Rivista della Regolazione dei MercatiCC BY-NC-SA Commercial Licence E-ISSN 2284-2934
G. Giappichelli Editore

Può la tecnologia regolare? Blockchain e 'scambio tra pari' di energia rinnovabile (di Tamara Favaro)


This paper aims to explore how emerging digital technologies, in the form of Block-chain, could affect market regulation, impacting the need of public intervention, with a special focus on the electricity market. In particular, peer to peer electricity trading through Blockchain will be analyzed to demonstrate that this technology does not necessarily embody a “Battle for Supremacy between the Code of Law and Code as Law” as supported by the prevailing literature. Indeed, smart contract could also represent an “entry point” for the regulator (e.g. by ensuring fairness and quick interventions in case of market distortion), thus becoming a new instrument of public and private granular and almost real time control of energy transactions. Starting from this assumption, it will be argued that Blockchain could also represent a new form of coordination between market and public policy.

    

SOMMARIO:

1. Winter Package e sviluppo tecnologico - 2. Empowerment del consumatore e nuove forme di capacitazione: lo 'scambio tra pari' di energia rinnovabile - 3. L'innovazione tecnologica come fonte di regolazione - 4. Blockchain: caratteristiche peculiari - 5. Smart Contracts e 9diritto dei privati' - 6. Una nuova Istituzione? - 7. Blockchain per il peer to peer trading di elettricità - 8. Un nuovo approccio al c.d. 'Energy Trilemma' - 9. Quali conseguenze per la regolazione del mercato energetico? - 10. Lo smart contract come entry point del regolatore - NOTE


1. Winter Package e sviluppo tecnologico

La recente approvazione del c.d. “Clean Energy Package” [1], meglio noto come “Winter Package” [2], introduce fondamentali innovazioni nella disciplina del mercato energetico, a partire dalle contrapposte esigenze che mira a soddisfare. Infatti, al necessario avanzamento del processo di liberalizzazione, avviato dai tre precedenti pacchetti legislativi [3], verso l’integrale completamento dell’Unione dell’energia [4], si associa ora un nuovo obiettivo, derivante dall’a­dempimento delle obbligazioni assunte con l’accordo di Parigi [5] e volto a coniugare le politiche energetiche a quelle per il clima per realizzare la transizione verso un’economia ad emissioni zero di carbonio.

A ben vedere, il conseguimento di due finalità così divergenti è reso possibile dal comune fattore abilitante: ovvero, il progresso tecnologico. Lo sviluppo della tecnica non ha solo notoriamente avviato il processo di liberalizzazione [6], avendo consentito di scalfire il dogma dell’unicità della rete elettrica [7] permettendo di farla funzionare anche in presenza di una pluralità di operatori [8], ma ha anche permesso la produzione e l’autoconsumo su larga scala di energia da fonti rinnovabili.

Ciò premesso, il progresso guida ora un’ulteriore trasformazione, comportando «nuove forme di partecipazione dei consumatori e cooperazione transfrontaliera» [9]. Lo sviluppo delle tecniche decentrate per la produzione e lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili si associa infatti all’evoluzione delle tecnologie digitali, che stanno radicalmente modificando il mercato elettrico [10], permettendo agli auto-consumatori di energia da fonti rinnovabili [11] anche di vendere l’elettricità autoprodotta e quindi di partecipare al mercato fornendo flessibilità al sistema, attraverso lo stoccaggio dell’energia (specialmente mediante l’utilizzo di veicoli elettrici) [12], la gestione attiva della domanda [13] e meccanismi di efficienza energetica [14].

Pertanto, nell’ottica di favorire una maggiore decentralizzazione del mercato energetico, atta a realizzare la decarbonizzazione anche attraverso la digitalizzazione [15], il nuovo pacchetto legislativo conferisce una centralità finora inusitata al “prosumer” [16] (rectius: cliente attivo) [17] cui, per la prima volta, oltre alla cessione delle eccedenze alla rete [18] viene consentito lo «scambio tra pari» [19] di energia rinnovabile, reso possibile in particolar modo dall’utilizzo di sensori e dispositivi di smart metering [20], volti a garantire una reale “capacitazione dell’utente” dal lato attivo e passivo.

Merita soffermarsi a sottolineare come, nel modello di produzione accentrata dell’energia, al paradigma tecnologico veniva associata la concezione di “tecnica autoritaria”, ben esplicitatasi nell’idea delle «mega-macchine» sociali teorizzate da Mumford [21] o tuttalpiù nello “Stato Atomico” descritto da Robert Jungk [22], rappresentanti lo sfruttamento gerarchico e centralizzato a livello statale delle risorse energetiche [23]; adesso, invece, l’utilizzo di tecnologie rinnova­bili e applicazioni digitali induce ad una rivincita democratica dell’energia [24], riportando in auge le comunità locali [25] e attribuendo ai singoli cittadini un nuovo ruolo di controllo delle fonti: si afferma semmai l’Energiewende descritto da Krause [26], termine con cui (non a caso) viene indicata la transizione energetica in Germania.


2. Empowerment del consumatore e nuove forme di capacitazione: lo 'scambio tra pari' di energia rinnovabile

Tra le varie novità introdotte dal c.d. Jumbo Package [27] è proprio lo «scambio tra pari» di energia che sembra assumere particolare rilevanza, nonostante allo stesso siano stati in realtà dedicati solo pochi e fugaci richiami. Stante l’estrema genericità del dettato normativo, un aiuto nella ricostruzione dell’i­sti­tuto può forse pervenire dall’analisi dei lavori preparatori. Se infatti nella versione originaria della direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica veniva riconosciuta ai clienti attivi la possibilità di «vendere energia elettrica autoprodotta in tutti i mercati organizzati» [28], e dunque sostanzialmente nelle c.d. “bor­se elettriche”  [29], tale riferimento è stato poi espunto dall’art. 15 della direttiva (UE) 2019/944 come definitivamente approvata, il che farebbe pensare ad una piena apertura delle forme di possibile negoziazione. Questa scelta è stata probabilmente dovuta alla volontà di aderire al parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo [30], che invitava a «sviluppare sedi e strutture di negoziazione decentrate che aprano possibilità di scambiare direttamente anche piccole unità di energia» [31], favorendo «forme decentrate di negoziazione, come le operazioni tra pari (peer to peer)» [32].

Nel pressoché totale silenzio della direttiva europea, sembrerebbe dunque che gli Stati membri – cui spetterà la concreta implementazione – siano tenuti a favorire gli «scambi tra pari» a livello decentrato, consentendo anche vendite tra privati off grid, e dunque ad esempio attraverso microgrids o addirittura mediante le stesse colonnine per la ricarica privata dei veicoli elettrici, connesse a sistemi di accumulo o all’impianto di microgenerazione residenziale.

Quantomeno indirettamente, ciò impone in via preliminare una revisione ed integrazione della normativa nazionale afferente le reti elettriche private, peraltro già da tempo auspicata dall’AGCM [33], visto che la loro diffusione può determinare adeguati incentivi concorrenziali anche alla gestione delle reti pubbliche [34]. Ma, in una prospettiva più generale, può forse causare anche un ulteriore avanzamento del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, in quanto strumento apparentemente idoneo a favorire scambi effettivamente di mercato di energia da fonti rinnovabili, secondo i meccanismi di scarsity pricing [35] e gestione attiva della domanda, che riflettano il valore e il costo dell’e­nergia elettrica in base ai segnali del prezzo in tempo reale [36].

Difatti, già ad una prima analisi, il Winter Package appare affetto da una sorta di “bipolarismo”, in parte giustificato proprio da quella duplice (e, per certi versi, antitetica) finalità di cui si è già dato conto: alla promozione della liberalizzazione del mercato energetico, volta ad adattare lo stesso alle profonde trasformazioni dovute al progresso tecnologico, si contrappongono le perduranti esigenze di regolazione sottese al c.d. Energy Trilemma – e in particolare la necessità di garantire la sicurezza del sistema energetico a livello europeo, la riduzione delle emissioni inquinanti e la tutela dell’accesso al mercato elettrico –, le quali hanno progressivamente accentuato la pervasività dell’inter­vento pubblico, riducendo simmetricamente i margini entro cui le dinamiche di mercato possono liberamente dispiegarsi.

Da qui deriva allora quel «nuovo interventismo» [37] che traspare ad esempio dall’attuale formulazione dell’art. 5 della direttiva (UE) 2019/944, originariamente volto ad imporre prezzi di fornitura basati esclusivamente sul mercato ma che ha poi finito per introdurre un ampio regime derogatorio [38], consentendo il permanere dei c.d. prezzi amministrati [39] nei confronti dei clienti civili in condizioni di povertà energetica o vulnerabili.


3. L'innovazione tecnologica come fonte di regolazione

Ciò posto, si può forse leggere sotto una diversa prospettiva anche l’im­patto del progresso tecnologico sul mercato energetico, e dunque il suo rapporto rispetto alla regolazione. In altre parole, stante la riconosciuta capacità di innovare il sistema sotto il duplice fronte delle politiche energetiche e di quelle per il clima, tanto da imporre un nuovo e massiccio intervento normativo, la questione da porsi sembra la seguente: l’innovazione tecnologica, tradizionale oggetto o tuttalpiù strumento di regolazione, può, nel contesto attuale, ergersi essa stessa a soggetto di conformazione del mercato?

Per rispondere a tale domanda, è anzitutto necessario chiarire il concetto di innovazione. Nella teoria economica, il termine è stato introdotto nel 1939 da Schumpeter [40], che l’ha definito come «l’imposizione di un cambiamento tecnico o organizzativo anche per via della sua invenzione». Da tale definizione sembrano allora potersi distinguere due diversi gradi di innovazione: «incrementale», che porta ad un avanzamento del processo di cambiamento, e «radicale», che origina una vera e propria rottura con l’esistente.

Ebbene, i pur copiosi richiami all’innovazione contenuti in tutti gli atti legislativi che compongono il Winter Package sembrano far riferimento solo alla prima accezione. Il progresso tecnologico è sì in grado di incidere sull’assetto del mercato, favorendo una maggior partecipazione dei consumatori e incentivando la decarbonizzazione, ma rimane comunque strumento (e, quindi, anche oggetto) di regolazione. Le stesse tecnologie sono percepite quali semplici sviluppi in termini di digitalizzazione, tutto sommato inidonee ad innovare radicalmente la regolazione del mercato energetico.

Richiamando una recente ricostruzione dottrinale [41], il rapporto tra innovazione tecnologica e regolazione che emerge dal Winter Package appare allora aderire ad un approccio ancora coerentista [42] o tuttalpiù normativo-stru­men­ta­li­sta [43], mentre non risulta mai trasparire l’idea che lo sviluppo tecnologico possa a sua volta sostituire la regolazione tradizionale, facendo venir meno la necessità dell’intervento pubblico.

Come anticipato, è invece proprio questo che si vuol qui indagare, ovvero, la capacità delle tecnologie, in particolar modo di quelle emergenti, di divenire esse stesse fonte di regolazione degli scambi di energia rinnovabile, considerando nello specifico lo «scambio tra pari» di energia, che concretizza il nuovo potere degli utenti ma che non trova ancora un’adeguata disciplina normativa. A tal fine, si prenderà in esame la tecnologia Blockchain, non solo perché è attualmente al centro del dibattito dottrinale a causa della sua apparente capacità di imporsi quale sistema normativo autonomo, ma anche per la sua potenzialità, riconosciutale pure da una recente risoluzione del Parlamento europeo [44] nonché da una delibera dell’ARERA [45], di innovare significativamente il mercato dell’energia.


4. Blockchain: caratteristiche peculiari

La Blockchain vede la sua prima teorizzazione in un paper di sole nove pagine pubblicato nel 2008 dallo pseudonimo Satoshi Nakamoto, intitolato «Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System» [46], ma in realtà trova le proprie origini ideologiche nel movimento c.d. “criptoanarchico” liberale che nel 1993 ha dato vita al «Manifesto Cyberpunk» [47].

