rispetto all’obiettivo; non vadano al di là di quanto necessario per conseguire lo scopo)». Per un’analisi più completa sulla selettività si veda L. Calzolari, La selettività degli aiuti di Stato e il principio di parità di trattamento delle imprese nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Dir. comm. internaz., 2015, pp. 481 ss.

[28] Tra le altre, Corte Giust., 11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska, causa C-933/19; Corte Giust., 19 dicembre 2019, Arriva Italia, causa C-385/18.

[29] Art. 49 par. 2 TFUE.

[30] Così Corte Giust., 7 settembre 2022, Cilevics, causa C-391/20. Dello stesso tenore anche Corte Giust., 22 gennaio 2015, Stanley International Betting e Stanleybet Malta, causa C-463/13.

[31] In tal senso A.R. Perticaro, Aiuti di Stato e libertà di stabilimento, in relazione al rilascio di licenze di NCC, in www.foroitaliano.it.

[32] Sulla possibilità di qualificare il servizio taxi come servizio pubblico, C. Iaione, La regolazione del trasporto pubblico locale. Bus e taxi alla fermata delle liberalizzazione, Jovene, Napoli, 2008, pp. 156 ss. Afferma, in particolare, come la caratteristica di servizio pubblico sia quella che consente di distinguere il servizio taxi da quello di autonoleggio con conducente. Invero «la veste pubblicistica [del servizio taxi] colora di sé gli aspetti fondamentali di questa attività di impresa e ne consente la regolazione penetrante delle modalità di svolgimento e del corrispettivo del servizio». Più di recente, anche R. Lobianco, Trasporto di persone, cit., p. 67 ss. pur rilevando l’assenza di unanimità di pensiero sul tema, ha ritenuto che solo con riguardo al servizio taxi, e non anche a quello di NCC, si possono individuare i requisiti proprio del servizio pubblico, i quali si rinvengono «nell’obbligatorietà del servizio (attesa la sua finalità sociale); nell’obbligo di offerta indifferenziata a chiunque ne faccia richiesta, anche al di fuori delle piazzole di sosta (universalità e imparzialità del servizio); nello stazionamento su piazza dei mezzi (ovvero in aree pubbliche, quali la pubblica via o spazi di sosta dedicati e segnalati) che devono essere ben visibili e riconoscibili (accessibilità del servizio) e, in taluni casi, nella circolazione in spazi riservati; nell’assoggettamento a un preciso regime tariffario determinato in via amministrativa, oltre che a uno specifico regime di autorizzazione per l’esercizio (licenze) e alla programmazione e controllo da parte dell’autorità pubblica». Deve, comunque, segnalarsi anche la sussistenza di una impostazione dottrinale assolutamente minoritaria che qualifica il servizio taxi non come servizio pubblico, ma come servizio privato contingentato (L. Martini, L’autotrasporto pubblico non di linea: il servizio taxi, in A. Brancasi, Liberalizzazione del trasporto terrestre e servizi pubblici economici, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 251 ss.). Anche Tar Toscana, Firenze, 31 maggio 2011, n. 964, aderendo alla concezione soggettiva di servizio pubblico per cui lo stesso deve essere originariamente riservato alla pubblica autorità, ha ritenuto che il servizio taxi non possa essere qualificato come servizio pubblico, ma al più quale attività di pubblico interesse. E, invero, in tale caso «ci si trova dinanzi ad un’attività di trasporto individuale di persone, imperniata sul rapporto negoziale che si instaura con il cliente, di stampo prettamente privatistico, ancorché assoggettata ad un regime fortemente regolamentato».

[33] Al proposito richiama, Corte Giust., 11 marzo 2010, Attanasio Group, causa C-384/08; Corte Giust., 24 marzo 2011, Commissione/Spagna, causa C-400/08.

[34] Corte Giust., 7 novembre 2018, Commissione/Ungheria, causa C-171/17; Corte Giust., 10 dicembre 1991, Merci convenzionali porto di Genova, causa C-179/90; Corte Giust., 18 giugno 1998, Corsica Ferries France, causa C-266/96; Corte Giust., 23 maggio 2000, Sydhavnens Sten & Grus, causa C-209/98; Corte Giust., 3 marzo 2011, G2R Prévoyance, causa C-437/09.

[35] Punti 77-78 della sentenza in commento.

[36] Corte Giust., 22 gennaio 2022, Canal Satélite Digital, causa C-390/99.

[37] Punto 97 della sentenza in commento.

