Rivista della Regolazione dei MercatiE-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Può la tecnologia regolare? Blockchain e 'scambio tra pari' di energia rinnovabile (di Tamara Favaro)


This paper aims to explore how emerging digital technologies, in the form of Block-chain, could affect market regulation, impacting the need of public intervention, with a special focus on the electricity market. In particular, peer to peer electricity trading through Blockchain will be analyzed to demonstrate that this technology does not necessarily embody a “Battle for Supremacy between the Code of Law and Code as Law” as supported by the prevailing literature. Indeed, smart contract could also represent an “entry point” for the regulator (e.g. by ensuring fairness and quick interventions in case of market distortion), thus becoming a new instrument of public and private granular and almost real time control of energy transactions. Starting from this assumption, it will be argued that Blockchain could also represent a new form of coordination between market and public policy.

    

SOMMARIO:

1. Winter Package e sviluppo tecnologico - 2. Empowerment del consumatore e nuove forme di capacitazione: lo 'scambio tra pari' di energia rinnovabile - 3. L'innovazione tecnologica come fonte di regolazione - 4. Blockchain: caratteristiche peculiari - 5. Smart Contracts e 9diritto dei privati' - 6. Una nuova Istituzione? - 7. Blockchain per il peer to peer trading di elettricità - 8. Un nuovo approccio al c.d. 'Energy Trilemma' - 9. Quali conseguenze per la regolazione del mercato energetico? - 10. Lo smart contract come entry point del regolatore - NOTE


1. Winter Package e sviluppo tecnologico

La recente approvazione del c.d. “Clean Energy Package” [1], meglio noto come “Winter Package” [2], introduce fondamentali innovazioni nella disciplina del mercato energetico, a partire dalle contrapposte esigenze che mira a soddisfare. Infatti, al necessario avanzamento del processo di liberalizzazione, avviato dai tre precedenti pacchetti legislativi [3], verso l’integrale completamento dell’Unione dell’energia [4], si associa ora un nuovo obiettivo, derivante dall’a­dempimento delle obbligazioni assunte con l’accordo di Parigi [5] e volto a coniugare le politiche energetiche a quelle per il clima per realizzare la transizione verso un’economia ad emissioni zero di carbonio. A ben vedere, il conseguimento di due finalità così divergenti è reso possibile dal comune fattore abilitante: ovvero, il progresso tecnologico. Lo sviluppo della tecnica non ha solo notoriamente avviato il processo di liberalizzazione [6], avendo consentito di scalfire il dogma dell’unicità della rete elettrica [7] permettendo di farla funzionare anche in presenza di una pluralità di operatori [8], ma ha anche permesso la produzione e l’autoconsumo su larga scala di energia da fonti rinnovabili. Ciò premesso, il progresso guida ora un’ulteriore trasformazione, comportando «nuove forme di partecipazione dei consumatori e cooperazione transfrontaliera» [9]. Lo sviluppo delle tecniche decentrate per la produzione e lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili si associa infatti all’evoluzione delle tecnologie digitali, che stanno radicalmente modificando il mercato elettrico [10], permettendo agli auto-consumatori di energia da fonti rinnovabili [11] anche di vendere l’elettricità autoprodotta e quindi di partecipare al mercato fornendo flessibilità al sistema, attraverso lo stoccaggio dell’energia (specialmente mediante l’utilizzo di veicoli elettrici) [12], la gestione attiva della domanda [13] e meccanismi di efficienza energetica [14]. Pertanto, nell’ottica di favorire una maggiore decentralizzazione del mercato energetico, atta a realizzare la decarbonizzazione anche attraverso la digitalizzazione [15], il nuovo pacchetto legislativo conferisce una centralità finora inusitata al [continua ..]