L’idea sottesa alla Blockchain, che in via di prima approssimazione altro non è che un registro pubblico distribuito di cui tutti i nodi della rete possiedono una copia, è infatti quella di assicurare l’anonimato delle transazioni e forme di pagamento trustless all’interno delle reti telematiche, con il fine di svincolarsi – attraverso l’innovativa combinazione di tecnologie informatiche già esistenti, quali la crittografia, la proof of work [48] e le funzioni di hash [49] – dal controllo e dalla regolazione da parte delle autorità centralizzate [50]. Il suo presupposto è pertanto l’eliminazione del c.d. middleman, ovvero della necessità di intermediazione, a maggior ragione di quella pubblicistica o para-pub­blicistica [51], sebbene la medesima tecnologia in esame abbia in realtà dato vita alla nascita di nuovi intermediari, quali i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale, in un primo momento operanti in una sorta di “area grigia” della regolazione [52]. Inoltre, nella forma pubblica [53] rischia addirittura di sostituire la fiducia nelle istituzioni con quella negli sviluppatori di software [54], i quali sono spesso ignoti pseudonimi come del resto è tuttora lo stesso creatore iniziale della Blockchain.

Ad ogni buon conto, la Blockchain è la tecnologia sottesa alla famosa criptovaluta Bitcoin: essa costituisce infatti un registro pubblico distribuito e condiviso [55], che contiene in modo irreversibile e incorruttibile tutte le singole transazioni, avvenute in ogni singola parte del mondo, della prima e più conosciuta valuta virtuale [56], la quale concorre con la moneta elettronica e avente corso legale secondo il modello di denazionalizzazione della moneta teorizzato da Friedrich Von Hajek [57]. In realtà la natura giuridica del Bitcoin è tuttora oggetto di dibattito, essendo ancora attuale la difficoltà di offrirne un omogeneo inquadramento dogmatico [58] prima ancora che normativo [59].

Blockchain letteralmente significa “catena di blocchi”, che vengono collegati tra loro per formare una “catena” sequenziale, marcata temporalmente. Ogni blocco, costituente le unità fondamentali, contiene delle informazioni facenti riferimento ad un numero determinato di transazioni. Rappresenta dunque una sorta di archivio, da cui è possibile ricostruire “di blocco in blocco” ogni singola transazione che ha interessato un determinato flusso di valore, in modo per certi versi analogo a ciò che avviene nel diritto civile con l’istituto della trascrizione. Una volta inserite nel registro, le transazioni diventano sostanzialmente immutabili, potendo venir modificate solo con l’approvazione della maggioranza dei nodi della rete, essendo condivise tra tutti i peer. Infatti, al fine di validare una transazione e dunque di aggiungere un blocco alla Blockchain viene utilizzato un meccanismo di consenso specifico [60], distribuito su tutti i nodi della rete, che sostituisce il classico concetto di “fiducia” caratterizzante il rapporto con le istituzioni e più in generale tra gli utenti [61].

È dunque un sistema basato sulla disintermediazione, vista non solo quale forma di democratizzazione ma anche di efficientamento dei mercati, in quanto all’eliminazione della figura dell’intermediario si associa l’abbattimento dei costi di transazione e l’implementazione della rapidità degli scambi. Caratteristica essenziale è pertanto la decentralizzazione delle funzioni amministrative e di supervisione, le quali vengono affidate agli utenti stessi, che monitorano ed autorizzano ogni singolo scambio, elaborando autonomamente le operazioni attraverso un meccanismo di consenso diffuso, dando vita ad una sorta di «controllo senza governo» [62].

Il consenso distribuito riguarda sia la fase di emissione del Bitcoin sia la validazione delle transazioni, secondo un modello relazionale che non è più triangolare bensì orizzontale, peer to peer [63]. Si tratta di un sistema a rete, ove ogni computer (e quindi ogni soggetto proprietario dello stesso) diventa un nodo, seguendo un meccanismo che replica il funzionamento di Internet: in fondo, il protocollo peer to peer è lo stesso posto alla base della condivisione di un semplice file [64].

Più nello specifico, la potenza computazionale dei pc facenti parte della rete viene utilizzata per risolvere dei complessi algoritmi e problemi matematici: ai c.d. miners [65], ovvero ai validatori delle transazioni, viene fornito un incentivo per la risoluzione di tale calcolo, consistente nell’emissione di nuovi Bitcoin a favore del computer (o, più verosimilmente, del pool di miners[66] che per primo riesce a risolvere il problema matematico. Altri nodi della rete verificano inoltre che la soluzione offerta non corrisponda ad una precedente transazione già avvenuta all’interno della catena di blocchi, per evitare il problema del c.d. double spending [67]. Ogni operazione viene validata attraverso un sistema a firma elettronica con crittografia asimmetrica, creato mediante una specifica funzione di hash utilizzata per racchiudere tutte le transazioni contenute in un blocco e sintetizzarle in una stringa di dati, unica e immutabile, che permette ai validatori di verificare l’effettiva proprietà e disponibilità della somma di Bitcoin che si intende scambiare con un altro soggetto della piattaforma. Inoltre, una copia della Blockchain viene detenuta da ogni computer che decida di scaricare il programma open source ad essa associato ed è dunque conservata, in maniera immutabile e difficilmente “hackerabile”, da tutti i nodi della rete.

Pertanto, la prima caratteristica fondamentale che connota la piattaforma Blockchain è la trasparenza delle transazioni che avvengono in essa. Infatti, come la precedente descrizione dovrebbe permettere di intuire, la Blockchain opera una virtuosa associazione tra pseudo-anonimato dei partecipanti alla rete e trasparenza delle transazioni.

Un’altra caratteristica, per certi versi conseguente, è quella rappresentata dall’elevata affidabilità e sostanziale immutabilità [68] dei dati in essa contenuti, i quali, in quanto creati o comunque inseriti all’interno di una rete distribuita, diventano difficilmente alterabili e corrompibili. Ciò risulta possibile coniugando i valori della trasparenza [69] e del consenso distribuito al meccanismo poc’anzi brevemente esposto: se è vero che ogni nodo della rete può esercitare una forma di controllo sulle informazioni conservate e scambiate all’interno della piattaforma, è anche vero che nessuno è in grado di modificare o corrompere autonomamente la rete, per cui eventuali cyber-attacchi posti in essere avverso uno dei blocchi della catena non saranno mai [70] effettivamente in grado di incidere sulla piena operatività degli altri blocchi della stessa. Da ciò discende a sua volta la garanzia della cyber-sicurezza, difatti a livello internazionale è ultimamente in corso un dibattito proprio in merito alle potenzialità offerte dalla Blockchain in tal senso [71].

Tutte queste caratteristiche hanno determinato il successo della Blockchain, sovente decantata quale “nuova rivoluzione” [72], al pari di quella avvenuta con Internet [73], e addirittura definita come «un progresso della società tanto fondamentale quanto la Magna Charta o la Stele di Rosetta» [74]. Al contempo, si è avvertita la necessità di adattare la Blockchain ai più svariati contesti applicativi, anche al fine di consentire per mezzo di essa lo scambio di valori diversi dalle criptovalute.


5. Smart Contracts e 9diritto dei privati'

Sulla base del modello originario sono quindi state create nuove Distributed Ledger Technologies (DLT), la più famosa delle quali è rappresentata da Ethereum [75]. In massima sintesi, si tratta di una piattaforma sviluppata per favorire un utilizzo esteso della tecnologia Blockchain, che non si limita alle mere registrazioni finanziarie di criptovalute [76] bensì permette l’uso di applicazioni decentralizzate (DApps[77] e di eseguire software.

In particolare, l’elaborazione e l’automatica esecuzione di rapporti di scambio avvengono attraverso i c.d. smart contracts [78], ovvero protocolli per computer che elaborano autonomamente le istruzioni programmate secondo regole di condizionalità (if this, then that).

Va precisato che, nonostante il nome attribuito e sebbene anche il nostro ordinamento inizi a riconoscere allo smart contract natura contrattuale, i “contratti intelligenti” non costituiscono necessariamente contratti in senso tecnico [79], rappresentando semmai uno strumento per la negoziazione o l’adempi­mento automatico di accordi digitalmente espressi [80], potendo costituire anche contratti in senso giuridico laddove ne ricorrano le condizioni. Ad ogni modo, raggiunto il consenso distribuito tra i nodi della rete, la stessa DLT diventa “garante del contratto” ed esegue le condizioni predefinite nello smart contract, che viene salvato permanentemente ed immutabilmente all’interno della Blockchain, così diventando indipendente dal susseguente volere delle parti.

Il contratto intelligente sembra allora costituire la più attuale concretizzazione dello «scambio senza accordo» [81], secondo una teoria formulata sul finire degli anni Novanta: ovvero, la viva manifestazione di un mercato che tende sempre più alla mera coincidenza di atti unilaterali, prescindendo dal dialogo tra le parti. Pare dunque rivelare la netta scissione del contractus dal consensus, potendo al massimo definirsi quale contratto “non consensuale”.

Tuttavia, pur dovendo necessariamente rinviare ad altre sedi (e in particolare alla dottrina civilistica) per un approfondimento di tale dibattito, che tenga conto delle specificità sottese agli smart contracts, sembrano in realtà ancora attuali le critiche mosse già a suo tempo nei confronti di tale teoria [82]. Infatti, al codice informatico viene semmai deferita l’esecuzione del contratto, mentre l’autonomia negoziale si manifesta ancor prima nella definizione delle condizioni che costituiscono l’accordo, imposte dall’uomo ed eseguite dalla macchina. Inoltre, proprio perché cristallizzate nella Blockchain, tali condizioni, quandanche non definite dalle parti, sono previamente conoscibili, così come non può escludersi in assoluto che «un qualche dialogo (…) può esservi anche negli scambi che consideriamo» [83]. In tal senso vale forse semmai l’opposto: essi possono garantire una nuova forma di “controllo” degli scambi da parte del privato, un potere di scelta ed autonomia che gli strumenti contrattuali attualmente disponibili non consentono. Pertanto, più in generale, permettendo la dis-intermediazione di tali scambi, gli smart contracts possono consentire (quantomeno astrattamente) una maggiore autonomia, un più effettivo potere di scelta.

Ad ogni modo, una volta combinati tra loro, gli smart contracts possono for­mare un sistema interconnesso di relazioni «technically enforced» [84], le quali definiscono collettivamente le regole di un’organizzazione, consentendo ai singoli individui di porre in essere transazioni su una base peer to peer, senza la necessità di intermediari. Gli smart contracts sembrano allora semmai rappresentare la più attuale concretizzazione del «diritto dei privati» descritto da Cesarini Sforza [85], in quanto «non emana dallo Stato, né immediatamente né mediatamente» [86].


6. Una nuova Istituzione?

Proprio alla luce di queste caratteristiche, la dottrina ad oggi prevalente tende ad associare la Blockchain (e più in generale le DLT) al concetto di Rule of Code [87], ovvero di regolazione per mezzo di algoritmi informatici, che si scontra necessariamente con la Rule of Law [88] in una «emergente battaglia per la supremazia» [89]. Infatti, se la Blockchain “originaria”, nata sotto lo spettro dell’utopia libertaria, viene percepita con scetticismo per via del suo legame con il Bitcoin, analogamente le DLT più evolute quali Ethereum vengono concepite quali sistemi volti a elaborare una modalità di regolamentazione privata “autosufficiente”, sottratta al controllo e alla tutela giuridica, in quanto gestita esclusivamente da macchine e algoritmi.

Non a caso, i più recenti approdi dell’economia neo-istituzionale [90] vedono nella Blockchain un nuovo tipo di istituzione, una «Organizzazione Collaborativa Decentralizzata» [91] che compete con le istituzioni economiche del capitalismo. Essa rappresenterebbe dunque un complesso ecosistema, costituito da agenti autonomi che interagiscono tra loro secondo una serie di regole self-enforcing e che fanno affidamento sulla tecnologia Blockchain e sui contratti intelligenti quale fonte primaria di governance.

Senza poter qui analizzare nello specifico gli approdi della cripto-economia istituzionale, la Blockchain viene dunque definita quale tecnologia di decentralizzazione, rappresentando un’organizzazione spontanea diversa dal Mercato ma avente tuttavia proprietà tipiche del Mercato stesso; al contempo, il suo ruolo è quello di favorire le transazioni, e non i meri scambi, in modo più efficiente rispetto alle gerarchie (essendo gli smart contracts self-executable) e ai tradizionali contratti, che richiedono l’esistenza di fiducia tra le parti [92].