[38] È del 1° agosto 2023 il comunicato stampa dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il quale è stato reso noto l’avvio di attività di verifica nel settore taxi mediante la ri­chiesta di informazioni alle società di radiotaxi e ai Comuni di Roma, Milano e Napoli. Nello specifico, la stessa ha affermato di voler «far luce sulle criticità che creano pesanti disservizi per l’utenza e sul sistema delle licenze “a numero chiuso”». In altri termini, «dal punto di vista della concorrenza, l’obiettivo è quello di far luce sul sistema delle licenze “a numero chiuso” che, in questo settore, ostacola il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali e il prodursi dei conseguenti benefici in termini di soddisfazione della domanda e di qualità del servizio» (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Comunicato stampa. Richieste di informazioni alle società radiotaxi e ai Comuni di Roma, Milano e Napoli. L’autorità intende far luce sulle criticità che creano pesanti disservizi per l’utenza e sul sistema delle licenze “a numero chiuso”, 1° agosto 2023, https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2023/8/Al-via-attivita-di-verifica-nel-settore-dei-taxi). Si segnala, inoltre, come riportato nel sito web dell’Associazione Nazionale Imprese Trasporto e Viaggiatori (A.N.I.Tra.V.) di cui è parte l’Associazione NCC, che nei mesi di luglio e agosto 2023 frequenti sono stati gli incontri tra gli esponenti dell’Associazione medesima e i rappresentanti del MIT e del Governo al fine di rappresentare le criticità della Legge quadro del 1992, tra le quali rientrano «l’irragionevolezza della pretesa di una sede operativa in ciascun Comune che abbia rilasciato l’autorizzazione NCC ad un singolo soggetto; […] Lo sblocco del rilascio di nuovi titoli autorizzativi e l’esigenza di adeguare i contingenti nelle grandi città; L’assurdità della limitazione territoriale per l’esercizio del noleggio con conducente […]». (https://anitrav.com/news/incontro-al-mit-del-20-luglio-2023---cosa-e--accaduto-oggi.htm).

[39] Al proposito si veda quanto già rilevato nell’ambito della nota n. 8.

[40] Si veda nota n. 2 per la distinzione tra licenze e autorizzazioni.

[41] Per l’ottenimento di tale autorizzazione, ai sensi della legge n. 21/1992, è richiesto il possesso di alcuni requisiti: disponibilità di almeno una rimessa nel territorio comunale della sede operativa del vettore (art. 3, comma 3); possesso di idoneo certificato di abilitazione professionale rilasciato dal Comune di riferimento; iscrizione nel ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea presso le Camere di Commercio delle Regioni (art. 6).

[42] R. Lobianco, Trasporto di persone, cit., p. 69. L’autore sottolinea, inoltre, come la fornitura del servizio di NCC non sia affatto obbligatoria, essendo lo stesso un servizio rivolto ai soli utenti che avanzano la richiesta della prestazione.

[43] Cons. Stato, V, 31 agosto 2021, n. 6124. In particolare, in tale occasione il Collegio ha precisato che «per attività economica privata liberalizzata si intende quell’attività che, in virtù di sopravvenuto intervento legislativo (l’uso del participio passato passivo “liberalizzata” sta proprio a voler intendere il passaggio da uno stato ad un altro), passi da un regime autorizzatorio, tale per cui possa essere esercitata solo previo conseguimento di titolo abilitativo rilasciato dalla pubblica amministrazione competente, ad essere attività libera […] e che «come costantemente affermato in giurisprudenza (da ultimo, cfr. Cons. Stato, II, 26 marzo 2021, n. 2569; V, 1 marzo 2021, n. 1703; V, 27 gennaio 2021, n. 816; V, 21 settembre 2020, n. 5481), l’attività di noleggio con conducente non è un’attività liberalizzata, ma soggetta ad autorizzazione (come, in generale, l’attività di servizio di trasporto pubblico non di linea, cfr. Cons. Stato, VI, 31 maggio 2017, n. 2626) per la necessità, propria di ogni caso di definizione legislativa dei soggetti abilitati a offrire talune tipologie di servizi, di configurazione di un determinato settore di attività economica, e, con specifico riguardo all’attività di N.C.C. per il fine di “assicurare l’effettiva destinazione ad un’utenza specifica e non indifferenziata e a evitare interferenze con il servizio taxi, con l’obiet­tivo di rafforzare (...) un assetto di mercato definito con norme in cui si esprime il bilanciamento tra libera iniziativa economica e gli altri interessi in gioco” (Corte cost., 26 febbraio 2020, n. 56)».

[44] L’art. 1 di tale Protocollo di intesa tra Ministero dei trasporti e alcune associazioni del settore taxi e noleggio con conducente del 2 febbraio 2018 statuisce che «Il servizio taxi e il servizio di noleggio con conducente (d’ora in avanti: NCC) di cui alla legge 21/1992 costituiscono servizi pubblici non di linea. Le licenze per l’esercizio del servizio taxi e le autorizzazioni per il servizio NCC sono contingentate».

[45] Corte Cost., 26 febbraio 2020, n. 56.