2. Empowerment del consumatore e nuove forme di capacitazione: lo 'scambio tra pari' di energia rinnovabile

Tra le varie novità introdotte dal c.d. Jumbo Package [27] è proprio lo «scambio tra pari» di energia che sembra assumere particolare rilevanza, nonostante allo stesso siano stati in realtà dedicati solo pochi e fugaci richiami. Stante l’estrema genericità del dettato normativo, un aiuto nella ricostruzione dell’i­sti­tuto può forse pervenire dall’analisi dei lavori preparatori. Se infatti nella versione originaria della direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica veniva riconosciuta ai clienti attivi la possibilità di «vendere energia elettrica autoprodotta in tutti i mercati organizzati» [28], e dunque sostanzialmente nelle c.d. “bor­se elettriche”  [29], tale riferimento è stato poi espunto dall’art. 15 della direttiva (UE) 2019/944 come definitivamente approvata, il che farebbe pensare ad una piena apertura delle forme di possibile negoziazione. Questa scelta è stata probabilmente dovuta alla volontà di aderire al parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo [30], che invitava a «sviluppare sedi e strutture di negoziazione decentrate che aprano possibilità di scambiare direttamente anche piccole unità di energia» [31], favorendo «forme decentrate di negoziazione, come le operazioni tra pari (peer to peer)» [32]. Nel pressoché totale silenzio della direttiva europea, sembrerebbe dunque che gli Stati membri – cui spetterà la concreta implementazione – siano tenuti a favorire gli «scambi tra pari» a livello decentrato, consentendo anche vendite tra privati off grid, e dunque ad esempio attraverso microgrids o addirittura mediante le stesse colonnine per la ricarica privata dei veicoli elettrici, connesse a sistemi di accumulo o all’impianto di microgenerazione residenziale. Quantomeno indirettamente, ciò impone in via preliminare una revisione ed integrazione della normativa nazionale afferente le reti elettriche private, peraltro già da tempo auspicata dall’AGCM [33], visto che la loro diffusione può determinare adeguati incentivi concorrenziali anche alla gestione delle reti pubbliche [34]. Ma, in una prospettiva più generale, può forse causare anche un ulteriore avanzamento del [continua ..]


3. L'innovazione tecnologica come fonte di regolazione

Ciò posto, si può forse leggere sotto una diversa prospettiva anche l’im­patto del progresso tecnologico sul mercato energetico, e dunque il suo rapporto rispetto alla regolazione. In altre parole, stante la riconosciuta capacità di innovare il sistema sotto il duplice fronte delle politiche energetiche e di quelle per il clima, tanto da imporre un nuovo e massiccio intervento normativo, la questione da porsi sembra la seguente: l’innovazione tecnologica, tradizionale oggetto o tuttalpiù strumento di regolazione, può, nel contesto attuale, ergersi essa stessa a soggetto di conformazione del mercato? Per rispondere a tale domanda, è anzitutto necessario chiarire il concetto di innovazione. Nella teoria economica, il termine è stato introdotto nel 1939 da Schumpeter [40], che l’ha definito come «l’imposizione di un cambiamento tecnico o organizzativo anche per via della sua invenzione». Da tale definizione sembrano allora potersi distinguere due diversi gradi di innovazione: «incrementale», che porta ad un avanzamento del processo di cambiamento, e «radicale», che origina una vera e propria rottura con l’esistente. Ebbene, i pur copiosi richiami all’innovazione contenuti in tutti gli atti legislativi che compongono il Winter Package sembrano far riferimento solo alla prima accezione. Il progresso tecnologico è sì in grado di incidere sull’assetto del mercato, favorendo una maggior partecipazione dei consumatori e incentivando la decarbonizzazione, ma rimane comunque strumento (e, quindi, anche oggetto) di regolazione. Le stesse tecnologie sono percepite quali semplici sviluppi in termini di digitalizzazione, tutto sommato inidonee ad innovare radicalmente la regolazione del mercato energetico. Richiamando una recente ricostruzione dottrinale [41], il rapporto tra innovazione tecnologica e regolazione che emerge dal Winter Package appare allora aderire ad un approccio ancora coerentista [42] o tuttalpiù normativo-stru­men­ta­li­sta [43], mentre non risulta mai trasparire l’idea che lo sviluppo tecnologico possa a sua volta sostituire la regolazione tradizionale, facendo venir meno la necessità dell’intervento pubblico. Come anticipato, è invece proprio questo che si vuol qui indagare, ovvero, la [continua ..]