A tal proposito, si è già avuto modo di evidenziare come l’idea sottesa alla creazione della Blockchain sia quella di dar vita ad un sistema cui poter confidare senza necessariamente fidarsi dei suoi componenti, sostituendo il concetto di “fiducia” con l’affidamento nei modelli matematici ed informatici che ne permettono il funzionamento. Si avvalorano le transazioni così come cristallizzate in maniera immodificabile nel registro distribuito, con soggetti di cui si ignora l’iden­tità, perciò rinunciando alle garanzie offerte da un’autorità centrale. Tuttavia, questo non significa che la Blockchain sia completamente «trustless», come spesso si suole affermare [93]: se ciò può essere vero sotto un profilo sociologico, da un punto di vista economico essa dà anzi vita ad una nuova forma di fiducia, definita come «trustless trust» [94], in quanto rappresenta essa stessa una sorta di «trust machine» [95], formando comunità ed organizzazioni laddove altrimenti non sarebbero esistite.

In dottrina [96] si è osservato che la legittimità dello Stato di diritto si fonda sulla sua capacità di fornire un’effettiva risposta al problema della cooperazione [97], per cui sostituire la fiducia nelle Istituzioni con la c.d. Algorithmic Trust (o trustless trust che dir si voglia) rischia di inficiare anche il funzionamento della Rule of Law: pure da qui deriva dunque la necessaria antitesi tra i due sistemi normativi.

Ciò posto, la presente analisi della possibile implementazione della tecnologia Blockchain nel mercato energetico, e più nello specifico nel contesto del peer to peer trading, mira a sostenere due ipotesi. La prima, più evidente, è quella di dimostrare che quanto ritenuto a livello generale dalla dottrina prevalente non trova sempre riscontro nella realtà: infatti, come già anticipato, anche il Parlamento europeo inizia a riconoscere nella Blockchain un innovativo strumento di regolazione, in grado di favorire la transizione energetica e «creare fiducia [nelle Istituzioni] attraverso la disintermediazione» [98]. Pertanto, se ben configurata, la Blockchain è del tutto idonea a superare la logica del conflitto rispetto al modello di governance tradizionale, potendo anzi rappresentare un innovativo mezzo di regolazione della transizione ener­getica: detto altrimenti, il Code può essere anche Tool of Law, ovvero strumento di intervento pubblico nella società che evolve e si fa sempre più complessa.

In secondo luogo, l’ipotesi – più su richiamata [99] – è quella di indagare se la Blockchain possa divenire essa stessa fonte di regolazione degli scambi di energia rinnovabile e, in caso di risposta affermativa, quale impatto abbia sulla regolazione pubblica del mercato energetico.


7. Blockchain per il peer to peer trading di elettricità

Considerate le caratteristiche che connotano la Blockchain rispetto alle altre tecnologie, dovrebbero a questo punto risultare evidenti le sue potenzialità nel favorire il peer to peer trading di elettricità: essa si contraddistingue infatti per i bassi costi di transazione, per l’estrema trasparenza e per la natura pressoché real-time degli scambi, costituendo peraltro una piattaforma che travalica i confini nazionali. La partecipazione attiva dei consumatori può essere garantita dalla presenza di contratti intelligenti immutabili, trasparenti e a prova di manomissione, scambiati in una piattaforma che registra le transazioni, al contempo fornendo segnali di prezzo e informazioni sui costi energetici per gli utenti.

In definitiva, il registro distribuito permette di incentivare allo stesso tempo il demand-response e una gestione intelligente ed efficiente dei consumi energetici, sostenendo la generazione e il consumo di energia locale. Dunque, se unito ai sistemi di smart-metering già presenti nel mercato, può consentire ai consumatori di percepire i segnali di prezzo in tempo reale [100] come richiesto dal Winter Package e di relazionarsi con i clienti attivi senza necessità di intermediari.

Proprio per tali motivi, sono attualmente numerosi i case studies che mirano all’implementazione di piattaforme Blockchain allo scopo di permettere ai singoli di generare, vendere e acquistare energia tra pari [101]. Il progetto più famoso in tal senso è il c.d. «Brooklyn Microgrid» [102], ove la DLT [103] è stata utilizzata per lo scambio di energia rinnovabile tra vicini, dando vita a una “microgrid di comunità” decentralizzata che consente la vendita diretta di energia solare [104].

In particolare, gli utenti accedono alla Blockchain tramite app e specificano le proprie preferenze individuali in termini di prezzo sotto forma di disponibilità a pagare o vendere elettricità, così garantendo un’effettiva personalizzazione del­l’offerta e un prezzo che riflette la scarsità del bene. La DLT permette infatti di visualizzare i prezzi in tempo reale e cristallizza i termini del contratto, registrando in ordine cronologico le transazioni avvenute. Per mezzo di tale sistema gli utenti possono dunque decidere anche da chi acquistare o vendere l’elet­tri­cità rinnovabile e basare la propria scelta su criteri diversi dal prezzo, che riflettono i loro valori ambientali o sociali. Già da tali aspetti emerge chiaramente il potenziale in termini di “capacitazione” del­l’u­tente, maggiore non solo rispetto a quanto garantito dall’attuale quadro normativo, ma anche in relazione ad altre tecnologie ICT attualmente esistenti, considerando pure quelle emergenti. In particolare, mentre l’AI e l’IoT si pongono quali «inevitabili e automatizzati intermediari» [105] così sostituendo l’attività umana, al contrario la Blockchain permette transazioni dis-inter­me­diate e peer to peer (quindi tra pari) tra i soggetti privati, rafforzando – anziché sminuire – la capacità di autodeterminazione del singolo, in quanto lo stesso viene dotato di strumenti cognitivi per operare le proprie scelte e ottenere una personalizzazione delle offerte [106]. In questo contesto allora, il «consumatore iper-connesso» [107] parrebbe svincolarsi da quel problema di «eccesso di intermediazione», totalmente automatica, rilevato da alcuna dottrina [108] con riferimento all’ICT. La totale automatizzazione infatti può riguardare semmai l’AI e l’IoT, potendo concernere solo indirettamente la DLT, che nasce proprio con il fine precipuo di consentire una maggiore autonomia al suo utilizzatore. Pertanto, anche il consumatore passivo può diventare prota­gonista attivo e consapevole della transizione energetica.

È proprio l’integrazione tra DLT e altre forme di tecnologie emergenti a promettere le maggiori innovazioni, rendendo possibili scambi che non necessitano nemmeno della rete per la trasmissione dell’elettricità. Si pensi al­l’e­sempio del cliente attivo che sia proprietario di un impianto fotovoltaico e di una colonnina per la ricarica privata di veicoli elettrici: lo stesso potrebbe co­ordinarsi (magari tramite DApp) con gli altri consumatori, scambiando elettricità rinnovabile autoprodotta attraverso la colonnina di ricarica e cristallizzando il contratto di fornitura (nella forma di smart contract) all’interno della Blockchain, così garantendo anche immutabilità, trasparenza e valore probatorio [109] allo stesso. Inoltre, in una prospettiva di reale diffusione delle auto elettriche a guida autonoma, tali contratti di fornitura potrebbero avvenire in maniera del tutto automatica grazie all’integrazione tra BlockchainAI e IoT, consentendo allo stesso veicolo di rifornire a sua volta altre auto elettriche (c.d. Vehicle to Vehicle), le infrastrutture (c.d. Vehicle to Infrastructure) e la rete (c.d. Vehicle to Grid).

Pertanto, per quanto concerne i presupposti della regolazione economica, con l’adozione di un sistema siffatto potrebbe forse conseguirsi una maggiore apertura ed efficienza del mercato, che favorisce l’incontro tra domanda e offerta e la riduzione delle asimmetrie informative.


8. Un nuovo approccio al c.d. 'Energy Trilemma'

Giunti a questo punto, appare interessante verificare se lo «scambio tra pari» di energia rinnovabile mediante Blockchain si riveli quantomeno astrattamente idoneo a favorire il perseguimento dei fini sociali sottesi al c.d. Trilemma energetico.

A tal proposito, si osservi che dal progetto Brooklyn Microgrid se ne sono diffusi molti altri, volti a promuovere i comportamenti desiderati nella comunità: la tecnologia diventa allora non solo mezzo di efficientamento delle transazioni, ma anche strumento di promozione sociale, gestito dall’ente locale. Particolarmente significativo in tal senso è il progetto sotteso alla creazione di NRGCoin, una criptovaluta che rappresenta una sorta di “incrocio” tra il Bitcoin e le monete locali [110], potendo più probabilmente rientrare nella definizione di «G-local currency» [111], la quale mira a favorire la produzione e soprattutto il consumo dell’elettricità rinnovabile a livello locale. Ancora, nel Regno Unito la citta di Hull ha creato una criptovaluta, HullCoin, e reinvestito tutti i profitti da essa derivanti nella propria politica sociale per ridurre la povertà nel territorio. Tale moneta viene utilizzata anche per promuovere l’integrazione sociale dei cittadini: i soggetti in condizioni di vulnerabilità o povertà energetica che svolgono attività di volontariato vengono pagati in HullCoins, che possono poi scambiare per pasti caldi presso la banca alimentare locale.

Il mercato peer to peer favorisce inoltre iniziative bottom up, azioni solidali che partono dal singolo. È dunque lo stesso consumatore a poter diventare protagonista attivo di politiche sociali, ad esempio erogando gratuitamente l’e­lettricità autoprodotta (che, avendo costo marginale pari a zero, se non consumata o “immagazzinata” andrebbe comunque dispersa) a favore della comunità. Pertanto, non solo si attribuisce un nuovo valore ai luoghi, e quindi ai contesti locali incentivati dal Winter Package (e in particolare dalla direttiva (UE) 2019/944) [112], ma si perseguono anche finalità sociali, a partire da quelle sottese all’Energy Trilemma.

Sempre con riferimento al problema della povertà energetica, il peer to peer trading tramite piattaforma Blockchain integrata ad una microgrid può forse rappresentare una forma di empowerment del consumatore e di sviluppo economico per il territorio anche nelle aree rurali del terzo mondo [113], ove l’e­nergia solare non costituisce certo una risorsa scarsa: le famiglie potrebbero infatti negoziare direttamente con i fornitori di energia e accedere all’elettricità in base al principio del pay-as-you-go, pagando per mezzo di cellulari anche su grandi distanze. Ma, in maniera ancora più significativa, potrebbero anche rendersi essi stessi produttori di energia, qualora dotati di un sistema per la microgenerazione di energia [114].

Analogamente, con riferimento ai profili attinenti alla sicurezza degli approvvigionamenti, non può escludersi che la DLT, favorendo scambi effettivamente di mercato di elettricità derivante da fonti rinnovabili, possa consentire finalmente il superamento dei meccanismi di remunerazione della capacità [115] tanto auspicato a livello europeo [116], così escludendo questa forma così invasiva di intervento pubblico nel mercato liberalizzato.

Ma è soprattutto con riferimento al terzo profilo dell’Energy Trilemma che l’utilizzo della Blockchain dimostra maggiori potenzialità: ovvero, nella prospettiva della decarbonizzazione. In primo luogo, si può osservare come la riconosciuta possibilità di scambiare tra pari l’energia autoprodotta offra indirettamente un nuovo incentivo alla microgenerazione di energia pulita, basato effettivamente su «criteri di mercato» [117] e non sull’erogazione di sussidi pubblici alla micro-produzione.

Appare ancor più significativo mettere a confronto con le possibilità potenzialmente offerte dallo sviluppo della tecnologia Blockchain gli attuali strumenti di regolazione predisposti dal legislatore al fine di favorire la sostenibilità ambientale, specie in quell’ottica di sempre maggiore integrazione tra politiche contigue resa evidente dal “Quadro per il clima e l’energia 2030”, che fissa tre obiettivi principali da conseguire entro l’anno indicato: la riduzione pari ad almeno il 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990) [118], il miglioramento dell’efficienza energetica almeno del 27%, laddove il 27% del consumo energetico dovrà essere soddisfatto da fonti rinnovabili.

Come noto, tutti e tre gli obiettivi vengono tendenzialmente perseguiti mediante la creazione ex lege di appositi mercati, ove circolano titoli astratti creati ad hoc, e quindi di fatto nuovi beni giuridici. Si pensi ad esempio all’European Emission Trading Scheme (EU ETS) ovvero al mercato europeo delle emissioni in ordine al quale è recentemente intervenuta la direttiva (UE) 2018/410 da coordinarsi con l’ancor più recente Effort Sharing Regulation [119], che stabilisce obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni da parte degli Stati membri per il periodo 2021-2030 con riferimento ai settori che non rientrano nel Sistema europeo di scambio delle quote di emissione [120].