[46] Nello specifico, la ricorrente – Regione Calabria – ha invocato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di cui all’art. 10-bis, comma 1, lettere a), b), e), f), e commi 6, 7, 8 e 9 del d.l.14 dicembre 2018, n. 135, introdotte, in sede di conversione, dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12. Si tratta della riforma della l. quadro n. 21/1992.

[47] A differenza delle altre censure sollevate, infatti, in questo caso la Corte giunge a un esito negativo del test di adeguatezza e proporzionalità della disposizione. Nel dettaglio, essa ritiene che la previsione dell’obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio di NCC presso le rimesse «si risolve infatti in un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa “a vuoto” prima di iniziare un nuovo servizio. La prescrizione non è solo in sé irragionevole […] ma risulta anche sproporzionata rispetto all’obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata, in quanto travalica il limite della stretta necessità, considerato che tale obiettivo è comunque presidiato dall’obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello, previsto all’art. 3, comma 2, della legge n. 21 del 1992, di stazionamento dei mezzi all’interno delle rimesse (o dei pontili d’attracco)».

[48] Punto 5.6.2 della sentenza.

[49] Al proposito si ricorda, infatti, come ai sensi dell’art. 5 lett. d) della l. n. 21/1992 compete ai Comuni il compito di stabilire «i requisiti e le condizioni per il rilascio della licenza per l’esercizio del servizio di taxi e della autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente».

[50] In tal senso, A. Boitani-S. Colombo, Taxi, Ncc, Uber: scontro finale o alba di coesistenza?, in Mer. conc. reg., 2017, pp. 74 ss.

[51] A. Di Leo-R. Berloco, NCC e Taxi: dalla Corte di Giustizia uno stop chiaro al contingentamento delle licenze, in legal-team.it, 19 giugno 2023.

[52] Si veda retro, par. 2.

[53] Sul tema si veda C. Muraca, Tutela della concorrenza e sostenibilità ambientale: un dialogo difficile ma necessario, in questa Rivista, 2021, pp. 70-91.

[54] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni dell’11 dicembre 2019 – COM(2019) 640. L’obiettivo della neutralità climatica contenuto in tale Comunicazione è stato, poi, approvato dal Consiglio europeo il 12 dicembre 2019 – EUCO 29/19.

[55] Basti pensare, tra gli altri, all’Accordo di Parigi, trattato internazionale adottato, nell’ambito dell’ONU, da 196 Stati, a Parigi il 12 dicembre 2015 ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, il quale ha come obiettivo quello di contenere l’aumento della temperatura terrestre al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali; all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu; alla Legge europea sul clima (Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il Regolamento (CE) 2009/401 e il Regolamento (UE) 1999/2018); al Pacchetto “Pronti per il 55%” avente come obiettivo quello di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030.

[56] Tale dato è stato evidenziato dalla Strategia europea per una mobilità a basse emissioni COM 2016(501), che ha individuato proprio nel settore dei trasporti la prima causa di inquinamento atmosferico nell’ambito dei centri urbani. Più nel dettaglio, per quanto riguarda l’Italia, dall’analisi del Report – Annuario dei dati ambientali curato dall’ISPRA nel 2019 si evince come, al 2015, i trasporti contribuiscano nella quota del 25,2% nell’emissione di gas serra, con un aumento del 3,2% rispetto al 1990. Al proposito, viene anche messo in evidenza come la crescita di emissioni di CO2 nel settore dei trasporti è in controtendenza rispetto a tutti gli altri settori, nell’ambito dei quali, a partire dal 1990, si è potuta registrare una diminuzione delle stesse.

[57] In tal senso anche Corte Giust., 24 marzo 2011, Commissione/Spagna, causa C-400/08; Corte Giust., 11 marzo 2010, Attanasio Group, causa C-384/08.

[58] Così, C. Muraca, op.cit., p. 73.

[59] Per una ricostruzione del dibattito sul punto si veda V. Meli, Il public interest nel diritto della concorrenza UE, in Merc. conc. reg., 2020, p. 439 ss.

[60] Come precisato da R. Lobianco, I servizi di mobilità condivisa, parte I. Caratteristiche socio-economiche, in Dir. trasp., 2021, p. 28 l’espressione mobilità condivisa «comprende tutte quelle diverse modalità di trasporto attraverso le quali lo spostamento di persone da un luogo all’altro viene realizzato tramite l’impiego di mezzi non di proprietà del soggetto bensì per l’appunto in condivisione con altri individui», caratterizzandosi, quindi, per la scissione del binomio possibilità di spostamento-proprietà del veicolo.

[61] Decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 marzo 1998 «Mobilità sostenibile nelle aree urbane».