4. Blockchain: caratteristiche peculiari

La Blockchain vede la sua prima teorizzazione in un paper di sole nove pagine pubblicato nel 2008 dallo pseudonimo Satoshi Nakamoto, intitolato «Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System» [46], ma in realtà trova le proprie origini ideologiche nel movimento c.d. “criptoanarchico” liberale che nel 1993 ha dato vita al «Manifesto Cyberpunk» [47]. L’idea sottesa alla Blockchain, che in via di prima approssimazione altro non è che un registro pubblico distribuito di cui tutti i nodi della rete possiedono una copia, è infatti quella di assicurare l’anonimato delle transazioni e forme di pagamento trustless all’interno delle reti telematiche, con il fine di svincolarsi – attraverso l’innovativa combinazione di tecnologie informatiche già esistenti, quali la crittografia, la proof of work [48] e le funzioni di hash [49] – dal controllo e dalla regolazione da parte delle autorità centralizzate [50]. Il suo presupposto è pertanto l’eliminazione del c.d. middleman, ovvero della necessità di intermediazione, a maggior ragione di quella pubblicistica o para-pub­blicistica [51], sebbene la medesima tecnologia in esame abbia in realtà dato vita alla nascita di nuovi intermediari, quali i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale, in un primo momento operanti in una sorta di “area grigia” della regolazione [52]. Inoltre, nella forma pubblica [53] rischia addirittura di sostituire la fiducia nelle istituzioni con quella negli sviluppatori di software [54], i quali sono spesso ignoti pseudonimi come del resto è tuttora lo stesso creatore iniziale della Blockchain. Ad ogni buon conto, la Blockchain è la tecnologia sottesa alla famosa criptovaluta Bitcoin: essa costituisce infatti un registro pubblico distribuito e condiviso [55], che contiene in modo irreversibile e incorruttibile tutte le singole transazioni, avvenute in ogni singola parte del mondo, della prima e più conosciuta valuta virtuale [56], la quale concorre con la moneta elettronica e avente corso legale secondo il modello di denazionalizzazione della moneta teorizzato da Friedrich [continua ..]


5. Smart Contracts e 9diritto dei privati'

Sulla base del modello originario sono quindi state create nuove Distributed Ledger Technologies (DLT), la più famosa delle quali è rappresentata da Ethereum [75]. In massima sintesi, si tratta di una piattaforma sviluppata per favorire un utilizzo esteso della tecnologia Blockchain, che non si limita alle mere registrazioni finanziarie di criptovalute [76] bensì permette l’uso di applicazioni decentralizzate (DApps) [77] e di eseguire software. In particolare, l’elaborazione e l’automatica esecuzione di rapporti di scambio avvengono attraverso i c.d. smart contracts [78], ovvero protocolli per computer che elaborano autonomamente le istruzioni programmate secondo regole di condizionalità (if this, then that). Va precisato che, nonostante il nome attribuito e sebbene anche il nostro ordinamento inizi a riconoscere allo smart contract natura contrattuale, i “contratti intelligenti” non costituiscono necessariamente contratti in senso tecnico [79], rappresentando semmai uno strumento per la negoziazione o l’adempi­mento automatico di accordi digitalmente espressi [80], potendo costituire anche contratti in senso giuridico laddove ne ricorrano le condizioni. Ad ogni modo, raggiunto il consenso distribuito tra i nodi della rete, la stessa DLT diventa “garante del contratto” ed esegue le condizioni predefinite nello smart contract, che viene salvato permanentemente ed immutabilmente all’interno della Blockchain, così diventando indipendente dal susseguente volere delle parti. Il contratto intelligente sembra allora costituire la più attuale concretizzazione dello «scambio senza accordo» [81], secondo una teoria formulata sul finire degli anni Novanta: ovvero, la viva manifestazione di un mercato che tende sempre più alla mera coincidenza di atti unilaterali, prescindendo dal dialogo tra le parti. Pare dunque rivelare la netta scissione del contractus dal consensus, potendo al massimo definirsi quale contratto “non consensuale”. Tuttavia, pur dovendo necessariamente rinviare ad altre sedi (e in particolare alla dottrina civilistica) per un approfondimento di tale dibattito, che tenga conto delle specificità sottese [continua ..]