Senza poter analizzare nel dettaglio i termini della questione, è evidente che il commercio delle emissioni, per quanto abbia dato vita ad un «capitolo del nuovo diritto dell’energia» [121] rispetto al precedente modello di regolazione command and control, è tuttavia tale per cui «il momento regolatorio assume [ancora] un rilievo decisamente preponderante» [122]. Vi è infatti un consistente intervento normativo, che consta nella definizione e rigida disciplina dello svolgimento dell’attività di scambio, la quale non a caso è stata significativamente definita come «disciplina pubblicistica o amministrativa del particolare segmento di commercio», considerato che mira a regolare il funzionamento di un mercato appositamente creato. Il sistema degli scambi non solo è organizzato e disciplinato dal diritto, ma ha origine in una fonte normativa e non fattuale: è dunque un mercato fittizio, creato a livello legislativo e non certo dal libero dispiegarsi delle forze economiche. In tale contesto, la regolazione non concerne solo la creazione del mercato, ma anche il suo funzionamento e controllo.

Come può allora intervenire la tecnologia Blockchain? La più volte richiamata Risoluzione del Parlamento europeo ha evidenziato che la DLT «migliora le comunicazioni in materia di energia e consente una precisa tracciatura dei certificati relativi all’energia rinnovabile o alle emissioni di carbonio», potendo anche creare «alternative ai programmi di investimenti sulle energie rinnovabili sponsorizzati dallo Stato». Tuttavia, è probabilmente possibile un’in­novazione ancora più dirompente rispetto a quella prospettata dal Parlamento europeo: infatti, alla luce delle caratteristiche più sopra descritte, la DLT appare di per sé idonea a tracciare in maniera automatica tutti i singoli “passaggi” dell’elettricità, dalla generazione da fonte rinnovabile allo scambio e consumo, così favorendo un controllo della provenienza dell’elettricità che sia maggiormente effettivo e diretto anche nei confronti del consumatore finale.

Probabilmente la Blockchain, integrata ad altre tecnologie (quali ad esempio lo smart metering) potrebbe addirittura sostituire in toto gli attuali sistemi di certificazione, permettendo al mercato, nel momento in cui avviene la transazione di energia elettrica, di quantificare e qualificare la provenienza dell’e­let­tricità scambiata, nonché l’eventuale connessa emissione di CO2, fornendo informazioni più precise e reali anche rispetto alle garanzie di origine. Que­st’ultime infatti, sebbene siano introdotte dalla Direttiva 2009/28/CE con la fun­zione unicamente di «provare al cliente finale che una determinata quota o quantità di energia è stata prodotta da fonti energetiche rinnovabili», in realtà manifestano di «non aver molto valore, in quanto mostrano solamente la media annuale di energia rinnovabile» [123].


9. Quali conseguenze per la regolazione del mercato energetico?

Giunti a questo punto, è necessario interrogarsi in merito al ruolo del regolatore “tradizionale” nel rinnovato contesto. A tal proposito, in dottrina si è già evidenziato come tali evoluzioni siano destinate a dar vita ad una progressiva “privatizzazione” del diritto dell’energia [124]. Che si aderisca o meno a questa tesi, appare comunque evidente che, qualora il progresso tecnologico imponga effettivamente tali cambiamenti, il mercato sempre più dinamico richiederà ai regolatori una maggiore specializzazione ed interdisciplinarietà, che li porti a tener conto non solo delle tipiche questioni di regolazione ex ante, ma anche delle considerazioni di diritto antitrust, di tutela della privacy, di protezione dei dati personali e più in generale di tutela del consumatore.

A ben vedere, tuttavia, si apre un interrogativo ancora più interessante: considerando che il presupposto della regolazione è la presenza di market failures, nell’ipotesi (invero ancora remota) in cui questo sistema totalmente decentralizzato si dimostrasse in grado non solo di riequilibrare l’anomalo potere di mercato ma anche di correggere le esternalità rispetto a beni e interessi pubblici, ci sarebbe ancora spazio per il regolatore? Insomma, pur non ponendosi quale sistema necessariamente “in competizione” con quello tradizionale, se la Blockchain risultasse effettivamente in grado di ridurre i costi di transazione, di aumentare la trasparenza garantendo un sistema informativo integrato, di “capacitare l’utente” sotto il profilo cognitivo anche permettendone un ruolo attivo, al contempo favorendo buone pratiche sociali e ambientali quali la decarbonizzazione non con (distorsive) politiche di sussidio ma attraverso scambi peer to peer e prezzi dinamici, in quale misura potrebbe dirsi ancora giustificato l’intervento pubblico di regolazione del mercato?

In realtà, è la stessa relazione introduttiva ad una delle direttive che compongono il Winter Package [125] a ricordarci come, nel nuovo assetto di mercato, «la graduale soppressione dei prezzi regolamentati a livello di Stato membro obbligherà le autorità nazionali di regolamentazione ad intensificare gli sforzi di controllo [126] dei mercati, assicurare una concorrenza efficiente e garantire la protezione dei consumatori»: le autorità dunque sono destinate a mantenere un ruolo fondamentale.

In particolare, se è vero che, perlomeno in prospettiva, i prezzi non devono essere condizionati dall’intervento pubblico, vengono fatte salve «eccezioni debitamente giustificate»: si pensi anche solo alla necessaria tutela del cliente vulnerabile e alle situazioni di povertà energetica, che rischiano di venir esacerbate in un contesto di scambi peer to peer sempre più decentrati e dominati dal diritto privato, ove peraltro i clienti attivi, sottratti agli obblighi di servizio pubblico imposti invece alle imprese elettriche, potrebbero godere quantomeno di un uneven playing field.

In un regime di graduale soppressione dei prezzi regolamentati, la Blockchain può forse favorire non solo i meccanismi del mercato, ma anche più efficaci poteri di controllo e di intervento delle autorità competenti, al fine di garantire un accesso equo ai “nuovi servizi”, un monitoraggio capillare e pressoché in tempo reale delle singole transazioni e un rapido intervento pubblico in caso di market distortion. Si è infatti già evidenziato che le caratteristiche della Blockchain e il funzionamento degli smart contracts sono tali da facilitare un maggior potere di controllo degli scambi da parte dei soggetti privati: perché allora non riconoscere questa nuova possibilità anche al soggetto pub­blico?


10. Lo smart contract come entry point del regolatore

Non si vede dunque perché lo stesso smart contract non possa svincolarsi dagli ideali cripto-anarchici liberali da cui trae origine e diventare uno strumento di intervento pubblico volto alla liberalizzazione del mercato; da espressione del «diritto dei privati» trasformarsi in una nuova forma di manifestazione della regolazione tradizionale.

Infatti, considerata la natura condizionale della regolazione [127], se non addirittura – aderendo al noto insegnamento Kelseniano – del sistema normativo nel suo complesso, dal momento che anche lo smart contract risponde alla logica condizionale “if this, then that”, parrebbe possibile immettervi tra le clausole una “condizione x” corrispondente a distorsioni del mercato previamente individuate (ad esempio, un prezzo maggiore rispetto ad una certa soglia) per cui, al verificarsi della condizione, verrebbe inviata real-time una segnalazione all’autorità, facente parte anch’essa della rete Blockchain.

Figura 1. – Rappresentazione del modello proposto

 

I prezzi potrebbero allora effettivamente riflettere i picchi di energia in tempo reale, secondo il principio di scarsità e le logiche del mercato; al contempo, però, sarebbe possibile garantire un controllo pubblico capillare e pressoché istantaneo di tutte le singole transazioni compiute mediante Blockchain, di cui la stessa fornisce prova, così innovando significativamente il sistema attuale. Pertanto, se lo smart contract si rivela idoneo a tramutarsi da strumento tipicamente di diritto privato a “entry point” del regolatore, che “entra” nella Blockchain quale metafora del mercato, ad innovarsi è la stessa modalità di manifestazione dell’intervento pubblico, che incide sul mercato attraverso la tecnologia.

Il necessario dinamismo che caratterizza il mercato tecnologicamente evoluto impone dunque non solo un rinnovamento degli strumenti a disposizione delle autorità, ma anche un ripensamento delle loro funzioni e del tradizionale confine tra regolazione ex ante e diritto antitrust. Considerato che, già in una prospettiva generale, nei mercati digitali i tipici strumenti di tutela antitrust non si rivelano poi così idonei a fronteggiare le nuove sfide poste dalla Digital Economy, tanto che «i confini, che si volevano netti, tra regolazione e concorrenza, sono evaporati» [128], non è ben chiaro se nell’esempio specifico appena richiamato la segnalazione andrebbe operata nei confronti dell’ARERA [129] o dell’AGCM. Più in generale, andrebbe meglio chiarita la concreta delimitazione dei poteri attribuiti alle due Autorità, considerando che la stessa attività di controllo ex post, avvenendo pres­soché in tempo reale ed in maniera diffusa e capillare, diverrebbe in concreto difficilmente distinguibile dall’attività di conformazione del mercato.

Tutto ciò senza contare che se lo smart contract, nella sua naturale accezione di strumento privatistico, permettesse effettivamente una totale privatizzazione delle relazioni, rendendo del tutto superfluo l’intervento di conformazione del mercato, verrebbe anche meno la necessità della stessa regolazione condizionale, permanendo semmai unicamente la funziona finalistica, che connota tipicamente l’intervento pubblico nell’economia. In buona sostanza, anche il rapporto tra regolazione dei mercati e diritto pubblico dell’economia verrebbe del tutto rimodulato con una maggiore valorizzazione del secondo, mentre la prima tenderebbe a scomparire.

Per concludere, la Blockchain pare dunque idonea a porsi non solo quale Istituzione, ma anche quale innovativo strumento di governance “tradizionale”; al contempo, proprio per la sua attitudine istituzionale, è astrattamente capace di fissare un nuovo punto di incontro tra Stato e Mercato, una nuova forma di coordinamento tra autorità e libertà.

Quanto fin qui illustrato dovrebbe quindi permettere di smentire quella tesi, sostenuta anche recentemente da autorevole dottrina [130], che richiama proprio l’utilizzo della Blockchain nel contesto del peer to peer trading quale esempio di un rapporto necessariamente conflittuale tra Rule of Code e Rule of Law, potendo al contrario la DLT innovare il diritto stesso.

Nell’epoca attuale, attraversata dalla crisi delle fonti (se non addirittura del Diritto) e caratterizzata dalla «postmodernità» [131], lo smart contract può allora divenire esso stesso strumento di recupero della modernità [132]: se le condizioni immesse nello smart contract sono conformi al diritto positivo, il codice informatico, che si auto-esegue automaticamente senza essere sottoposto alla discrezionalità creatrice tipica del sindacato giurisdizionale, può forse contribuire anche alla funzione di ripristino della certezza del diritto.


NOTE

[1] Più precisamente, si tratta del pacchetto legislativo “Clean Energy for All Europeans”, presentato il 30 novembre 2016. Esso è infatti composto da otto testi normativi: direttiva (UE) 2018/844 del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica; direttiva (UE) 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili; direttiva (UE) 2018/2002 dell’11 dicembre 2018, che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica; regolamento (UE) 2018/1999 dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione del­l’ener­gia e dell’azione per il clima, che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio; regolamento (UE) 2019/941 del 5 giugno 2019 sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE; regolamento (UE) 2019/942 del 5 giugno 2019 che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia; regolamento (UE) 2019/943 del 5 giugno 2019 sul mercato interno dell’energia elettrica; direttiva (UE) 2019/944 del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE. Per un primo approfondimento dottrinale in materia, v. in particolare: E. BRUTI LIBERATI-M. DE FOCATIIS-A. TRAVI (a cura di), La Transizione Energetica e il Winter Package. Politiche Pubbliche e Regolazione dei Mercati. Atti del convegno AIDEN tenutosi a Milano il 29 settembre 2017, Wolters Kluwer, Milano, 2018; L. AMMANNATI (a cura di), La Transizione Energetica, Giappichelli, Torino, 2018; G. DE MAIO (a cura di), Introduzione allo studio del diritto dell’energiaQuestioni e prospettive, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018.

[2] Così chiamato facendo riferimento al periodo dell’anno in cui è stato presentato. A causa delle sue notevoli dimensioni, viene talvolta definito anche “Jumbo Package”.

[3] Come noto, il primo pacchetto legislativo (direttiva 96/92/UE concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e direttiva 98/30/UE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale) è stato sostituito nel 2003 da un secondo pacchetto legislativo, a sua volta modificato nel 2009 dal c.d. “terzo pacchetto energia”.

[4] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti “Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici”, COM(2015) 80.

