Massime
Nel diritto antitrust la definizione di mercato rilevante non è connotata in senso meramente geografico o spaziale ma è relativa anche e soprattutto all'ambito in cui l'illecito anticoncorrenziale ha capacità di incidere, quale esso sia; pertanto, nelle intese restrittive della concorrenza, in cui il mercato rilevante viene definito dopo l’individuazione dell’intesa, essa è correlata al contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo e può coincidere anche con una singola gara d’appalto.
Anche se la legge e il bando di gara consentono di costituire un’associazione temporanea tra imprese già singolarmente in possesso dei requisiti per partecipare alla gara (c.d. A.T.I. sovradimensionata), tale associazione può essere ritenuta illecita sotto il profilo antitrust in ragione della funzione collusiva da essa svolta in concreto, ciò in quanto i diritti riconosciuti dall’ordinamento non possono essere utilizzati in modo contrario alla finalità per cui sono attribuiti e l’eventuale finalità illecita che denoti un abuso del diritto di costituirsi in A.T.I. esclude la liceità della condotta astrattamente prevista.
1. Premessa - 2. La decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato: i connotati delle intese restrittive della concorrenza oltre il formalismo - 3. Il TAR Lazio sconfessa l'impostazione 'sostanzialistica' dell'Autorità - 4. La sentenza del Consiglio di Stato: l'A.T.I. sovradimensionata può costituire abuso del diritto - 5. Conclusioni - NOTE
Con la sentenza 4 novembre 2014, n. 5423, la VI Sezione del Consiglio di Stato torna sulla controversa questione dei limiti che lo strumento delle associazioni temporanee di imprese incontra alla luce della normativa antitrust e lo fa con riferimento ad una materia, quella delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, oggetto di specifica regolazione settoriale. Le considerazioni che seguono sono dirette innanzitutto a ricostruire la vicenda oggetto del giudizio e poi ad evidenziare contenuti, motivazioni ed implicazioni della scelta interpretativa operata dal Consiglio di Stato.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva sanzionato due imprese per l’affermata realizzazione di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, ai sensi dell’art. 2, lett. c), legge 10 ottobre 1990, n. 287, posta in essere attraverso la strumentale costituzione di una associazione temporanea di imprese (A.T.I.) per partecipare ad una gara indetta da alcuni comuni per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas ai sensi degli artt. 14, d.lgs. n. 164/2010 (attività di distribuzione) e 30, d.lgs. n. 163/2006 (concessione di servizi). L’Autorità aveva ritenuto esistente un accordo finalizzato alla spartizione territoriale del mercato che avrebbe consentito ai gestori uscenti di aggiudicarsi il servizio messo a gara alle condizioni minime previste dal bando attraverso un’A.T.I. tra imprese che già singolarmente possedevano i requisiti per partecipare alla gara. Secondo l’Autorità, l’utilizzo dell’A.T.I. c.d. sovradimensionata, sebbene in astratto lecito, nel caso di specie sarebbe stato volto al perseguimento di obiettivi anticoncorrenziali posto che l’aggregazione non avrebbe trovato alcuna giustificazione in termini di miglioramento della prestazione e neppure avrebbe risposto a necessità di efficientamento tecnico-industriale dell’attività delle imprese. Inoltre, per il contesto storico e regolamentare, vi erano diversi elementi per ritenere che l’A.T.I. mascherasse un’intesa restrittiva. In particolare, il combinato disposto degli artt. 46-bis, d.l. n. 159/2007 (convertito con legge n. 222/2007) e 15, comma 1, lett. a-bis), d.l. n. 135/2009 (convertito con legge n. 166/2009) prevedeva la determinazione di ambiti territoriali minimi per la distribuzione del gas (cc.dd. A.TE.M.), cui è stata data attuazione con l’entrata in vigore del d.m. 19 gennaio 2011 del Ministero dello Sviluppo Economico. Com’è noto, la distribuzione del gas costituisce attività regolata al fine di assicurare la maggior efficienza possibile nella gestione del servizio e la conseguente diminuzione delle tariffe. Tuttavia, data la drastica riduzione delle risorse economiche di provenienza statale e l’elevato livello di obsolescenza accumulato nel tempo dalle reti di distribuzione attualmente in uso, agli aspiranti gestori del servizio viene [continua ..]