6. Una nuova Istituzione?

Proprio alla luce di queste caratteristiche, la dottrina ad oggi prevalente tende ad associare la Blockchain (e più in generale le DLT) al concetto di Rule of Code [87], ovvero di regolazione per mezzo di algoritmi informatici, che si scontra necessariamente con la Rule of Law [88] in una «emergente battaglia per la supremazia» [89]. Infatti, se la Blockchain “originaria”, nata sotto lo spettro dell’utopia libertaria, viene percepita con scetticismo per via del suo legame con il Bitcoin, analogamente le DLT più evolute quali Ethereum vengono concepite quali sistemi volti a elaborare una modalità di regolamentazione privata “autosufficiente”, sottratta al controllo e alla tutela giuridica, in quanto gestita esclusivamente da macchine e algoritmi. Non a caso, i più recenti approdi dell’economia neo-istituzionale [90] vedono nella Blockchain un nuovo tipo di istituzione, una «Organizzazione Collaborativa Decentralizzata» [91] che compete con le istituzioni economiche del capitalismo. Essa rappresenterebbe dunque un complesso ecosistema, costituito da agenti autonomi che interagiscono tra loro secondo una serie di regole self-enforcing e che fanno affidamento sulla tecnologia Blockchain e sui contratti intelligenti quale fonte primaria di governance. Senza poter qui analizzare nello specifico gli approdi della cripto-economia istituzionale, la Blockchain viene dunque definita quale tecnologia di decentralizzazione, rappresentando un’organizzazione spontanea diversa dal Mercato ma avente tuttavia proprietà tipiche del Mercato stesso; al contempo, il suo ruolo è quello di favorire le transazioni, e non i meri scambi, in modo più efficiente rispetto alle gerarchie (essendo gli smart contracts self-executable) e ai tradizionali contratti, che richiedono l’esistenza di fiducia tra le parti [92]. A tal proposito, si è già avuto modo di evidenziare come l’idea sottesa alla creazione della Blockchain sia quella di dar vita ad un sistema cui poter confidare senza necessariamente fidarsi dei suoi componenti, sostituendo il concetto di “fiducia” con l’affidamento nei modelli matematici ed informatici che ne [continua ..]