[5] Alla conferenza sul clima di Parigi (COP21) del dicembre 2015, 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima, poi sostanzialmente riconfermato con il rulebook siglato a Katowice ad esito della COP24 tenutasi nel dicembre 2018. Per un primo approfondimento sul tema, v. S. NESPOR, L’adattamento al cambiamento climatico: breve storia di un successo e di una sconfitta, in Riv. giur. ambiente, fasc. 1, 2018, pp. 29-57; ID., La lunga marcia per un accordo globale sul clima: dal protocollo di Kyoto all’accordo di Parigi, in Riv. trim. dir. pubbl., fasc. 1, 2016, pp. 81-121.

[6] Cfr. P. RANCI ORTIGOSA, Conclusioni, in A. MAESTRONI-M. DE FOCATIIS (a cura di), Politica energetica, regolazione e mercato, Giuffrè, Milano, 2012, p. 199. Per una ricostruzione del processo di liberalizzazione che ha interessato il mercato elettrico, si rinvia in particolare a E. BRUTI LIBERATI, La regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici a rete. Il caso dell’ener­gia elettrica e del gas naturale, Giuffrè, Milano, 2006; ID., Prime annotazioni sulla riforma del “retail” elettrico e del gas, in GiustAmm.it, fasc. 8, 2017, p. 5 ss.; G. NAPOLITANO, La politica europea per il mercato interno dell’energia e il suo impatto sull’ordinamento italiano, in Federalismi, fasc. 4, 2012, p. 1 ss.; F. DI PORTO, Regolazioni di «prima» e «seconda» generazione. La liberalizzazione del mercato elettrico italiano, in Mercato concorrenza regole, fasc. 2, 2003, pp. 200-238; E. BRUTI LIBERATI-F. DONATI (a cura di), Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2007; M. D’ANGELOSANTE, La fissazione autoritativa del “prezzo di riferimento” per la fornitura del gas naturale ai clienti domestici tra esigenze di liberalizzazione ed esigenze di tutela del consumatore finale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2010, p. 1228 ss.; C. FELIZIANI, Il rapporto tra liberalizzazione e regolazione al vaglio della Corte di Giustizia, in Foro Amministrativo, 2011, p. 787 ss.; A. COLAVECCHIO, La liberalizzazione del settore elettrico nel quadro del diritto comunitario, Cacucci, Bari, 2000, pp. 65-110; S. QUADRI, Riflessioni sul rapporto tra diritto interno e ordinamento dell’Unione europea in tema di energia, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, fasc. 6, 2012, p. 1031 ss.; A. CRISMANI-E. FONDA, Il funzionamento del mercato elettrico. Considerazioni alla luce delle recenti modifiche normative, in Riv. giur. ambiente, fasc. 6, 2009, pp. 901-923; B. POZZO, Le politiche comunitarie in campo energetico, Giuffrè, Milano, 2009. Per una ricostruzione del concetto di liberalizzazione, si rinvia invece a M. RAMAJOLI, Liberalizzazioni: una lettura giuridica, in Il diritto dell’econo­mia, vol. XXV, fasc. 3, 2012, pp. 507-528; C. BUZZACCHI, Liberalizzazioni, regolazione e ora anche ‘ri-regolazione’, in questa Rivista, fasc. 1, 2015.

[7] M. LOMBARDO, I servizi di interesse economico generale nel settore dell’energia tra obblighi di servizio pubblico e regole di concorrenza, in I quaderni europei – Serie Energia, fasc. 1, 2012, p. 19.

[8] V. M. DE BELLIS, voce Energia Elettrica, in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di Diritto Pubblico, vol. III, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 2189-2198 e in particolare p. 2189.

[9] V. in particolare la direttiva (UE) 2019/944, Considerando n. 3, e il regolamento (UE) 2019/943, Considerando n. 3.

[10] Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni uniti nel realizzare l’Unione dell’e­nergia e l’azione per il clima: gettare le fondamenta della transizione all’energia pulita, pubblicata il 18 giugno 2019 (COM(2019) 285 final), p. 18.

[11] Cui è dedicato l’art. 21 della direttiva (UE) 2001/2018.

[12] E in particolare attraverso le batterie dei veicoli stessi. Per un approfondimento sul punto, v. il documento di lavoro della Commissione “Energy storage – the role of electricity” del 1 febbraio 2017, (SWD(2017) 61 final).

[13] Esso consiste sostanzialmente nel permettere ai consumatori di far uso delle tecnologie digitali per adattare i consumi energetici, potendo operare un più ponderato bilanciamento tra le proprie esigenze e il prezzo effettivo dell’energia elettrica in quel dato momento. In dottrina, v. in particolare M. FALCIONE, Demande response: risparmio energetico dal lato della domanda. Il contributo volontario degli utenti finali alla flessibilità del consumo elettrico, in L. CARBONE-G. NAPOLITANO-A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di Diritto dell’energia 2016 – Politiche pubbliche e disciplina dell’efficienza energetica, Il Mulino, Bologna, 2016; J.B. EISEN, Demand Response’s Three Generations: Market Pathways and Challenges in the Modern Electric Grid, in North Carolina Journal of Law & Technology, vol. XXVIII, fasc. 4, 2017, pp. 351-431.

[14] V. ad esempio il Considerando 42 della direttiva (UE) 2019/944.

[15] Si suole parlare a tal proposito di «paradigma delle “3 D”»: P. D’ERMO-A. ROSSO, La transizione energetica tra de-carbonizzazione, decentralizzazione e digitalizzazione, in G. DE MAIO, Introduzione allo studio del diritto dell’energiaQuestioni e prospettiveop. cit., pp. 85-99; D. DOBBENI-J.M. GLACHANT-J.M. VINOIS, The new EU electricity package, repackaged as a six hands Christmas wish list ..., in EUI Policy Briefs, n. 24 del 2017.

[16] Il termine deriva dalla crasi tra prosumer consumer ed è stato coniato da A. TOFFLER, The Third Way, Morrow, New York, 1980, (trad. it.) La terza ondata, Sperling & Kupfer, Milano, 1987. Per un approfondimento sul punto, v. M. MAUGERI, Elementi di criticità nell’e­qui­parazione, da parte dell’AEEGSI [Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico], dei “prosumer” ai “consumatori” e ai “clienti finali”, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, fasc. 7-8, pt. 2, 2015, pp. 406-410; K. CSERES, The Active Energy Consumer in EU Law, in European Journal of Risk Regulation, vol. IX, fasc. 2, 2018, pp. 227-244; A.M. BENEDETTI, Lo scambio dei ruoli ovvero l’utente che produce energia: la regolazione convenzionale dello “scambio sul posto”, in G. NAPOLITANO-A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di Diritto dell’Energia. Regole e mercato delle energie rinnovabili, Il Mulino, Bologna, 2013, pp. 189-198; D. MURRU, La regolazione dei prosumer, in L. AMMANNATI (a cura di), La Transizione Energeticaop. cit., pp. 159-178; A. QUARTA, Il diritto dei consumatori ai tempi della “peer economy”. Prestatori di servizi e “prosumers”: primi spunti, in Europa e diritto privato, fasc. 2, 2017, pp. 667-681.

[17] L’art. 2, punto 8 della direttiva (UE) 2019/944 definisce come «cliente attivo» un «cliente finale o un gruppo di clienti finali consorziati che consuma o conserva l’energia elettrica prodotta nei propri locali situati all’interno di un’area delimitata o, se consentito da uno Stato membro, in altri locali, oppure vende l’energia elettrica autoprodotta o partecipa a meccanismi di flessibilità o di efficienza energetica, purché tali attività non costituiscano la principale attività commerciale o professionale».

[18] Si pensi in particolare al c.d. «scambio sul posto», che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione.

[19] Definito, ai sensi dell’art. 2, punto 18, della direttiva (UE) 2001/2018, come la «vendita di energia rinnovabile tra i partecipanti al mercato in virtù di un contratto con condizioni prestabilite che disciplina l’esecuzione e il regolamento automatizzati dell’operazione, direttamente tra i partecipanti al mercato o indirettamente tramite un terzo certificato partecipante al mercato, come ad esempio un aggregatore. Il diritto di condurre «scambi tra pari» non pregiudica i diritti o gli obblighi delle parti coinvolte in qualità di consumatori finali, produttori, fornitori o aggregatori». Lo «scambio tra pari» è richiamato anche all’art. 21.

[20] In dottrina, cfr. M. BAUMGART, A (legal) challenge to privacy: on the implementation of smart meters in the EU and the US, in R. LEAL-ARCAS-J. WOULTERS (a cura di), Research Handbook on EU energy law and policy, Edward Elgar Publishing, Northampton, 2017, pp. 353-369; V. PAPAKONSTANTINOU-D. KLOZA, Legal Protection of Personal Data in Smart Grid and Smart Metering Systems from the European Perspective, in Smart Grid Security. SpringerBriefs in Cybersecurity, Springer, Londra, 2015, pp. 41-129.

[21] L. MUMFORD, The Myth of the Machine: Technics and Human Development, Secker &​ Warburg, Londra, 1967, (trad. it.) Il mito della macchina, Il Saggiatore, Milano, 2012.

[22] R. JUNGK, Der Atom-Staat: vom Fortschritt in die Unmenschlichkeit, Kindler, Monaco, 1977, (trad. it.) Lo stato atomico, Einaudi, Torino, 1978.

[23] Con particolare riferimento agli interventi di regolazione del nucleare in chiave sia nazionale che comparata, v. L. AMMANNATI-A. SPINA, Il “ritorno” al nucleare. Il contesto regolatorio e l’Agenzia per la sicurezza nucleare, in Amministrare, fasc. 2, 2009, pp. 231-256.

[24] Sul punto, si veda il recente saggio di A. BELTRAN, Energia e democrazia politica. Qualche spunto storico, in Ricerche di storia politica – Quadrimestrale dell’Associazione per le ricerche di storia politica, fasc. 1, 2018, pp. 51-62; G. OSTI, Energia democratica: esperienze di partecipazione, in Aggiornamenti Sociali, fasc. 68, 2017, pp. 113-123; V. SMIL, Energy and Civilization: A History, Mit Press, Cambridge, 2017.

[25] V. i numerosi richiami ai contesti locali contenuti nella direttiva (UE) 2018/844.

[26] F. KRAUSE-H. BOSSEL-K.-F. MÜLLER-REISSMAN, Energie-Wende. Wachstum und Wohlstand ohne Erdöl und Uran, Seiten Verlag, Berlino, 1980.

[27] V. nota 2.

[28] Corsivo aggiunto.

[29] Ovvero sistemi organizzati dove si realizza l’incontro fra domanda e offerta per la compravendita all’ingrosso dell’energia elettrica. La Borsa elettrica italiana è stata affidata (per opera del d.lgs. n. 79/1999) al GME (Gestore dei Mercati Energetici).

[30] Cfr. il Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercato interno dell’energia elettrica (rifusione)»; [COM(2016) 861 final – 2016-379-COD, «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE»; COM(2016) 862 final – 2016-377-COD, «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (rifusione)»; COM(2016) 863 final – 2016-378-COD, «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (rifusione)» COM(2016) 864 final – 2016-380-COD].

[31] Ivi, punto 1.6.

[32] Ivi, punto 3.13, ove si afferma più nel dettaglio che «Grazie alla digitalizzazione, i dati di consumo e di produzione possono essere registrati elettronicamente in modo molto dettagliato, fino alle unità più piccole (vale a dire i singoli chilowatt). La registrazione di profili di consumo specifici e individuali mediante contatori intelligenti e, in futuro, attraverso l’Internet degli oggetti, insieme con la molteplicità di partecipanti al processo di produzione, dà, letteralmente, a ogni consumatore la possibilità di diventare il gestore del proprio bilanciamento. I programmi di istruzione e formazione sono importanti per mettere in grado il maggior numero possibile di consumatori di svolgere questo ruolo, eliminando così lo svantaggio strutturale (vale a dire la limitata liquidità del mercato) delle forme decentrate di negoziazione, come le operazioni tra pari (peer to peer)».

[33] Segnalazione del 26 luglio 2016, AS1288 – Normativa in materia di sistemi di distribuzione chiusi. Tale esigenza è stata recentemente evidenziata anche nel quadro strategico 2019-2021 dell’ARERA con Delibera 18 giugno 2019 242/2019/A.