[62] C. Mullen, Governing a risky relationship between sustainability and smart mobility, in M. Fink-M. Lamping-V. Moscon-H. Richter, Smart urban mobility, Springer, Berlino, 2020, p. 31 sottolinea come «Yet as noted above there is some discussion about whether automation could increase or decrease transport energy and emissions, and this is tied up with the issue of car sharing or ride sharing. On one hand if people do give up private cars then there is the potential for reductions in emissions and energy use, however this still depends on the way in which ride sharing and car sharing is used. One concern is empty cars driving around waiting for passengers. A further concern is that ride sharing will simply make it easier to travel by car, so even though individual journeys become more efficient, the number of them increases. Added to this is the question of whether, or the extent to which, ride sharing attracts people away from private cars, or instead lures passengers from public transport or discourages walking and cycling. There is early empirical evidence emerging that ride sharing, even prior to any automation, is indeed leading to increased traffic».

[63] Si veda J.M. Barrios-Y.V. Hochberg-H.L. Yi, The cost of convenience: ridesharing and traffic fatalities, Becker Friedman Institute Working Paper, 2018, <https://bfi. uchicago.edu/wp-content/uploads/BFI-WP-2018-80.pdf.

[64] R. Ferrara, La tutela dell’ambiente e il principio di integrazione: tra mito e realtà, in Riv. giur. urb., 2021, p. 19; F. Fracchia, Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Ed. scientifica, Napoli, 2010, p. 325; M.C. Cavallaro, Il principio di integrazione come strumento di tutela dell’ambiente, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, pp. 467-483; L. Kramer, Manuale di diritto comunitario per l’ambiente, Giuffrè, Milano, 2002, p. 42.

[65] Si veda retro, par. 5.

[66] Con tale previsione, nello specifico, nelle more della piena operatività del registro previsto dall’art. 10-bis, comma 3, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 2019, n. 12, le amministrazioni comunali possono rilasciare «licenze aggiuntive per il servizio taxi per fronteggiare uno straordinario incremento della domanda legato a grandi eventi o a flussi di presenze turistiche superiori alla media stagionale» nonché incrementare il numero delle licenze fino al 20 per cento di quelle già rilasciate, tramite un concorso straordinario, utilizzando i proventi derivanti dal rilascio di tali licenze aggiuntive a compensazione dei soggetti già titolari di licenza. Nulla è, invece, stato previsto per il rilascio di autorizzazione NCC, bloccato fino alla piena operatività del registro richiamato.

[67] Si tratta del registro previsto dall’art. 10-bis, comma 3, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla l. 10 febbraio 2019, n. 12, reso operativo dal MIT il 2 marzo 2020 ma subito sospeso con comunicazione sul sito dello stesso Ministero in ragione dell’esi­genza di definire le specifiche tecniche del foglio di servizio elettronico contenute in un provvedimento congiunto, ancora non adottato, tra Mit e Ministero dell’Interno. (accessibile al link: https://
www.mit.gov.it/comunicazione/news/mit-sospesi-effetti-decreto-registro-taxi-e-
ncc#:~:text=%2C%
20previsto%20dall%E2%80%99articolo%2010%20bis%20comma%203%20del,ancora%20non%20adottato%2C%20tra%20Mit%20e%20Ministero%20dell%E2%80%99Interno).

[68] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Segnalazione al Parlamento e al Governo (AS1354), 10 marzo 2017.

[69] Si tratta di una piattaforma che ha lo scopo di facilitare l’incontro della domanda e dell’offerta in modo da favorire l’accesso al servizio taxi.

[70] R. Lobianco, Trasporto di persone, cit., p. 180. Il fenomeno non è altro che una applicazione dei principi della sharing economy al settore dei trasporti. Ne costituiscono esempi il carsharing, il bikesharing e il carpooling. Si segnala, inoltre, come il primo richiamo a livello normativo di tale fenomeno si ebbe con il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 marzo 1998 «Mobilità sostenibile nelle aree urbane» (c.d. Decreto Ronchi), nell’ambito del quale si incentivavano i Comuni, le associazioni e le imprese a organizzare servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture nonché a promuovere e sostenere forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone, dietro pagamento di una quota proporzionale al tempo d’uso ed ai chilometri percorsi.

[71] In tal senso, C. Iaione, Sharing economy e diritto dell’innovazione. Il caso della mobilità urbana, in Munus, 2019, p. 200.

[72] R. Lobianco, Trasporto di persone, cit., p. 211. Sul punto si veda anche R. Lobianco, Veicoli a guida autonoma e responsabilità civile: regime attuale e prospettive di riforma – I parte, in Resp. civ. prev., 2020, p. 724 ss. e R. Lobianco, Veicoli a guida autonoma e responsabilità civile: regime attuale e prospettive di riforma – II parte, in Resp. civ. prev., 2020, p. 1080 ss.

Fascicolo 2 - 2023