7. Blockchain per il peer to peer trading di elettricità

Considerate le caratteristiche che connotano la Blockchain rispetto alle altre tecnologie, dovrebbero a questo punto risultare evidenti le sue potenzialità nel favorire il peer to peer trading di elettricità: essa si contraddistingue infatti per i bassi costi di transazione, per l’estrema trasparenza e per la natura pressoché real-time degli scambi, costituendo peraltro una piattaforma che travalica i confini nazionali. La partecipazione attiva dei consumatori può essere garantita dalla presenza di contratti intelligenti immutabili, trasparenti e a prova di manomissione, scambiati in una piattaforma che registra le transazioni, al contempo fornendo segnali di prezzo e informazioni sui costi energetici per gli utenti. In definitiva, il registro distribuito permette di incentivare allo stesso tempo il demand-response e una gestione intelligente ed efficiente dei consumi energetici, sostenendo la generazione e il consumo di energia locale. Dunque, se unito ai sistemi di smart-metering già presenti nel mercato, può consentire ai consumatori di percepire i segnali di prezzo in tempo reale [100] come richiesto dal Winter Package e di relazionarsi con i clienti attivi senza necessità di intermediari. Proprio per tali motivi, sono attualmente numerosi i case studies che mirano all’implementazione di piattaforme Blockchain allo scopo di permettere ai singoli di generare, vendere e acquistare energia tra pari [101]. Il progetto più famoso in tal senso è il c.d. «Brooklyn Microgrid» [102], ove la DLT [103] è stata utilizzata per lo scambio di energia rinnovabile tra vicini, dando vita a una “microgrid di comunità” decentralizzata che consente la vendita diretta di energia solare [104]. In particolare, gli utenti accedono alla Blockchain tramite app e specificano le proprie preferenze individuali in termini di prezzo sotto forma di disponibilità a pagare o vendere elettricità, così garantendo un’effettiva personalizzazione del­l’offerta e un prezzo che riflette la scarsità del bene. La DLT permette infatti di visualizzare i prezzi in tempo reale e cristallizza i termini del contratto, registrando in ordine cronologico le transazioni avvenute. Per [continua ..]


8. Un nuovo approccio al c.d. 'Energy Trilemma'

Giunti a questo punto, appare interessante verificare se lo «scambio tra pari» di energia rinnovabile mediante Blockchain si riveli quantomeno astrattamente idoneo a favorire il perseguimento dei fini sociali sottesi al c.d. Trilemma energetico. A tal proposito, si osservi che dal progetto Brooklyn Microgrid se ne sono diffusi molti altri, volti a promuovere i comportamenti desiderati nella comunità: la tecnologia diventa allora non solo mezzo di efficientamento delle transazioni, ma anche strumento di promozione sociale, gestito dall’ente locale. Particolarmente significativo in tal senso è il progetto sotteso alla creazione di NRGCoin, una criptovaluta che rappresenta una sorta di “incrocio” tra il Bitcoin e le monete locali [110], potendo più probabilmente rientrare nella definizione di «G-local currency» [111], la quale mira a favorire la produzione e soprattutto il consumo dell’elettricità rinnovabile a livello locale. Ancora, nel Regno Unito la citta di Hull ha creato una criptovaluta, HullCoin, e reinvestito tutti i profitti da essa derivanti nella propria politica sociale per ridurre la povertà nel territorio. Tale moneta viene utilizzata anche per promuovere l’integrazione sociale dei cittadini: i soggetti in condizioni di vulnerabilità o povertà energetica che svolgono attività di volontariato vengono pagati in HullCoins, che possono poi scambiare per pasti caldi presso la banca alimentare locale. Il mercato peer to peer favorisce inoltre iniziative bottom up, azioni solidali che partono dal singolo. È dunque lo stesso consumatore a poter diventare protagonista attivo di politiche sociali, ad esempio erogando gratuitamente l’e­lettricità autoprodotta (che, avendo costo marginale pari a zero, se non consumata o “immagazzinata” andrebbe comunque dispersa) a favore della comunità. Pertanto, non solo si attribuisce un nuovo valore ai luoghi, e quindi ai contesti locali incentivati dal Winter Package (e in particolare dalla direttiva (UE) 2019/944) [112], ma si perseguono anche finalità sociali, a partire da quelle sottese all’Energy Trilemma. Sempre con riferimento al problema della povertà energetica, il peer to peer trading tramite [continua ..]