[34] In particolare, l’Autorità osserva che «gli ostacoli all’esistenza di reti private definiscono una discriminazione a favore del modello dominante di organizzazione del sistema elettrico, basato sulla centralizzazione della generazione di energia elettrica in impianti di grandi dimensioni e sulla trasmissione e distribuzione attraverso reti pubbliche dell’elettricità alle unità di consumo. Tale organizzazione riflette per lo più le scelte tecnologiche compiute nel passato e non favorisce l’evoluzione delle reti verso nuovi modelli di organizzazione del sistema elettrico, che possano utilmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali di convenienza dell’energia per gli utenti, innovazione, sicurezza e sostenibilità finanziaria del sistema elettrico nazionale, oltre che di tutela della concorrenza».

[35] Ovvero, prezzi che riflettano la scarsità dell’offerta, come indicato dal regolamento (UE) 2019/943 ai Considerando 23-24 e all’art. 20, par. 3, lett. c).

[36] Tra i vari richiami contenuti nel Winter Package, si segnala in particolare il Considerando 37 della direttiva (UE) 2019/944.

[37] Riprendendo l’espressione di L. AMMANNATI, La riforma del mercato elettrico inglese: dalla liberalizzazione ad un nuovo interventismo? il punto dopo la pubblicazione del “white paper for secure, affordable and low carbon electricity”, in A. MAESTRONI-M. DE FOCATIIS (a cura di), Politica energetica, regolazione e mercato, Giuffrè, Milano, 2012, pp. 147-164.

[38] Chiaramente evincibile dai paragrafi 3 ss. dell’art. 5 come definitivamente approvato.

[39] Per un approfondimento in materia, si rinvia a M. PASSALACQUA, Le tariffe dei servizi pubblici tra price cap e bisogni sociali, in E. BANI (a cura di), Il “giusto” prezzo tra Stato e mercato. Atti e contributi del Seminario di studi tenutosi a Pisa il 27 novembre 2008 – Liber amicorum per Mauro Giusti, Giappichelli, Torino, 2008, pp. 19-54.

[40] J.A. SCHUMPETER, Business Cycle: A Theoretical, Historical, and Statistical Analysis of the Capitalist Process, McGraw-Hill, New York, 1939.

[41] R. BROWNSWORD, Law Disrupted, Law Re-Imagined, Law Re-Invented, in Technology and Regulation, 2019, pp. 10-30.

[42] Secondo l’A., «Coherentism is defined by four characteristics. First, what matters above all is the integrity and internal consistency of legal doctrine. This is viewed as desirable in and of itself. Secondly, coherentists are not concerned with the fitness of the law for its regulatory purpose. Thirdly, coherentists approach new technologies by asking how they fit within existing legal categories (and then try hard to fit them in). Fourthly, coherentists believe that legal reasoning should be anchored to guiding general principles». Pertanto, nel contesto delle tecnologie emergenti la tendenza è quella di percepire le stesse quali mero oggetto di regolazione tradizionale, e dunque di interrogarsi semplicemente su quale sia la disciplina normativa (preesistente) applicabile.

[43] «In contrast with coherentism, regulatory-instrumentalism is defined by the following three features. First, it is not concerned with the internal consistency of legal doctrine. Secondly, it is entirely focused on whether the law is instrumentally effective in serving specified regulatory purposes and policies. Thirdly, regulatory instrumentalism has no reservation about enacting new bespoke laws if this is an effective and efficient response to a question raised by new technologies. Regulatory-instrumentalism is, thus, the natural language of legislators and policy-makers». Quindi, chi aderisce a questo approccio – che ben rappresenta il Winter Package – ritiene necessaria la modificazione e creazione delle regole per adattarsi alla realtà che muta, considerando le tecnologie come causa di tale cambiamento e strumento di regolazione tradizionale.

[44] Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione (2017/2772(RSP)). In particolare, il Parlamento europeo sottolinea che la Blockchain (e più in generale la Distributed Ledger Technology) «può trasformare e democratizzare i mercati dell’energia, consentendo alle utenze domestiche di produrre energia rispettosa dell’ambiente e di scambiarla tra pari; evidenzia che tali tecnologie offrono scalabilità e flessibilità a operatori di impianti, fornitori e consumatori». La Blockchain può inoltre «sostenere la produzione e il consumo di energia verde e potrebbe migliorare l’efficienza degli scambi energetici», essendo anche idonea a «trasformare il funzionamento della rete elettrica e consentire a comunità e singoli di fornire servizi di rete e di integrare le risorse rinnovabili in modo più efficace», così creando «alternative ai programmi di investimenti sulle energie rinnovabili sponsorizzati dallo Stato». Ancora, la stessa «può agevolare le infrastrutture di trasmissione e distribuzione dell’energia e creare un nuovo ecosistema per le transazioni riguardanti i veicoli elettrici», anche perché «migliora le comunicazioni in materia di energia e consente una precisa tracciatura dei certificati relativi all’energia rinnovabile o alle emissioni di carbonio». Infine, «può sostenere l’elettrificazione delle comunità rurali indigenti mediante meccanismi alternativi di pagamento e donazione».

[45] In particolare, nel quadro strategico 2019-2021 dell’ARERA già richiamato a nota 33, la stessa si impegna a «definire una regolazione che tenga conto dei nuovi schemi di servizio progressivamente abilitati dalle nuove tecnologie emergenti (blockchainbig data ecc.) e delle opportunità di sviluppo che la digitalizzazione potrà offrire ai consumatori».

[46] S. NAKAMOTO, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, pubblicato il 31 ottobre 2008, consultabile all’indirizzo: https://bitcoin.org/bitcoin.pdf [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[47] Cfr. C. AS. KIRTCHEV, A Cyberpunk Manifesto, disponibile all’indirizzo: http://project.
cyberpunk.ru/idb/cyberpunk_manifesto.html
 [ultimo accesso: 15 luglio 2019]. Per una dettagliata ricostruzione storica del funzionamento della tecnologia Blockchain e delle idee che ne hanno dato origine, si fa rinvio a F.I. SARZANA-M. NICOTRA, Diritto della Blockchain, Intelligenza Artificiale e IoT, Ipsoa, Assago, 2018, p. 9 ss. In particolare, come rilevano gli autori a p. 11, «Il movimento cypherpunk aveva quale principale scopo quello di contrastare le possibili restrizioni delle libertà e del diritto alla privacy, derivanti dalla sempre più pervasiva diffusione delle tecnologie informatiche, le quali avrebbero consentito ai governi ed alle grandi società di monitorare e controllare le informazioni sugli individui potendo inferire i loro stili di vita dall’associazione dei dati raccolti nelle transazioni di consumo. Lo strumento principale di contrasto a tale pericolo era stato individuato in una moneta elettronica anonima ed altri strumenti di pagamento non tracciabili, il tutto utilizzando tecnologie crittografiche su larga scala, che avrebbero anche permesso di realizzare sistemi di messaggistica sicuri, contratti digitali e sistemi di identità digitale rispettosi della privacy».

[48] Il concetto di proof of work, letteralmente “prova di lavoro”, sottintende l’obiettivo di rendere difficoltosa la modifica o la cancellazione delle informazioni. Nel caso della Blockchain, la proof of work utilizzata è il sistema Hashcash, volto a limitare email spamming e attacchi di denial of service. Una delle critiche più di sovente avanzate nei confronti della Blockchain è quella per cui tale Proof of Work consuma troppa energia. Pertanto, si stanno sviluppando meccanismi di consenso volti a superare questo problema, quali ad esempio la c.d. Proof of Stake e la Proof of Authority: il rischio è però che la Blockchain venga così privata dei propri caratteri essenziali, finendo per diventare un semplice registro condiviso più che distribuito.

[49] Si tratta di un algoritmo matematico che mappa dati di lunghezza arbitraria (messaggio) in una stringa binaria di dimensione fissa chiamata valore di hash, spesso indicata anche con il termine inglese digest. Esso consente di ridurre un insieme di bit in una stringa alfanumerica, univocamente riconducibile al contenuto originario, fornendo una sorta di “impronta digitale”.

[50] Sul rapporto tra poteri di regolazione e di controllo delle autorità indipendenti, v. in particolare M. PASSALACQUA, Soft law per la regolazione del mercato dei contratti pubblici, in Concorrenza e Mercato, vol. XXIV, 2017, pp. 173-194 e in particolare p. 185 ss.

[51] Sul punto, v. M. BELLEZZA, Blockchain, in M.T. PARACAMPO (a cura di), FinTech: Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari, Giappichelli, Torino, 2017, pp. 217-228; F. ANNUNZIATA, Distributed Ledger Technology e mercato finanziario: le prime posizioni dell’ESMAivi, pp. 229-238; R. HERIAN, Regulating Blockchain: Critical Perspectives in Law and Technology, Routledge, New York, 2019.

[52] Vuoto normativo recentemente colmato con la quinta direttiva antiriciclaggio, ovvero la direttiva (UE) 843/2018.

[53] Nel senso di Blockchain “permissionless”, come la Blockchain che consente lo scambio di Bitcoin.

[54] Come ben sottolineato da A. WALCH, In Code(rs) We Trust: Software Developers ad Fiduciaries in Public Blockchains, in G. DIMITROPOULOUS-S. EICH-P. HACKER-I. LIANOS (a cura di), The Blockchain Revolution: Legal and Policy Challenges, Oxford University Press, Oxford, in corso di stampa e attualmente disponibile su SSRN al linkhttps://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?
abstract_id=3203198
 [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[55] Chiamato anche “libro mastro”, in quanto racchiude le “scritture contabili” corrispondenti ad ogni singola operazione in Bitcoin compiuta a livello globale.

[56] A far seguito dalla creazione del Bitcoin sono infatti sorte almeno 1.500 criptovalute, di cui 600 vengono tuttora scambiate. Si tratta di numeri molto elevati, considerando che le valute ufficiali sono appena 164.

[57] F. VON HAJEK, La denazionalizzazione della moneta, 1976, recentemente ristampato in italiano da Rubettino editore, Soveria Mannelli, 2018, che fa riferimento al concetto di liberalizzazione dell’emissione di valuta in favore di diverse monete tra loro in competizione.

[58] La dottrina è più volte intervenuta ad evidenziare i rischi e la controversa natura giuridica del Bitcoin: si segnala in particolare A. URBANI, La disciplina antiriciclaggio alla prova del processo di digitalizzazione dei pagamenti, in Riv. dir. bancario, vol. I, fasc. 5, 2018, pp. 1-15; G. LEMME, S. PELUSO, Criptomoneta e distacco dalla moneta legale: il caso Bitcoin, in Rir. trim. dir. economia, fasc. 4, suppl. 1, 2016, pp. 148-202; M. MANCINI, Valute virtuali e Bitcoin, in Analisi Giuridica dell’Economia, fasc. 1, 2015, pp. 117-138; R. SCALCIONE, Gli interventi delle autorità di vigilanza in materia di schemi di monete virtualiivi, pp. 139-174.

[59] Per un approfondimento sul punto, v. in particolare S. SHCHERBAK, How Should Bitcoin Be Regulated?, in European Journal of Legal Studies, vol. XLI, fasc. 7, 2014, pp. 45-91. Cfr. anche P. HACKER-I. LIANOS-G. DIMITROPOULOS-S. EICH, Regulating Blockchain: Techno-Social and Legal Challenges – An Introduction, Oxford University Press, Oxford, 2019, disponibile su SSRNhttps://ssrn.com/abstract=3247150 [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[60] Nella forma dell’Hashcash, ovvero di una proof of work funzionale sia alla creazione del consenso al fine della validazione delle transazioni sia come strumento che mira a incentivare i partecipanti a mettere a disposizione risorse computazionali per risolvere i pericoli di attacco cibernetico alla rete Blockchain.

[61] Infatti le transazioni vengono garantite da sistemi di crittografia a chiave asimmetrica. Per un approfondimento, si rinvia a K. YEUNG, Blockchain, Transactional Security and the Promise of Automated Law Enforcement: The Withering of Freedom Under Law?, in P. OTTO-E. GRAFFE, (a cura di), 3TH1CS – The reinvention of ethics in the digital age?, iRights.Media, Berlino, 2017, p. 132 ss., la quale si oppone alla tesi per cui la Blockchain darebbe vita ad una “new era of trust”, sostenuta, tra gli altri, da C. BERG-S. DAVIDSON-J. POTTS, Blockchain industrialise trust, 2017, disponibile su SSRNhttps://ssrn.com/abstract=3074070 [ultimo accesso: 15 luglio 2019]. Sul tema si veda anche il contributo di H. EENMAA-DIMITRIEVA-M.J. SCHMIDT-KESSEN, Regulation through code as a safeguard for implementing smart contracts in no-trust environments, in EUI Working Paper, fasc. 13, 2017; K. WERBACH, The Blockchain and the New Architecture of Trust, The MIT Press, Cambridge, 2018; ID., Trust, but Verify: Why the Blockchain Needs the Law, in Berkeley Technology Law Journal, vol. XXXIII, fasc. 2, 2018, pp. 487-550.