Il TAR del Lazio, pronunciandosi sul ricorso proposto dalle imprese interessate, non ha condiviso le valutazioni dell’AGCM ed ha annullato il relativo provvedimento [1]. L’attenzione dei giudici di primo grado si è soffermata, in primo luogo, sulla determinazione del mercato rilevante, una questione cui la stessa Antitrust aveva dato poco rilievo presumibilmente nella convinzione che non si trattasse di un profilo in grado di dare luogo a contestazioni. L’AGCM, infatti, aveva ritenuto che il mercato rilevante coincidesse con il servizio oggetto di concessione, ossia la singola gara, perché, trattandosi di un servizio caratterizzato da condizioni di monopolio dal lato dell’offerta, l’unica forma di concorrenza possibile era quella “per il mercato” relativa alla partecipazione alle gare per l’affidamento delle concessioni. Al riguardo, costituisce ormai jus receptum [2] che, nella definizione del mercato rilevante in materia di intese restrittive della concorrenza, non assume rilievo né l’estensione geografica della porzione di territorio interessato né il numero di atti anticoncorrenziali posti in essere. Quindi, se una piccolissima parte del territorio nazionale può essere mercato rilevante (a patto che ivi si realizzi l’incontro fra domanda e offerta in condizioni di autonomia), allora anche la singola gara di appalto può costituire un mercato a sé stante essendo tale accertamento condizionato esclusivamente all’indagine in concreto delle caratteristiche del mercato oggetto della gara. Peraltro, il mercato rilevante rientra a pieno titolo nella categoria dei c.d. concetti giuridici indeterminati con tutto quel che segue riguardo ai limiti di sindacabilità in sede giurisdizionale di tale valutazione discrezionale. Com’è noto, all’esito di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, oggi è dato per acquisito che il sindacato del Giudice Amministrativo di fronte alle valutazioni di natura tecnica compiute dall’AGCM sia di tipo intrinseco, ossia compiuto con gli occhi “dell’esperto” (di qui la centralità dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio), ma pur sempre di sola legittimità e quindi non sostitutivo. Infatti, trattandosi di nozioni che lasciano residuare margini di opinabilità, il Giudice si vede [continua ..]
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha invece condiviso la valutazione dell’AGCM e riformato integralmente la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado hanno anzitutto ribadito che l’individuazione del mercato rilevante è una valutazione che spetta all’Autorità la quale può concentrare la sua attenzione anche sulla singola condotta anticoncorrenziale e quindi far coincidere il mercato rilevante con la singola gara in cui la condotta incide. Questo perché il concetto di mercato rilevante si riferisce al contesto potenzialmente inciso dall’illecito, al di là di connotazioni di tipo geografico o comunque spaziale, come invece ritenuto dal TAR. In particolare, nel caso di intese restrittive della concorrenza, la perimetrazione del mercato rilevante è data dall’ambito in cui si inserisce il comportamento anticoncorrenziale poiché è solo l’individuazione delle dimensioni e dell’oggetto dell’intesa che consente di delimitare il contesto in cui si è consumato l’illecito. Quindi ritenere errata la valutazione compiuta dall’Autorità sol perché la gara interessa una piccola parte del territorio nazionale significa invertire l’ordine logico delle valutazioni in quanto è il mercato rilevante ad essere individuato dall’accertamento del grado di offensività della condotta, e non il contrario. Pertanto, ben può il mercato rilevante coincidere con una gara quando è solo in tale contesto che la condotta collusiva produce i suoi effetti. Peraltro, nella fattispecie non deve essere sottovalutato il fatto che nell’ambito della distribuzione del gas naturale non sono previste gare di dimensione nazionale. Riguardo all’intesa restrittiva il Consiglio di Stato muove dalla considerazione che ciò che rileva non è la legittimità o meno in astratto della condotta, ma la finalità in concreto perseguita dagli operatori in quanto la costituzione di un’associazione temporanea, ove non necessaria ai fini partecipativi, ben può tradursi in un illecito anticoncorrenziale. Ciò in quanto i possibili risvolti illeciti della decisione di “unire le forze”, concorrendo come un unico soggetto per l’aggiudicazione della gara, costituiscono il rovescio di una medaglia, il cui dritto è invece una [continua ..]
La sentenza in commento aderisce ad una interpretazione sostanzialistica dell’illecito antitrust che, in verità, appare l’unica possibile se si vuole che sia garantita la repressione di tali illeciti considerato che il “diritto punitivo” non può arrestarsi di fronte al formalismo. Una interpretazione secondo la quale le condotte lesive della concorrenza ben possono essere compiute attraverso un abuso di facoltà e diritti riconosciuti dall’ordinamento perché la liceità in astratto di una figura negoziale, come l’A.T.I. sovradimensionata, non esclude che essa possa essere usata abusivamente qualora abbia in concreto una causa illecita. Ed è per questo che l’Antitrust è chiamata ad indagare sulla c.d. causa in concreto [20] del raggruppamento, posto che il contratto non presenta mai una causa unica – contrariamente a quanto accade per il tipo contrattuale – ma può avere tante cause (concrete) a seconda delle ragioni individuali per le quali è stato stipulato, a seconda cioè degli interessi individuali che attraverso quel contratto vengono perseguiti. Quindi un’A.T.I. sovradimensionata, non essendo funzionale all’ampliamento della platea dei competitori, non può che essere oggetto di una accurata indagine in punto di fatto che tenga conto delle connotazioni del mercato interessato e delle altre circostanze che dimostrino, in senso gravemente indiziante, la finalità anticoncorrenziale dell’accordo. Se in concreto il test di abusività del raggruppamento sarà condotto con il rigore suggerito nella sentenza in esame, da un lato, l’istituto dell’A.T.I. non ne soffrirà, dall’altro, sarà ridotto il rischio di A.T.I. collusive.