9. Quali conseguenze per la regolazione del mercato energetico?

Giunti a questo punto, è necessario interrogarsi in merito al ruolo del regolatore “tradizionale” nel rinnovato contesto. A tal proposito, in dottrina si è già evidenziato come tali evoluzioni siano destinate a dar vita ad una progressiva “privatizzazione” del diritto dell’energia [124]. Che si aderisca o meno a questa tesi, appare comunque evidente che, qualora il progresso tecnologico imponga effettivamente tali cambiamenti, il mercato sempre più dinamico richiederà ai regolatori una maggiore specializzazione ed interdisciplinarietà, che li porti a tener conto non solo delle tipiche questioni di regolazione ex ante, ma anche delle considerazioni di diritto antitrust, di tutela della privacy, di protezione dei dati personali e più in generale di tutela del consumatore. A ben vedere, tuttavia, si apre un interrogativo ancora più interessante: considerando che il presupposto della regolazione è la presenza di market failures, nell’ipotesi (invero ancora remota) in cui questo sistema totalmente decentralizzato si dimostrasse in grado non solo di riequilibrare l’anomalo potere di mercato ma anche di correggere le esternalità rispetto a beni e interessi pubblici, ci sarebbe ancora spazio per il regolatore? Insomma, pur non ponendosi quale sistema necessariamente “in competizione” con quello tradizionale, se la Blockchain risultasse effettivamente in grado di ridurre i costi di transazione, di aumentare la trasparenza garantendo un sistema informativo integrato, di “capacitare l’utente” sotto il profilo cognitivo anche permettendone un ruolo attivo, al contempo favorendo buone pratiche sociali e ambientali quali la decarbonizzazione non con (distorsive) politiche di sussidio ma attraverso scambi peer to peer e prezzi dinamici, in quale misura potrebbe dirsi ancora giustificato l’intervento pubblico di regolazione del mercato? In realtà, è la stessa relazione introduttiva ad una delle direttive che compongono il Winter Package [125] a ricordarci come, nel nuovo assetto di mercato, «la graduale soppressione dei prezzi regolamentati a livello di Stato membro obbligherà le autorità nazionali di regolamentazione ad intensificare gli sforzi di controllo [126] dei mercati, assicurare una [continua ..]


10. Lo smart contract come entry point del regolatore

Non si vede dunque perché lo stesso smart contract non possa svincolarsi dagli ideali cripto-anarchici liberali da cui trae origine e diventare uno strumento di intervento pubblico volto alla liberalizzazione del mercato; da espressione del «diritto dei privati» trasformarsi in una nuova forma di manifestazione della regolazione tradizionale. Infatti, considerata la natura condizionale della regolazione [127], se non addirittura – aderendo al noto insegnamento Kelseniano – del sistema normativo nel suo complesso, dal momento che anche lo smart contract risponde alla logica condizionale “if this, then that”, parrebbe possibile immettervi tra le clausole una “condizione x” corrispondente a distorsioni del mercato previamente individuate (ad esempio, un prezzo maggiore rispetto ad una certa soglia) per cui, al verificarsi della condizione, verrebbe inviata real-time una segnalazione all’autorità, facente parte anch’essa della rete Blockchain. Figura 1. – Rappresentazione del modello proposto   I prezzi potrebbero allora effettivamente riflettere i picchi di energia in tempo reale, secondo il principio di scarsità e le logiche del mercato; al contempo, però, sarebbe possibile garantire un controllo pubblico capillare e pressoché istantaneo di tutte le singole transazioni compiute mediante Blockchain, di cui la stessa fornisce prova, così innovando significativamente il sistema attuale. Pertanto, se lo smart contract si rivela idoneo a tramutarsi da strumento tipicamente di diritto privato a “entry point” del regolatore, che “entra” nella Blockchain quale metafora del mercato, ad innovarsi è la stessa modalità di manifestazione dell’intervento pubblico, che incide sul mercato attraverso la tecnologia. Il necessario dinamismo che caratterizza il mercato tecnologicamente evoluto impone dunque non solo un rinnovamento degli strumenti a disposizione delle autorità, ma anche un ripensamento delle loro funzioni e del tradizionale confine tra regolazione ex ante e diritto antitrust. Considerato che, già in una prospettiva generale, nei mercati digitali i tipici strumenti di tutela antitrust non si rivelano poi così idonei a fronteggiare le nuove [continua ..]


NOTE