[62] Riprendendo l’espressione «control without government» utilizzata da L. LESSIG, Code And Other Laws of Cyberspace, Version 2.0, Basic Books, New York, 2006, p. 2 per descrivere la nascita del cyber-spazio e del movimento cripto-anarchico. Significativa è la descrizione che fa l’A. dell’idea sottesa alla nascita di Internet, in quanto valida anche nel presente contesto: «people could communicate and associate in ways that they had never done before. The space seemed to promise a kind of society that real space would never allow – freedom without anarchy, control without government, consensus without power. In the words of a manifesto that defined this ideal: “We reject: kings, presidents and voting. We believe in: rough consensus and running code”».

[63] Letteralmente, da nodo a nodo.

[64] Si pensi ai siti di condivisione di file, video e audio, notoriamente diffusi già da diversi anni, quali ad esempio EmuleNapster Torrent.

[65] L’immagine intende rievocare la scarsità del Bitcoin, associandolo all’oro: infatti, come l’oro, il Bitcoin è destinato all’esaurimento, in base a dei calcoli matematici già definiti, per cui quando verrà “minato” il Bitcoin corrispondente al ventunmilionesimo, non ne verranno più e­messi e potranno circolare nel mercato solo quelli già esistenti. Questo fa sì che, tra le altre cose, il Bitcoin sia considerato una moneta deflattiva.

[66] Ad oggi, le transazioni vengono validate prevalentemente da pool di miners siti in quelle regioni del mondo ove l’elettricità costa meno, come Cina e Venezuela. La proof of work utilizzata dalla Blockchain del Bitcoin comporta un elevato dispendio di energia, che è peraltro destinato ad aumentare, visto che con l’avanzare del tempo i calcoli matematici da risolvere divengono sempre più complessi e, di conseguenza, la potenza computazionale richiesta è più elevata. Pertanto, nonostante il decantato egalitarismo delle reti peer to peer si tratta di un sistema o­ligarchico.

[67] Ovvero, per evitare che un soggetto possa utilizzare più volte le stesse risorse, problema tipico di qualsiasi sistema di pagamento e che tradizionalmente viene risolto a livello centralizzato, attraverso l’intermediazione. Nel sistema decentralizzato e distribuito che qui si descrive, la soluzione viene offerta dalla matematica e dall’informatica, sostituendo la fiducia negli intermediari con la crittografia.

[68] La modifica è astrattamente possibile, ma in concreto estremamente difficile: in massima sintesi, è necessaria la riproposizione e la ri-autorizzazione delle stesse transazioni.

[69] Si ricordi infatti che si fa riferimento ai concetti di registro pubblico e di software open source e che tutte le transazioni racchiuse nel registro sono visibili da chiunque, seppur in forma pseudo-anonima e crittografata.

[70] O almeno secondo l’attuale stato dell’arte.

[71] Cfr. M. BELLEZZA, Blockchain, cit., p. 223.

[72] Cfr. D. TAPSCOTT-A. TAPSCOTT, Blockchain Revolution: How the technology behind bitcoin is changing money, business, and the world, Portfolio/Penguin, New York, 2016.

[73] Secondo gli Autori infatti (ma la posizione è sostenuta da più parti) «Blockchain represents the second era of the internet». In particolare, viene considerata una sorta di «Internet of Value»: se Internet fornisce un protocollo per lo scambio di informazioni, la Blockchain permette il commercio di valori.

[74] M. SWAN, Blockchain: Blueprint for a New Economy, O’Reilly, California, 2015, p. VIII.

[75] Come dichiarato sul proprio sito ufficiale, Ethereum «consente agli sviluppatori di creare Marketplace, archiviare registri, spostare fondi secondo precise istruzioni (come nel caso di un testamento o contratti futures) e molte altre cose che non sono ancora state inventate, tutte senza intermediari».

[76] Infatti, la criptovaluta di Ethereum, c.d. Ether, ha un doppio ruolo: rappresenta la potenza elaborativa necessaria per produrre i contratti e la remunerazione per la realizzazione degli stessi.

[77] Le DApps sono applicazioni open source e decentralizzate che possono operare in modo autonomo e senza intervento umano. Esse fanno uso di criptovalute o token, vengono eseguite in una rete di computer e memorizzano gli output nei registri pubblici.

[78] Il concetto di smart contract è stato introdotto per la prima volta nel 1996 Nick Szabo. Tuttavia, fino allo sviluppo della tecnologia Blockchain non ha visto un’effettiva applicazione.

[79] R. PARDOLESI-A. DAVOLA, «Smart contract»: lusinghe ed equivoci dell’innovazione purchessia, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), Liber Amicorum Guido Alpa, Cedam, Padova, 2019, p. 297 ss.

[80] Secondo la definizione offerta da P. CUCCURU, “Blockchain” ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli “smart contract”, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, fasc. 1, 2017, pp. 107-119. In dottrina, v. anche M. GIANCASPRO, Is a “smart contract” really a smart idea? Insights from a legal perspective, in Computer Law & Security Review, fasc. 22, 2017, p. 825 ss.; L. PAROLA-P. MERATI-G. GAVOTTI, Blockchain e smart contract: questioni giuridiche aperte, in I Contratti, fasc. 6, 2018, pp. 681-688; S. CAPACCIOLI, “Smart contracts”: traiettoria di un’utopia divenuta attuabile, in Ciberspazio e diritto, fasc. 1-2, 2016, pp. 25-45; K. KÜNNAPAS, From Bitcoin to Smart Contracts: Legal Revolution or Evolution from the Perspective of de lege ferenda?, in T. KERIKMAË-A. RULL (a cura di), The Future of Law and eTechnologies, Springer, New York, 2016, pp. 111-132; M. KÒLVART-M. POOLA-A. RULL, Smart Contractsivi, pp. 133-148; J. GOLDENFEIN-A. LEITER, Legal Engineering on the Blockchain: ‘Smart Contracts’ as Legal Conduct. Law and Critique, vol. XXIX, fasc. 2, 2018, pp. 141-149.

[81] N. IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., fasc. 12, 1998, p. 347 ss.

[82] V. in particolare G. OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. dir. civ., vol. XLIV, fasc. 1, 1998, p. 525 ss.; C.M. BIANCA, Acontrattualità dei contratti di massa?, in Vita notarile, fasc. 2, 2001, p. 1120 ss.; A. BORTOLUZZI, Umanizzazione del contratto?ivi, fasc. 1, 1999, p. 1618 ss.

[83] G. OPPO, Disumanizzazione del contratto?, cit., p. 527.

[84] P. DE FILIPPI-A. WRIGHT, Blockchain and the Law: The Rule of Code, Harvard University Press, Cambridge, 2018, p. 136.

[85] W.C. SFORZA, Il diritto dei privati (a cura di Michele Spanò), Quodlibet, Macerata, 2018 (prima edizione: 1929).

[86] Ivi, p. 14. Più nello specifico, secondo l’A., «Per diritto dei privati bisogna quindi intendere (ma sempre come definizione preliminare, e provvisoria perché puramente negativa) quel diritto che attualmente non emana né dallo Stato – pur sorgendo entro lo stesso ambito sociale che lo Stato delimita – né dagli enti di carattere territoriale che dello Stato sono organi, e neanche da quell’ente che è uno Stato prevalentemente spirituale, cioè la Chiesa (…). Occorre appena avvertire, poi, che la espressione “diritto dei privati” non coincide con la espressione «diritto privato»: quest’ultima denota un complesso di volontà statuali miranti a regolare rapporti tra persone private, il diritto dei privati, invece, pur regolando rapporti tra persone private (e, qualche volta, quegli stessi rapporti che sono già regolati dal diritto privato e anche pubblico), non emana dallo Stato, né immediatamente né mediatamente».

[87] Cfr. in particolare P. DE FILIPPI-A. WRIGHT, Blockchain and the Law: The Rule of Code, cit.

[88] E quindi con l’ordinamento giuridico nel suo complesso.

[89] K. YEUNG, Regulation by Blockchain: The Emerging Battle for Supremacy between the Code of Law and Code as Law, in Modern Law Review, fasc. 2, 2019, p. 207 ss.

[90] Per un maggiore approfondimento, si rinvia a S. DAVIDSON-P. DE FILIPPI-J. POTTS, The new institutional economics of distributed ledger technology, 2017, disponibile su SSRNhttps://
ssrn.com/abstract=2811995 
[ultimo accesso: 15 luglio 2019]C. BERG-S. DAVIDSON, J. POTTS, Blockchain industrialise trust, cit.; J. POTTS-S. DAVIDSON, Social costs and the institutions of innovation policy, in Economic Affairs, vol. III, fasc. 36, 2016, pp. 282-293; J. POTTS, Innovation policy in a global economy, in Journal of Entrepreneurship and Public Policy, vol. III, fasc. 5, 2016, pp. 308-324; A. THIERER, Permissionless Innovation, Mercatus Centre George Mason University, Arlington, 2016.

[91] S. DAVIDSON-P. DE FILIPPI-J. POTTS, Blockchains and the economics institutions of capitalism, in Journal of Institutional Economics, vol. XIV, fasc. 4, 2018, pp. 639-658.

[92] Cfr. in particolare T.J. MACDONALD-D. ALLEN-J. POTTS, Blockchains and the Boundaries of Self-Organized Economies: Predictions for the Future of Banking, in P. TASCA-T. ASTE-L. PELIZZON-N. PERONY (a cura di), Banking Beyonds Banks and MoneyA Guide to Banking Services in the Twenty-First Century, Springler, Svizzera, 2016, pp. 279-298.

[93] Tra i sostenitori di tale tesi, v. in particolare M. SWAN, Blockchain: Blueprint for a New Economy, cit.; T.I. KIVIAT, Beyond Bitcoin: Issues in Regulating Blockchain Transactions, in Duke Law Journal, vol. LXV, fasc. 3, 2015, pp. 569-608.

[94] K. WERBACH, The Blockchain and the New Architecture of Trust, cit., il quale afferma che la Blockchain promuove la fiducia nel funzionamento della rete senza che sia necessario un rapporto di fiducia tra i suoi attori. Infatti, secondo l’A., «On a Blockchain network, nothing is assumed to be trustworthy… except the output of the network itself. This distinctive arrangement defines the landscape for the Blockchain’s interactions with law, regulation, and governance».

[95] C. BERG-S. DAVIDSON-J. POTTS, Blockchain industrialise trust, cit.

[96] V. LEHDONVIRTA, The Blockchain Paradox: Why Distributed Ledger Technologies May Do Little to Transform the Economy, 2016, disponibile all’indirizzo: https://www.oii.ox.ac.uk/
blog/the-blockchain-paradox-why-distributed-ledger-technologies-may-do-little-to-transform-the economy/ [ultimo accesso: 10 luglio 2019] fa riferimento a questo proposito alla teoria dei giochi e in particolare al problema della cooperazione e del c.d. “prisoner’s dilemma”, spiegando come questo venga convenzionalmente risolto attraverso l’affidamento ad una terza parte, come appunto lo Stato e il sistema legale. La Blockchain permetterebbe allora di sostituire tali meccanismi con un protocollo tecnico, soppiantando la “fiducia organizzativa” con la c.d. Algorithmic Trust.

[97] K. YEUNG, Blockchain, Transactional Security and the Promise of Automated Law Enforcement: The Withering of Freedom Under Law?, cit., ove si afferma in particolare che «The essential purpose of the rule of law is to provide the basic framework for establishing a society in which strangers can cohabit and cooperate, establishing the foundations for social stability through which the state guarantees security of the person, property and transactions. It achieves this by establishing and maintaining a legal system, comprised of a set of institutions that undertake two core functions: first, the making of laws (...) which, in modern democratic legal orders, is largely undertaken by an body of national representatives elected by the people through democratic election and secondly, and the implementation and enforcement of laws (…), which requires the state to establish and maintain an extensive institutional, procedural and professional apparatus».

[98] V. la risoluzione del Parlamento europeo già richiamata a nota 44.

[99] V. supra § 3.

[100] In particolare, informando i consumatori in merito all’origine e al costo del loro approvvigionamento energetico, rende più trasparenti i costi, incentivando i cambiamenti comportamentali e la gestione attiva della domanda.

[101] Per un approfondimento, v. L. DIESTELMEIER, Changing power: Shifting the role of electricity consumers with blockchain technology – Policy implications for EU electricity law, in Energy Policy, vol. CXXVIII, 2019, pp. 189-196; V. BRILLIANTOVA-T.W. THURNER, Blockchain and the future of energy, in Technology in Society, vol. LVII, 2019, pp. 38-45; M. ANDONI-V. ROBU-D. FLYNN-S. ABRAM-D. GEACH-D. JENKINS-P. MCCALLUM-A. PEACOCK, Blockchain technology in the energy sector: A systematic review of challenges and opportunities, in Renewable and Sustainable Energy Reviews, vol. C, 2019, pp. 143-174; A. SCHNEIDERS-D. SHIPWORTH, Energy Cooperatives: A Missing Piece of the Peer-to-Peer Energy Regulation Puzzle?, disponibile su SSRN al linkhttps://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3252486 [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[102] Per un approfondimento sul punto si rinvia a E. MENGELKAMP-J. GÄRTTNER-K. ROCK-S. KESSLER-L. ORSINI-C. WEINHARDTA, Designing microgrid energy markets: A case study: The Brooklyn Microgrid, in Applied Energy, vol. CCX, 2018, pp. 870-880.

[103] Nello specifico, la piattaforma Ethereum.

[104] In particolare, ogni edificio è stato dotato di un impianto fotovoltaico connesso alla rete e­lettrica peer-to-peer decentralizzata. L’energia che non viene usata dagli stessi edifici viene venduta agli edifici vicini, tutti collegati tra loro, con le transazioni gestite e memorizzate utilizzando una piattaforma Blockchain.

[105] F. DI PORTO, Dalla convergenza digitale-energia l’evoluzione della specie: il consumatore “iper-connesso”, in Mercato Concorrenza Regole, vol. XVIII, fasc. 1, 2016, pp. 59-78.

[106] Per un approfondimento dei bias cognitivi che affliggono il consumatore, si rinvia a N. RANGONE, Tools for effective law: a focus on nudge and empowerment, in Concorrenza e mercato, vol. XXV, 2017, pp. 195-214; ID., Errori cognitivi e scelte di regolazione, in Analisi Giuridica dell’Economia, fasc. 1, 2012, pp. 7-18; F. DI PORTO, L’informazione come “oggetto” e come “strumento” di regolazione (il caso dei mercati elettrici al dettaglio), in Riv. trim. dir. pubbl., fasc. 4, 2011, p. 976. V. anche P. BRAMBILLA, Sicurezza del sistema elettrico e remunerazione della capacità. Il caso italiano e le antinomie della regolazione, in E. BRUTI LIBERATI-M. DE FOCATIIS-A. TRAVI (a cura di), Esperienze regolatorie europee a confronto nel settore dell’e­nergia. Atti del convegno AIDEN tenutosi a Milano il 3 dicembre 2015, Wolters Kluwer, Milano, 2017, in particolare p. 177 ss.

[107] F. DI PORTO, Dalla convergenza digitale-energia l’evoluzione della specie: il consumatore “iper-connesso”, cit.

[108] Ibidem.

[109] Alla luce dell’art. 8-ter del d.l. n. 135/2018 (c.d. “Decreto Semplificazioni”), convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12.

[110] B. CELATI, Le monete locali come strumenti giuridici per l’attuazione del principio di democraticità, in Riv. trim. dir. economia, fasc. 3, 2018, p. 349 ss.

[111] Nella misura in cui sono locali ma hanno una vocazione universalista.

[112] Per un primo approfondimento in materia, v. G. DE MAIO, Cambiamento climatico ed energia rinnovabile decentrata: il ruolo delle politiche pubbliche in un’economia circolare, in G. DE MAIO (a cura di), Introduzione allo studio del diritto dell’energiaQuestioni e prospettive, cit., pp. 149-188.

[113] P. RANCI-M. LEONARDI-L. SUSANI, Poveri d’energia, Il Mulino, Bologna, 2016; L. AMMANNATI, Governing the Energy market between universal access to Energy and sustainable development, in Federalismi, fasc. 14, 2016; S. BOUZAROVSKI-S. PETROVA-R. SARLAMANOV, Energy poverty policies in the EU: A critical perspective, in Energy Policy, fasc. 49, 2012, pp. 76-82; A. J. BRADBROOK-J.G. GARDAM-M. CORNIE, A Human Dimension to Energy debate: Access to Modern Energy Services, in Journal of Energy & Natural Resources Law, vol. XXVI, fasc. 4, 2008, pp. 526-552; A.J. BRADBROOK-J.G. GARDAM, Placing Access to Energy Services within a Human Rights Framework, in Human Rights Quartely, vol. XXVIII, 2006, p. 389 ss.; L. GURUSWAMY (a cura di), International Energy and Poverty: The Emerging Contours, Routledge, Londra, 2016.

[114] Si pensi ad esempio alla recente iniziativa “Puerto Rico Energy Security” e alla gara di solidarietà posta in essere anche da aziende private a seguito degli uragani che nel 2017 hanno distrutto gran parte della rete elettrica, fornendo gratuitamente pannelli fotovoltaici, batterie e micro-grids.

[115] Per un approfondimento in materia, si rinvia a E. BRUTI LIBERATI, I meccanismi di remunerazione della capacità di generazione elettrica e la disciplina sugli aiuti di Stato: alcune osservazioni critiche sugli orientamenti della Commissione europea, in E. BRUTI LIBERATI-M. DE FOCATIIS-A. TRAVI (a cura di), Esperienze regolatorie europee a confronto nel settore dell’energia. Atti del convegno AIDEN tenutosi a Milano il 3 dicembre 2015, cit., pp. 133-142. Sul tema, cfr. anche L. AMMANNATI, I meccanismi di remunerazione della capacità: il caso italianoivi, pp. 114-132; L. HANCHER, Capacity Mechanism and State Aid Control: A European Solution to the ‘Missing Money’ Problem?, in L. HANCHER-A. DE HAUTECLOCQUE-M. SADOWSKA (a cura di), Capacity Mechanisms in the EU Energy Market. Law, Policy, and Economics, Oxford University Press, Oxford, 2015, p. 159 ss.; M. STOCZKIEWICZ, Capacity Mechanisms in the Electricity Sector in the Context of State Aid, in European Energy Journal, vol. V, fasc. 4, 2015, p. 29 ss.; K. HUHTA-J. KROEGER-T. OYEWUNMI-P. EIAMCHAMROONLARP, Legal and Policy Issues for Capacity Remuneration Mechanisms in the Evolving European Internal Energy Market, in European Energy and Environmental Law Review, vol. XXIII, fasc. 3, 2014, pp. 76-88; P. BRAMBILLA, Sicurezza del sistema elettrico e remunerazione della capacità. Il caso italiano e le antinomie della regolazione, cit.

[116] Va comunque segnalato che, al pari di quanto avvenuto con riferimento ai c.d. prezzi amministrati, il Winter Package ha finito per adottare una soluzione di compromesso, consentendo in buona sostanza il permanere di meccanismi di remunerazione della capacità, seppur con stringenti limitazioni.

[117] Come imposto dall’art. 4, par. 2, della direttiva (UE) 2018/2001.

[118] Secondo le previsioni, ciò dovrebbe consentire all’Unione europea di adottare misure efficaci sul piano dei costi, che siano funzionali al conseguimento dell’obiettivo a lungo termine di ridurre le emissioni dell’80-95% entro il 2050, nel contesto delle necessarie riduzioni da parte del gruppo dei paesi industrializzati. Inoltre, dovrebbe fornire un contributo equo e ambizioso all’Accordo di Parigi. Per raggiungere l’obiettivo di una riduzione almeno del 40%, i settori interessati dal sistema di scambio di quote di emissione (ETS) dell’UE dovranno ridurre le emissioni del 43% (rispetto al 2005); invece, i settori non interessati dall’ETS dovranno ridurre le emissioni del 30% (anche in questo caso, rispetto al 2005) e ciò dovrà essere tradotto in singoli obiettivi vincolanti a carico degli Stati membri.

[119] Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 2013/525.

[120] Quali ad esempio i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura, l’industria non-ETS e la gestione dei rifiuti.

[121] M. LIPARI, Il commercio delle emissioni, in E. BRUTI LIBERATI-F. DONATI (a cura di), Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, cit., pp. 183-225 e spec. p. 203.

[122] Ivi, p. 193.

[123] Così si è recentemente espresso Lauren Schmitt, segretario generale dell’Entso-E (European Network of Transmission System Operators for Electricity, nel corso di un’intervista tenutasi il 2 marzo 2017, disponibile all’indirizzo: https://docstore.entsoe.eu/Documents/News/ee-in-the-media/2017-02-03-montel-interview.pdf [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[124] Sul punto, ma più in generale per un quadro ricostruttivo di tali innovazioni, cfr. S. LAVRIJSSEN-A. CARRILLO, Radical Prosumer Innovations in the Electricity Sector and the Impact on Prosumer Regulation, in Sustainability, fasc. 9, 2017, disponibile all’indirizzo: http://www.mdpi.
com/2071-1050/9/7/1207/pdf
 [ultimo accesso: 15 luglio 2019]; A. BUTENKO-K. CSERES, The Regulatory Consumer: Prosumer-driven local energy production initiatives, in Amsterdam Law School Research Paper, fasc. 31, 2015; A. BUTENKO, User-centered Innovation and Regulatory Framework: Energy Prosumers’ market access in EU regulation, in TILEC Discussion Paper DP 2016-015, 2016, disponibile su SSRNhttps://ssrn.com/abstract=2797545 [ultimo accesso: 15 luglio 2019]; ID., User-centered Innovation in EU Energy Law: Market Access for Electricity Prosumers in the Proposed Electricity Directive, in Oil, Gas & Energy Law, fasc. 1, 2017, disponibile al linkwww.ogel.org/article.asp?key=3732 [ultimo accesso: 15 luglio 2019].

[125] COM(2016) 863 final/2, Relazione introduttiva, p. 20.

[126] Corsivo aggiunto.

[127] Sulla differenza tra norme finalistiche e condizionali cfr. in particolare S. CASSESE, Fondamento e natura dei poteri della Consob relativi all’informazione del mercato, in AA.VV., Sistema finanziario e controlli: dall’impresa al mercato, Giuffrè, Milano, 1986, p. 49 ss.; ID., Dalle regole del gioco al gioco con le regole, in Mercato Concorrenza Regole, fasc. 2, 2002, pp. 265-276; per una ricostruzione più recente, cfr. V. PAMPANIN, Contributo a una definizione della regolazione (caratteri distintivi e ambito di pertinenza), in Il Diritto dell’Economia, fasc. 1, 2010, pp. 111-145.

[128] R. PARDOLESI-A. PALMIERI, Sull’Interfaccia (Problematica) fra Regolazione Economica e Disciplina della Concorrenza, in Il Foro Italiano, fasc. 3, 2012, p. 496.

[129] Per un approfondimento in merito ai poteri tariffari dell’autorità, si rinvia a M. PASSALACQUA, Le tariffe dei servizi pubblici tra price cap e bisogni socialiop. cit., in particolare p. 28 ss.; B. TONOLETTI, Accesso alle infrastrutture e riconoscimento dei costi nei mercati dell’energia, in Munus, fasc. 1, 2017, pp. 1-50.

[130] K. YEUNG, Regulation by Blockchain: The Emerging Battle for Supremacy between the Code of Law and Code as Law, cit. In particolare, con riferimento al peer to peer trading l’A. definisce tale rapporto di «mutual suspicion and un-easy co-existence».

[131] P. GROSSI, Introduzione al Novecento giuridico, Laterza, Roma-Bari, 2012. Si veda in particolare il primo capitolo, intitolato Novecento giuridico: un secolo pos-moderno. Dello stesso Autore, v. anche Ritorno al Diritto, Laterza, Roma-Bari, 2015, e in particolare il primo saggio, dedicato a Il diritto in Italia, oggi, tra modernità e pos-modernità; ID., L’invenzione del Diritto, Laterza, Roma-Bari, 2017.

[132] M. RAMAJOLI, Diritto amministrativo e postmodernità, in R.E. KOSTORIS (a cura di), Percorsi giuridici della postmodernità, Il Mulino, Bologna, 2017, pp. 199-214, che, con riferimento al diritto amministrativo, individua la compresenza di elementi di modernità, pre-modernità e post-modernità.